David
Sciunnach,
rabbino
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“…
Noàch camminava con il Signore …” (Bereshìt 6, 1) . Ci insegna il
Grande Rabbì Israel ben Eliezer, conosciuto come Baal Shem Tov e
fondatore del movimento chassidico: “Noàch dipendeva così tanto da Dio
che ogni passo che compieva sembrava guidato da Dio, quasi che Egli
fosse accanto a lui e gli indirizzasse bene il piede, come un padre che
insegna al figlio a camminare. Perciò quando il Padre si allontanò da
lui, Noàch seppe lo aveva fatto perché imparasse a camminare”.
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David
Assael,
ricercatore
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Il
Times of Israel del 20 ottobre riporta l’episodio di un ragazzino
disabile di 11 anni ammanettato a forza dall’esercito israeliano perché
faceva parte di un gruppo che stava lanciando pietre addosso ai
militari. Naturalmente, il ragazzino è stato rilasciato poco dopo, ma
l’immagine resta brutta e la reazione dell’esercito appare molto
impropria. C’è chi dice, anche voci ebraiche, “questa è l’occupazione”.
Personalmente, se l’episodio è effettivamente accaduto in questo modo,
spero vengano presi provvedimenti, ma non penso che si possa dire che
la cosiddetta occupazione si risolva qui.
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TORINO
- Oggi alle 18, al Circolo dei Lettori in Via Bogino 9, si terrà il
terzo incontro del ciclo “Vizio di forma. I racconti fantatecnologici
di Primo Levi”. A partire dal racconto di un mondo possibile in cui le
persone sono obbligate per legge a indossare una corazza protettiva, si
discuterà della ricerche in corso sull messa a punto di esoscheletri
adatti all'uomo e sulle conseguenze degli sforzi intesi a potenziare le
capacità del corpo umano con Daniela Ovadia, giornalista scientifica, e
con Paolo Ariano del Center for Space Human Robotics – IIT - PoliTo.
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Firenze, parla Libeskind: "Progetterei la moschea"
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In
città per partecipare a un incontro sul ruolo e sulle sfide
dell’architettura contemporanea, Daniel Libeskind è oggi intervistato
dal Corriere Fiorentino (Marzio Fatucchi). Tra i temi trattati la
progettazione dei luoghi legati alla Memoria, la testimonianza – anche
artistica – contro ogni forma di fondamentalismo, il significato di
opere paradigmatiche come il memoriale di Ground Zero e il Museo
ebraico di Berlino. Relativamente alla costruzione di una moschea a
Firenze, tema su cui si discute ormai da molti anni, Libeskind non si
sottrae a un contributo: “Certo che progetterei la moschea di Firenze.
All’Università Leuphana, a Lüneburg in Germania, ho gestito la
creazione, con rabbini, imam, preti protestanti e cattolici, della
‘stanza del silenzio’, un luogo di preghiera e meditazione. È possibile
convivere insieme”.
Sembrano generare un diffuso malcontento le ultime decisioni, in Italia
e in sede europea, della leadership del Movimento Cinquestelle. Un
malcontento che, da alcuni parlamentari, si trasmette sempre più verso
la cosiddetta base. “Anche se nessuno dei grillini ne vuole parlare
apertamente, un po’ di imbarazzo sull’ennesima figuraccia europea c’è”
scrive il Fatto Quotidiano (Andrea Valdambrini). Il riferimento è
all’ingresso, nel gruppo formato da 5Stelle e Ukip a Strasburgo, del
parlamentare polacco di estrema destra Robert Iwaszkiewicz, 52 anni,
protagonista nel recente passato di affermazioni sessiste, misogine e
persino giustificazioniste sull’operato di Hitler. Sul fronte Ukip da
segnalare intanto la diffusione di un inno contro gli immigrati che il
partito laburista ha apertamente accusato di razzismo (Corriere della
sera).
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LIBRI - da oggi in italia
"Forse Esther", l'indimenticabile riscoperta di una storia ebraica
Un
capolavoro come raramente se ne vedono nel panorama letterario. “Forse
Esther”, volume che segna per l’autrice – la 44enne scrittrice ucraina
Katja Petrowskaja – un commovente ritorno alle proprie radici
attraverso drammi e complessità del Novecento, arriva oggi nelle
librerie italiane grazie alla casa editrice Adelphi, abile nel battere
sul tempo i grandi editori americani e francesi. Sul numero di Pagine
Ebraiche di novembre in distribuzione un primo assaggio di quest’opera
indimenticabile.
Nel grande boulevard di carta che per il fiume dei visitatori della
Buchmesse costituisce un passaggio quasi obbligato, l’editore Suhrkamp
ne ha fatto una bandiera. Lei a Francoforte si è mostrata appena, come
se quello che aveva da dire lo avesse già detto, come se la copertina
del suo libro fosse più che sufficiente, come qualcuno che è troppo
timido per affrontare l’assalto della folla, o forse ancora e
maliziosamente come qualcuno che è troppo grande per aver bisogno di
andare a caccia del suo pubblico. In ogni caso nessuno nasconde la
consapevolezza di trovarsi di fronte a un nuovo miracolo della
letteratura tedesca. Katja Petrowskaja, l’autrice di Forse Esther (che
Adelphi riesce in queste ore a mandare nelle librerie italiane in una
bella versione di Ada Vigliani battendo sul tempo i grandi editori
americani e francesi che se ne sono assicurati i diritti), la piccola
ebrea ucraina emigrata a Berlino una decina d’anni fa ha cominciato a
studiare il tedesco a 26 anni. Anche se è nota la prodigiosa abilità di
chi padroneggia le lingue slave nell’apprendere altre lingue, come ha
fatto a sfornare scrivendo direttamente in tedesco quello che in pochi
mesi sembra già avviato a divenire un classico della letteratura
tedesca?
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EDITORI - FRANCOFORTE
I librai che non si arrendono
Con
un giro d’affari che sfiora i sei miliardi di euro, 25 mila occupati e
tremila case editrici in attività, lo stato di salute dell’industria
tedesca del libro non sembra vacillare. Nel quadro che la Boersenverein
des Deutsches Buchhandels (la Confindustria tedesca del comparto
librario) ha presentato ai diecimila giornalisti accreditati alla Fiera
del libro di Francoforte, si può leggere uno stato di salute
invidiabile e una ripresa anche nel numero dei libri pubblicati nel
corso dell’ultimo anno (93 mila 600 titoli nel 2013 contro 91 mila del
2012). Numeri, dati tangibili dell’industria culturale, cui l’Europa
civile farebbe bene a restare saldamente ancorata e cui la traballante
industria libraria di casa nostra può che guardare con ammirazione.
Molto stimolante, per questo, la decisione di avere a maggio proprio la
Germania ospite d’onore al prossimo Salone del libro di Torino, un
progetto di cui il direttore Ernesto Ferrero è venuto a definire i
dettagli mentre la Buchmesse teneva ancora aperte le porte. Era però
nell’aria, nei giorni di fuoco della Buchmesse, molta inquietudine. Il
pubblico tiene. Ma la mutazione del commercio elettronico e del libro
elettronico, la prevalenza dei grandi gruppi economici, l’avanzata
inarrestabile di Amazon, il rischio di perdere i giovani lettori, non
sono fenomeni cui il mondo editoriale possa guardare con indifferenza.
Non è per questo un caso che la stessa Boersenverein abbia scelto di
conferire a Jaron Lanier il prestigioso premio che assegna quando
chiudono le porte della Buchmesse, destinandolo a un intellettuale che
si sia contraddistinto nella difesa del progresso e della pace. Ebreo
di origine viennese, figlio di sopravvissuti alla Shoah, figura
centrale nella rivoluzione digitale e padre della realtà virtuale, ma
anche instancabile fautore della diversità culturale e della
creatività, è ora in prima linea per denunciare i disastri e l’ondata
di cretinismo generati dall’abuso dei social network. Non è un caso se
il borgomastro di Francoforte Peter Feldmann ha ricordato che il
destino della metropoli a misura d’uomo che si stende sulle rive del
Meno è di essere la casa dell’innovazione, degli scambi e degli affari
e contemporaneamente il cuore dell’industria degli ideali e della
cultura. Non è un caso se il presidente dell’associazione degli editori
e dei librai Heinrich Riethmueller nel dare la parola al presidente del
Parlamento europeo Martin Schulz, lo abbia chiamato semplicemente “caro
collega”. Anche Schulz, infatti, è un libraio, ad Aquisgrana. E anche
lui è venuto per riaffermare che un’Europa senza librerie sarebbe
un’Europa in pericolo.
(Pagine Ebraiche novembre 2014)
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shabbat project 2014 Dal tramonto alle stelle
Il
24-25 ottobre dal tramonto al sorgere delle stelle osserveremo e
vivremo insieme lo Shabbat. Lo vivremo nella sua totalità, in tutti i
suoi aspetti halachici e in tutto il suo splendore, come è stato
mantenuto nel corso degli anni”, questi i primi due punti del manifesto
che esplicita le intenzioni e gli obbiettivi dello Shabbat Project.
L’iniziativa, arrivata alla sua seconda edizione, si è diffusa in tutto
il mondo, da Toronto a Città del Capo, da Hong Kong a Mosca e Rio De
Janeiro fino a raggiungere l’Italia. Uno Shabbat da condividere
insieme, accensione delle candele e havdalah comprese. “Questo è un
progetto molto importante nel quale bisogna cercare di coinvolgere più
gente possibile, soprattutto chiamando persone che generalmente non
osservano Shabbat. Un momento in cui si interrompe il ritmo e ci si
dedica ad altro che non sia la routine quotidiana” evidenzia il rabbino
capo della Comunità ebraica di Milano Alfonso Arbib.
Nella città meneghina il prossimo 24 ottobre sarà possibile fare
kabbalath Shabbat, l’accoglienza del sabato, alla sinagoga centrale per
poi cenare ed assistere alla lezione del rav Arbib, il 25 ci saranno
tefillah e pranzi al centro Noam e all’Hotel Marriott; al Tempio della
Scuola si farà poi Seudà Shelishit con lezioni di rav Roberto Della
Rocca (“Un’occasione per non essere più schiavi degli oggetti e
disconnettersi per 25 ore”, questo il suo messaggio lanciato sui social
network) e Daniele Cohenca. Accendere le candele e infornare le
challoth, attività alle quali si dedicano le donne ebree, sono il
fulcro della preparazione dello Shabbat: “Proprio per questo non
potevamo che aderire al progetto” spiega la presidente nazionale Adei
Wizo Ester Silvana Israel.
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qui torino Consiglio, dimissioni per cinque Sono
cinque, e appartenenti sia all'opposizione sia alla maggioranza, i
Consiglieri della Comunità Ebraica di Torino che sottoscrivendo un
documento comune di dure critiche all'operato di chi governa la
Comunità hanno rassegnato le proprie dimissioni ieri sera durante una
riunione del Consiglio comunitario che sin dalla sua convocazione era
stata prevista in due sessioni per presentare, questa sera, la
situazione dei lavori in corso alla casa di riposo.
Circa un anno fa le prime dimissioni fra i consiglieri originariamente
eletti, con Sarah Kaminski che aveva lasciato il posto a Gilberto
Bosco. Poi, qualche settimana lo stesso Consigliere aveva a sua volta
lasciato l'incarico. A sostituirlo, vista l’indisponibilità del
candidato che lo seguiva per numero di voti, era stata chiamata Nora
Bengio, che non è ancora entrata nelle sua funzioni. Ieri sera, invece,
a presentare le proprie dimissioni sono stati quattro consiglieri di
minoranza, Alda Guastalla, Lidia Krieger, Ernesto Ovazza e Edoardo
Segre, a cui si è aggiunto Marco Morello, della lista Anavim, portando
così a sei i consiglieri dimissionari fra i candidati originariamente
eletti, su un totale di 13 consiglieri. “Abbiamo preso atto delle
dimissioni, avvenute solo poche ore fa - ha commentato il presidente
della comunità Beppe Segre - e stiamo verificando con lo Statuto se ci
sono gli elementi per una decadenza del Consiglio, con il conseguente
obbligo di indire nuove elezioni. È sicuramente necessaria anche una
valutazione politica, e stiamo anche prendendo in considerazione la
possibilità di un quesito ai probiviri.” Le elezioni, comunque previste
per la primavera prossima in una data compresa fra il primo marzo e il
30 giugno, potrebbero essere così anticipate di qualche mese.
“Ovviamente se anche il Consiglio decadesse, verrebbe garantita la
gestione corrente. Anche ieri sera, per esempio, abbiamo deliberato
un’iniziativa di cui siamo tutti molto contenti: il 16 novembre si
terrà a Torino una giornata di studio su 'Torah e scienza' in onore
nuovo rabbino capo, rav Ariel Di Porto, in occasione del suo
insediamento" afferma il presidente della Comunità ebraica Beppe Segre.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
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qui milano
Il Consiglio approva il bilancio, ma si divide sulle scelte di fondo
Approvazione
del bilancio, tensioni in Consiglio e chiare avvisaglie di crisi nelle
parole amare del presidente Walker Meghnagi. La Comunità ebraica di
Milano sta attraversando un momento molto difficile sotto un profilo
finanziario e organizzativo e il Consiglio esprime sempre maggiori
divisioni sulle scelte di fondo da compiere. In queste ore la realtà
ebraica milanese è messa alla prova dalle divisioni interne al
Consiglio, in particolare tra le due anime che lo rappresentano: la
lista Welcomunity (nove consiglieri), guidata da Walker Meghnagi, e la
lista Ken (10 consiglieri). Divisioni che, secondo quanto spiega lo
stesso Meghnagi a Pagine Ebraiche 24, sono diventate insostenibili.
“Molti consiglieri non hanno voluto approvare esplicitamente il
bilancio con un voto favorevole – afferma Meghnagi – e questa per credo
sia una dimostrazione di sfiducia rispetto al mio operato”. Il bilancio
comunitario è stato quindi approvato dal Consiglio, ma non
all'unanimità: sette i voti favorevoli, cinque gli astenuti mentre
quattro consiglieri hannopreferito abbandonare l'aula prima della
votazione. Nel corso dell'acceso confronto della riunione di ieri sera,
i rappresentanti della lista Ken hanno inoltre rimesso nelle mani del
presidente le proprie deleghe in disaccordo con la gestione delle
questioni comunitarie da parte della lista guidata da Meghnagi, che
alle ultime elezioni aveva ottenuto la maggioranza dei voti.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
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Noi...e noi |
La Halakhà non si aspetta, si studia e si rispetta. E quando ciò accade veramente, ci si scopre in movimento...
Adolfo Locci, rabbino capo di Padova
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Noi e l'Halachà |
"Sarebbe
però bello che anche nel mondo ebraico... potessero aprirsi riflessioni
e dibattiti di questa intensità e attualità [di quelli del Sinodo]. La
vita delle persone – di quelle che vivono oggi in carne e ossa – non
aspetta la Chiesa, ma non si ferma neanche ad aspettare l’Halachà".
30 anni fa una nota del genere non sarebbe stata scritta in Italia per
il semplice motivo che non si sapeva cosa fosse l'Halachà e ognuno si
regolava per conto proprio. Rispetto ad allora c'è già un progresso
perché oggi molti sanno cosa è la Halachà ma si guardano bene da
studiarla. E così ignorano gli sviluppi, le riflessioni e le laceranti
discussioni su temi di attualità che la attraversano. Quello che
invocano non è in realtà il dibattito ma la conclusione a servizio
delle loro scelte, quali che siano, e se comunque non arriva, questa
conclusione, non stanno ad aspettarla. La principale loro fonte di
aggiornamento sono le notizie della informazione generale, assenti
sulla Halachà (se non per ridicolizzarla) ma abbondanti sul Sinodo dei
Vescovi, la cui opinione sulla Halachà abbiamo però visto quale è:
un'era conclusa e superata. Ma a pensarci bene non è un'opinione molto
differente da quella di chi ignora, per scelta, cosa dice l'Halachà e
soprattutto non si ferma ad aspettarla. Il rifiuto della Halachà è una
delle anime della rivoluzione antiebraica del cristianesimo delle
origini. L'ebraismo autentico, spiace deludere chi non si ferma ad
aspettare la Halachà, è esigente. Alla Halachà, che non ignora affatto
le persone in carne ed ossa ma le rispetta indicando loro la strada da
percorrere (è questo il significato della parola), bisogna piegarsi.
Qui invece si vuole che l'Halachà si pieghi alle persone.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
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Ticketless
- Un piccolo traguardo |
Salvo
errore, quello che leggete è il Ticketless numero 100. Sono passati
circa due anni da quando ho iniziato a scrivere viaggiando in treno.
Era l’autunno 2012. Oggi viaggio assai meno, ma ogni volta che scendo
alla stazione di S. Maria Novella mi viene in mente l’episodio da cui
sono partito per il Ticketless n.1.
Alberto Cavaglion
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Periscopio
- Memoria |
Con
l’avvicinarsi della prossima edizione della Giornata della Memoria,
come tutti gli altri anni, mi sento – e credo che sia una condizione
condivisa da molte altre persone – attraversato da sentimenti diversi.
Innanzitutto, la rinnovata responsabilità di fare fronte adeguatamente
a un così importante impegno, volto a tenere vivo nelle nuove
generazioni, il valore della storia, il senso della morale, il ricordo
di ciò che è accaduto, la consapevolezza degli abissi di nequizia a cui
può giungere l’essere umano.
Francesco Lucrezi, storico
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