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19 agosto 2014 - 23 Av 5774
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
L’unica benedizione prevista dalla Torah per la Terra di Israele è associata all’alimentazione. Si tratta della seconda benedizione della Birkàt Hamazòn, “al aaretz veal hamazòn”, istituita da Giosuè quando entrò in Eretz Israel. Per conferire a Israele tutto il suo peso, non è sufficiente la spiritualità ebraica, ma la materialità, rappresentata dall’alimentazione, è un elemento altrettanto indispensabile.
Dario
Calimani,
anglista
Chi pratica l’antisemitismo si serve spesso di una tecnica retorica dal nome difficile, con la quale si inverte il prima con il dopo, il punto di partenza con il punto di arrivo. A certa cultura occidentale claudicante piace, ad esempio, raccontarsela così la sua storia: gli ebrei si diedero all’odiosa pratica dell’usura, per questo sono odiati; la verità è che, purtroppo, gli ebrei erano già odiati prima, e per questo fu imposta, a loro in particolare, la pratica dell’usura. La stessa cosa sta accadendo ora con Israele, che qualche responsabilità forse può riconoscersela nella situazione attuale, ma la storia è lunga e complessa, e la causa prima di tutta questa tremenda situazione è forse da ricercarsi in chi gli ebrei in quella terra non li ha mai voluti, fin dall’inizio.
 
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Ancora un giorno di tregua
Almeno altre 24 ore di tregua: pur in assenza di un accordo definitivo si allungano i tempi a disposizione dei negoziatori, che sono riusciti a ottenere un altro giorno di calma. II governo israeliano aveva ordinato all'esercito di prepararsi alla fine del cessate il fuoco, ma allo stesso tempo (Corriere) “i gruppi principali, Hamas e la Jihad Islamica, non sembrano voler ricominciare a combattere dopo quasi un mese di guerra”. Inoltre non solo i negoziatori, ma anche Abu Mazen è stato nelle ultime ore impegnato a negoziare: il presidente palestinese è in Qatar, dove si è recato per incontrare il leader di Hamas Khaled Meshal, che - seppure dall'estero - pare abbia guidato le trattative.
Dall’Egitto il presidente egiziano intanto continua a chiedere che Abu Mazen riprenda il controllo della Striscia, e che le sue forze di sicurezza siano schierate al valico di Rafah. Ma - scrive ancora Frattini - “La riconciliazione tra Hamas e Fatah sembra restare sulla carta firmata in aprile anche perché i fondamentalisti non stanno cedendo il dominio della Striscia. Durante il conflitto i capi del movimento laico fondato da Yasser Arafat sono stati messi agli arresti domiciliari".
 
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#IsraeleDifendeLaPace
Domande e risposte
Domande chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora. L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto in corso tra lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it il lancio di una nuova area informativa dedicata dalla redazione a notizie, schede, dichiarazioni  sugli ultimi sviluppi relativi all'operazione delle forze di sicurezza israeliane nella Striscia di Gaza. Tutti i cittadini che ritengono di poter aggiungere un contributo positivo per arricchire il notiziario possono mettersi in contatto scrivendo a desk@ucei.it
 
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  davar
#Israeledifendelapace
Tregua, novità ma non dal Cairo
Una graduale rimozione del blocco, a iniziare dai valichi di confine, e una possibile apertura del traffico marittimo. Sono alcune delle condizioni, riportate dal quotidiano israeliano ynet, del piano su cui stanno lavorando Israele e Stati Uniti. Mentre il cessate il fuoco con Hamas sta per finire (questa notte alle 24 il termine) e con i colloqui del Cairo apparentemente fermi, le autorità israeliane avrebbero infatti aperto un nuovo fronte di trattative, coinvolgendo gli alleati americani. A rivelarlo è una fonte da Gerusalemme di ynet, secondo cui i due paesi stanno definendo una bozza da proporre a Hamas per il raggiungimento di una tregua duratura. La cooperazione tra Israele e Stati Uniti sembra dunque la dimostrazione di una normalizzazione dei rapporti tra i due paesi, dopo le tensioni delle scorse settimane, in particolare tra il presidente americano Barack Obama e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Pochi giorni fa il Wall Street Journal aveva raccontato di una presunta telefonata, particolarmente accesa, tra i due. A segnare il riavvicinamento tra i due storici alleati, l'annuncio - non ancora ufficiale - dell'arrivo di John Kerry, segretario di Stato Usa, in Israele.
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#israeledifendelapace - ricerca e sviluppo
Dalla Difesa le cure, e la salute
Come affrontare un problema complesso e risolverlo? La risposta è chiara per coloro che fanno parte dell’esercito israeliano, perché, come spiega Danny Gold, il Generale di Brigata che ha profondamente innovato il sistema di difesa antimissile Iron Dome, protagonista di questa estate infuocata “dobbiamo farlo ogni giorno”. Buona parte dei militari coinvolti in progetti di innovazione e ricerca, abituati come sono a trovare soluzioni multidisciplinari complesse, trovano facilmente impiego nelle industrie high-tech. E hanno successo.
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qui roma
L'impegno per gli urtisti
“La vicenda dei ricordari ha origini antiche. Risale infatti alla fine del 1800 quando, con un'autorizzazione pontificia, si concesse ad alcuni cittadini di religione ebraica di svolgere tale mestiere. È una professione che viene riconosciuta agli ebrei perché, a quei tempi, la Chiesa riteneva disdicevole per i cattolici vendere oggetti ai pellegrini in visita nella Capitale. Sembra strano immaginare i ricordari di oggi richiamare l’attenzione di pellegrini e turisti, eppure consisteva proprio in questo il loro lavoro di allora e fino agli anni Settanta del secolo scorso. Muniti di cassette colme di mercanzie, gli antichi ricordari urtavano i passanti, nei pressi dei monumenti, per far notare la propria presenza, o meglio: per vendere loro souvenir. Ecco come nasce il nome 'urtisti', proprio per il modo in cui lavoravano i primi ricordari”. La categoria degli urtisti è un pezzo di storia. Non solo della comunità ebraica romana, ma di tutta la città.
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pilpul

Quale pace
Si è svolta ieri a Tel Aviv una manifestazione pacifista di 10.000 persone. Gli slogan non erano nuovi: dall'ovvio no alla guerra (ai gazawi? A Hamas?), no all'occupazione (di Gaza?), no a Bibi (ha sbagliato in “margine difensivo”? Doveva tollerare l'entrata di Hamas nel governo? Non c'è verso di saperlo), sì ai colloqui di pace con Abu Mazen (per parlare di che?). Io però vorrei chiedere ai manifestanti che cos'è per loro la pace. Per me è una cosa seria. In ebraico shalom ha la stessa radice di shalem che significa completo, shlemut=completezza, quindi non è una semplice tregua, ma pace vera, concreta e duratura. Può essere il risultato di trattative e compromessi, ciò che si lega anche all'altro significato della stessa radice: shillem=pagare, quindi ben vengano i colloqui di pace. Il problema è che questi pacifisti non hanno ben capito che la pace vera e duratura, non la tregua, non è altro che l'intervallo tra due guerre, e così come le guerre le fanno gli eserciti, anche la pace solo un esercito la può difendere. Perché la pace è la negazione della guerra, perché per stare in pace bisogna volerla in due, mentre per fare la guerra basta che la voglia uno solo. Dunque la pace la può firmare e garantire un leader, capo di un governo democraticamente eletto o dittatoriale non ha importanza, trattasi di fatto interno, che guidi saldamente un esercito al suo comando su cui può contare, cosa che non ha nulla a che fare con la buona volontà e il desiderio di pace. Ora, la domanda è: Abu Mazen può contare su un esercito al suo comando? Non mi sembra proprio, non è questo il caso, a differenza di Israele sia a Gaza che in Giudea e Samaria non esiste un esercito, ma, a parte un'ambigua e deboluccia polizia palestinese, queste terre sono in preda di bande armate islamiste, di tagliagole, di ministri corrotti e sanguinari, che si alleano tra loro e si fanno la guerra il giorno dopo. Allora, di quale pace parlano i pacifisti israeliani? Colloqui o chiacchiere? Vorrei tanto saperlo.

Elio Cabib

Il tempio dell'Odio
Il dio dell'Odio é un piccolo cane giallo dall'aspetto macilento, e il suo tempio sorge su una minuscola isola che ha forma di cono: e per raggiungerla sono necessari molti giorni e molte notti di viaggio; e solo l'odio vero, quello che gonfia il cuore in modo intollerabile e che comprende l'invidia e la gelosia, puo indurre gli infelici a una traversata così disagevole. (Antonio Tabucchi, Donna di Porto Pim, 1982)

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas




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