Elia Richetti,
rabbino
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Il
brano di questa settimana si conclude con una norma di non facile
comprensione: quello della ‘eglà ‘arufà, la vitella decapitata. La Torà
stabilisce che se si trova in un campo un morto ammazzato e non si ha
alcun modo per scoprire chi ha commesso l’omicidio, i capi e i
sacerdoti della città più vicina devono recarsi sul più vicino alveo di
torrente, decapitarvi una vitella e, lavandosi le mani, dichiarare la
propria estraneità al delitto. Questa è la regola, alla quale ho
accennato molto brevemente perché non è direttamente ad essa che voglio
appoggiarmi, bensì a un midràsh ad essa collegato. Il Midràsh sostiene
che quando Yosèf fu mandato dal padre a vedere come stavano i fratelli,
ed a seguito di ciò fu venduto, col padre stava studiando proprio
questa regola; e solo quando, anni dopo, glielo ricordò tramite i
fratelli, Ya‘aqòv si convinse che il suo figlio dato per sbranato era
vivo.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Se
è vero, come affermano i suoi dirigenti, che Hamas ha vinto l’attuale
round del conflitto con Israele, non ci resta che augurare cento di
queste vittorie a Khaled Meshaal e Ismail Haniyeh. Il cessate il fuoco
può durare finché l’inevitabile stillicidio di ulteriori colpi di
mortaio non supererà il limite di tolleranza, causando la reazione
israeliana e la ripresa dei lanci di razzi da Gaza. Quello che invece
si profila in Israele (a parte un possibile riscaldamento del confine
siriano) sono nuove elezioni, in cui Benjamin Netanyahu dovrà cercare
di farsi rinnovare il mandato alla luce della sua conduzione
dell’ultima campagna. Come è noto, Churchill e Truman conclusero
vittoriosamente la Seconda guerra mondiale ma, rispettivamente, i
conservatori e i democratici persero le prime vere elezioni politiche
del dopoguerra. Bibi rischia un destino simile.
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ROMA
- Ultimo appuntamento, questa sera al cinelab Groupama dell'Isola
Tiberina, per la rassegna “Le Notti del Museo Ebraico” organizzata dal
Museo Ebraico di Roma in collaborazione con L’Isola del Cinema. In
proiezione alle 22 il documentario "Woody" dedicato alla vita del
grande Woody Allen.
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Israele, attenzione al Nord
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Firmata
la tregua con Hamas, Israele guarda con attenzione a quanto accade a
Nord, ai confini con la Siria. Sul valico di Quneitra, sulle alture del
Golan, sventolano da ieri le bandiere nere dei ribelli qaedisti che
hanno strappato l’area al controllo del regime di Assad. “Per ora —
ripetono i capi rivoltosi — lo Stato ebraico e il Golan (tolto ai
siriani nel 1967 e annesso 14 anni dopo) non rappresentano un
obiettivo”, scrive sul Corriere della Sera Davide Frattini, ma
l’attenzione israeliana a quanto accade in Siria è alta. I colpi di
mortaio caduti ieri sul territorio israeliano, con il ferimento di un
ufficiale di Tsahal, sono sì partiti dalla Siria ma le stesse autorità
israeliane hanno derubricato l’accaduto a “fuoco accidentale”, ovvero
colpi vaganti dovuti all’infuriare della battaglia oltre confine.
Tornando a sud, Repubblica riporta il compito affidato al generale
israeliano Yoav Mordechai, al premier palestinese della Cisgiordania
Rainy Harndallah e all’inviato olandese dell’Onu Robert Serry:
“vigilare sulla tregua ‘permanente e duratura’ che ha posto fine a
cinquanta giorni di guerra tra Israele e Gaza”. “Saranno loro a
controllare che gli aiuti umanitari e i materiali per la ricostruzione
in arrivo sulla Striscia ( via terra e via mare ) non vengano usati da
Hamas per riarmarsi o per costruire nuovi tunnel”. Nello stesso
articolo si sottolineano le difficoltà del premier israeliano Benjamin
Netanyahu all’indomani della tregua, fortemente criticato sia da uomini
del suo governo sia dai cittadini del Sud del paese per aver firmato il
cessate il fuoco di un mese.
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#IsraeleDifendeLaPace Domande e risposta
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Domande
chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi
problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora.
L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto tra lo Stato
di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it il lancio di una nuova
area informativa dedicata dalla redazione a notizie, schede,
dichiarazioni. Tutti i cittadini che ritengono di poter aggiungere un
contributo positivo per arricchire il notiziario possono mettersi in
contatto scrivendo a desk@ucei.it.
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J-CIAK
Biennale, da Amos Gitai
al caso "Villa Touma"
La
gran giostra della Biennale di Venezia anche quest’anno ci porta in
dono qualche J-delizia. Cinema d’autore, of course. Pensoso,
drammatico, talvolta tenero e attento alla poesia del quotidiano, che
da parte israeliana sorprende per la carenza di attualità, ma sempre da
soppesare con occhio attento. Il primo protagonista di questa
carrellata è senz’altro Frederick Wiseman, filmaker statunitense che,
assieme alla montatrice Thelma Schoonmaker, si è aggiudicato il Leone
d’oro alla carriera. Documentarista strepitoso, dal 1967 Wiseman ci
racconta la vita nelle istituzioni sociali del nostro tempo. L’ospedale
psichiatrico, le compagnie di balletto, il tribunale minorile, la
palestra di boxe, le scuole … Il suo occhio attento ha spaziato con
minuziosa poesia, fino alle sale della prestigiosa National Gallery,
presentato all’ultimo festival di Cannes, cogliendo sempre dettagli
inattesi e scorci inconsueti. Un’interesse, quello di Wiseman,
profondamente radicato nella sua infanzia bostoniana in cui – come ha
ricordato lui stesso – “l’antisemitismo era ovunque” e la
discriminazione sempre dietro l’angolo. Eccentrico, per certi aspetti,
è anche lo sguardo dell’israeliano Idan Hubel che presenta in concorso
“Pat Lehem” (Daily Bread, Israel, 18’). Hubel, già presente
all’edizione 2012 con “Menatek HaMaim” (The Cut-Off Man), malinconico
ritratto di un uomo che per lavoro taglia l’acqua alle famiglie
insolventi, questa volta porta a Venezia un corto ispirato a un
racconto di Berdyczewsky (1865-1921), popolare scrittore e giornalista
di origine ucraina che scrisse in ebraico, ucraino e tedesco. La storia
è minimale: un bambino ruba della cioccolata e per timore di essere
punito dalla matrigna scappa di casa. Ma quando scende la notte la
paura inizia a farsi sentire, sarà guidato da una scintilla. Fuori
concorso Amos Gitai, uno dei beniamini del Festival del cinema di
Venezia, propone “Tsili” (Israele, Russia,Italia, Francia, 88’)
anch’esso basato su un’opera letteraria, l’omonimo romanzo del grande
Aharon Appelfeld. Il film racconta di Tsili, giovane e semplice ragazza
ebrea, che nascondendosi nei boschi riesce a sfuggire alla deportazione
che colpisce la sua famiglia e dopo la guerra vaga in cerca di una nave
che la porti altrove. Interamente girata in yiddish, la storia
rispecchia quella dello stesso Appelfeld, anch’egli sopravvissuto alla
Shoah rifugiandosi nella foresta.
(Nell'immagine una scena di "Tsili" di Amos Gitai)
Daniela Gross
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#israeledifendelapace
Quelle ferite da alleviare
Due
colpi, una alla mano e uno al petto. Il secondo potenzialmente fatale.
A sparare, un cecchino di Hamas, nascosto in qualche anfratto di Gaza
mentre attorno infuriava la battaglia. La vittima, Oz Ronen, faceva
parte dell'unità di fanteria Golani, la più coinvolta negli scontri con
i miliziani del movimento terroristico della Striscia di Gaza. A
salvargli la vita, il tempestivo intervento dell'ufficiale medico
Shahar Daysi. “Grazie alle cure di Shahar, la vita di Oz è salva”, ha
dichiarato un famigliare del soldato ferito. Dopo aver servito a Gaza e
contribuito a salvare la vita dei suoi compagni, il luogotenente Daysi
è tornato a nord, sulle alture del Golan. Mercoledì due colpi l'hanno
raggiunto, alla mano e al petto. Questa volta non era un cecchino di
Hamas, ma proiettili vaganti partiti dalla Siria contro il territorio
israeliano. Di là dal confine infuria un'altra guerra, tra i ribelli e
il regime di Assad. Israele per ora non è coinvolta ma i proiettili non
lo sanno, e hanno comunque ferito Daysi.
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VERSO ROMA FIORENTINA - LE MEMORIE DEL MORè
"Quella volta che il calcio
tornò a farmi sorridere"
Non
è una partita come un'altra. E mai potrà esserlo. Per il rav Vittorio
Della Rocca, “il Morè”, Roma-Fiorentina rappresenta molto più di un
semplice incontro tra due squadre candidate all'alta classifica. È
infatti uno dei primi raggi di luce di una gioventù difficile, segnata
dalle persecuzioni e dall'uccisione del padre.
Una storia che la Gazzetta dello Sport fa oggi raccontare al collega
Adam Smulevich dopo l'articolo, a firma dello stesso, apparso sul
numero di agosto del giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche
dal titolo "Roma, storia di un grande amore".
Magari
non va più allo stadio ogni domenica. Ma la passione è rimasta la
stessa: la passione del ragazzino che si imbucava a Campo Testaccio
sfidando le restrizioni delle leggi antiebraiche emanate dal fascismo,
la passione della giovane mezzala della Stella Azzurra che sognava di
ripetere sul campo le imprese di Amedeo Amadei, il mitico Fornaretto,
da poco scomparso, impresso nella sua mente come “il più grande
campione” ad aver onorato la maglia della lupa. Figura tra le più
rappresentative e amate della Roma ebraica, Vittorio Della Rocca si
diverte all’idea di essere etichettato come rabbino tifoso. “Dire che
sono tifoso è dire poco. La Roma ce l’ho nel sangue, da sempre".
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PROTAGONISTI
Elvis Presley? Uno Shabbos Goy
Harold
Fruchter era solo un bambino quando, nel suo appartamento in Alabama
street a Memphis, si aggirava un adolescente fuori dal comune: Elvis
Presley. Prima di iniziare la sua sfavillante carriera musicale, The
King aveva un ruolo piuttosto singolare a casa Fruchter: lo shabbos
goy. Durante lo shabbat, infatti, provvedeva a compiere mansioni
proibite agli gli ebrei osservanti, come accendere la luce. "Mia mamma
ovviamente non poteva chiederglielo direttamente - racconta Harold-
quindi, quando Elvis arrivava, cominciava a spiegargli quanto buio ci
fosse e come sarebbe stato utile avere un po' di luce". La storia viene
riportata dal sito Tablet che la riprende dalla stazione radio KCRW.
Harold Fruchter fa il cantante nei matrimoni e nonostante il suo
repertorio sia prettamente ebraico non nasconde come ami ogni tanto
inserire un grande classico di Presley. "Elvis aveva molto rispetto per
mio padre, rabbino di professione, lo chiamava Sir Rabbi. Mia madre era
una grande amica di sua madre e lo trovava un giovane adorabile. Per il
suo diploma gli regalò dei gemelli. Sapeva quanto li desiderasse".
Probabilmente fu questo l'incontrò che portò Presley ad essere
affascinato dalla religione ebraica: gli innumerevoli siti a lui
dedicati non mancano di ricordare che portava sempre con sé una kippah
custodendola nel taschino e che fece molte donazioni ad associazioni
ebraiche, oltre ad essere uno studioso di Kabbalah decenni prima del
fenomeno Madonna. Si mormora perfino che sua nonna fosse ebrea. E
pensare che tutto iniziò con una curiosa 'carriera' di shabbos goy.
Rachel Silvera
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Setirot
- La partita del sogno |
In
cerca di speranze, riprendo in mano un libro di qualche anno fa, “I
have a dream”, raccolta di indimenticabili discorsi pronunciati da
altrettanto indimenticabili uomini che “hanno camminato con coraggio in
direzione ostinata e contraria (…) per un mondo migliore”. Curato e
introdotto da David Bidussa, lo considero – se così si può dire – un
aiuto per i tempi bui e confusi come quello che stiamo vivendo. Perché,
come scrive David, “non ci si dimette dalla storia, e neppure si può
dichiararla chiusa a proprio piacimento (…) e proprio la riapertura
della storia implica che si riapra la partita del sogno, una condizione
che presume appunto la consapevolezza che niente è ineluttabile o già
scritto”.
Stefano Jesurum, giornalista
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