David
Sciunnach,
rabbino
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“Yakòv
usci da Beèr Sheva per recarsi a Charàn…” (Bereshìt 28, 1). Il grande
Rabbì Menachem Mendel Schneerson, settimo Rebbe di Lubavitc, ci fa
notare che Yakòv non va a Charàn solo per salvarsi da suo fratello
Esàv. Bensì egli parte anche con un obbiettivo positivo, cioè quello di
sposarsi e di creare le basi per il futuro popolo d’Israele. Infatti
gran parte dei figli di Yakòv nasceranno a Charàn, ed è grazie a questo
suo esilio a Charàn che Yakòv riuscirà ad arrivare ad una completa
integrità.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Diciamo
la verità, il riconoscimento di Israele come Stato ebraico è la
scoperta dell’acqua calda, nel senso che la definizione di “Stato
ebraico” è diventata sinonimo di Israele persino nei media occidentali.
Ci sono da aggiungere, però, almeno due elementi: l’ebraicità dello
stato non può e non deve entrare in conflitto con il tasso di
democrazia nel Paese, che, se è democratico, lo è proprio in quanto
ebraico.
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L'identità di Israele,
voci a confronto
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Israele:
arriva anche sui quotidiani italiani la discussione in corso in questi
giorni sul progetto di legge che propone di riconoscere il carattere
ebraico dello Stato. Mario Pirani, su la Repubblica, in un
approfondimento intitolato “La Nazione ebraica a uso elettorale” spiega
come Netanyahu stia affrontando nuovamente un principio sancito nella
dichiarazione di Ben Gurion, la quale però non era mai stata convertita
in un legge costituzionale: lo Stato di Israele, ancora oggi, non ha
una costituzione. Secondo Pirani le motivazioni sono due: una profonda,
che definisce “l’esaltazione di una ossessione religiosa ha portato ad
una radicalizzazione degli estremismi” e una più politica, collegata
alla fatica di un governo “usurato” che si prepara a nuove elezioni.
E sono diverse le personalità israeliane che spingono per una sorta di
nuova costituente in cui tutte le parti politiche possano
identificarsi, “Un percorso difficile di crescita a cui Ben Gurion
aveva inizialmente rinunciato, sapendo quanto sarebbe stato complicato
mettere insieme le variegate parti della società ebraica”.
Intanto due relatori delle Nazioni Unite chiedono che Gerusalemme ponga
fine alle demolizioni punitive di case di palestinesi accusati di atti
di violenza in Israele e nei Territori occupati, denunciando queste
forme di castigo collettivo come rappresaglie contrarie al diritto
internazionale. (Avvenire)
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daf daf
Valori e numeri per i più piccoli
Dopo
l’uscita dedicata al suo quarto compleanno e lo speciale poesia, DafDaf
arriva all’appuntamento con il numero 51 presentando le prime novità
della stagione: due nuove rubriche, infatti, curate dalla redazione,
raccontano ai giovani lettori i valori ebraici messi in gioco dalle
scienze economiche e... i mostri! Due scelte particolari, forse,
dettate dalla volontà di evitare ogni superficialità: l’economia è
importante per tutti, grandi e piccoli che siano, e nella tradizione
ebraica ci sono molte regole e principi che insegnano come comportarsi
nei rapporti economici con gli altri. La scelta dei mostri, invece, è
stata suggerita dal crescente successo di Halloween anche in Italia,
che porta sempre più bambini a mascherarsi da mostri, vampiri e morti
viventi. Per l’ebraismo neanche le creature più paurose hanno una
valenza scevra di valori positivi, e parlare del Golem, per esempio, è
un modo per chiedersi se i mostri possono forse servire per farci
cambiare, per portarci a vedere le cose in un modo tutto nuovo.
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israele - Holon fashion week
Se la moda sposa la tecnologia
Apre
i battenti la Holon Fashion Week, una delle settimane più accattivanti
per ogni fashion dreamer israeliano che si rispetti: giunta al settimo
anno, ospita lezioni, workshop e incontri straordinari con personaggi
di spicco del mondo della moda. Un’opportunità per buttare un occhio
oltre i confini del paese ma anche per fare il bilancio della patinata
industria fashion d’Israele, protagonista di un’inarrestabile crescita.
Quasi automatica la scelta di Holon come location; la città nei pressi
di Tel Aviv sede di uno dei musei di design più accattivanti del mondo
e del quale Ron Arad, designer, artista e visionario, è il cavallo di
battaglia. Attesissimo l’incontro dedicato a Fash&Tech, il felice
matrimonio tra moda e progresso di casa a Tel Aviv, che analizza come
start up e tecnologie modellano i nuovi contorni dello stile. A
dedicare ampio spazio sull’argomento, Simone Somekh, che nell’ultimo
dossier “Moda e Modi” di Pagine Ebraiche di dicembre in distribuzione
ci guida in un viaggio fluorescente ed high tech made in Israel.
Israele è un melting pot intelligente: c’è di tutto e di più ma in
qualche modo i tasselli finiscono quasi sempre per aggregarsi nel
migliore dei modi. In un panorama di diversità e scambio, risulta
naturale la nascita di collaborazioni tra persone e settori che, almeno
all’apparenza, non hanno nulla in comune. La forza d’Israele sta nel
creare dei connubi “smart”, in modo che ogni loro componente possa
uscirne arricchita e non il contrario, come purtroppo spesso accade.
Uno dei connubi più accattivanti made in Tel Aviv negli ultimi anni è
quello tra moda e tecnologia. Fash&Tech, questa la sigla con cui in
città ci si riferisce alla neonata tendenza, nasce dalla collaborazione
tra geni della tecnologia e fashion victims, due categorie di persone
che a Tel Aviv abbondano.
Simone Somekh
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Humans of Israel - Emmanuel |
 “Geograficamente
parlando, in Israele, ci sono solo due stagioni: maledettamente caldo e
maledettamente freddo. Maledettamente caldo va da marzo a novembre.
Maledettamente freddo comprende i tre mesi che stiamo per affrontare, e
sono l’incubo più grande degli abitanti di questo posto. Perché ci
coglie sempre impreparati, è difficile trovare un maglione o un
ombrello fra canottiere e costumi da bagno. Nella mentalità
mediorientale è sempre estate. Il buio presto, l’odore di umido e il
cielo grigio ci trasportano temporaneamente in un altro continente
immaginario.”
Jonathan Misrachi
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Periscopio
- Identità di uno Stato |
Il
disegno di legge, recentemente approvato a maggioranza dal governo
israeliano, sul carattere ebraico dello Stato d’Israele, va
interpretato su due piani distinti: uno, per così dire, interno, ossia
relativo all’assetto giuridico e istituzionale del Paese, e a ciò che
esso significa nei confronti dei suoi cittadini, e uno esterno, legato
al difficile rapporto che Israele deve gestire nei confronti dei suoi
vicini, nonché del complesso della comunità internazionale. I due
piani, ovviamente, sono connessi, ma è comunque opportuno tracciare una
linea di demarcazione, che esiste, ed è molto rilevante. Sul primo
piano, si potrebbe dire che la legge in questione non dice nulla di
nuovo, essendo il carattere ebraico di Israele definito con la massima
chiarezza nella Dichiarazione d’Indipendenza (che, sul piano storico e
giuridico, assume un valore normativo addirittura superiore a quello di
una Carta Costituzionale), in numerose leggi dello stato, ordinarie e
Fondamentali, e in molte sentenze della Corte Suprema e di altri
tribunali. Ma non ci sarebbe neanche bisogno di tutti questi documenti
legali – che pur ci sono: molti ed espliciti – per dare fondamento a
tale principio, che è semplicemente intrinseco all’ideale sionista:
esso è scolpito in ogni rigo dello ‘Judenstaat’ di Theodor Herzl, e,
ancor prima, in ogni lettera della formula recitata, nei secoli, la
sera di Pesach, da tutti gli ebrei del mondo, “l’anno prossimo a
Gerusalemme”,
Francesco Lucrezi, storico
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