Roberto
Della Rocca,
rabbino
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L’unica
benedizione prevista dalla Torah per la Terra di Israele è associata
all’alimentazione. Si tratta della seconda benedizione della Birkàt
Hamazòn, “al aaretz veal hamazòn”, istituita da Giosuè quando entrò
in Eretz Israel. Per conferire a Israele tutto il suo peso, non è
sufficiente la spiritualità ebraica, ma la materialità, rappresentata
dall’alimentazione, è un elemento altrettanto indispensabile.
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Dario
Calimani,
anglista
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Chi
pratica l’antisemitismo si serve spesso di una tecnica retorica dal
nome difficile, con la quale si inverte il prima con il dopo, il punto
di partenza con il punto di arrivo. A certa cultura occidentale
claudicante piace, ad esempio, raccontarsela così la sua storia: gli
ebrei si diedero all’odiosa pratica dell’usura, per questo sono odiati;
la verità è che, purtroppo, gli ebrei erano già odiati prima, e per
questo fu imposta, a loro in particolare, la pratica dell’usura. La
stessa cosa sta accadendo ora con Israele, che qualche responsabilità
forse può riconoscersela nella situazione attuale, ma la storia è lunga
e complessa, e la causa prima di tutta questa tremenda situazione è
forse da ricercarsi in chi gli ebrei in quella terra non li ha mai
voluti, fin dall’inizio.
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Ancora un giorno di tregua |
Almeno
altre 24 ore di tregua: pur in assenza di un accordo definitivo si
allungano i tempi a disposizione dei negoziatori, che sono riusciti a
ottenere un altro giorno di calma. II governo israeliano aveva ordinato
all'esercito di prepararsi alla fine del cessate il fuoco, ma allo
stesso tempo (Corriere) “i gruppi principali, Hamas e la Jihad
Islamica, non sembrano voler ricominciare a combattere dopo quasi un
mese di guerra”. Inoltre non solo i negoziatori, ma anche Abu Mazen è
stato nelle ultime ore impegnato a negoziare: il presidente palestinese
è in Qatar, dove si è recato per incontrare il leader di Hamas Khaled
Meshal, che - seppure dall'estero - pare abbia guidato le trattative.
Dall’Egitto il presidente egiziano intanto continua a chiedere che Abu
Mazen riprenda il controllo della Striscia, e che le sue forze di
sicurezza siano schierate al valico di Rafah. Ma - scrive ancora
Frattini - “La riconciliazione tra Hamas e Fatah sembra restare sulla
carta firmata in aprile anche perché i fondamentalisti non stanno
cedendo il dominio della Striscia. Durante il conflitto i capi del
movimento laico fondato da Yasser Arafat sono stati messi agli arresti
domiciliari".
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#IsraeleDifendeLaPace
Domande e risposte |
Domande
chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi
problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora.
L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto in corso tra
lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it
il lancio di una nuova area informativa dedicata dalla redazione a
notizie, schede, dichiarazioni sugli ultimi sviluppi relativi
all'operazione delle forze di sicurezza israeliane nella Striscia di
Gaza. Tutti i cittadini che ritengono di poter aggiungere un contributo
positivo per arricchire il notiziario possono mettersi in contatto
scrivendo a desk@ucei.it
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#Israeledifendelapace
Tregua, novità ma non dal Cairo
Una
graduale rimozione del blocco, a iniziare dai valichi di confine, e una
possibile apertura del traffico marittimo. Sono alcune delle
condizioni, riportate dal quotidiano israeliano ynet, del piano su cui
stanno lavorando Israele e Stati Uniti. Mentre il cessate il fuoco con
Hamas sta per finire (questa notte alle 24 il termine) e con i colloqui
del Cairo apparentemente fermi, le autorità israeliane avrebbero
infatti aperto un nuovo fronte di trattative, coinvolgendo gli alleati
americani. A rivelarlo è una fonte da Gerusalemme di ynet, secondo cui
i due paesi stanno definendo una bozza da proporre a Hamas per il
raggiungimento di una tregua duratura. La cooperazione tra Israele e
Stati Uniti sembra dunque la dimostrazione di una normalizzazione dei
rapporti tra i due paesi, dopo le tensioni delle scorse settimane, in
particolare tra il presidente americano Barack Obama e il premier
israeliano Benjamin Netanyahu. Pochi giorni fa il Wall Street Journal
aveva raccontato di una presunta telefonata, particolarmente accesa,
tra i due. A segnare il riavvicinamento tra i due storici alleati,
l'annuncio - non ancora ufficiale - dell'arrivo di John Kerry,
segretario di Stato Usa, in Israele. Leggi
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qui roma
L'impegno per gli urtisti
“La
vicenda dei ricordari ha origini antiche. Risale infatti alla fine del
1800 quando, con un'autorizzazione pontificia, si concesse ad alcuni
cittadini di religione ebraica di svolgere tale mestiere. È una
professione che viene riconosciuta agli ebrei perché, a quei tempi, la
Chiesa riteneva disdicevole per i cattolici vendere oggetti ai
pellegrini in visita nella Capitale. Sembra strano immaginare i
ricordari di oggi richiamare l’attenzione di pellegrini e turisti,
eppure consisteva proprio in questo il loro lavoro di allora e fino
agli anni Settanta del secolo scorso. Muniti di cassette colme di
mercanzie, gli antichi ricordari urtavano i passanti, nei pressi dei
monumenti, per far notare la propria presenza, o meglio: per vendere
loro souvenir. Ecco come nasce il nome 'urtisti', proprio per il modo
in cui lavoravano i primi ricordari”. La categoria degli urtisti è un
pezzo di storia. Non solo della comunità ebraica romana, ma di tutta la
città.
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Quale pace |
Si
è svolta ieri a Tel Aviv una manifestazione pacifista di 10.000
persone. Gli slogan non erano nuovi: dall'ovvio no alla guerra (ai
gazawi? A Hamas?), no all'occupazione (di Gaza?), no a Bibi (ha
sbagliato in “margine difensivo”? Doveva tollerare l'entrata di Hamas
nel governo? Non c'è verso di saperlo), sì ai colloqui di pace con Abu
Mazen (per parlare di che?). Io però vorrei chiedere ai manifestanti
che cos'è per loro la pace. Per me è una cosa seria. In ebraico shalom
ha la stessa radice di shalem che significa completo,
shlemut=completezza, quindi non è una semplice tregua, ma pace vera,
concreta e duratura. Può essere il risultato di trattative e
compromessi, ciò che si lega anche all'altro significato della stessa
radice: shillem=pagare, quindi ben vengano i colloqui di pace. Il
problema è che questi pacifisti non hanno ben capito che la pace vera e
duratura, non la tregua, non è altro che l'intervallo tra due guerre, e
così come le guerre le fanno gli eserciti, anche la pace solo un
esercito la può difendere. Perché
la pace è la negazione della guerra, perché per stare in pace bisogna
volerla in due, mentre per fare la guerra basta che la voglia uno solo.
Dunque la pace la può firmare e garantire un leader, capo di un governo
democraticamente eletto o dittatoriale non ha importanza, trattasi di
fatto interno, che guidi saldamente un esercito al suo comando su cui
può contare, cosa che non ha nulla a che fare con la buona volontà e il
desiderio di pace. Ora, la domanda è: Abu Mazen può contare su un
esercito al suo comando? Non mi sembra proprio, non è questo il caso, a
differenza di Israele sia a Gaza che in Giudea e Samaria non esiste un
esercito, ma, a parte un'ambigua e deboluccia polizia palestinese,
queste terre sono in preda di bande armate islamiste, di tagliagole, di
ministri corrotti e sanguinari, che si alleano tra loro e si fanno la
guerra il giorno dopo. Allora, di quale pace parlano i pacifisti
israeliani? Colloqui o chiacchiere? Vorrei tanto saperlo.
Elio Cabib
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Il tempio dell'Odio |
Il
dio dell'Odio é un piccolo cane giallo dall'aspetto macilento, e il suo
tempio sorge su una minuscola isola che ha forma di cono: e per
raggiungerla sono necessari molti giorni e molte notti di viaggio; e
solo l'odio vero, quello che gonfia il cuore in modo intollerabile e
che comprende l'invidia e la gelosia, puo indurre gli infelici a una
traversata così disagevole. (Antonio Tabucchi, Donna di Porto Pim, 1982)
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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