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31 luglio 2014 - 4 Av 5774
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav



Elia Richetti,
rabbino
Moshè comincia il primo discorso di commiato dal popolo ricordando che Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, dopo molto tempo, ha autorizzato il popolo ad andar via dalla zona del monte Sinai, dicendo loro “Rav lakhèm shéveth ba-hàr ha-zè”, “smettetela di starvene presso questo monte”. L’espressione suona quasi come un rimprovero, ed è per questo che i Maestri del Midràsh vedono in queste parole l’accenno a qualcosa che va al di là dell’aspetto letterale dell’essere presso un determinato monte.
 
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Sergio
Della Pergola,
Gerusalemme
Su questa pagina, nei limiti delle capacità, cerchiamo di scrivere con moderazione, con ampio uso di metafore e paradossi, un po' d'ironia, e a volte una dose di sarcasmo. Gli ultimi avvenimenti a Gaza e in Israele, il loro reportage mediatico, e certe prese di posizione della politica ufficiale, fanno pensare che sia opportuno cambiare registro e dire le cose senza più sfumature e allusioni. 
 
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Impegno contro l'odio
“Se Israele non avesse un sistema antimissile chiamato Iron Dome staremmo parlando con toni e stati d'animo molto diversi da quelli che stiamo adottando oggi. Mai come questa volta è stato chiaro che Israele ha subito un attacco premeditato da Hamas nel territorio israeliano. Stiamo parlando di centinaia di ordigni, in parte missili, in parte razzi che sono stati lanciati da Gaza per tutti i mesi che hanno preceduto questa deriva totale delle ultime tre settimane” spiega il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, intervistato dal Garantista. Il ruolo della comunità internazionale, gli ultimi episodi antisemitismo, le prospettive di pace al centro del colloquio.
 
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  davar
qui roma
Alfano-Gattegna, vertice

sulla sicurezza al Viminale
Approfondire le tematiche collegate alla sicurezza delle persone e delle istituzioni facenti capo alle 21 comunità che operano sul territorio nazionale. Questo l'obiettivo dell'incontro svoltosi nelle scorse ore al Viminale tra il ministro dell'Interno Angelino Alfano e il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. Nel corso dell'incontro, svoltosi in una clima di grande cordialità, il ministro Alfano ha espresso la propria solidarietà per gli episodi antisemiti degli scorsi giorni e ribadito il massimo impegno, in collaborazione con le forze dell'ordine, a tutela dei luoghi e della vita di ciascuna comunità.
IL PRESIDENTE UCEI ALLA RADIO VATICANA
"Ebrei e musulmani insieme

contro il fanatismo religioso"
"La normalità dei rapporti con i musulmani è quella di un rapporto di amicizia, quando non prevale il fanatismo o quando non prevale il preconcetto. E con alcuni gruppi di musulmani che vivono in Italia, abbiamo instaurato un vero rapporto di collaborazione che tende – o si illude di tendere – a emarginare le fazioni islamiche radicali fondamentaliste integraliste". Così il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in una intervista rilasciata a Fabio Colagrande di Radio Vaticana. L'intervento è stato trasmesso in forma integrale alle 13.10.

In occasione della fine del Ramadan il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, ha inviato un messaggio augurale alle comunità musulmane del Paese. “Sono giornate difficili – afferma Gattegna - che ci vedono in tensione per quanto accade in Medio Oriente e che ripropongono con urgenza la sfida di un dialogo interreligioso che non può prescindere da una maggiore consapevolezza dei valori e dei destini comuni. Ebrei e musulmani devono infatti camminare al fianco e insieme contribuire al progresso della società italiana. Società in cui l’apporto di ogni singolo individuo concorre alla realizzazione di un mosaico ricco di sfaccettature e opportunità. L’impegno è pressante: lavorare per un’autentica fratellanza che possa saldarsi con altre esperienze già consolidate all’interno del tessuto nazionale”. Una iniziativa di dialogo interreligioso che Renzo Gattegna commenta così al microfono di Fabio Colagrande:

È un’iniziativa che si ripete ogni anno: per noi, la normalità dei rapporti con i musulmani è quella di un rapporto di amicizia, quando non prevale il fanatismo o quando non prevale il preconcetto. E con alcuni gruppi di musulmani che vivono in Italia, noi abbiamo instaurato un vero rapporto di collaborazione che tende – o si illude di tendere – a emarginare le fazioni islamiche radicali fondamentaliste integraliste; e il modo migliore, secondo noi, per depotenziare queste forze più pericolose, più eversive è quello di dare un esempio di dialogo interreligioso, di collaborazione verso una convivenza pacifica. E alcune comunità islamiche in Italia sono d’accordo con noi, che questa sia la strada che dobbiamo perseguire.

Quanto vi preoccupano le scritte antisemite apparse recentemente sui muri di Roma? Che sintomo rappresentano, secondo lei?

Guardi … scritte contrarie agli ebrei e scritte contrarie allo Stato d’Israele sono ricorrenti: capita molto spesso di doverle leggere. Noi ci siamo organizzati, insieme al Comune di Roma, con un servizio che fotografa per documentare queste scritte e poi si interviene per la cancellazione, per evitare che si accumulino a centinaia. Ogni volta che si alza il livello del dibattito, le scritte appaiono: quindi, possiamo dire che è un fenomeno minore perché se l’ostilità verso gli ebrei o verso lo Stato d’Israele si sfoga attraverso scritte sui muri, è una cosa controllabile, è una cosa riparabile in breve tempo. Quello che noi riteniamo vada coltivato è il dialogo interreligioso, la possibilità per gli ebrei di esprimere la loro cultura, la loro storia e tutto ciò che ha riguardato i fatti del passato e che ha coinvolto fortemente anche l’Italia e la storia italiana, perché la storia della presenza ebraica in Italia risale a 2.200 anni fa. Quindi, la comunità ebraica in Italia è una delle comunità fondanti della nazione italiana.

Papa Francesco ha affermato che è una contraddizione che un cristiano sia antisemita: sono parole a volte trascurate…

Non sono trascurate da noi: per noi hanno una grande importanza. Sono più di 50 anni che i rapporti tra cattolici ed ebrei sono in continuo miglioramento. Siamo entrati in una fase positiva: da Giovanni XXIII in poi. Dal Concilio Vaticano II in poi i rapporti hanno preso un andamento positivo che noi siamo molto impegnati a mantenere, perché lo riteniamo qualcosa di prezioso per l’Italia. Quindi, una frase del genere detta dal Papa ha il suo enorme peso per tutti i fedeli cattolici che poi affluiscono a milioni ad ascoltare le parole del Papa, e ci dà la conferma che dobbiamo proseguire su questa strada.

Lo scorso 8 giugno, lei aveva partecipato all’invocazione di pace nei Giardini Vaticani, voluta da Papa Francesco. Quel giorno sembra lontano, e da allora tanto sangue è stato versato in Terra Santa…

Meno lontano di quanto sembri, perché il rapporto tra lo Stato d’Israele e la componente palestinese che fa capo ad Abu Mazen rimane una speranza di dialogo e una speranza di pace. Perché Abu Mazen rappresenta il gruppo palestinese che sta tentando di costruire in Cisgiordania uno Stato palestinese che abbia la capacità di dialogare con lo Stato di Israele. Io ho visitato Israele circa un mese fa, però prima che esplodessero i fatti bellici; e ho avuto, accompagnato dal sindaco di Gerusalemme, la fortuna di poter vedere diverse iniziative che sono prese in comune fra ebrei e musulmani, sui quartieri di confine di Gerusalemme dove vivono in una convivenza pacifica famiglie ebree e famiglie musulmane. E ho visto diverse iniziative rivolte ai giovani e alle donne, per cercare di far tesoro del patrimonio culturale di entrambe le religioni e per educare i giovani ad una convivenza costruttiva.
#israeledifendelapace
"I tunnel vanno neutralizzati"
La necessità assoluta di compiere la missione. È ciò che ha messo in luce il primo ministro Benjamin Netanyahu aprendo la riunione di governo nella sede del Ministero della Difesa a Tel Aviv. Impossibile lasciare intatta la minaccia dei tunnel che da Gaza arrivano in territorio israeliano. “Non accetteremo alcun accordo che non consenta alle nostre forze di completare questa operazione necessaria alla nostra sicurezza – ha dichiarato Netanyahu – Hamas avrebbe potuto usare queste infrastrutture per rapire o uccidere soldati e civili. Ora ci stiamo occupando di neutralizzarle”. Già decine i tunnel distrutti, ma ancora grande il lavoro da compiere, mentre dopo una notte di relativa quiete è ripreso in mattinata il lancio dei razzi, in particolare verso il sud del paese (nella cittadina di Sderot, sul confine, tre persone sono rimaste ferite in modo lieve dai detriti e diverse sono state ricoverate in stato di shock).
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#israeledifendelapace
Una limonata per la solidarietà
Un piccolo centro vicino al confine con Gaza, la voglia di fare qualcosa per i soldati e un progetto che da pochi bicchieri di limonata diventa un’organizzazione capace di sfornare decine di migliaia di pasti al giorno, oltre a fungere da centro di raccolta per donazioni e necessità di ogni genere: così Dov Elbaz ha trasformato il Moshav Maslul in un punto di riferimento della solidarietà.
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#israeledifendelapace
Il ruolo di Abu Mazen
Secondo le recenti notizie Abu Mazen, presidente dell’Anp, sarebbe in procinto di guidare al Cairo una delegazione palestinese insieme ad Hamas e alla Jihad Islamica, entrambi da Gaza. Lo scopo sarebbe quello di raggiungere un accordo con l’Egitto di al-Sisi per l’apertura del valico di Rafah, che è vitale per Gaza e sarà in ogni caso controllato dagli uomini di Abu Mazen. Si sta verificando quanto avevamo previsto qualche settimana fa quando scrivevamo su queste colonne che Abu Mazen potrebbe essere la soluzione del complesso problema palestinese.

Sergio Minerbi, diplomatico
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qui livorno
Il sindaco 5 Stelle minaccia:

Voglio il gemellaggio con Gaza
“Fermare il genocidio a Gaza, Israele vero terrorista”. Parole di odio che risaltavano con evidenza da uno degli striscioni esposti in occasione dell'inaugurazione di 'Effetto Venezia', rassegna culturale che si svolge sotto l'egida del Comune di Livorno e che è rivolta a un vasto pubblico. Parole di odio che avevano suscitato l'immediato intervento del presidente della Comunità ebraica Vittorio Mosseri, rivoltosi nelle stesse ore al sindaco della città labronica Filippo Nogarin (Movimento 5 Stelle) attraverso una lettera aperta pubblicata anche sulle colonne del Tirreno.
“Questo striscione, diffondendo false verità – scriveva Mosseri – non fa che alimentare l’odio verso Israele e di conseguenza verso gli ebrei. Gioca, in maniera subdola e pericolosa, su quel confine sempre più labile e pretestuoso tra anti-israelismo e antisemitismo”. Missiva cui è seguita a stretto giro la risposta di Nogarin, che si è detto pronto a intervenire. Annunciando però, allo stesso tempo, l'intenzione di concretizzare un gemellaggio con la città di Gaza del quale già si era discusso in precedenti amministrazioni.
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lotta all'antisemitismo
Roma, nuove parole d'odio
Violenze, intimidazioni, lanci di ordigni contro sinagoghe. La minaccia dell'antisemitismo nelle sue diverse declinazioni continua ad essere monitorata con attenzione dalle forze di sicurezza e dalla rappresentanze ebraiche d'Europa. Dalla Francia alla Germania, dall'Inghilterra all'Ucraina: un flusso di odio che si fa sempre più consistente.
Massima allerta anche in Italia, in particolare a Roma. I muri della Capitale continuano infatti ad essere imbrattati di scritte e simbologie di matrice neonazista. Dopo l'azione coordinata degli scorsi giorni, azione che aveva palesato l'esistenza di una regia cittadina, nuovo materiale per gli inquirenti è apparso in queste ore a Prati. "Fuoco alle Sinagoghe", si legge sullo stesso edificio dal quale era stata appena rimossa la scritta: "Giudei, la vostra fine è vicina".
Campanelli d'allarme, segnali inquietanti che sono stati analizzati nel corso di un vertice svoltosi nei locali della Comunità ebraica romana con la partecipazione del prefetto Alessandro Pansa. A Materiale antisemita in bella vista anche per le strade di Napoli. La denuncia è del presidente della Comunità ebraica Pierluigi Campagnano, che ha inviato alcune fotografie che ritraggono ebrei ultraortodossi con la svastica al braccio alla Digos.

In una lettera indirizzata al presidente UCEI Renzo Gattegna il moderatore della Tavola Valdese Eugenio Bernardini scrive: “Caro presidente, ancora una volta in Italia appaiono scritte antisemite che offendono, oltre che la comunità ebraica, la coscienza storica e civile di tutti noi. A nome della Tavola Valdese le trasmetto piena solidarietà e confermo l'impegno della Chiesa a vigilare e ad agire contro ogni forma di antisemitismo e di razzismo, anche quando pretendono di giustificarsi con la tragedia della mancata soluzione politica del conflitto tra Israele e Palestina".
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#israeledifendelapace - in piazza con il foglio
L'ombra del fondamentalismo
“Pochi o molti che saremo, saremo quelli che non vogliono confusione ideologica e maleducazione intellettuale, che intendono trasmettere ai giovani europei armati di kefiah e di cattive idee, e di indifferenza verso i martiri, una cosa nuova e bella”. Così, sulla prima pagina del Foglio, il direttore Giuliano Ferrara chiamava ieri a raccolta l’opinione pubblica per partecipare alla veglia in difesa delle ragioni di Israele e dei cristiani perseguitati per la loro fede indetta davanti alla sede del quotidiano.
Un appello recepito da centinaia di romani, ritrovatasi in Lungotevere Sanzio in uno spazio piccolo ma molto partecipato. “Sono tempi difficili, attraversati da molte insidie e ostacoli. Esporsi personalmente e denunciare la minaccia oscurantista del fondamentalismo deve essere l’impegno di tutte le persone di buona volontà affinché la pace e la fratellanza prevalgano sull’odio, la violenza e la discriminazione”. Così il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, intervenuto ieri alla veglia assieme a numerosi rappresentanti delle comunità ebraiche, politici, giornalisti, opinion leader.
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#israeledifendelapace
"L'eroismo delle piccole cose"
Caro Giuliano, cari amici del Foglio,
grazie per quanto fate abitualmente e per quanto avete fatto in questi giorni. Le ragioni di Israele contro il terrorismo sono le ragioni di tutti i cittadini, in Israele e nel mondo, che continuano a credere nel progresso, nella democrazia e nella convivenza fra culture e religioni diverse.
È ben vero come da voi evidenziato che le forze di difesa di Israele intervengono con la massima attenzione per tutelare tutte le popolazioni civili coinvolte e al solo fine di limitare gli effetti devastanti di forze terroristiche feroci e disumane. Le azioni di difesa di Tsahal sono molto difficili e rischiose non solo a causa del micidiale arsenale che hanno accumulato nell’indifferenza generale e grazie a molte complicità occidentali i terroristi di Hamas. Ma anche perché per tutelare al massimo le popolazioni civili significa assumersi rischi ulteriori che nessun esercito del mondo forse si assumerebbe.
Eppure al di là di questi giovani straordinari che tutti gli ebrei italiani considerano come i propri figli, i propri fratelli e le proprie sorelle, vogliamo ricordare, a tutti i colleghi che una guerra per la sopravvivenza e contro il terrorismo come quella cui stiamo assistendo non comporta solo le grandi gesta e le grandi sofferenze che molti giornali pongono in evidenza. Esiste una sofferenza diffusa che incombe su ogni cittadino israeliano. La sofferenza dell’ansia, la tortura di non godere mai di un momento di serenità, il veleno di vedere i propri figli infragiliti dalla paura.
Fra le centinaia di messaggi e di strazianti testimonianze che abbiamo pubblicato su Pagine Ebraiche e sui notiziari quotidiani online editi dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, mi sono fermato con commozione su un dettaglio apparentemente poco significativo dal racconto di Raphael Barki, un giovane ebreo cittadino italiano che vive con la sua famiglia e lavora a Tel Aviv: “Prima che scoppiasse questa guerra – ci scrive - comprai due biglietti per un concerto. L'idea di uscire con mia moglie dopo mesi (o forse sono già anni?) barricati in casa per prenderci cura dei bimbi mi dava piacere. Tanto potevamo contare fiduciosi sul baby sitteraggio dei nonni. Poi i primi missili. Si va al concerto o non si va? Dopo un po' di titubanza decidiamo di non rinunciare. Usciamo. Telefoniamo per accertarci che il concerto non sia stato annullato. Tutto confermato. Primo allarme. Accosto con la macchina e ci precipitiamo verso la porta del palazzo più vicino per trovare riparo nel vano scale che, normalmente, come spiegato quasi ossessivamente sui media, ha i muri in cemento armato. Ma il portone è chiuso. Nel locale accanto, tutti i tavoli vuoti, un cameriere tranquillo con la sigaretta in mano, ci rivela il codice per aprire quella porta bloccata. Lui non entra. Finita la sirena bisogna aspettare al riparo ancora qualche minuto (dicono dieci) perché potrebbero piovere dal cielo Come micidiali frecce i detriti del missile eventualmente intercettato. Che si fa? Proseguiamo o rientriamo? Avanti! Ah! Avanziamo in macchina di pochi metri ed ecco un'altra sirena! Dietro front! Vogliamo abbracciare i nostri bambini e rilasciare i nonni…”.
Niente di drammatico, niente di sensazionale, rispetto a tutti i drammi cui questa guerra ci ha abituato, si dirà, eppure a me pare sia un crimine orrendo, raccapricciante, rubare a una giovane coppia che lavora un momento di gioia lungamente atteso. Abituarci a questa ingiustizia significa essere pronti a subire ogni ingiustizia. Anche per questo, per restituirci la piccola grande dignità di vivere a testa alta la nostra vita quotidiana di comuni cittadini, i ragazzi di Tsahal combattono contro i signori dell’odio.
Buon lavoro a te e a tutti i colleghi che non vogliono dimenticarsene.

Guido Vitale

coordinatore dei dipartimenti Informazione e Cultura
Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

(Il Foglio 31 luglio 2014)
pilpul
Setirot - Fermare l'aggressività
Un accorato appello ai nostri rabbanìm e a chi autorevolmente può rivolgersi a tutti noi: fermate l’aggressività di alcuni ebrei che su Facebook si lanciano in crociate di odio, di denigrazione, di volgarità e minacce intracomunitarie. Non è sufficiente il dolore incommensurabile provocato dai morti della guerra di Gaza? Non si possono esprimere opinioni differenti le une dalle altre senza questa macabra caccia all’uomo? Lasciamo questi metodi agli antisemiti fascisti di ogni colore, non diventiamo come loro.

Stefano Jesurum, giornalista 
Time out - Isolamento
Non può stupire l’isolamento d’Israele. Non può perché oltre a una certa cose di odio, c’è la mancata comprensione da parte dell’Occidente del suo nemico a rendere più chiara la difficoltà dello Stato ebraico a trovarsi degli alleati. Piacciano o meno i mezzi che Israele utilizza, il mondo occidentale dovrebbe capire che Hamas e l’estremismo islamico sono la nostra più grande minaccia. E se ieri erano il nazismo e il comunismo a preoccuparci, oggi a minacciare la nostra libertà è la deriva di un certo Islam.

Daniel Funaro
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