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11 settembre 2014 - 16 Elul 5774
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Leggendo le tremende pagine delle Tokhechòth, delle ammonizioni contenute in questa Parashà, non si può non rendersi conto che queste terribili profezie, previste nel caso in cui il popolo ebraico si allontanasse dalla via della Torà, si sono purtroppo puntualmente avverate, specialmente durante la Shoah. Non intendo minimamente asserire con ciò che la Shoah sia stata una punizione divina per la scarsa osservanza delle mitzvot, o che una maggiore osservanza l’avrebbe potuta evitare: sarebbe bestemmia contro la memoria di milioni dei nostri confratelli, morti testimoniando la loro appartenenza all’ebraismo.
Il mio discorso si limita a far notare quanto sia attuale la nostra Torà e quanto, di conseguenza, tutto potrebbe ripetersi se – come a volte sembra – dovessero prevalere le forze del male.
Ed allora, come evitare il ripetersi di una simile catastrofe?
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
Oggi 11 settembre è il 13° anniversario delle Torri gemelle. Meglio di ogni commento credo sia opportuno un minuto di silenzio, nel quale chiederci dove eravamo, dove siamo, dove andiamo.
 
"I sopravvissuti
sono strumentalizzati"
A me dispiacciono due cose. Che nessuno mi abbia informato, come ho già detto. E anche che stanno strumentalizzando i sopravvissuti, cinicamente, perché promettere di aprire un museo in quattro mesi… Comunque, io da presidente della Fondazione recepirò le indicazioni del Consiglio..”. Parole amare quelle del presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma Leone Paserman intervistato oggi dal Corriere della Sera rispetto alla decisione di spostare la sede del museo da villa Torlonia all’Eur. “Ho accettato l’incarico di presidente della Fondazione – afferma Paserman – perché credevo nel progetto che mi era stato sottoposto. Ma se invece adesso si tratta di illudere i sopravvissuti, di vendere loro un sogno, allora, come ho già scritto al presidente Riccardo Pacifici, io non ci sto…”. A motivare la decisione di spostare il museo all’Eur, la volontà di inaugurarlo per il 70esimo anniversario della liberazione di Auschwitz, ovvero il prossimo 27 gennaio. “Per allestire una nuova sede – afferma il presidente Paserman – devono essere messi a norma i locali, poi c’è l’allestimento, e in ogni caso il tempo necessario è superiore, un museo non si allestisce in quattro mesi”. Sempre sul Corriere, Gian Guido Vecchi ricostruisce la situazione del museo e, sulla decisione di spostare o meno la sede, scrive “la buona notizia, in tutto questo, è che stasera il consiglio della comunità ebraica romana darà il buon esempio alle altre istituzioni coinvolte – Comune, Regione, Provincia – e farà chiarezza”. “Noi pochi sopravvissuti abbiamo il desiderio di vedere questo museo”, la testimonianza del sopravvissuto Sami Modiano, riportata da Vecchi.
Finanziamento illecito è l’accusa formulata dalla Procura di Roma a carico dell’ex sindaco Gianni Alemanno e di altre otto persone, “accusate – riporta il Corriere della Sera – di aver creato e distribuito/preso fondi neri della Accenture srl”. Il pubblico ministero ha chiesto il processo per l’ex braccio destro di Alemanno, Fabio Ulissi, e per gli “intermediari dell’operazione Angelo Italiano e Sharon Di Nepi”, riporta il Corriere. Il nome di Di Nepi, era stato accostato negli scorsi mesi al presidente della Cer Riccardo Pacifici, il quale aveva chiarito il suo ruolo nella vicenda: Ulissi, riportano i verbali dell’indagine, aveva chiesto un contatto per fare un sondaggio elettorale. “Aveva fatto campagna per Alemanno – ha affermato in un’intervista a Repubblica (23 febbraio 2014) Pacifici, riferendosi a Ulissi – ma non mi disse per chi fosse quel sondaggio. Io gli diedi il numero di Sharon, perché l’avevo incontrata in Accenture poche settimane prima. È l’unico ruolo che ho avuto in questa vicenda che mi auguro la magistratura chiarirà nella sua interezza e dove mi auguro che tutti potranno dimostrare la propria innocenza”. L’Accenture, di cui Di Nepi è una dei manager, secondo quanto riporta Repubblica avrebbe pagato tangenti al Comune per ottenere in cambio dal Campidoglio l’assegnazione di appalti.
 
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  davar
giornata europea della cultura ebraica
Ferrara, il Meis apre le porte
Ogni anno la Giornata Europea della Cultura Ebraica incorona una città e la rende capofila di una catena di eventi. In questa 15esima edizione, la prescelta è una 'signora' la cui storia magnificente la precede: Ferrara. Dalle opulenti vite della famiglia d'Este agli indimenticabili versi di Ariosto: una città rinascimentale ragionata e pianificata che si apre a sprazzi di verde. La storia ebraica ferrarese risuona i propri fasti tra le vie e le mura, il vagheggiato amore per Micòl, inseguita durante le partite di tennis ne Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, sospira ancora. Il 14 settembre, Ferrara indosserà il vestito buono per celebrare l'ebraismo italiano. Perché è la città stessa che sente scorrere nelle proprie vene, legge nel proprio dna la presenza ebraica che da secoli la popola. E per la prima e ultima volta, proprio in questa domenica, offrirà un'occasione da cogliere: il Meis, il Museo Nazionale dell'Ebraismo e della Shoah, di cui attualmente sono visitabili tre sale durante le mostre temporanee, aprirà le porte del cantiere della parte antistante, sul retro. I visitatori avranno quindi la possibilità di vedere lo spazio prima che venga incluso e diventi parte integrante del museo. Dentro il cantiere in via Rampari di San Paolo, le visite, organizzate dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia-Romagna in collaborazione con la Fondazione Meis illustreranno il progetto (dalle 11.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 17.30, con tour di circa mezz'ora), dando un'immagine vivida delle trasformazioni che subirà per re-inventarsi. I ferraresi e non solo potranno esplorare un luogo del quale da sempre sapevano l'esistenza ma che mai avevano potuto percorrere. L'obiettivo, quello di entrare a vedere i lavori in corso, il "Meis at work" e poterne uscire con l'idea di un museo. Il tutto, tramite l'ausilio di pannelli descrittivi, un plastico tridimensionale e una video-installazione della futura area espositiva, la biblioteca e le strutture per la didattica. In attesa di poter aprire tutte le sue porte, il Meis mantiene la sua missione: quella di essere un museo italiano che racconta la minoranza ebraica come italiana e non il contrario. Da anni si propone di essere un museo di contenuto non solo un contenitore. Questo, quindi uno dei motivi che ha portato la stessa Fondazione a sostenere con l'Aisg (Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo) l'appuntamento del 15 settembre. Il giorno dopo la Giornata della Cultura infatti, la Ferrara ebraica rimarrà protagonista proseguendo il Convegno Internazionale dal titolo “Isacco Lampronti. Medico, codificatore, enciclopedista ferrarese” (Aula Magna del Dipartimento di Economia e Managment – Università di Ferrara): dopo i saluti del rabbino capo Luciano Meir Caro, il presidente del Meis Riccardo Calimani, il presidente dell'Aisg Mauro Perani, interverranno rav Gianfranco Di Segni, Gerard Nahon (École Pratique des Hautes Études, Paris) , Giuseppe Veltri (Università di Amburgo), rav Riccardo Di Segni, rav Amedeo Spagnoletto, Laura Graziani (Archivio di Stato di Ferrara) e Debra Glasberg Gail (Columbia University di New York). La parte conclusiva si terrà a Ravenna il giorno dopo.
Perché la cultura ebraica e la vita della Ferrara ebraica continuano.


(Nell'immagine il rendering della sala di consultazione che sorgerà all'interno del Meis)

Rachel Silvera
qui roma - il monito di leone paserman
"Non si strumentalizzino

i sopravvissuti alla Shoah"
“È chiaro che stanno strumentalizzando i sopravvissuti, con cinismo”. Questa l’affermazione del presidente della Fondazione Museo della Shoah Leone Paserman (nell'immagine) riportata oggi dal Corriere della Sera. Dopo quanto affermato sul notiziario quotidiano Pagine Ebraiche 24 (l’idea di inaugurare un museo all’Eur per il 27 gennaio è irrealistica e questa consapevolezza è condivisa gli con assessori di Roma Capitale preposti: grave illudere nel merito i Testimoni; l’eventuale spostamento all’Eur della mostra prevista al Vittoriano in quella data sarebbe tutt’altro che una certezza) Paserman oggi ribadisce: “Ho accettato l’incarico di presidente della Fondazione perché credevo nel progetto che mi era stato sottoposto. Ma se invece adesso si tratta di illudere i sopravvissuti, di vendere loro un sogno, allora, come ho già scritto al presidente Riccardo Pacifici, io non ci sto…”. E poi aggiunge: “A me dispiacciono due cose. Che nessuno mi abbia informato (dell’ipotesi Eur, ndr). E anche che stanno strumentalizzando i sopravvissuti, cinicamente, perché promettere di aprire un museo in quattro mesi…”.
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qui roma
Formazione, nuovo master al via
“Accolgo con entusiasmo il primo Master in Cultura Ebraica e Comunicazione. Un’ottima risorsa che rinvigorisce il Diploma Universitario Triennale in Cultura Ebraica già esistente e permette una formazione completa e strutturata. Un’opportunità unica che l’Unione delle Comunità Ebraiche offre; non solo rivolgendosi a un pubblico interno, ma anche dialogando con l’esterno”. A raccontare la novità, il consigliere UCEI Dario Bedarida (nella foto). Il Master di Primo Livello in Cultura Ebraica e Comunicazione verrà inaugurato nell’anno 2014-2015 e contribuirà in maniera significativa al determinante rapporto tra cultura ebraica e comunicazione, all’importanza millenaria dell’incontro di ebraismo e parola. Corsi incentrati sullo studio della Torah e dell’ebraico potranno incrociarsi con i diversi linguaggi offerti dalla comunicazione: dal giornalismo (tradizionale e multimediale) al cinema, chiamando ad intervenire penne dei quotidiani italiani. Diretto da rav Riccardo Di Segni e coordinato dalla professoressa Myriam Silvera, il master, oltre le classiche lezioni frontali, prevederà un periodo di stage all’interno di organi di informazione ebraici e centri culturali.
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MELAMED A
Maria Montessori, un asilo

nel suo nome a Crown Heights
La Lamplighters Yeshiva a partire dal 2012 ha adottato il metodo Montessori, una scelta sempre più diffusa fra le scuole ebraiche nord americane. Dal 2011 esiste addirittura una “Jewish Montessori Society”, che ha fra i suoi compiti il sostegno a tutto campo delle comunità intenzionate ad aprire una scuola ebraica Montessori, dalla strutturazione di marketing e crowdfunding all’organizzazione di incontri regolari fra presidi e insegnanti delle diverse scuole, fino al lavoro su programmi, sviluppo dei curricula e corsi di aggiornamento. Si tratta di una realtà che ha avuto un’accelerazione forte negli ultimi anni e comprende ora alcune decine di scuole ebraiche, che hanno fatto propri i principi elaborati dalla pedagogista, filosofa ed educatrice Maria Montessori, che è stata anche scienziata e la prima donna a laurearsi in medicina in Italia. La particolarità della Lamplighters Yeshiva, però, è che si trova a Crown Heights.
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qui roma - FONDAZIONE BENI CULTURALI EBRAICI
In
luce la collezione Ambron
Continua il programma legato alla mostra "Artiste del Novecento tra visione e identità ebraica", esposta fino al prossimo 19 ottobre alla Galleria d'Arte Moderna di Roma. Tanti gli approfondimenti e gli spunti che offre la mostra curata da curata da Marina Bakos, Olga Melasecchi e Federica Pirani e realizzata dalla Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia in collaborazione con Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Museo ebraico di Roma. E tra gli appuntamenti in calendario, grande interesse ha suscitato ieri la conferenza tenuta da Dora Liscia Dora Liscia Bemporad, docente di Arti Applicate all’Università di Firenze, che ha raccontato al pubblico la storia di una figura affascinante quanto preziosa per il panorama culturale italiano: Leone Ambron, noto collezionista d'arte dello scorso secolo, i cui impegno, raffinatezza e generosità hanno contribuito ad arricchire il patrimonio artistico di questo paese. Un figura da riscoprire così come da riscoprire sono le protagoniste della mostra Artiste del Novecento, quindici donne ebree, autrici di opere straordinarie, troppo a lungo lasciate in ombra e ora restituite al grande pubblico con l'esposizione della Gam. Un percorso attraverso 150 opere che si sposa con il Leitmotiv della Giornata Europea della Cultura Ebraica di domenica (per l'occasione sarà possibile visitare la mostra a prezzo ridotto), ovvero Donne ed Ebraismo.
 
qui milano - INCONTRO CON IL PADRE DI IRON DOME
"Così abbiamo protetto Israele"
Un lungo e fragoroso applauso è risuonato ieri nell'aula magna della scuola ebraica di Milano. Una calorosa accoglienza per chi, con la sua Cupola di ferro, ha salvato e protetto migliaia di civili israeliani dai missili di Hamas. Un tributo a Danny Gold, il padre di Kippat Barzel, sofisticato sistema antimissile cui sbalorditiva efficacia ha permesso di ridurre al minimo i danni dei razzi sparati da Gaza nel corso dell'ultimo conflitto. Centinaia di persone hanno affollato la sala per ascoltare l'ideatore della Cupola di Ferro, in un evento organizzato dal Keren Hayesod, ente impegnato a sostenere Israele e a rafforzare i suoi legami con gli ebrei della diaspora. Sul palco Gold ha presentato con orgoglio quello che “in molti avevano bollato come fantascienza” e lui, assieme a un team di oltre 300 persone, è riuscito a rendere possibile.
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QUI LIVORNO
Zvika Melchior (1954-2014)
Comunità ebraica di Livorno in lutto per la scomparsa, avvenuta improvvisamente in queste ore, di Zvika Melchior. Nella sua permanenza a Livorno, per gli studi che lo avrebbero poi visto laurearsi in medicina veterinaria, era diventato un vero e proprio livornese, tale rimanendo anche dopo il rientro in Israele, dove assunse la direzione sanitaria di un’importante azienda avicola israeliana, a Kiryat Shmona dove risiedeva con la numerosa e bella famiglia. Frequenti le sue visite a Livorno e in Italia, l’ultima nell’ottobre 2013. Originario di Ramat Gan, era figlio di sopravvissuti alla Shoah e durante la permanenza livornese collaborò come shaliach locale per il Benè Akiva.


Gadi Polacco
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pilpul
Setirot - Diario di guerra
Un minuscolo dettaglio ha la forza di catapultarti in un vortice di sentimenti difficilmente governabili. Leggo i taccuini in cui Giulio Supino annotò la propria vita dal 1939 al 1945 (“Giulio Supino. Diario della guerra che non ho combattuto. Un italiano ebreo tra persecuzione e Resistenza”, a cura di Michele Sarfatti, Askaedizioni), ritrovo pensieri, ambienti, sensazioni, vorrei quasi dire rumori e volti che in qualche modo appartengono alla storia delle nostre famiglie – pur non essendoci alcuna parentela con i Supino. Poi, all'improvviso, a pagina 227... «15 dicembre. Al partito. Cavalli. Ragghianti. A mezzo loro e Maria Luisa conosco Comandante Pietro [Pandiani; capo partigiano della brigata GL Montagna, nell'appennino bolognese], poi Emilio Fornaciari [Tommaso], [Enzo] Biagi.» Ed ecco riapparire i racconti di mio suocero, pensieri, ambienti, sensazioni che appartengono alla storia dell'altra mia famiglia, quella di mia moglie Carla Biagi.


Stefano Jesurum, giornalista
Time out - Il derby del Museo
Sono riusciti a far diventare anche il Museo della Shoah un derby tra tifosi. Da una parte le petizioni e gli appelli, dall’altra gli articoli sui giornali di politici amici. Il tutto mentre eravamo convinti che questo museo fosse davvero necessario alla città di Roma e alla sua memoria storica. Eppure, come in ogni derby la neutralità non è contemplata. Non quella timorosa di chi ha paura di esprimersi e preferisce tacere, ma quella di chi, di fronte a evidenti ambiguità e situazioni poco chiare si pone qualche dubbio su quale sia effettivamente la soluzione migliore. La necessità di non rimanere incastrati nelle logiche della burocrazia e delle amministrazioni capitoline che da anni promettono e non mantengono, spinge a pensare che l’Eur sia la soluzione più giusta per avere un luogo della memoria della Shoah. Il timore che costruire un Museo in un vecchio centro commerciale senza un’anima architettonica e a distanza dal centro di Roma sia un contentino alle esigenze degli ebrei è però alto.

Daniel Funaro
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