
Elia Richetti,
rabbino
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Moshè
comincia il primo discorso di commiato dal popolo ricordando che
Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, dopo molto tempo, ha autorizzato il popolo ad
andar via dalla zona del monte Sinai, dicendo loro “Rav lakhèm shéveth
ba-hàr ha-zè”, “smettetela di starvene presso questo monte”.
L’espressione suona quasi come un rimprovero, ed è per questo che i
Maestri del Midràsh vedono in queste parole l’accenno a qualcosa che va
al di là dell’aspetto letterale dell’essere presso un determinato
monte.
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Sergio
Della Pergola, Gerusalemme
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Su
questa pagina, nei limiti delle capacità, cerchiamo di scrivere con
moderazione, con ampio uso di metafore e paradossi, un po' d'ironia, e
a volte una dose di sarcasmo. Gli ultimi avvenimenti a Gaza e in
Israele, il loro reportage mediatico, e certe prese di posizione della
politica ufficiale, fanno pensare che sia opportuno cambiare registro e
dire le cose senza più sfumature e allusioni.
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Impegno contro l'odio
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“Se
Israele non avesse un sistema antimissile chiamato Iron Dome staremmo
parlando con toni e stati d'animo molto diversi da quelli che stiamo
adottando oggi. Mai come questa volta è stato chiaro che Israele ha
subito un attacco premeditato da Hamas nel territorio israeliano.
Stiamo parlando di centinaia di ordigni, in parte missili, in parte
razzi che sono stati lanciati da Gaza per tutti i mesi che hanno
preceduto questa deriva totale delle ultime tre settimane” spiega il
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna,
intervistato dal Garantista. Il ruolo della comunità internazionale,
gli ultimi episodi antisemitismo, le prospettive di pace al centro del
colloquio.
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qui roma
Alfano-Gattegna, vertice
sulla sicurezza al Viminale
Approfondire
le tematiche collegate alla sicurezza delle persone e delle istituzioni
facenti capo alle 21 comunità che operano sul territorio nazionale.
Questo l'obiettivo dell'incontro svoltosi nelle scorse ore al Viminale
tra il ministro dell'Interno Angelino Alfano e il presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. Nel corso
dell'incontro, svoltosi in una clima di grande cordialità, il ministro
Alfano ha espresso la propria solidarietà per gli episodi antisemiti
degli scorsi giorni e ribadito il massimo impegno, in collaborazione
con le forze dell'ordine, a tutela dei luoghi e della vita di ciascuna
comunità.
IL PRESIDENTE UCEI ALLA RADIO VATICANA "Ebrei e musulmani insieme
contro il fanatismo religioso"
"La
normalità dei rapporti con i musulmani è quella di un rapporto di
amicizia, quando non prevale il fanatismo o quando non prevale il
preconcetto. E con alcuni gruppi di musulmani che vivono in Italia,
abbiamo instaurato un vero rapporto di collaborazione che tende – o si
illude di tendere – a emarginare le fazioni islamiche radicali
fondamentaliste integraliste". Così il presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in una intervista rilasciata
a Fabio Colagrande di Radio Vaticana. L'intervento è stato trasmesso in
forma integrale alle 13.10.
In occasione della
fine del Ramadan il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane, Renzo Gattegna, ha inviato un messaggio augurale alle
comunità musulmane del Paese. “Sono giornate difficili – afferma
Gattegna - che ci vedono in tensione per quanto accade in Medio Oriente
e che ripropongono con urgenza la sfida di un dialogo interreligioso
che non può prescindere da una maggiore consapevolezza dei valori e dei
destini comuni. Ebrei e musulmani devono infatti camminare al fianco e
insieme contribuire al progresso della società italiana. Società in cui
l’apporto di ogni singolo individuo concorre alla realizzazione di un
mosaico ricco di sfaccettature e opportunità. L’impegno è pressante:
lavorare per un’autentica fratellanza che possa saldarsi con altre
esperienze già consolidate all’interno del tessuto nazionale”. Una
iniziativa di dialogo interreligioso che Renzo Gattegna commenta così
al microfono di Fabio Colagrande:
È un’iniziativa che si ripete ogni anno: per noi, la normalità dei
rapporti con i musulmani è quella di un rapporto di amicizia, quando
non prevale il fanatismo o quando non prevale il preconcetto. E con
alcuni gruppi di musulmani che vivono in Italia, noi abbiamo instaurato
un vero rapporto di collaborazione che tende – o si illude di tendere –
a emarginare le fazioni islamiche radicali fondamentaliste
integraliste; e il modo migliore, secondo noi, per depotenziare queste
forze più pericolose, più eversive è quello di dare un esempio di
dialogo interreligioso, di collaborazione verso una convivenza
pacifica. E alcune comunità islamiche in Italia sono d’accordo con noi,
che questa sia la strada che dobbiamo perseguire.
Quanto vi preoccupano le scritte antisemite apparse recentemente sui muri di Roma? Che sintomo rappresentano, secondo lei?
Guardi … scritte contrarie agli ebrei e scritte contrarie allo Stato
d’Israele sono ricorrenti: capita molto spesso di doverle leggere. Noi
ci siamo organizzati, insieme al Comune di Roma, con un servizio che
fotografa per documentare queste scritte e poi si interviene per la
cancellazione, per evitare che si accumulino a centinaia. Ogni volta
che si alza il livello del dibattito, le scritte appaiono: quindi,
possiamo dire che è un fenomeno minore perché se l’ostilità verso gli
ebrei o verso lo Stato d’Israele si sfoga attraverso scritte sui muri,
è una cosa controllabile, è una cosa riparabile in breve tempo. Quello
che noi riteniamo vada coltivato è il dialogo interreligioso, la
possibilità per gli ebrei di esprimere la loro cultura, la loro storia
e tutto ciò che ha riguardato i fatti del passato e che ha coinvolto
fortemente anche l’Italia e la storia italiana, perché la storia della
presenza ebraica in Italia risale a 2.200 anni fa. Quindi, la comunità
ebraica in Italia è una delle comunità fondanti della nazione italiana.
Papa Francesco ha affermato che è una contraddizione che un cristiano sia antisemita: sono parole a volte trascurate…
Non sono trascurate da noi: per noi hanno una grande importanza. Sono
più di 50 anni che i rapporti tra cattolici ed ebrei sono in continuo
miglioramento. Siamo entrati in una fase positiva: da Giovanni XXIII in
poi. Dal Concilio Vaticano II in poi i rapporti hanno preso un
andamento positivo che noi siamo molto impegnati a mantenere, perché lo
riteniamo qualcosa di prezioso per l’Italia. Quindi, una frase del
genere detta dal Papa ha il suo enorme peso per tutti i fedeli
cattolici che poi affluiscono a milioni ad ascoltare le parole del
Papa, e ci dà la conferma che dobbiamo proseguire su questa strada.
Lo scorso 8 giugno,
lei aveva partecipato all’invocazione di pace nei Giardini Vaticani,
voluta da Papa Francesco. Quel giorno sembra lontano, e da allora tanto
sangue è stato versato in Terra Santa…
Meno lontano di quanto sembri, perché il rapporto tra lo Stato
d’Israele e la componente palestinese che fa capo ad Abu Mazen rimane
una speranza di dialogo e una speranza di pace. Perché Abu Mazen
rappresenta il gruppo palestinese che sta tentando di costruire in
Cisgiordania uno Stato palestinese che abbia la capacità di dialogare
con lo Stato di Israele. Io ho visitato Israele circa un mese fa, però
prima che esplodessero i fatti bellici; e ho avuto, accompagnato dal
sindaco di Gerusalemme, la fortuna di poter vedere diverse iniziative
che sono prese in comune fra ebrei e musulmani, sui quartieri di
confine di Gerusalemme dove vivono in una convivenza pacifica famiglie
ebree e famiglie musulmane. E ho visto diverse iniziative rivolte ai
giovani e alle donne, per cercare di far tesoro del patrimonio
culturale di entrambe le religioni e per educare i giovani ad una
convivenza costruttiva.
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lotta all'antisemitismo
Roma, nuove parole d'odio
Violenze,
intimidazioni, lanci di ordigni contro sinagoghe. La minaccia
dell'antisemitismo nelle sue diverse declinazioni continua ad essere
monitorata con attenzione dalle forze di sicurezza e dalla
rappresentanze ebraiche d'Europa. Dalla Francia alla Germania,
dall'Inghilterra all'Ucraina: un flusso di odio che si fa sempre più
consistente.
Massima allerta anche in Italia, in particolare a Roma. I muri della
Capitale continuano infatti ad essere imbrattati di scritte e
simbologie di matrice neonazista. Dopo l'azione coordinata degli scorsi
giorni, azione che aveva palesato l'esistenza di una regia cittadina,
nuovo materiale per gli inquirenti è apparso in queste ore a Prati.
"Fuoco alle Sinagoghe", si legge sullo stesso edificio dal quale era
stata appena rimossa la scritta: "Giudei, la vostra fine è vicina".
Campanelli d'allarme, segnali inquietanti che sono stati analizzati nel
corso di un vertice svoltosi nei locali della Comunità ebraica romana
con la partecipazione del prefetto Alessandro Pansa. A Materiale
antisemita in bella vista anche per le strade di Napoli. La denuncia è
del presidente della Comunità ebraica Pierluigi Campagnano, che ha
inviato alcune fotografie che ritraggono ebrei ultraortodossi con la
svastica al braccio alla Digos.
In
una lettera indirizzata al presidente UCEI Renzo Gattegna il moderatore
della Tavola Valdese Eugenio Bernardini scrive: “Caro presidente,
ancora una volta in Italia appaiono scritte antisemite che offendono,
oltre che la comunità ebraica, la coscienza storica e civile di tutti
noi. A nome della Tavola Valdese le trasmetto piena solidarietà e
confermo l'impegno della Chiesa a vigilare e ad agire contro ogni forma
di antisemitismo e di razzismo, anche quando pretendono di
giustificarsi con la tragedia della mancata soluzione politica del
conflitto tra Israele e Palestina".
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#israeledifendelapace - in piazza con il foglio
L'ombra del fondamentalismo
“Pochi
o molti che saremo, saremo quelli che non vogliono confusione
ideologica e maleducazione intellettuale, che intendono trasmettere ai
giovani europei armati di kefiah e di cattive idee, e di indifferenza
verso i martiri, una cosa nuova e bella”. Così, sulla prima pagina del
Foglio, il direttore Giuliano Ferrara chiamava ieri a raccolta
l’opinione pubblica per partecipare alla veglia in difesa delle ragioni
di Israele e dei cristiani perseguitati per la loro fede indetta
davanti alla sede del quotidiano.
Un appello recepito da centinaia di romani, ritrovatasi in Lungotevere
Sanzio in uno spazio piccolo ma molto partecipato. “Sono tempi
difficili, attraversati da molte insidie e ostacoli. Esporsi
personalmente e denunciare la minaccia oscurantista del fondamentalismo
deve essere l’impegno di tutte le persone di buona volontà affinché la
pace e la fratellanza prevalgano sull’odio, la violenza e la
discriminazione”. Così il presidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, intervenuto ieri alla veglia assieme
a numerosi rappresentanti delle comunità ebraiche, politici,
giornalisti, opinion leader.
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#israeledifendelapace
"L'eroismo delle piccole cose"
Caro Giuliano, cari amici del Foglio,
grazie per quanto fate abitualmente e per quanto avete fatto in questi
giorni. Le ragioni di Israele contro il terrorismo sono le ragioni di
tutti i cittadini, in Israele e nel mondo, che continuano a credere nel
progresso, nella democrazia e nella convivenza fra culture e religioni
diverse.
È ben vero come da voi evidenziato che le forze di difesa di Israele
intervengono con la massima attenzione per tutelare tutte le
popolazioni civili coinvolte e al solo fine di limitare gli effetti
devastanti di forze terroristiche feroci e disumane. Le azioni di
difesa di Tsahal sono molto difficili e rischiose non solo a causa del
micidiale arsenale che hanno accumulato nell’indifferenza generale e
grazie a molte complicità occidentali i terroristi di Hamas. Ma anche
perché per tutelare al massimo le popolazioni civili significa
assumersi rischi ulteriori che nessun esercito del mondo forse si
assumerebbe.
Eppure al di là di questi giovani straordinari che tutti gli ebrei
italiani considerano come i propri figli, i propri fratelli e le
proprie sorelle, vogliamo ricordare, a tutti i colleghi che una guerra
per la sopravvivenza e contro il terrorismo come quella cui stiamo
assistendo non comporta solo le grandi gesta e le grandi sofferenze che
molti giornali pongono in evidenza. Esiste una sofferenza diffusa che
incombe su ogni cittadino israeliano. La sofferenza dell’ansia, la
tortura di non godere mai di un momento di serenità, il veleno di
vedere i propri figli infragiliti dalla paura.
Fra le centinaia di messaggi e di strazianti testimonianze che abbiamo
pubblicato su Pagine Ebraiche e sui notiziari quotidiani online editi
dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, mi sono fermato con
commozione su un dettaglio apparentemente poco significativo dal
racconto di Raphael Barki, un giovane ebreo cittadino italiano che vive
con la sua famiglia e lavora a Tel Aviv: “Prima che scoppiasse questa
guerra – ci scrive - comprai due biglietti per un concerto. L'idea di
uscire con mia moglie dopo mesi (o forse sono già anni?) barricati in
casa per prenderci cura dei bimbi mi dava piacere. Tanto potevamo
contare fiduciosi sul baby sitteraggio dei nonni. Poi i primi missili.
Si va al concerto o non si va? Dopo un po' di titubanza decidiamo di
non rinunciare. Usciamo. Telefoniamo per accertarci che il concerto non
sia stato annullato. Tutto confermato. Primo allarme. Accosto con la
macchina e ci precipitiamo verso la porta del palazzo più vicino per
trovare riparo nel vano scale che, normalmente, come spiegato quasi
ossessivamente sui media, ha i muri in cemento armato. Ma il portone è
chiuso. Nel locale accanto, tutti i tavoli vuoti, un cameriere
tranquillo con la sigaretta in mano, ci rivela il codice per aprire
quella porta bloccata. Lui non entra. Finita la sirena bisogna
aspettare al riparo ancora qualche minuto (dicono dieci) perché
potrebbero piovere dal cielo Come micidiali frecce i detriti del
missile eventualmente intercettato. Che si fa? Proseguiamo o
rientriamo? Avanti! Ah! Avanziamo in macchina di pochi metri ed ecco
un'altra sirena! Dietro front! Vogliamo abbracciare i nostri bambini e
rilasciare i nonni…”.
Niente di drammatico, niente di sensazionale, rispetto a tutti i drammi
cui questa guerra ci ha abituato, si dirà, eppure a me pare sia un
crimine orrendo, raccapricciante, rubare a una giovane coppia che
lavora un momento di gioia lungamente atteso. Abituarci a questa
ingiustizia significa essere pronti a subire ogni ingiustizia. Anche
per questo, per restituirci la piccola grande dignità di vivere a testa
alta la nostra vita quotidiana di comuni cittadini, i ragazzi di Tsahal
combattono contro i signori dell’odio.
Buon lavoro a te e a tutti i colleghi che non vogliono dimenticarsene.
Guido Vitale
coordinatore dei dipartimenti Informazione e Cultura
Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(Il Foglio 31 luglio 2014)
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Setirot
- Fermare l'aggressività
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Un
accorato appello ai nostri rabbanìm e a chi autorevolmente può
rivolgersi a tutti noi: fermate l’aggressività di alcuni ebrei che su
Facebook si lanciano in crociate di odio, di denigrazione, di volgarità
e minacce intracomunitarie. Non è sufficiente il dolore
incommensurabile provocato dai morti della guerra di Gaza? Non si
possono esprimere opinioni differenti le une dalle altre senza questa
macabra caccia all’uomo? Lasciamo questi metodi agli antisemiti
fascisti di ogni colore, non diventiamo come loro.
Stefano Jesurum, giornalista
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Time
out - Isolamento |
Non
può stupire l’isolamento d’Israele. Non può perché oltre a una certa
cose di odio, c’è la mancata comprensione da parte dell’Occidente del
suo nemico a rendere più chiara la difficoltà dello Stato ebraico a
trovarsi degli alleati. Piacciano o meno i mezzi che Israele utilizza,
il mondo occidentale dovrebbe capire che Hamas e l’estremismo islamico
sono la nostra più grande minaccia. E se ieri erano il nazismo e il
comunismo a preoccuparci, oggi a minacciare la nostra libertà è la
deriva di un certo Islam.
Daniel Funaro
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