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11 agosto 2014 - 15 Av 5774
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Paolo Sciunnach,
insegnante
Ho scelto la via della speranza e dell'attesa. Anche se lunga e difficile: che ci sia concesso di vedere il tempo messianico presto, ai nostri giorni, in cui la gloria dell'Onnipotente sarà rivelata a tutti e tutta l'umanità vivrà in pace.
 
Anna
Foa,
storica
Mentre in Siria continuano da tre anni, senza che il mondo vi presti attenzione, i massacri della popolazione civile; mentre la persecuzione dei cristiani in molti paesi dell’Africa e del’Asia ha raggiunto livelli terribili; mentre in Iraq i cristiani sono spinti con la violenza alla conversione e donne e bambini della minoranza yazida sono sepolti vivi dai miliziani del Califfato; mentre i bombardieri americani cominciano – e non possiamo non essere felici di questa decisione degli Stati Uniti – a lanciare le loro bombe sui massacratori: in questo contesto in cui stiamo vivendo, il mondo si interroga sull’uso della forza di fronte ai genocidi, sulla prevenzione degli stermini, sulle terribili violenze fatte in nome di Dio
 
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"Non si abbandonino
i cristiani perseguitati"
Le aperture dei giornali di oggi sono dedicate alla grave situazione irachena (tra gli altri, Corriere della Sera, La Stampa e Repubblica). Bagdad ieri ha dichiarato di avere prove certe dell'eccidio di centinaia di yazidi da parte dei jihadisti sunniti dello Stato Islamico. Cinquecento persone uccise e buttate in fosse comuni, in molti casi ancora vive. È la cruda testimonianza della violenza che i miliziani del Califfato stanno perpetrando contro le diverse minoranze che popolano l'Iraq. E contro queste persecuzioni si leva l'appello pubblicato oggi dal Corriere della Sera, con apertura in prima pagina di rav Giuseppe Laras, presidente del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia. “Da numerosi anni, in una regione estremamente vasta, che va dal Nord Africa sino alla Siria e all'Iraq, nel silenzio generale dell'Occidente e dell'Europa in particolare – scrive rav Laras - cristiani e altre minoranze, tra cui i pacifici yazidi, sono sottoposti a terrore, violenze continue e morte”. Il rav ricorda come in quelle stesse terre, gli ebrei subirono anni fa le stesse persecuzioni e anche in quel caso “vi fu il colpevole silenzio dell'Occidente”. Per Laras ora non si può più rimanere silenti e non agire. “Abbandonare quelle terre equivale ad abbandonare le nostre radici. Tollerare tali persecutori sulla scena internazionale pone un'enorme ipoteca sul futuro del Medio Oriente, del Nord Africa e dell'Occidente”.

 
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  davar
MEMORIA - A 70 ANNI DALLA STRAGE
Giustizia, libertà, tolleranza

Un nuovo monito da Sant'Anna
Settant’anni dopo, la lacerante ferita delle stragi perpetrate dalle truppe tedesche durante la ritirata delle Alpi Apuane è ancora aperta. Dopo una lunga rimozione, la memoria delle vittime civili massacrate dai nazisti torna in piena luce e continua a far discutere. Un patrimonio di dolore destinato a rinsaldare perpetuamente i principi repubblicani di giustizia e di libertà e un caposaldo dell’Italia nata dalla Resistenza cui gli ebrei italiani hanno tributato un contributo determinante.
E ancora un’occasione per tornare sui difficili sentieri montani di Sant’Anna di Stazzema (560 vittime civili, di cui 130 bambini).
Alla cerimonia di commemorazione delle vittime della strage, assieme ai rappresentanti del Governo e alle autorità locali, quest’anno anche il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. La sua presenza, nel nome di tutti gli ebrei italiani, sta proprio a significare che il destino della più antica comunità della Diaspora resta inscindibilmente legato a quello della liberazione dal nazifascismo, della democrazia e della Costituzione italiana.
Nelle stesse ore, sugli schermi della 67esima edizione del Festival del cinema di Locarno, appassiona e suscita interesse una rilettura cinematografica dei fatti di allora di Simone Rapisarda Casanova. Si tratta di una riflessione sul destino di luoghi che portano ancora il profondo segno del dolore, il fascino di una natura e di un paesaggio straordinario. Ma che conservano ancora il fascino del mistero recondito e del misterioso a poca distanza dalle spiagge affollate della Versilia.
Sfidando il confine tra finzione, antropologia e fantasticheria, la vicenda del suo film, La creazione di significato, è ambientata nelle Alpi Apuane, in Toscana, dove verso la fine della Seconda guerra mondiale le forze di occupazione tedesche massacrarono, prima della loro ritirata, centinaia di civili. Pacifico, un pastore nato subito dopo la guerra in questo splendido territorio, rischia ora di doverlo abbandonare. Sospesa tra i fantasmi di un sanguinoso passato e i presagi di un oscuro futuro, la sua esistenza deve piegarsi all’avvento di una nuova Europa.
Ex ricercatore informatico e laureato in produzione cinematografica alla York University di Toronto, Simone Rapisarda Casanova è cresciuto nella campagna siciliana e oggi risiede a Montreal. Nel 2002 dirige il suo primo cortometraggio, Ti con zero, seguito da Through the Gate (2003), Days of Shrub (2004) e Open Sea (2005). Il documentario El árbol de las fresas (2011), suo lungometraggio d’esordio, è stato selezionato a Locarno nella sezione Cineasti del presente.

gv

(nell’immagine una scena de La creazione di significato, presentato al festival di Locarno)

#israeledifendelapace
Al Cairo si torna a trattare
Altre 72 ore per trovare una soluzione a un conflitto che si protrae da oltre un mese. Dopo il cessate il fuoco stabilito ieri, le delegazioni israeliane e palestinese sono nuovamente al Cairo per trattare, attraverso la mediazione egiziana, un accordo che porti a una tregua duratura. I colloqui sono iniziati questa mattina e sul tavolo le richieste già divulgate nei giorni scorsi: Israele vuole il disarmo di Hamas, la controparte palestinese la fine del blocco su Gaza, l'apertura di un porto e il rilascio di prigionieri detenuti nelle carceri israeliane. Le parti sembrano essere ancora distanti, come dichiarava piuttosto chiaramente questa mattina il ministro Yitzhak Aharonovitch, per cui solo “un mago” potrebbe portare ad un accordo in queste 72 ore di calma concordata. Un cessate il fuoco preceduto dal continuo lancio di missili da parte di Hamas, che non ha esitato a sparare anche contro il valico di Kerem Shalom (nell'immagine). Da qui passano gli aiuti umanitari per la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza, centinaia di camion bloccati dagli attacchi del movimento terroristico. “Ieri Hamas ha sparato razzi contro il valico di Kerem Shalom, impedendo a 280 camion che trasportavano aiuti, cibo e medicinali di raggiungere Gaza”, ha sottolineato su Twitter il portavoce del primo ministro Benjamin Netanyahu, Ofir Gendelman. Contro ogni logica, dunque, Hamas ha colpito la sua stessa popolazione di beni di prima necessità, fondamentali in queste ore difficili.
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#israeledifendelapace - un appello scomodo
Wiesel, parole chiare su Hamas
“Gli ebrei hanno rifiutato il sacrificio di bambini tremila e cinquecento anni fa. Ora tocca a Hamas”. Un’affermazione che colpisce, pubblicata, tra gli altri, da New York Times, Washington Post e Wall Street Journal. Ma il Times, a Londra, ha rifiutato di ospitare sulle sue pagine quello che non è uno slogan qualsiasi, ma il titolo di una pagina pubblicitaria sponsorizzata da The Values Network, l’organizzazione fondata da rav Shmuley Boteach, che ha per obiettivo la diffusione dei valori universali dell’ebraismo. Il rifiuto è stato motivato dal Times con queste parole: “Le opinioni che vi sono contenute colpiscono troppo, e sono espresse in una maniera troppo forte, possono essere causa di preoccupazione per un numero significativo di lettori del Times”. Privati così della possibilità di conoscere l’opinione di un premio Nobel come Elie Wiesel.
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LA FESTA DEGLI INNAMORATI
L'origine di Tu beAv
Nulla a che fare con San Valentino, nonostante capiti spesso di vedere le due ricorrenze paragonate, ma non si più negare che quando si pensa a Tu beAv vengano in mente soprattutto immagini di coppie innamorate. In un passaggio della Mishnah – l’unica fonte che parli di questa ricorrenza – si legge: “Nessun giorno era buono per Israele come il 15 di Av e come il Giorno dell’Espiazione, quando i figli di Gerusalemme si facevano prestare abiti bianchi… e le giovani di Gerusalemme uscivano, e andavano a danzare nelle vigne”. Sul motivo delle danze nel Talmud si trovano ben sei possibili spiegazioni, dal senso ben diverso dall’operazione di marketing commerciale che sta sempre più snaturando il senso di Tu beAv. Che si tratti della celebrazione annuale del giorno in cui venne rimosso il divieto di sposarsi fra appartenenti a tribù diverse, o del giorno in cui cessò il divieto di sposare le figlie della tribù di Beniamino, sempre di faccende di cuore si tratta.
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qui firenze - 70esimo anniversario liberazione
"La nostra preghiera si leva

per una società senza divisioni"
"Preghiamo il Signore di consolidare ancora la nostra società attorno a questi valori allontanando ogni xenofobia, paura e odio verso chi è diverso, per la provenienza, la pelle o la religione. Preghiamo il Signore di abituarci a vedere e cercare in ognuno l’umano che ci unisce come membri della stessa famiglia”. Lo ha affermato il
rabbino capo di Firenze Joseph Levi intervenendo in occasione delle celebrazioni per il 70esimo anniversario della liberazione della città dal giogo nazifascista. A sfilare nel corteo partito da Piazza dell’Unità e diretto a Palazzo Vecchio anche le insegne della Comunità ebraica fiorentina. Guidavano la delegazione la presidente Sara Cividalli e il vicepresidente Davide Sadun.
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pilpul
 Oltremare - "In piazza e fuori"
Quando un paese è nel processo di decidere se entrare in un conflitto che prevede l’utilizzo di forze armate in un paese straniero, di solito le piazze si riempiono di manifestanti, che brandendo arcobaleni e bandiere variamente colorate fanno sentire le loro voci contro l’entrata in guerra. Le ultime due occasioni che ricordo con nitidezza sono la guerra del Golfo nel 1990-91 in Italia, e la guerra in Iraq a New York.

Daniela Fubini, Tel Aviv
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Tea for two - Estate
Era da un bel po’ che il termine ‘ebreo’ non subiva scossoni di questa portata. Era da un po’ che non tornavo a casa furente di rabbia ed intristita per l’ennesima lite con gli amici. Era da un po’ infine che non si parlava sul serio di liste e proscrizioni, di complotti e banchieri. La domanda che mi faccio da giorni: e se il mondo poi impazzisce per davvero?

Rachel Silvera, studentessa
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