Grande Guerra, l’appello del Cdec

ishot-56Raccontare il mondo ebraico all’epoca della Grande Guerra, le gesta e l’amor patrio di coloro che combatterono, ma anche la vita delle comunità dell’epoca, la forte integrazione nella società, la partecipazione alla vita pubblica e il contributo alla costruzione di un’Italia moderna che renderanno ancora più dolorosa, vent’anni dopo, la ferita delle leggi razziste. Se nel mondo il centesimo anniversario dall’inizio della prima guerra mondiale è appena stato ricordato, in Italia la ricorrenza cadrà soltanto nel maggio del 2015. Un appuntamento che la Fondazione Centro di Documentazione ebraica contemporanea sta preparando con cura: l’iniziativa in cantiere è quella di una grande mostra che racconti il periodo tra il 1910 e il 1920, come spiega a Italia ebraica Paola Mortara, responsabile dell’archivio fotografico del Cdec e curatrice dell’iniziativa (che si avvale della consulenza scientifica dello storico Gadi Luzzatto Voghera). Un’iniziativa che appunto non vuole solo dare conto dell’accaduto nel conflitto ’15‐’18 ma offrire l’immagine di un’epoca che cambiò profondamente il paese e le sue comunità ebraiche. “All’inizio del secolo il contributo e l’inserimento degli ebrei nella vita del paese era profondissimo – sottolinea – Contemporaneamente in quegli anni si s v i l u p p a v a l’ideale sionista, il sogno di costruire un focolare ebraico. Dai documenti che abbiamo raccolto emerge chiaramente la forza del legame con la patria, la voglia fortissima di cogliere la prima occasione della storia in cui gli ebrei potevano dimostrare il loro impegno di cittadini”. Proprio sulla raccolta di documenti, il Cdec ha lanciato un forte appello perché tutti coloro che hanno documenti da offrire, soprattutto fotografie, si facciano avanti, per rendere la mostra davvero unica. “Fino a questo momento ci sono arrivati dei contributi di grandissimo valore, soprattutto legati alle vicende di guerra e soprattutto da Milano. Ora speriamo di raggiungere e coinvolgere anche le altre Comunità e città d’Italia” spiega Mortara. L’obiettivo del Cdec è una mostra, possibilmente itinerante, con un alto valore scientifico e contemporaneamente la capacità di coinvolgere il pubblico, anche in modo interattivo. “L’esposizione dovrebbe iniziare con una sezione sulla vita ebraica dell’epoca, che racconti la storia di alcuni personaggi di rilievo, ma anche fornisca alcuni dati sulle comunità e le organizzazioni ebraiche. Poi verrà approfondito il dibattito tra interventisti, pacifisti, irredentisti, sionisti, che ebbe luogo sulla stampa dell’epoca, ebraica e non. Un dibattito che, abbiamo notato, si spense quasi del tutto dopo l’ingresso in guerra dell’Italia”. Interessante anche la ricerca del Cdec rispetto a eventuali episodi di antisemitismo. “A differenza che in altri paesi, dove ne accaddero molti, in Italia non ne abbiamo finora riscontrati, anche se c’è da dire che solitamente i soldati ebrei preferivano non palesare la loro appartenenza e addirittura ci furono i rabbini cappellani che proprio per questa ragione non potevano svolgere il proprio compito” racconta Paola Mortara, che sottolinea come in molti di coloro che hanno risposto all’appello hanno raccontato dei propri padri, nonni e bisnonni che parteciparono alle guerra, spesso ottenendo decorazioni e medaglie, e che per questo tenevano a raccontarlo (nell’immagine in alto a destra è ritratto il critico d’arte Paolo D’Ancona che riportava in Italia alcune opere d’arte dal Museo imperiale di Vienna nel 1919, a sinistra una foto del “rancio” scattata a Casale Monferrato nel 1915). Un altro aspetto che verrà approfondito è quello delle protagoniste femminili, quelle donne che interpretarono l’impegno nel mondo dell’associazionismo nel senso di dare non soltanto un contributo alla società, ma anche all’emancipazione. Donne che durante la prima guerra mondiale non rimasero ferme: come Paola Lombroso Carrara (1871‐1954), giornalista e ideatrice del Corriere dei Piccoli, che aveva dato vita, all’associazione di assistenza per l’infanzia “Scuola e famiglia” che accolse tantissimi figli di richiamati alle armi, oppure Sisa Carmi Belimbau (1849‐1947), che aveva inventato la tecnica di ricamo del punto pisano, e che organizzò la produzione degli indumenti militari, ricevendo la Medaglia di Bronzo della Croce Rossa e quella d’Oro della Città di Pisa. “Il lavoro da fare è ancora tantissimo – conclude Mortara – Ovviamente il punto è essere pronti a inaugurare il prossimo maggio. Per dare un contributo originale e fuori dalla retorica a un appuntamento così significativo”.

Rossella Tercatin, da Italia Ebraica agosto 2014

(3 agosto 2014)