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19  novembre 2014 - 26 Cheshvan 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
“Esse furono causa d’intima amarezza…” (Bereshìt 26, 35). Il Grande Maestro italiano Rabbì Ovadià Sforno commenta questo verso dicendo che le mogli che prese Esav furono come un rasoio e un coltello e abbreviarono la vita di Itzhàk e Rivkà. Infatti la parola morat – amarezza, è simile a morah – rasoio, che compare in Giudici (13, 5) “Sulla cui testa non passerà rasoio”.
 
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David
Assael,
ricercatore
Impossibile aggiungere parole dopo gli efferati attentati di ieri, acclamati da Hamas e sostenuti da tanti nei territori palestinesi e nei quartieri arabi di Gerusalemme. Dobbiamo solo tristemente constatare che, ormai, non esistono più luoghi protetti (neanche i luoghi di culto), una mutazione del conflitto in chiave religiosa, modi di uccidere sempre più barbari e imprevedibili.
 
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Orrore a Gerusalemme,
dolore e rabbia
Dolore, rabbia e indignazione, queste le reazioni dopo il terribile attentato di ieri in una sinagoga di Har Nof a Gerusalemme: due terroristi palestinesi hanno fatto irruzione armati di asce, coltelli e pistole e hanno ucciso quattro rabbini durante la preghiera del mattino. Definiti ‘lupi solitari’, “dalle 7.01 alle 7.08 i due cugini Uday e Ghassan Abu Jamal, due ventenni di Gerusalemme Est – scrive la Repubblica – hanno dato la caccia dentro il grande palazzo che ospita la sinagoga e anche la yeshivah, urlando ‘Allah Akbar’. Di quei minuti di terrore restano le porte di vetro della sinagoga sforacchiate dai proiettili della polizia, una lunga scia di sangue nell’androne sul pavimento di marmo lucido, i libri che le vittime avevano in mano squadernati in terra maculati di rosso, come i tallit abbandonati sui banchi, occhiali spezzati in terra”. Le squadre speciali della polizia sono poi entrate in azione, uccidendo i terroristi e salvando gli altri uomini in preghiera. “Mentre il premier Netanyahu riuniva il gabinetto d’emergenza – continua Repubblica – e Hamas si felicitava con i killer, le strade si sono svuotate di colpo. (…) Gerusalemme somiglia sempre più a una città sul fronte di una guerra, con sei attentati e 12 morti in meno di quattro settimane”.

Maurizio Molinari su la Stampa racconta la reazione sconvolta del capo di Zaka, il gruppo di volontari che recuperano il resto dei corpi delle vittime, Meshi Zahav: “Abbiamo affrontato attentati con più vittime ma davanti a una sinagoga con il sangue ovunque, libri di preghiera in terra, talletot strappati ho pensato alla Shoah”. L’attacco è stato definito dalla radio israeliana “Il pogrom di Gerusalemme”. E mentre il rabbino capo Ytzhak Yosef chiede protezione per ogni sinagoga, “il premier Benjamin Netanyahu punta l’indice verso: Abu Mazen, Hamas e Jihad islamica che incitano all’odio, abbiamo pagato un prezzo alto di sangue alle loro bugie”.
 
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  davar
orrore a gerusalemme - la nota dell'ari
"Forza morale contro la barbarie"
L’Assemblea dei Rabbini d’Italia esprime sgomento e orrore per il tragico attentato nella sinagoga di Gerusalemme, prega per la guarigione dei feriti, invoca il conforto divino per le famiglie delle vittime.
Nella loro orrenda ferocia, gli assassini che hanno massacrato ebrei inermi, intenti alla preghiera del mattino, hanno anche segnato, con le loro stesse mani macchiate di sangue innocente, l’inesorabile fallimento cui andrà incontro la loro cieca violenza, che è purtroppo in grado di seminare vittime e spargere dolore ma non otterrà, come non ha mai ottenuto, di piegare la fede, la forza morale e la resistenza spirituale del popolo ebraico.
I Tallitot e i Tefillin – lo scialle della preghiera e i filatteri – insieme ai libri sacri, intrisi del sangue ebraico, ci ricordano momenti tragici che la nostra storia ha purtroppo vissuto più volte. Oggi piangiamo i nostri morti, ricordando analoghe sofferenze del presente e del passato, ma anche con la coscienza di poter guardare dall’alto popoli e governi, istituzioni religiose, poteri vari che nel corso dei secoli hanno sfogato contro di noi ogni sorta di violenza e crudeltà, ma che oggi fanno parte di pagine chiuse della storia. Loro sono ombre oscure ma ormai prive di consistenza mentre noi siamo un popolo vivo, che guarda al futuro. Anche coloro che oggi hanno portato la loro sanguinaria sfida tra le pareti di una sinagoga, non riusciranno nei loro propositi.
Molto però rimane da compiere da parte nostra, certamente prendere tutte le misure di prevenzione e di tutela, impegnarsi con forza e dignità a mantenere la nostra vita quotidiana, come dimostra emblematicamente l’immagine dei numerosi fedeli che hanno affollato la stessa sinagoga subito dopo i funerali delle vittime, ma anche, come espresso da rav Yuval Sherlow in una riflessione diffusa poco dopo il tragico evento (riportata dal sito di “Maariv”), “attenuare il dolore e il senso di distruzione attraverso un risveglio di vita morale, di giustizia e di compassione, di coscienza e di verità, di santità e di Torah, di Mitzvot e di studio, di gentilezza verso l’amico, verso lo straniero e il diverso”.
Parecchie di queste sollecitazioni riguardano in questo momento ogni persona, indistintamente, che desideri conservare viva la propria coscienza di essere umano, nella consapevolezza che anche la forza morale sia un elemento indispensabile per respingere le minacce della violenza e della barbarie che si affacciano, non solo per Israele ma per il mondo intero.

Rav Giuseppe Momigliano,

presidente Assemblea dei Rabbini d’Italia
 

la nota del presidente ucei
"Più forti del loro odio"
Proseguono gli intensi contatti del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna per valutare, assieme alle autorità italiane, gli effetti dell’azione sanguinosa compiuta ieri in una sinagoga di Gerusalemme da terroristi palestinesi. Nell’ambito dei numerosi colloqui che si stanno svolgendo in queste ore ad essere presi in considerazione sono i diversi scenari e i rischi relativi alla tutela dell’integrità fisica delle persone oltre che di sinagoghe, comunità e luoghi ebraici. “L’asse di collaborazione con istituzioni e forze di sicurezza si conferma eccellente. Rivolgo quindi un appello a tutti gli ebrei italiani affinché vivano con orgoglio la propria identità perché i nostri valori, quel sistema di valori che i nostri nemici vorrebbero vedere disfatto – afferma Gattegna – sono più forti del loro odio”.


orrore a Gerusalemme 
Italia ebraica in raccoglimento
Rabbia, dolore, commozione. Sentimenti che attraversano i volti delle molte centinaia di ebrei romani ritrovatisi oggi nelle diverse sinagoghe della Capitale per la preghiera del mattino. Ognuno ha con sé Talled e Tefillim, come li avevano con sé i quattro rabbini barbaramente uccisi ieri a Gerusalemme. Un’immagine potente, una risposta identitaria all’odio del terrorismo palestinese. “Non ci piegheremo alla violenza, non rinunceremo a vivere il nostro essere ebrei”, spiega il rabbino capo Riccardo Di Segni al termine della funzione. Una delle vittime, spiega poi, era imparentata con il rav Joseph Dov Soloveitchik, tra le figure più significative sulla scena dell’ebraismo statunitense e internazionale. Le parole tratte da una derashà dello stesso rav Soloveitchik, cui sono state dedicate in passato importanti iniziative, toccano temi profondamente attuali alla luce della nuova pagina di orrore scritta ieri in Israele. Presenti in sinagoga, tra gli altri, il segretario della Comunità ebraica Emanuele Di Porto e l’assessore ai rapporti istituzionali Ruben Della Rocca. Un momento di raccoglimento, pochi minuti dopo, si svolge invece nel cortile della scuola ebraica. Assieme al leader comunitario Riccardo Pacifici l’ambasciatore di Gerusalemme in Italia Naor Gilon, il ministro israeliano Silvan Shalom e il parlamentare Pd Emanuele Fiano. Veglie e riflessioni sono in programma nelle prossime ore in diverse sinagoghe e Comunità dell’Italia ebraica. Da Torino a Napoli, da Genova a Trieste. A Milano, tra i vari appuntamenti, ci si ritroverà al Tempio di via Guastalla a partire dalle 19. La convocazione arriva a seguito di una nota diffusa dal presidente della Comunità ebraica Walker Meghnagi e dal rabbino capo Alfonso Arbib.
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orrore a gerusalemme
Israele, giorno di lutto e tensione
Il giorno dopo il terribile attentato alla sinagoga Kehilat Bnei Torah di Gerusalemme, decine di persone si sono recate questa mattina al tempio per pregare. La Comunità si è riunita per ricordare le cinque vittime della feroce aggressione di ieri, quattro rabbini e un poliziotto (nell'immagine, il fiume di persone che oggi si è recata a portagli l'ultimo saluto), caduti per mano del rabbioso odio di due terroristi palestinesi. Presenti, tra gli altri, anche il ministro dell'Economia Naftali Bennett (di Habayt HaYehudi) e il parlamentare rav Dov Lipman (Yesh Atid). “Sono qui per dare supporto alle persone che in questa sinagoga fanno regolarmente minyan e per far arrivare il messaggio che il popolo ebraico non si farà intimidire dal terrorismo”, ha dichiarato rav Lipman. Sulle mura e le finestre ci sono ancora i segni dell'attentato compiuto dai due terroristi in modo premeditato (conoscevano il tempio e sapevano che la mattina avrebbero trovato i religiosi in preghiera) quanto sanguinario. Pistole, coltelli e machete, le armi usate per spargere morte dai due, poi uccisi dalla polizia. “Le immagini di martedì dell'attacco alla sinagoga di Gerusalemme – scrive oggi su Yedioth Ahronot Nahum Barnea, celebre penna del giornalismo israeliano - ci riporta in dietro ai momenti più difficili del popolo ebraico, ai progrom, alle rivolte, alla Shoah: ebrei massacrati mentre sono coperti dai talled, nel bel mezzo della preghiera; libri sacri intrisi di sangue; una sinagoga profanata”. Dopo dieci anni di relativa calma, afferma con amarezza Barnea, siamo tornati alla più cruda violenza, siamo tornati indietro invece che andare avanti. E la domanda che oggi in Israele rimbalza su vari media, su cui riflettono gli analisti, riguarda il futuro: cosa si può fare per andare avanti e cambiare le cose?
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orrore a gerusalemme
Cinque vite spezzate

Le immagini che hanno fatto il giro del mondo rappresentano scene di violenza inaudita: un’ascia abbandonata, delle tefilloth, i libri di preghiera, macchiati di sangue. E poi quei talledot. Dei talledot riversi a terra che avvolgevano i corpi delle vittime, dei mantelli bianchi che coprivano l’assassinio perpetrato da due cugini palestinesi di Gerusalemme Est, che ieri mattina hanno fatto irruzione nella sinagoga di Har Nof durante Shachrit ed hanno compiuto una delle stragi più agghiaccianti degli ultimi anni. Racconta alla Stampa il capo di Zaka, il gruppo di volontari che recuperano il resto dei corpi delle vittime, Meshi Zahav: “Abbiamo affrontato attentati con più vittime ma davanti a una sinagoga con il sangue ovunque, libri di preghiera in terra, talledot strappati ho pensato alla Shoah”. Quei talledot a terra sono schiaffi in pieno viso ed i corpi che celavano racchiudevano la vita di quattro uomini, che come ogni giorno erano andati in sinagoga per innalzare la loro preghiera di pace: Rabbi Aryeh Kopinsky, 43 anni, Rabbi Avraham Shmuel Goldberg, 68, and Rabbi Kalman Levine di 55 anni e Rabbi Moshe Twersky, 59. I funerali sono stati fatti il pomeriggio il pomeriggio stesso nel cimitero di Ghivat Shaul. Nel tenativo di salvare i fedeli, ha poi perso la vita il poliziotto druso Zidan Saif, colpito da uno dei due attentatori.
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orrore a gerusalemme
Lottare per un futuro senza odio
"È il più grave attentato degli ultimi anni, ma riporteremo la sicurezza in città”, affermava il capo della polizia israeliana Yochanan Danino, a poche ore dal terribile ed efferato attentato che ha colpito Gerusalemme ieri. Due palestinesi armati di pistole, coltelli e asce facevano irruzione in una sinagoga, scagliandosi contro le persone in preghiera. Quattro le vittime del rabbioso odio terrorista (la polizia ucciderà i due aggressori), diversi i feriti. Ma oramai da mesi la tensione in Israele è altissima, con Gerusalemme epicentro degli scontri e il terrorismo palestinese nuovamente di scena.
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pilpul

Periscopio - L'asino che vola 
Appare davvero difficile esprimere con freddezza i sentimenti di esecrazione, rabbia, disgusto suscitati dall’orribile strage perpetrata nella sinagoga di Har Nof: un eccidio che segue una sanguinosa scia di attentati che, nelle ultime settimane, ha seminato morte e terrore nelle strade di tutta Israele, con una macabra esibizione di fantasia criminale da parte di vasti e organizzati gruppi di assassini, forti, a quanto pare, di un larghissimo consenso tra masse imbevute di fanatismo e ignoranza, a cui, fin dalla più tenera età, non è stata mai insegnata altra parola all’infuori del verbo ‘odiare’. Automobili, gru, asce, pistole, razzi, pugnali: tutto va bene per colpire, tanto meglio se si tratta di bambini, di donne, di anziani, di rabbini in preghiera, di madri col carrozzino. È evidente che, al di là dell’obiettivo immediato, che è quello di seminare morte, dolore e distruzione, l’offensiva terroristica si prefigge un altro, più ampio fine, che è quello di tracciare un incolmabile solco di paura, diffidenza, inimicizia tra i diversi popoli del Medio Oriente, un insuperabile muro di odio e ostilità che faccia vedere in ogni ebreo una potenziale vittima sacrificale e in ogni arabo un potenziale aggressore; che renda assurdo, blasfemo, grottesco ogni sia pur minimo accenno a un possibile, ipotetico, teorico spiraglio di dialogo, di confronto.
Quanto ai protagonisti in campo, i terroristi di Hamas fanno quello che dicono e dicono quello che fanno, li si può accusare di tutto tranne che di incoerenza.


Francesco Lucrezi, storico
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