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22 ottobre 2014 - 28 Tishri 5775
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
“… Noàch camminava con il Signore …” (Bereshìt 6, 1) . Ci insegna il Grande Rabbì Israel ben Eliezer, conosciuto come Baal Shem Tov e fondatore del movimento chassidico: “Noàch dipendeva così tanto da Dio che ogni passo che compieva sembrava guidato da Dio, quasi che Egli fosse accanto a lui e gli indirizzasse bene il piede, come un padre che insegna al figlio a camminare. Perciò quando il Padre si allontanò da lui, Noàch seppe lo aveva fatto perché imparasse a camminare”.
 
David
Assael,
ricercatore
Il Times of Israel del 20 ottobre riporta l’episodio di un ragazzino disabile di 11 anni ammanettato a forza dall’esercito israeliano perché faceva parte di un gruppo che stava lanciando pietre addosso ai militari. Naturalmente, il ragazzino è stato rilasciato poco dopo, ma l’immagine resta brutta e la reazione dell’esercito appare molto impropria. C’è chi dice, anche voci ebraiche, “questa è l’occupazione”. Personalmente, se l’episodio è effettivamente accaduto in questo modo, spero vengano presi provvedimenti, ma non penso che si possa dire che la cosiddetta occupazione si risolva qui.
 
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TORINO - Oggi alle 18, al Circolo dei Lettori in Via Bogino 9, si terrà il terzo incontro del ciclo “Vizio di forma. I racconti fantatecnologici di Primo Levi”. A partire dal racconto di un mondo possibile in cui le persone sono obbligate per legge a indossare una corazza protettiva, si discuterà della ricerche in corso sull messa a punto di esoscheletri adatti all'uomo e sulle conseguenze degli sforzi intesi a potenziare le capacità del corpo umano con Daniela Ovadia, giornalista scientifica, e con Paolo Ariano del Center for Space Human Robotics – IIT - PoliTo.
 
Firenze, parla Libeskind: "Progetterei la moschea"
In città per partecipare a un incontro sul ruolo e sulle sfide dell’architettura contemporanea, Daniel Libeskind è oggi intervistato dal Corriere Fiorentino (Marzio Fatucchi). Tra i temi trattati la progettazione dei luoghi legati alla Memoria, la testimonianza – anche artistica – contro ogni forma di fondamentalismo, il significato di opere paradigmatiche come il memoriale di Ground Zero e il Museo ebraico di Berlino. Relativamente alla costruzione di una moschea a Firenze, tema su cui si discute ormai da molti anni, Libeskind non si sottrae a un contributo: “Certo che progetterei la moschea di Firenze. All’Università Leuphana, a Lüneburg in Germania, ho gestito la creazione, con rabbini, imam, preti protestanti e cattolici, della ‘stanza del silenzio’, un luogo di preghiera e meditazione. È possibile convivere insieme”.
Sembrano generare un diffuso malcontento le ultime decisioni, in Italia e in sede europea, della leadership del Movimento Cinquestelle. Un malcontento che, da alcuni parlamentari, si trasmette sempre più verso la cosiddetta base. “Anche se nessuno dei grillini ne vuole parlare apertamente, un po’ di imbarazzo sull’ennesima figuraccia europea c’è” scrive il Fatto Quotidiano (Andrea Valdambrini). Il riferimento è all’ingresso, nel gruppo formato da 5Stelle e Ukip a Strasburgo, del parlamentare polacco di estrema destra Robert Iwaszkiewicz, 52 anni, protagonista nel recente passato di affermazioni sessiste, misogine e persino giustificazioniste sull’operato di Hitler. Sul fronte Ukip da segnalare intanto la diffusione di un inno contro gli immigrati che il partito laburista ha apertamente accusato di razzismo (Corriere della sera).
 
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  davar
LIBRI - da oggi in italia
"Forse Esther", l'indimenticabile riscoperta di una storia ebraica

Un capolavoro come raramente se ne vedono nel panorama letterario. “Forse Esther”, volume che segna per l’autrice – la 44enne scrittrice ucraina Katja Petrowskaja – un commovente ritorno alle proprie radici attraverso drammi e complessità del Novecento, arriva oggi nelle librerie italiane grazie alla casa editrice Adelphi, abile nel battere sul tempo i grandi editori americani e francesi. Sul numero di Pagine Ebraiche di novembre in distribuzione un primo assaggio di quest’opera indimenticabile.

Nel grande boulevard di carta che per il fiume dei visitatori della Buchmesse costituisce un passaggio quasi obbligato, l’editore Suhrkamp ne ha fatto una bandiera. Lei a Francoforte si è mostrata appena, come se quello che aveva da dire lo avesse già detto, come se la copertina del suo libro fosse più che sufficiente, come qualcuno che è troppo timido per affrontare l’assalto della folla, o forse ancora e maliziosamente come qualcuno che è troppo grande per aver bisogno di andare a caccia del suo pubblico. In ogni caso nessuno nasconde la consapevolezza di trovarsi di fronte a un nuovo miracolo della letteratura tedesca. Katja Petrowskaja, l’autrice di Forse Esther (che Adelphi riesce in queste ore a mandare nelle librerie italiane in una bella versione di Ada Vigliani battendo sul tempo i grandi editori americani e francesi che se ne sono assicurati i diritti), la piccola ebrea ucraina emigrata a Berlino una decina d’anni fa ha cominciato a studiare il tedesco a 26 anni. Anche se è nota la prodigiosa abilità di chi padroneggia le lingue slave nell’apprendere altre lingue, come ha fatto a sfornare scrivendo direttamente in tedesco quello che in pochi mesi sembra già avviato a divenire un classico della letteratura tedesca?

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EDITORI - FRANCOFORTE
I librai che non si arrendono
Con un giro d’affari che sfiora i sei miliardi di euro, 25 mila occupati e tremila case editrici in attività, lo stato di salute dell’industria tedesca del libro non sembra vacillare. Nel quadro che la Boersenverein des Deutsches Buchhandels (la Confindustria tedesca del comparto librario) ha presentato ai diecimila giornalisti accreditati alla Fiera del libro di Francoforte, si può leggere uno stato di salute invidiabile e una ripresa anche nel numero dei libri pubblicati nel corso dell’ultimo anno (93 mila 600 titoli nel 2013 contro 91 mila del 2012). Numeri, dati tangibili dell’industria culturale, cui l’Europa civile farebbe bene a restare saldamente ancorata e cui la traballante industria libraria di casa nostra può che guardare con ammirazione. Molto stimolante, per questo, la decisione di avere a maggio proprio la Germania ospite d’onore al prossimo Salone del libro di Torino, un progetto di cui il direttore Ernesto Ferrero è venuto a definire i dettagli mentre la Buchmesse teneva ancora aperte le porte. Era però nell’aria, nei giorni di fuoco della Buchmesse, molta inquietudine. Il pubblico tiene. Ma la mutazione del commercio elettronico e del libro elettronico, la prevalenza dei grandi gruppi economici, l’avanzata inarrestabile di Amazon, il rischio di perdere i giovani lettori, non sono fenomeni cui il mondo editoriale possa guardare con indifferenza. Non è per questo un caso che la stessa Boersenverein abbia scelto di conferire a Jaron Lanier il prestigioso premio che assegna quando chiudono le porte della Buchmesse, destinandolo a un intellettuale che si sia contraddistinto nella difesa del progresso e della pace. Ebreo di origine viennese, figlio di sopravvissuti alla Shoah, figura centrale nella rivoluzione digitale e padre della realtà virtuale, ma anche instancabile fautore della diversità culturale e della creatività, è ora in prima linea per denunciare i disastri e l’ondata di cretinismo generati dall’abuso dei social network. Non è un caso se il borgomastro di Francoforte Peter Feldmann ha ricordato che il destino della metropoli a misura d’uomo che si stende sulle rive del Meno è di essere la casa dell’innovazione, degli scambi e degli affari e contemporaneamente il cuore dell’industria degli ideali e della cultura. Non è un caso se il presidente dell’associazione degli editori e dei librai Heinrich Riethmueller nel dare la parola al presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, lo abbia chiamato semplicemente “caro collega”. Anche Schulz, infatti, è un libraio, ad Aquisgrana. E anche lui è venuto per riaffermare che un’Europa senza librerie sarebbe un’Europa in pericolo.

(Pagine Ebraiche novembre 2014)
ISRAELE
Gerusalemme, nominati

i due nuovi rabbini capo
Dopo undici anni Gerusalemme torna ad avere i suoi rabbini capo. Al termine di una intricata campagna elettorale sono stati eletti ieri sera rav Shlomo Amar come rabbino capo sefardita e rav Aryeh Stern come rabbino capo ashkenazita della città. Le cariche rimanevano vacanti dal 2003, a causa di una lunga battaglia legale sul processo di elezione. A esprimere la preferenza è stata un'assemblea di 48 membri, che comprendeva 24 rappresentanti del Consiglio cittadino, 12 rappresentanti designati dal ministero per i servizi religiosi, e 12 rappresentanti designati da diverse sinagoghe della città. Entrambi i vincitori, dati per favoriti, godevano del supporto del sindaco di Gerusalemme Nir Barkat e di Naftali Bennet, leader del partito sionista religioso Habayit Hayehudi.
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shabbat project 2014
Dal tramonto alle stelle
Il 24-25 ottobre dal tramonto al sorgere delle stelle osserveremo e vivremo insieme lo Shabbat. Lo vivremo nella sua totalità, in tutti i suoi aspetti halachici e in tutto il suo splendore, come è stato mantenuto nel corso degli anni”, questi i primi due punti del manifesto che esplicita le intenzioni e gli obbiettivi dello Shabbat Project. L’iniziativa, arrivata alla sua seconda edizione, si è diffusa in tutto il mondo, da Toronto a Città del Capo, da Hong Kong a Mosca e Rio De Janeiro fino a raggiungere l’Italia. Uno Shabbat da condividere insieme, accensione delle candele e havdalah comprese. “Questo è un progetto molto importante nel quale bisogna cercare di coinvolgere più gente possibile, soprattutto chiamando persone che generalmente non osservano Shabbat. Un momento in cui si interrompe il ritmo e ci si dedica ad altro che non sia la routine quotidiana” evidenzia il rabbino capo della Comunità ebraica di Milano Alfonso Arbib.
Nella città meneghina il prossimo 24 ottobre sarà possibile fare kabbalath Shabbat, l’accoglienza del sabato, alla sinagoga centrale per poi cenare ed assistere alla lezione del rav Arbib, il 25 ci saranno tefillah e pranzi al centro Noam e all’Hotel Marriott; al Tempio della Scuola si farà poi Seudà Shelishit con lezioni di rav Roberto Della Rocca (“Un’occasione per non essere più schiavi degli oggetti e disconnettersi per 25 ore”, questo il suo messaggio lanciato sui social network) e Daniele Cohenca. Accendere le candele e infornare le challoth, attività alle quali si dedicano le donne ebree, sono il fulcro della preparazione dello Shabbat: “Proprio per questo non potevamo che aderire al progetto” spiega la presidente nazionale Adei Wizo Ester Silvana Israel.
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qui torino
Consiglio, dimissioni per cinque

Sono cinque, e appartenenti sia all'opposizione sia alla maggioranza, i Consiglieri della Comunità Ebraica di Torino che sottoscrivendo un documento comune di dure critiche all'operato di chi governa la Comunità hanno rassegnato le proprie dimissioni ieri sera durante una riunione del Consiglio comunitario che sin dalla sua convocazione era stata prevista in due sessioni per presentare, questa sera, la situazione dei lavori in corso alla casa di riposo.
Circa un anno fa le prime dimissioni fra i consiglieri originariamente eletti, con Sarah Kaminski che aveva lasciato il posto a Gilberto Bosco. Poi, qualche settimana lo stesso Consigliere aveva a sua volta lasciato l'incarico. A sostituirlo, vista l’indisponibilità del candidato che lo seguiva per numero di voti, era stata chiamata Nora Bengio, che non è ancora entrata nelle sua funzioni. Ieri sera, invece, a presentare le proprie dimissioni sono stati quattro consiglieri di minoranza, Alda Guastalla, Lidia Krieger, Ernesto Ovazza e Edoardo Segre, a cui si è aggiunto Marco Morello, della lista Anavim, portando così a sei i consiglieri dimissionari fra i candidati originariamente eletti, su un totale di 13 consiglieri. “Abbiamo preso atto delle dimissioni, avvenute solo poche ore fa - ha commentato il presidente della comunità Beppe Segre - e stiamo verificando con lo Statuto se ci sono gli elementi per una decadenza del Consiglio, con il conseguente obbligo di indire nuove elezioni. È sicuramente necessaria anche una valutazione politica, e stiamo anche prendendo in considerazione la possibilità di un quesito ai probiviri.” Le elezioni, comunque previste per la primavera prossima in una data compresa fra il primo marzo e il 30 giugno, potrebbero essere così anticipate di qualche mese. “Ovviamente se anche il Consiglio decadesse, verrebbe garantita la gestione corrente. Anche ieri sera, per esempio, abbiamo deliberato un’iniziativa di cui siamo tutti molto contenti: il 16 novembre si terrà a Torino una giornata di studio su 'Torah e scienza' in onore nuovo rabbino capo, rav Ariel Di Porto, in occasione del suo insediamento" afferma il presidente della Comunità ebraica Beppe Segre.

Ada Treves twitter @atrevesmoked
qui milano
Il Consiglio approva il bilancio, ma si divide sulle scelte di fondo
Approvazione del bilancio, tensioni in Consiglio e chiare avvisaglie di crisi nelle parole amare del presidente Walker Meghnagi. La Comunità ebraica di Milano sta attraversando un momento molto difficile sotto un profilo finanziario e organizzativo e il Consiglio esprime sempre maggiori divisioni sulle scelte di fondo da compiere. In queste ore la realtà ebraica milanese è messa alla prova dalle divisioni interne al Consiglio, in particolare tra le due anime che lo rappresentano: la lista Welcomunity (nove consiglieri), guidata da Walker Meghnagi, e la lista Ken (10 consiglieri). Divisioni che, secondo quanto spiega lo stesso Meghnagi a Pagine Ebraiche 24, sono diventate insostenibili. “Molti consiglieri non hanno voluto approvare esplicitamente il bilancio con un voto favorevole – afferma Meghnagi – e questa per credo sia una dimostrazione di sfiducia rispetto al mio operato”. Il bilancio comunitario è stato quindi approvato dal Consiglio, ma non all'unanimità: sette i voti favorevoli, cinque gli astenuti mentre quattro consiglieri hannopreferito abbandonare l'aula prima della votazione. Nel corso dell'acceso confronto della riunione di ieri sera, i rappresentanti della lista Ken hanno inoltre rimesso nelle mani del presidente le proprie deleghe in disaccordo con la gestione delle questioni comunitarie da parte della lista guidata da Meghnagi, che alle ultime elezioni aveva ottenuto la maggioranza dei voti.


Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
QUI FIRENZE
La lezione di Feuerstein
“Investire nel nostro futuro e in quello delle future generazioni richiede di migliorare e valorizzare la qualità dell’educazione, dell’insegnamento e dell’approfondimento. La quotidianità ci sollecita a saper sollecitare informazioni e conoscenze per rispondere in modo efficace e costruttivo ai cambiamenti che ci vedono coinvolti nella società complessa. Per educare la mente ad apprendere in modo flessibile, costruttivo, empatico e creativo è necessario sviluppare e qualificare ogni intervento educativo, credere nella modificabilità e saper utilizzare metodi e strumenti che garantiscano ad ogni essere umano di raggiungere il successo formativo e di realizzarsi socialmente e culturalmente”. Per questo, si legge, il convegno “intende promuovere una riflessione interdisciplinare tra ricercatori, educatori e formatori sul modello teorico di Reuven Feuerstein e su come il contributo dato all’educabilità dell’intelligenza e alla realizzazione della qualità educativa possano inserirsi in modo innovativo nella ricerca e nelle pratiche educative e scolastiche”.
È la sfida che si propone il convegno internazionale “Reuven Feuerstein: il futuro” in programma domani a Firenze presso la locale Università degli Studi da un'idea di Silvia Guetta. Al centro della riunione l’impegno, le idee, i risultati conseguiti dal padre del celeberrimo programma di intervento cognitivo noto in tutto il mondo con il nome di “Metodo Feuerstein”.
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pilpul
Noi...e noi
La Halakhà non si aspetta, si studia e si rispetta. E quando ciò accade veramente, ci si scopre in movimento...

Adolfo Locci, rabbino capo di Padova

Noi e l'Halachà
"Sarebbe però bello che anche nel mondo ebraico... potessero aprirsi riflessioni e dibattiti di questa intensità e attualità [di quelli del Sinodo]. La vita delle persone – di quelle che vivono oggi in carne e ossa – non aspetta la Chiesa, ma non si ferma neanche ad aspettare l’Halachà".

30 anni fa una nota del genere non sarebbe stata scritta in Italia per il semplice motivo che non si sapeva cosa fosse l'Halachà e ognuno si regolava per conto proprio. Rispetto ad allora c'è già un progresso perché oggi molti sanno cosa è la Halachà ma si guardano bene da studiarla. E così ignorano gli sviluppi, le riflessioni e le laceranti discussioni su temi di attualità che la attraversano. Quello che invocano non è in realtà il dibattito ma la conclusione a servizio delle loro scelte, quali che siano, e se comunque non arriva, questa conclusione, non stanno ad aspettarla. La principale loro fonte di aggiornamento sono le notizie della informazione generale, assenti sulla Halachà (se non per ridicolizzarla) ma abbondanti sul Sinodo dei Vescovi, la cui opinione sulla Halachà abbiamo però visto quale è: un'era conclusa e superata. Ma a pensarci bene non è un'opinione molto differente da quella di chi ignora, per scelta, cosa dice l'Halachà e soprattutto non si ferma ad aspettarla. Il rifiuto della Halachà è una delle anime della rivoluzione antiebraica del cristianesimo delle origini. L'ebraismo autentico, spiace deludere chi non si ferma ad aspettare la Halachà, è esigente. Alla Halachà, che non ignora affatto le persone in carne ed ossa ma le rispetta indicando loro la strada da percorrere (è questo il significato della parola), bisogna piegarsi. Qui invece si vuole che l'Halachà si pieghi alle persone.


Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Ticketless - Un piccolo traguardo
Salvo errore, quello che leggete è il Ticketless numero 100. Sono passati circa due anni da quando ho iniziato a scrivere viaggiando in treno. Era l’autunno 2012. Oggi viaggio assai meno, ma ogni volta che scendo alla stazione di S. Maria Novella mi viene in mente l’episodio da cui sono partito per il Ticketless n.1.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Memoria
Con l’avvicinarsi della prossima edizione della Giornata della Memoria, come tutti gli altri anni, mi sento – e credo che sia una condizione condivisa da molte altre persone – attraversato da sentimenti diversi. Innanzitutto, la rinnovata responsabilità di fare fronte adeguatamente a un così importante impegno, volto a tenere vivo nelle nuove generazioni, il valore della storia, il senso della morale, il ricordo di ciò che è accaduto, la consapevolezza degli abissi di nequizia a cui può giungere l’essere umano.

Francesco Lucrezi, storico
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