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3 agosto 2014- 7 Av 5774
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
Se asimmetria significa mancanza di corrispondenza tra le parti di un tutto, ogni elemento - da qualsiasi parte lo si osservi - è asimmetrico rispetto all'altro. L'asimmetria non può dunque mai essere unilaterale. Usare il termine, figurativamente, per dare un giudizio etico a un conflitto è fuorviante e illegittimo.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Forse c’è una possibilità di essere alla fine dopo 25 giorni. Comunque sia resta aperta la questione del futuro, in due scenari diversi, distinti anche se collegati.
Il primo scenario riguarda se e in che forma ci sarà un tavolo di discussione al Cairo o chissà dove. Tavolo politico dove si sancisce la fine della guerra e si definiscono i contorni di una carta geografica e politica di una porzione di Medio Oriente. Riuscirà solo se a quel tavolo ci saranno tutti i protagonisti.
Il secondo scenario riguarda ciò che sta avvenendo qui, in Europa dove tutti parlano di Medio Oriente, ma nessuno parla della crisi dell’Europa, di che cosa significa costruire una società aperta qui. Nel frattempo: piccole patrie crescono; si innalza il livello di intolleranza; il principio “sangue e suolo” è il paradigma culturale e politico con cui un segmento rilevante di noi europei pensa di costruire la futura Europa. Perché molti fanno conto che non esista un’emergenza Europa?
 
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Iniziato il ritiro da Gaza
Ritiro unilaterale da alcune aree della Striscia di Gaza, senza aspettare una tregua, e senza negoziare. Questo ha annunciato Netanyahu in un discorso televisivo alla nazione. “Andremo avanti fino alla distruzione di tutti i tunnel, l’operazione è quasi completata”, ha sottolineato il premier (Davide Frattini, Corriere). Questa la risposta di Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas: “Il ritiro unilaterale di Israele non ci impegna a niente”. Quest’ultima dichiarazione è citata anche da Ugo Tramballi sul Sole 24Ore, dove scrive anche delle scelte operate dall’esercito israeliano, già chiare prima dell’inizio delle operazioni sul terreno. Maurizio Molinari, corrispondente a Gerusalemme de La Stampa, spiega che Israele ha declinato l’invito egiziano a trattare un nuovo cessate il fuoco e che la scelta di Netanyahu è di agire in maniera unilaterale per “ripristinare la calma nel Sud”. II ministro per l’Intelligence Yuval Steinitz ha spiegato che non ha senso mandare una delegazione al Cairo a trattare la tregua perché “Hamas ha già violato cinque cessate il fuoco, non sono interessati a raggiungere accordi e dunque noi procederemo unilateralmente”. Contemporaneamente le forze armate hanno comunicato ai cittadini di Beit Lahiya e Beit Hanoun che si stanno ritirando, e che possono rientrare nelle loro case
 
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  davar
la crisi e la leadership - 9 di av
Il Sabato della visione
Sabato della visione -shabat chazon- è il nome del sabato appena passato, quello che precede il nove di Av, quest'anno lunedi sera. La visione è quella del profeta Isaia e la parola "visione" sta proprio all'inizio del suo libro, di cui abbiamo letto questo sabato il primo capitolo come haftarà speciale, tanto speciale da meritare nel rito italiano una melodia unica austera. La visione di cui si parla è terribile, quella di una terra desolata che finirà distrutta del tutto se non si rifonda la società su giustizia e solidarietà. Pur nel momento difficile che attraversiamo, la nostra situazione, in eretz Israel e nella golà, non è, grazie a D., così drammatica come quella descritta da Isaia ai suoi tempi. Ma al di là delle questioni militari e di sicurezza la domanda sul futuro, soprattutto qua, è aperta. Di una cosa certamente abbiamo bisogno, qui e altrove, e facciamo fatica a trovarla: una visione vera, soprattutto dalla nostra leadership, che garantisca un futuro al nostro ebraismo.

Rav Riccardo Di Segni,
rabbino capo di Roma

(nell'immagine il Rav con la redazione giornalistica dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nel corso dei lavori di Redazione aperta, il tradizionale laboratorio estivo che si tiene a Trieste in estate)
#israeledifendelapace
Gaza, iniziato il ritiro di Tsahal

Hanno preso avvio, come annunciato ieri dal premier Benjamin Netanyahu, le operazioni di ritiro parziale dalla Striscia di Gaza. Mentre sembra avvicinarsi lo smantellamento definitivo dei tunnel costruiti da Hamas, il gruppo islamista prosegue nel lancio di ordigni verso Israele. Dall’8 luglio ad oggi il computo totale di attacchi parla di 3127 sparati dalla Striscia oltreconfine (la cifra arriva dalle Israeli Defense Forces). Nel mirino i kibbutz e le località meridionali ma l’allerta è forte anche in centri più distanti come Gerusalemme, Tel Aviv e Haifa sui quali è stata più volte impedita una strage grazie all’intervento delle batterie del sistema anti-missilistico Iron Dome, che sarà presto ulteriormente potenziato dopo il via libera all’unanimità a uno stanziamento speciale arrivato dal Senato degli Stati Uniti nella giornata di venerdì.
Sale intanto il rischio di infiltrazioni terroristiche in Israele. Sarebbe stato infatti sventato un attacco nel kibbutz di Zikim, situato nei pressi del confine con la Striscia e già preso d’assalto da Hamas nel mese di luglio. Un’operazione di controllo si è inoltre svolta a Nof Ashkelon. Tsahal ha dato l’ordine a tutti i residenti di chiudere porte e finestre. È possibile una evacuazione dell'area.
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#israeledifendelapace
Tal-Or, una "luce" nel dolore
Il Sergente Maggiore Bayhesain Kshaun aveva 39 anni, ed è stato ucciso all’alba da un missile anticarro insieme ad altri tre soldati, dopo aver intercettato un gruppo di terroristi di Hamas infiltrati nel sud di Israele che volevano attaccare il Kibbutz Nir Am. Dieci giorni dopo sua moglie Galaitu, di origini etiopi come lui, ha dato alla luce la loro terza figlia. “Si chiama Tal-Or, luce, per ricordare i momenti belli e luminosi, i momenti gioiosi che abbiamo vissuto”. Bayhesain sapeva che sarebbe stata una bambina, e per Galaitu in questo momento "la cosa che fa più male è non avere nessuno da chiamare, nessuno a cui mandare un messaggio".
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#israeledifendelapace - domande e risposte
CRISI/ Come reagiscono i civili?

Durante i precedenti conflitti combattuti da Israele la presenza della televisione era molto meno evidente. Ora sono ben tre i canali che trasmettono in continuazione quello che sta succedendo a Gaza e nelle zone circostanti, e la programmazione regolare è stata interrotta. I programmi di intrattenimento sono stati sostituiti da notiziari e approfondimenti con esperti di questioni militari, e qualsiasi movimento di truppe o azione viene commentato, non stop. Ogni bomba, ogni razzo, ogni operazione sono fotografati, e praticamente tutti i missili lanciati da Gaza verso Israele vengono mostrati in televisione
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qui milano - una mostra sulla grande guerra
1915-1918, l'appello del Cdec
Raccontare il mondo ebraico all'epoca della Grande Guerra, le gesta e l'amor patrio di coloro che combatterono, ma anche la vita delle comunità dell'epoca, la forte integrazione nella società, la partecipazione alla vita pubblica e il contributo alla costruzione di un’Italia moderna che renderanno ancora più dolorosa, vent'anni dopo, la ferita delle leggi razziste. Se nel mondo il centesimo anniversario dall'inizio della prima guerra mondiale è appena stato ricordato, in Italia la ricorrenza cadrà soltanto nel maggio del 2015. Un appuntamento che la Fondazione Centro di Documentazione ebraica contemporanea sta preparando con cura: l’iniziativa in cantiere è quella di una grande mostra che racconti il periodo tra il 1910 e il 1920, come spiega a Italia ebraica Paola Mortara, responsabile dell’archivio fotografico del Cdec e curatrice dell’iniziativa (che si avvale della consulenza scientifica dello storico Gadi Luzzatto Voghera). Un’iniziativa che appunto non vuole solo dare conto dell’accaduto nel conflitto ’15‐’18 ma offrire l’immagine di un’epoca che cambiò profondamente il paese e le sue comunità ebraiche.
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pilpul
Il prisma palestinese
La realtà palestinese è un universo composito, un vero e proprio prisma identitario, costituito da una complessa stratificazione di elementi. La presenza della popolazione interessa l’intera regione mediorientale, contando su una pluralità di insediamenti. Rifacendosi ai dati disponibili per il tramite del Palestinian Central Bureau of Statistics (il PCBS), riguardo all’anno 2013, in Cisgiordania risiedono più di 2 milioni e settecentomila palestinesi, a Gaza un milione e settecentomila seguiti a ruota dalla Giordania, dove il nucleo attuale consta di ben 3 milioni e 240mila elementi; poi ancora la Siria, con ancora 630mila soggetti (anche se il numero è qui soggetto alle oscillazioni causate dal conflitto civile in corso), a sua volta seguita dal Libano, soprattutto nella regione meridionale, dove abitano più di 400mila persone, dall’Arabia Saudita e dall’Egitto con 280mila palestinesi a testa, dagli Emirati arabi uniti (a quota 170mila), dal Qatar (100mila), dal Kuwait (80mila), dall’Iraq e lo Yemen (55mila ciascuno), dalla Libia (44mila) e, sempre per rimanere nell’area mediorientale, dal Pakistan (10mila soggetti). Fuori dal circuito mediorientale le migrazioni e la diaspora palestinese trovano i loro presidi più rilevanti nel Cile (mezzo milione), negli Stati Uniti (400mila), in Honduras (250mila), in Messico (120mila) e così via. In Europa è la Germania, con 80mila presenze, a surclassare gli altri paesi infracontinentali.

Claudio Vercelli
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Nugae - Parole tra noi
Passare in rassegna colorati siti web di giornali secondo un preciso rituale che richiede come minimo un'oretta di tempo dedicata a se stessi e al proprio computerino sulle ginocchia, con accanto caffeina a portata di mano e un esemplare cartaceo a vegliare con severa ma accondiscendente aria paterna, ultimamente com'è inevitabile sta diventando da utilmente dilettevole a vagamente angoscioso. Non potendoci far nulla, non resta che andare alla ricerca spasmodica di buone notizie. Mica chissà che, anche un trafiletto va bene per respirare un momentino tra le bracciate a stile libero nei tormenti.

Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche
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