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12 agosto 2014 - 16 Av 5774
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
Moshé ha sempre anteposto gli interessi pubblici a quelli suoi privati. Quando scende dal Monte Sinai, dopo essere stato per quaranta giorni lontano dalla sua famiglia, torna direttamente dalla sua comunità, senza neppure un breve saluto a moglie e figli. Quando l'Eterno intende distruggere il popolo ebraico per la trasgressione del vitello d'oro e gli propone di fare solo di lui e della sua discendenza un "nuovo Israele ", Moshé rifiuta e antepone la vita di ogni ebreo, anche di quelli meno meritevoli, alla sua stessa vita.
 
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Dario
Calimani,
anglista
Oggi rinuncio a scrivere e mi riconcilio con La Repubblica grazie a uno dei suoi opinionisti, Adriano Sofri. Invito a leggere il suo articolo di domenica scorsa:‘L’odio antisemita sui muri di Roma’. E mando un pensiero ad Antonio Tabucchi. Adriano Sofri sa perché.
 
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A Gaza regge la tregua
Nelle prime 24 ore delle 72 stabilite, il cessate il fuoco tra Israele e Hamas ha retto. Da Gaza non sono partiti missili e Tzahal non ha dovuto usare la forza, almeno per il momento, per rispondere alla minaccia terroristica. Intanto continuano le trattative al Cairo per “raggiungere un cessate il fuoco ampio e permanente” (Sole 24 ore) tra le parti coinvolte nel conflitto. Parti che, come spiega Massimo Lomonaco sulla Gazzetta del Mezzogiorno, appaiono distanti: Israele chiede la smilitarizzazione di Gaza; Hamas, la rimozione del blocco su Gaza e la liberalizzazione del transito di persone e merci per i valichi controllati da Israele e Egitto. “Posizioni che sulla carta sembrano inconciliabili”, scrive Lomonaco che riporta il pessimismo del ministro della Sicurezza interna Yitzhak Aharonovich sui colloqui del Cairo. “C’è poca speranza di raggiungere un accordo. Ci vorrebbe un mago”, prevedendo nuove ostilità alla fine delle 72 ore che scadranno domani alle 24.  A Gaza, invece, la popolazione cova sentimenti contraddittori nei confronti della leadership di Hamas: “Nel caso di Hamas – scrive Bernardo Valli su Repubblica – si verifica un fenomeno sconcertante: il movimento comunque minoritario usa la popolazione con il massimo cinismo, ma il suo prestigio in netto calo cresce con il numero delle vittime civili, che danno ad alcuni un senso di partecipazione popolare. Sia pure imposta, strappata, involontaria”. Per ora dunque a Gaza l’appoggio al movimento terroristico di Hamas da parte della popolazione tiene ma il credito – prosegue l’articolo di Repubblica – potrebbe presto esaurirsi. Si muovono intanto le Nazioni Unite, con la formazione della “Commissione d’inchiesta del Consiglio dei diritti umani dell’Onu sulle violazioni delle leggi umanitarie e del diritto internazionale commesse nell’ambito delle operazioni militari nella Striscia di Gaza e nei territori occupati”, riporta il Corriere. Il dito, come spesso accade alle Nazioni Unite, sembra puntato solo nei confronti di Israele, in un conflitto iniziato a causa delle violenze di Hamas.  Giovedì sera alle 20.30 a Milano si terrà una preghiera comune fra cattolici, musulmani ed ebrei per le minoranze cristiane e yazide perseguitate in Iraq. È “la prima iniziativa ecumenica in Italia, in solidarietà con le popolazioni in fuga davanti all’avanzata delle milizie jihadiste nei territori occupati dall’Isis”, Repubblica. “I vertici cittadini delle tre comunità religiose sono al lavoro da ieri sera per riuscire ad organizzare questa veglia comune, la prima dallo scoppio della crisi mediorientale”. Tra i primi a proporre l’iniziativa, rav Giuseppe Laras, presidente del Tribunale rabbinico del Centro nord Italia. “In queste ore drammatiche di sofferenza e persecuzione desidero esprimere vicinanza e solidarietà alle chiese cristiane”, aveva scritto Laras – autore di un appello apparso ieri sul Corriere – in una lettera pubblicata sul Portale dell’ebraismo italiano moked.it e ripresa da Repubblica.  Dal Medio Oriente, dalle zone controllate dalle milizie jihadiste, continuano ad arrivare notizie inquietanti. Sul Corriere della Sera, l’inviato Lorenzo Cremonesi racconta la straziante fuga per la sopravvivenza della comunità religiosa degli yazidi, braccati dalla persecuzione degli uomini del Califfato. Drammatico il racconto su La Stampa del sempre più diffuso e criminale uso di bambini-soldato da parte del’Isis, e non solo.
 
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#IsraeleDifendeLaPace Domande e risposte
Domande chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora. L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto in corso tra lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it il lancio di una nuova area informativa dedicata dalla redazione a notizie, schede, dichiarazioni  sugli ultimi sviluppi relativi all'operazione delle forze di sicurezza israeliane nella Striscia di Gaza. Tutti i cittadini che ritengono di poter aggiungere un contributo positivo per arricchire il notiziario possono mettersi in contatto scrivendo a desk@ucei.it.
 
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  davar
sant'anna di stazzema - a 70 anni dalla strage
La memoria degli eccidi del 1944 e l’impegno per il futuro
“A 70 anni da uno degli eccidi più sanguinosi, a 70 anni dai terribili lutti inflitti dai nazisti alle popolazioni dell’Alta Versilia, le bandiere d’Italia e Germania sventolano una a fianco dell’altra nel cielo di Sant’Anna di Stazzema. È un’immagine che fortemente si imprime nei cuori delle molte centinaia di persone che anche quest’anno, sfilando strade e sentieri impervi, si ritrovano in questo angolo di Toscana così affascinante ma allo stesso tempo così carico di dolore. Assieme al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, sfila dietro al gonfalone di Stazzema anche il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. La sua è una presenza altamente simbolica, sottolinea il ministro, perché nata nel segno di un comune impegno per la Memoria: una Memoria consapevole, una Memoria di tutti. “Conservare la Memoria – spiega il ministro davanti all’ossario che raccoglie i resti dei caduti – è lo strumento per mantenere l’identità di un popolo. È un valore da recuperare e per il quale serve l’impegno di ognuno di noi. Partendo dal mondo della scuola, la chiave per il nostro futuro” Furono 560 le vittime della furia nazista a Sant’Anna: uomini e donne, anziani e bambini. Una strage efferata che avrà tra i suoi testimoni oculari un giovane partigiano ebreo: il 29enne Elio Toaff, futuro rabbino capo di Roma. “Figura paradigmatica dell’ebraismo italiano, come molti suoi correligionari scelse di combattere per la libertà nelle fila della Resistenza”,
spiegherà il presidente Gattegna inaugurando la mostra “Now I know” realizzata con il contributo di 35 studenti da tutto il paese che, coordinati dal Miur, hanno trascorso un’intera settimana a Sant’Anna
Dopo essere stato protagonista, in questi stessi luoghi, di un fraterno abbraccio con il suo omologo tedesco Joachim Gauck, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affida quest’anno i suoi pensieri a un messaggio. “Provo ammirazione per quanti continuano a lavorare instancabilmente per la verità e la giustizia”, scrive il Capo dello Stato. Il riferimento è anche ai recenti approfondimenti giudiziari disposti dalla corte di Karlsruhe.
Un tema che sarà toccato nel corso dei molti interventi della mattinata. Dal sindaco di Stazzema Maurizio Verona al vicepresidente Anpi Marisa Ombra, dal costituzionalista Valerio Onida al console generale di Germania Peter Dettmar. Commozione anche per le parole di Enrico Pieri, che nell’eccidio perse tutta la famiglia e che a 10 anni si ritrovò solo a lottare contro le asperità della vita: “Oggi, ricordando quanti caddero a Sant’Anna, ricordiamo le vittime di tutte le guerre”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

sant'anna di stazzema - a 70 anni dalla strage
"Da qui, la rinascita dell'Europa"
In occasione della cerimonia per il 70esimo anniversario dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha tenuto il seguente intervento:

“Illustre signor sindaco, rappresentanti delle associazioni partigiane e antifasciste, illustri autorità civili, militari e religiose, illustre signor console di Germania, cari amici e carissimi ragazzi. Illustre ministro professoressa Stefania Giannini, come già tante altre volte ci troviamo uniti per perseguire un fine comune, quello di offrire ai nostri studenti un’occasione per acquisire non solo erudizione e nozioni ma anche vera cultura fatta di conoscenza e di coscienza. È per me un grande onore poter intervenire oggi in questo luogo e in questa cerimonia così ricca di significati.
Nel ricordare i crimini che furono compiuti vogliamo infatti consolidare nella memoria collettiva gli orrori di un passato che non tornerà a verificarsi nelle nostre vite e in quelle dei nostri figli soltanto se saremo stati capaci di apprendere la terribile lezione di quel 12 agosto di 70 anni fa. Sant’Anna di Stazzema è stata luogo di violenza e morte per antonomasia. Il teatro di uno dei più abbietti crimini realizzati dai nazisti nel nostro paese. Uomini e donne, anziani e bambini: 560 innocenti barbaramente uccisi. Una tragedia incommensurabile, una delle molte atrocità senza senso di quel periodo oscuro. Come sempre accade quando prevale la violenza e la barbarie il prezzo più alto viene pagato dagli innocenti e dagli indifesi.
Tra i testimoni di quell’orrore spicca una figura paradigmatica dell’ebraismo italiano: il futuro rabbino capo di Roma Elio Toaff, allora 29enne, che come molti suoi correligionari scelse di combattere per la libertà nelle fila della Resistenza. Un capitolo di storia ancora poco conosciuto eppure straordinariamente significativo: furono infatti oltre un migliaio, nella piccola comunità ebraica italiana già colpita da leggi discriminatorie e violente persecuzioni, a rispondere alla chiamata della lotta partigiana. Un contributo fondamentale, che risultò evidente in molte circostanze. Furono partigiani, tra gli altri, Enzo ed Emilio Sereni, Vittorio Foa, Carlo Levi, Primo Levi, Umberto Terracini, Leo Valiani. Era un ebreo la più giovane vittima della lotta di Resistenza, il mantovano Franco Cesana, ucciso all’alba dei 14 anni a Pescarola. In una intervista al Corriere di alcuni anni fa rav Toaff ricorda: “Quando entrammo in Sant’Anna, verso le 11, eravamo soltanto una dozzina. E prima di vedere l’orrore fummo assaliti da un odore terribile, di carne umana, bruciata. C’era una donna, seduta di spalle, di fronte a un tavolo. Per un attimo pensai che fosse viva. Ma, appena avanzai, vidi che aveva il ventre squarciato da un colpo di baionetta. Era una donna incinta e sul tavolo giaceva il frutto del suo grembo. Avevano tirato un colpo d’arma da fuoco anche in testa a quel povero bimbo non ancora nato”. È ancora rav Toaff a parlare: “La prima casa che trovammo era alla Vaccareccia: fumava ancora. Dentro c’erano i corpi di un centinaio di persone, in maggioranza donne e bambini. Le Ss, quattro colonne da 100 uomini ciascuna di quella stessa XVI divisione che ha agito poi a Marzabotto, li avevano chiusi lì dentro, poi avevano dato fuoco alla paglia e avevano gettato dentro delle bombe. Vedemmo un ammasso irriconoscibile”.. Eppure, come rileverà lo steso Toaff, l’oblio sarebbe a lungo calato sull’eccidio. Dal silenzio di quegli anni si è oggi arrivati a una nuova stagione di consapevolezza e Sant’Anna di Stazzema è diventato il luogo di rinascita di un’Europa che, sulle ceneri dei molti drammi del suo passato, ha saputo ricostituirsi e credere in un futuro migliore. Oggi Sant’Anna di Stazzema è il luogo dove i presidenti della Repubblica di Italia e Germania possono unirsi in un abbraccio carico di risvolti simbolici. Oggi Sant’Anna di Stazzema è il luogo in cui possiamo finalmente sentirci cittadini d’Italia, d’Europa, uomini liberi. Sono qui per portarvi il saluto delle comunità ebraiche italiane e l’abbraccio degli ebrei italiani. Come figli, fratelli, familiari di vittime innocenti della follia nazista condividiamo il dolore per coloro che abbiamo perduto e al tempo stesso siamo consapevoli della necessità che questo passato non venga dimenticato”.

#IsraeleDifendeLaPace
Al Cairo, prove per un accordo
Manca un giorno alla fine del cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Poche ore utili per districare una situazione molto complessa. Perché a dispetto delle voci di questa mattina, il divario tra le parti rimane ampio. A confermarlo una fonte ufficiale israeliana che ha dovuto smentire la notizia di una firma imminente di una tregua duratura. La partita si sta svolgendo al Cairo e sul tavolo ci sono le richieste della delegazione israeliana, la smilitarizzazione di Gaza in primis, e di quella palestinese, che vorrebbe soprattuto la rimozione del blocco sulla Striscia. Stando alle informazioni riportate dal quotidiano israeliano ynet, sembra che i rappresentanti del governo di Gerusalemme abbiano aperto ad alcune concessioni: attenuazione del blocco, ampliamento gradualmente della zona di pesca di fronte a Gaza, forte incremento del passaggio di camion dal valico di Kerem Shalom (si parla di 600 al giorno, praticamente il doppio rispetto alla cifra attuale). Non mancano le polemiche, in particolare su un punto: il trasferimento di denaro alla Striscia di Gaza per il pagamento degli stipendi dei funzionari di Hamas. “Un pericoloso eufemismo”, ha dichiarato Naftali Bennet, ministro dell'Economia israeliano (nella foto a sinistra, a fianco il ministro della Difesa Moshe Yaalon e il premier Benjamin Netanyahu). Se la proposta verrà messa ai voti, Bennet ha fatto sapere che farà di tutto per ostacolarla. Intanto stanno emergendo altri dettagli sui possibili accordi.
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israele
Tsahal alla prova della fertilità
Ogni donna, quando pensa al proprio figlio che ancora deve nascere, se ne crea un’immagine mentale. A chi assomiglierà, come diventerà, come saranno i suoi occhi, i suoi capelli… L’immaginario è fatto della stessa sostanza dei sogni, non può essere messo in discussione ed è del tutto personale. Ma diventa in una certa misura personalizzabile quando ci si trova a fare ricorso a una banca dello sperma. Effetto collaterale del recente conflitto, in Israele, pare sia una nuova tendenza registrata dal personale della Rambam Fertility Clinic di Haifa: le donne che vi fanno ricorso preferirebbero – come donatore di sperma – un uomo che faccia parte di unità da combattimento, e sicuramente che abbia “almeno” servito nell’esercito.
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Argentina
La giustizia dai tempi lunghi
È notizia di questi giorni che Estela de Carlotto ha potuto dopo 36 anni abbracciare suo nipote. La leader di quelle che oramai sono le Nonne di Plaza de Mayo - non più "Madres" dei decaparecidos argentini ma nonne alla ricerca di qualche traccia dei nipoti strappati appena nati alle madri - ha coronato il suo sogno, dopo anni di lotta instancabile, ricerca continua e militanza ostinata. Ma sono ancora circa quattrocento i bambini che mancano all'appello delle Nonne: di loro non si ha notizia, e sono ormai adulti, cresciuti da famiglie a volte complici, a volte completamente all'oscuro della storia dei neonati loro affidati.
Similmente non c'è ancora giustizia per le vittime dell'attentato che il 18 luglio del 1994 ha letteralmente polverizzato l'edificio dell'Aia, l'Associazione di Mutualità Israelita Argentina.
Sull'ultimo numero di Pagine Ebraiche, distribuito nelle scorse settimane, una ricostruzione della vicenda.
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pilpul
Il Vaticano e i cristiani in Iraq
Di fronte ai massacri di cristiani in Iraq, il papa ha agito: ha mandato sul posto come suo inviato personale, il cardinale Fernando Filoni che fu a suo tempo pro nunzio a Bagdad. Forse è troppo poco. Di fronte all'esodo di centinaia di migliaia di cristiani verso il Kurdistan, nella speranza di trovarvi rifugio, ci vorrebbe una coalizione di stati pronti a intervenire. Bisogna battersi militarmente contro gli estremisti islamici che massacrano i cristiani, li espellono dalle loro case e li uccidono. Papa Francesco si è detto fiducioso che si possa trovare una soluzione politica efficace per metter fine ai crimini.

Sergio Minerbi, diplomatico
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La situazione
"In Italia la situazione é grave, ma non é seria" (Ennio Flaiano).


Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
 

Storie - Diario di guerra
Come si stava dalla parte di chi è perseguitato durante una guerra violenta come quella del 1939-1945? Ce lo racconta il diario di Giulio Supino, “Diario della guerra che non ho combattuto. Un italiano ebreo tra persecuzione e Resistenza”, appena uscito per i tipi di Aska Edizioni, a cura di Michele Sarfatti, che firma anche la prefazione.
Supino, professore di Idraulica espulso dall’Università nel 1938 perché ebreo, appuntò su alcuni taccuini nel 1939-1940 e nel 1943-1945 (per il periodo intermedio sono conservati fogli sparsi) le sue impressioni sulla vita di quegli anni a Bologna, le vicende belliche, la persecuzione antiebraica, l’inizio del suo impegno antifascista, e poi la Resistenza nelle fila del Partito d’Azione, la partecipazione alla vita sociale, lo studio, la rete amicale, la vita clandestina con la famiglia a Firenze nel 1943-1944, e l’impegno nella ricostruzione, fino al rientro a Bologna appena liberata
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Mario Avagliano
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