
Elia Richetti,
rabbino
|
Leggendo
le tremende pagine delle Tokhechòth, delle ammonizioni contenute in
questa Parashà, non si può non rendersi conto che queste terribili
profezie, previste nel caso in cui il popolo ebraico si allontanasse
dalla via della Torà, si sono purtroppo puntualmente avverate,
specialmente durante la Shoah. Non intendo minimamente asserire con ciò
che la Shoah sia stata una punizione divina per la scarsa osservanza
delle mitzvot, o che una maggiore osservanza l’avrebbe potuta evitare:
sarebbe bestemmia contro la memoria di milioni dei nostri confratelli,
morti testimoniando la loro appartenenza all’ebraismo.
Il mio discorso si limita a far notare quanto sia attuale la nostra
Torà e quanto, di conseguenza, tutto potrebbe ripetersi se – come a
volte sembra – dovessero prevalere le forze del male.
Ed allora, come evitare il ripetersi di una simile catastrofe?
|
|
Leggi
|
Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
|
Oggi
11 settembre è il 13° anniversario delle Torri gemelle. Meglio di ogni
commento credo sia opportuno un minuto di silenzio, nel quale chiederci
dove eravamo, dove siamo, dove andiamo.
|
|
 |
"I sopravvissuti
sono strumentalizzati"
|
A
me dispiacciono due cose. Che nessuno mi abbia informato, come ho già
detto. E anche che stanno strumentalizzando i sopravvissuti,
cinicamente, perché promettere di aprire un museo in quattro mesi…
Comunque, io da presidente della Fondazione recepirò le indicazioni del
Consiglio..”. Parole amare quelle del presidente della Fondazione Museo
della Shoah di Roma Leone Paserman intervistato oggi dal Corriere della
Sera rispetto alla decisione di spostare la sede del museo da villa
Torlonia all’Eur. “Ho accettato l’incarico di presidente della
Fondazione – afferma Paserman – perché credevo nel progetto che mi era
stato sottoposto. Ma se invece adesso si tratta di illudere i
sopravvissuti, di vendere loro un sogno, allora, come ho già scritto al
presidente Riccardo Pacifici, io non ci sto…”. A motivare la decisione
di spostare il museo all’Eur, la volontà di inaugurarlo per il 70esimo
anniversario della liberazione di Auschwitz, ovvero il prossimo 27
gennaio. “Per allestire una nuova sede – afferma il presidente Paserman
– devono essere messi a norma i locali, poi c’è l’allestimento, e in
ogni caso il tempo necessario è superiore, un museo non si allestisce
in quattro mesi”. Sempre sul Corriere, Gian Guido Vecchi ricostruisce
la situazione del museo e, sulla decisione di spostare o meno la sede,
scrive “la buona notizia, in tutto questo, è che stasera il consiglio
della comunità ebraica romana darà il buon esempio alle altre
istituzioni coinvolte – Comune, Regione, Provincia – e farà chiarezza”.
“Noi pochi sopravvissuti abbiamo il desiderio di vedere questo museo”,
la testimonianza del sopravvissuto Sami Modiano, riportata da Vecchi.
Finanziamento illecito è l’accusa formulata dalla Procura di Roma a
carico dell’ex sindaco Gianni Alemanno e di altre otto persone,
“accusate – riporta il Corriere della Sera – di aver creato e
distribuito/preso fondi neri della Accenture srl”. Il pubblico
ministero ha chiesto il processo per l’ex braccio destro di Alemanno,
Fabio Ulissi, e per gli “intermediari dell’operazione Angelo Italiano e
Sharon Di Nepi”, riporta il Corriere. Il nome di Di Nepi, era stato
accostato negli scorsi mesi al presidente della Cer Riccardo Pacifici,
il quale aveva chiarito il suo ruolo nella vicenda: Ulissi, riportano i
verbali dell’indagine, aveva chiesto un contatto per fare un sondaggio
elettorale. “Aveva fatto campagna per Alemanno – ha affermato in
un’intervista a Repubblica (23 febbraio 2014) Pacifici, riferendosi a
Ulissi – ma non mi disse per chi fosse quel sondaggio. Io gli diedi il
numero di Sharon, perché l’avevo incontrata in Accenture poche
settimane prima. È l’unico ruolo che ho avuto in questa vicenda che mi
auguro la magistratura chiarirà nella sua interezza e dove mi auguro
che tutti potranno dimostrare la propria innocenza”. L’Accenture, di
cui Di Nepi è una dei manager, secondo quanto riporta Repubblica
avrebbe pagato tangenti al Comune per ottenere in cambio dal
Campidoglio l’assegnazione di appalti.
|
|
Leggi
|
|
|
giornata europea della cultura ebraica
Ferrara, il Meis apre le porte
Ogni
anno la Giornata Europea della Cultura Ebraica incorona una città e la
rende capofila di una catena di eventi. In questa 15esima edizione, la
prescelta è una 'signora' la cui storia magnificente la precede:
Ferrara. Dalle opulenti vite della famiglia d'Este agli indimenticabili
versi di Ariosto: una città rinascimentale ragionata e pianificata che
si apre a sprazzi di verde. La storia ebraica ferrarese risuona i
propri fasti tra le vie e le mura, il vagheggiato amore per Micòl,
inseguita durante le partite di tennis ne Il giardino dei Finzi-Contini
di Giorgio Bassani, sospira ancora. Il 14 settembre, Ferrara indosserà
il vestito buono per celebrare l'ebraismo italiano. Perché è la città
stessa che sente scorrere nelle proprie vene, legge nel proprio dna la
presenza ebraica che da secoli la popola. E per la prima e ultima
volta, proprio in questa domenica, offrirà un'occasione da cogliere: il
Meis, il Museo Nazionale dell'Ebraismo e della Shoah, di cui
attualmente sono visitabili tre sale durante le mostre temporanee,
aprirà le porte del cantiere della parte antistante, sul retro. I
visitatori avranno quindi la possibilità di vedere lo spazio prima che
venga incluso e diventi parte integrante del museo. Dentro il cantiere
in via Rampari di San Paolo, le visite, organizzate dalla Direzione
Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia-Romagna in
collaborazione con la Fondazione Meis illustreranno il progetto (dalle
11.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 17.30, con tour di circa mezz'ora),
dando un'immagine vivida delle trasformazioni che subirà per
re-inventarsi. I ferraresi e non solo potranno esplorare un luogo del
quale da sempre sapevano l'esistenza ma che mai avevano potuto
percorrere. L'obiettivo, quello di entrare a vedere i lavori in corso,
il "Meis at work" e poterne uscire con l'idea di un museo. Il tutto,
tramite l'ausilio di pannelli descrittivi, un plastico tridimensionale
e una video-installazione della futura area espositiva, la biblioteca e
le strutture per la didattica. In attesa di poter aprire tutte le sue
porte, il Meis mantiene la sua missione: quella di essere un museo
italiano che racconta la minoranza ebraica come italiana e non il
contrario. Da anni si propone di essere un museo di contenuto non solo
un contenitore. Questo, quindi uno dei motivi che ha portato la stessa
Fondazione a sostenere con l'Aisg (Associazione Italiana per lo Studio
del Giudaismo) l'appuntamento del 15 settembre. Il giorno dopo la
Giornata della Cultura infatti, la Ferrara ebraica rimarrà protagonista
proseguendo il Convegno Internazionale dal titolo “Isacco Lampronti.
Medico, codificatore, enciclopedista ferrarese” (Aula Magna del
Dipartimento di Economia e Managment – Università di Ferrara): dopo i
saluti del rabbino capo Luciano Meir Caro, il presidente del Meis
Riccardo Calimani, il presidente dell'Aisg Mauro Perani, interverranno
rav Gianfranco Di Segni, Gerard Nahon (École Pratique des Hautes
Études, Paris) , Giuseppe Veltri (Università di Amburgo), rav Riccardo
Di Segni, rav Amedeo Spagnoletto, Laura Graziani (Archivio di Stato di
Ferrara) e Debra Glasberg Gail (Columbia University di New York). La
parte conclusiva si terrà a Ravenna il giorno dopo.
Perché la cultura ebraica e la vita della Ferrara ebraica continuano.
(Nell'immagine il rendering della sala di consultazione che sorgerà all'interno del Meis)
Rachel Silvera
|
MELAMED A
Maria Montessori, un asilo
nel suo nome a Crown Heights
La
Lamplighters Yeshiva a partire dal 2012 ha adottato il metodo
Montessori, una scelta sempre più diffusa fra le scuole ebraiche nord
americane. Dal 2011 esiste addirittura una “Jewish Montessori Society”,
che ha fra i suoi compiti il sostegno a tutto campo delle comunità
intenzionate ad aprire una scuola ebraica Montessori, dalla
strutturazione di marketing e crowdfunding all’organizzazione di
incontri regolari fra presidi e insegnanti delle diverse scuole, fino
al lavoro su programmi, sviluppo dei curricula e corsi di
aggiornamento. Si tratta di una realtà che ha avuto un’accelerazione
forte negli ultimi anni e comprende ora alcune decine di scuole
ebraiche, che hanno fatto propri i principi elaborati dalla
pedagogista, filosofa ed educatrice Maria Montessori, che è stata anche
scienziata e la prima donna a laurearsi in medicina in Italia. La
particolarità della Lamplighters Yeshiva, però, è che si trova a Crown
Heights.
Leggi
|
qui roma - FONDAZIONE BENI CULTURALI EBRAICI
In luce la collezione Ambron
Continua
il programma legato alla mostra "Artiste del Novecento tra visione e
identità ebraica", esposta fino al prossimo 19 ottobre alla Galleria
d'Arte Moderna di Roma. Tanti gli approfondimenti e gli spunti che
offre la mostra curata da curata da Marina Bakos, Olga Melasecchi e
Federica Pirani e realizzata dalla Fondazione Beni Culturali Ebraici in
Italia in collaborazione con Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina
ai Beni Culturali e Museo ebraico di Roma. E tra gli appuntamenti in
calendario, grande interesse ha suscitato ieri la conferenza tenuta da
Dora Liscia Dora Liscia Bemporad, docente di Arti Applicate
all’Università di Firenze, che ha raccontato al pubblico la storia di
una figura affascinante quanto preziosa per il panorama culturale
italiano: Leone Ambron, noto collezionista d'arte dello scorso secolo,
i cui impegno, raffinatezza e generosità hanno contribuito ad
arricchire il patrimonio artistico di questo paese. Un figura da
riscoprire così come da riscoprire sono le protagoniste della mostra
Artiste del Novecento, quindici donne ebree, autrici di opere
straordinarie, troppo a lungo lasciate in ombra e ora restituite al
grande pubblico con l'esposizione della Gam. Un percorso attraverso 150
opere che si sposa con il Leitmotiv della Giornata Europea della
Cultura Ebraica di domenica (per l'occasione sarà possibile visitare la
mostra a prezzo ridotto), ovvero Donne ed Ebraismo.
|
Setirot
- Diario di guerra |
Un
minuscolo dettaglio ha la forza di catapultarti in un vortice di
sentimenti difficilmente governabili. Leggo i taccuini in cui Giulio
Supino annotò la propria vita dal 1939 al 1945 (“Giulio Supino. Diario
della guerra che non ho combattuto. Un italiano ebreo tra persecuzione
e Resistenza”, a cura di Michele Sarfatti, Askaedizioni), ritrovo
pensieri, ambienti, sensazioni, vorrei quasi dire rumori e volti che in
qualche modo appartengono alla storia delle nostre famiglie – pur non
essendoci alcuna parentela con i Supino. Poi, all'improvviso, a pagina
227... «15 dicembre. Al partito. Cavalli. Ragghianti. A mezzo loro e
Maria Luisa conosco Comandante Pietro [Pandiani; capo partigiano della
brigata GL Montagna, nell'appennino bolognese], poi Emilio Fornaciari
[Tommaso], [Enzo] Biagi.» Ed ecco riapparire i racconti di mio suocero,
pensieri, ambienti, sensazioni che appartengono alla storia dell'altra
mia famiglia, quella di mia moglie Carla Biagi.
Stefano Jesurum, giornalista
|
|
Time
out - Il derby del Museo |
Sono
riusciti a far diventare anche il Museo della Shoah un derby tra
tifosi. Da una parte le petizioni e gli appelli, dall’altra gli
articoli sui giornali di politici amici. Il tutto mentre eravamo
convinti che questo museo fosse davvero necessario alla città di Roma e
alla sua memoria storica. Eppure, come in ogni derby la neutralità non
è contemplata. Non quella timorosa di chi ha paura di esprimersi e
preferisce tacere, ma quella di chi, di fronte a evidenti ambiguità e
situazioni poco chiare si pone qualche dubbio su quale sia
effettivamente la soluzione migliore. La necessità di non rimanere
incastrati nelle logiche della burocrazia e delle amministrazioni
capitoline che da anni promettono e non mantengono, spinge a pensare
che l’Eur sia la soluzione più giusta per avere un luogo della memoria
della Shoah. Il timore che costruire un Museo in un vecchio centro
commerciale senza un’anima architettonica e a distanza dal centro di
Roma sia un contentino alle esigenze degli ebrei è però alto.
Daniel Funaro
Leggi
|
|
|