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30 dicembre 2014 - 8 Tevet 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
L’incontro tra Yaaqòv e il Faraone è descritto nella Torah (Bereshìt, 47; 7-10) in modo assai curioso. Ci aspetteremmo un confronto sulla politica o sulle rispettive e differenti visioni del mondo. Niente di tutto ciò. Il loro dialogo si riduce a una domanda del Faraone, "...quanti anni hai ?..." e alla risposta di Yaaqòv: "...centotrenta, pochi e cattivi rispetto a quelli dei miei padri...". Yaaqòv si congeda benedicendo il Faraone augurandogli che il Nilo irrighi l'Egitto. Fine. Tanti saluti.
 
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Dario
Calimani,
anglista
Nel suo ultimo intervento (25 dicembre 2014), Sergio Della Pergola affronta appropriatamente il problema della complessità dell’identità ebraica partendo dal test a cui è di frequente sottoposto l’ebreo dai suoi interlocutori non ebrei (“per chi terresti se l’Italia si battesse contro Israele?”). Il problema dell’identità, tuttavia, non viene fatto sentire solo dall’esterno, ma affiora spesso anche dal nostro intimo, e lo si vede quando di fronte ad avvenimenti di portata nazionale si sente il bisogno di esporsi a tutti i costi in quanto ebrei, più che in quanto cittadini italiani, che non nascondono la propria ebraicità, ma non ne fanno uno stendardo per tutte le stagioni.
 
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Medio Oriente,
l'analisi di Israele
Siria e Iran, i pericoli per Israele. Cosa accadrà nei prossimi mesi in Medio Oriente? L’intelligence israeliana ha presentato ieri ai vertici militari e politici un report in cui analizza sia la situazione interna delle forze militari sia divisioni e conflitti che caratterizzano i paesi vicini. A pubblicarne un riassunto, il sito di Yedioth Ahronot, ripreso da Daniele Raineri sul Foglio. Le problematiche maggiori riguardano, riporta il report (in cui si sottolinea l’incognita dovuta alle prossime elezioni israeliane), la profonda instabilità di alcuni paesi mediorientali e del Nord Africa: Siria, Iraq, Yemen e Libia, affermano dall’intelligence, sono prossime al frazionamento. E l’attenzione di Gerusalemme è rivolta soprattutto a Nord, al confine siriano: nel Golan per il momento Israele si è attenuta a dare supporto umanitario ai ribelli moderati siriani ma la presenza di Hezbollah e degli uomini di Jabaht Al Nusra (costola siriana di Al Qaeda) potrebbe far precipitare le cose. Non che ci sia una qualche fiducia in Assad: per i servizi israeliani il regime di Damasco nasconde ancora armi chimiche. Ultimo punto l’Iran, con la bocciatura dell’accordo proposto dagli Stati Uniti a Teheran sul programma nucleare.

Obama e le aperture all’Iran. Cuba, Medio Oriente, il razzismo interno agli Stati Uniti. Su Repubblica il testo dell’intervista di Steve Inskeep al presidente americano Barack Obama. Tra i punti toccati anche il rapporto con l’Iran: “è un Paese grande, progredito – afferma il presidente – con una comprovata tradizione di terrorismo sponsorizzato dallo Stato; sappiamo che voleva sviluppare un’arma nucleare e che ha danneggiato i nostri alleati; (è un Paese) la cui retorica, oltre ad essere esplicitamente anti-americana, è stata anche incendiaria nei confronti dello Stato di Israele”. Obama chiede quindi a Teheran di dimostrare di aver cambiato politica e di abbandonare l’intenzione di proseguire sulla strada del nucleare.

L’Onu e la questione palestinese. Gli Stati Uniti hanno avvisato i vertici di Ramallah: porremo il veto in caso proponiate ora una risoluzione per il riconoscimento della Palestina all’Onu. Abu Mazen ha presentato comunque la bozza (Repubblica) in cui chiede “l’abbandono dei territori occupati entro il 2017”. Il voto è previsto per oggi ma sembra che i palestinesi potrebbero attendee l’ingresso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite i paesi considerati amici. Intanto Israele ribadisce come ogni azione unilaterale sia inutile quanto dannosa alla pace.
 
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  davar
israele - l'impegno contro ebola
In prima fila per aiutare l'Africa
“Vogliamo ringraziare Israele per il suo generoso contributo per fermare Ebola e per aver capito come i bambini siano particolarmente vulnerabili nel corso delle emergenze”. Così il presidente del Fondo americano per l'Unicef (United Nations Children’s Fund) Caryl Stern ha voluto ringraziare le autorità israeliana per aver finanziato l'impegno dell'organizzazione nella lotta all'epidemia di Ebola che ha colpito alcuni paesi africani con una cifra pari a 8,75 milioni di dollari. Si tratta del più grande finanziamento fino ad ora stanziato da un singolo paese sul fronte della cura e prevenzione della diffusione della malattia che ad oggi ha causato 6,900 vittime e ha contagiato 19mila persone. Liberia, Sierra Leone e Guinea tra i paesi più colpiti, dove il Ministero degli Esteri di Israele ha inviato negli scorsi mesi tre cliniche mediche di emergenza con l'obiettivo di formare gli operatori sanitari locali con gli strumenti al momento disponibili per contrastare l'epidemia. Nelle zone colpite, sono stati inoltre inviati dal governo di Gerusalemme e da altri enti israeliani aiuti umanitari e strumentazione medica d'avanguardia. Le istituzioni israeliane si sono dunque distinte da tempo nella lotta contro Ebola. “Anche se ci sono stati dei progressi nel controllo della malattia - spiega Stern, nel suo ringraziamento a Gerusalemme - c'è ancora molto da fare per sradicare la malattia e per provvedere alle cure mediche dei bambini, le cui vite sono state sconvolte dall'epidemia”. “La donazione israeliana – ha continuato Stern – non poteva arrivare in un momento migliore, proprio mentre l'attenzione del mondo sulla crisi umanitaria sta calando. Questo è un investimento non solo per combattere ora il virus ma anche per garantire sul lungo periodo la salute e il benessere dei bambini e delle famiglie nell'Africa Occidentale”.

(nell'immagine il medico israeliano Leslie Lobel dell'Università di Ben Gurion, da 12 anni impegnato in Africa nel contrastare il virus Ebola)
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QUI ROMA 
Urtisti, la mobilitazione è social
Una lunga storia alle spalle, un futuro a rischio. La categoria degli urtisti, i venditori di ricordi istituiti nel segno della bolla papale concessa nell’Ottocento agli ebrei romani, si mobilita e chiama a raccolta la cittadinanza attraverso i social network. Il tutto nella prospettiva del prossimo trasferimento che, a seguito della determinazione dirigenziale “pro decoro” emessa in settembre dal sindaco Marino (e del successivo respingimento del ricorso presentato dagli urtisti al Tar), dovrebbe portarli ad abbandonare le aree limitrofe ai principali monumenti cittadini per una destinazione più periferica e, quindi, commercialmente più problematica. Da mesi è in atto una mobilitazione per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla storia della categoria e sull’impossibile accostamento della stessa a chi realmente concorre al degrado di Roma. Molte le voci che si sono levate, compresa quella della Comunità ebraica capitolina che, proprio agli urtisti, ha dedicato una mostra ricca di suggestioni ospitata in dicembre presso il Museo di Roma in Trastevere grazie all’impegno del Centro di Cultura diretto da Miriam Haiun e al sostegno pervenuto da alcuni soggetti istituzionali. Da alcune ore il messaggio degli urtisti e dei loro sostenitori viene veicolato anche attraverso una pagina Facebook che raccoglie messaggi, riflessioni, foto d’epoca che attraversano i momenti più significativi della professione.
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pagine ebraiche - gennaio 2015
C'era una volta il New Republic
"Riposa in pace The New Republic, meriti di più di Chris Hughes". L'elegia funebre dell'opinionista del Washington Post Dana Milbank è lapidaria. Dopo veleni, licenziamenti e arredamenti d'interni, il centenario e storico The New Republic, la rivista liberal americana sorretta da opinionisti di indubbio spessore, ha chiuso i battenti. I collaboratori più importanti hanno abbandonato il giornale, in polemica con la politica editoriale dell'editore, il giovane magnate Chris Hughes. Fondato nel 1914 da Herbert Croly, Walter Lippman e Walter Weyl con il supporto finanziario dell'ereditiera Dorothy Payne Whitney e del marito, The New Republic nel '74 viene acquistato da Martin Peretz, fortissimo sostenitore di Israele; elemento che contrassegna il TNR e lo avvicina alle dinamiche del Medio Oriente. Peretz si è rivolto qualche mese fa proprio a Hughes, ricordandogli quanto fosse importante che il giornale continuasse ad essere vicino allo Stato ebraico. E diverse sono state le firme dell'ebraismo americano che hanno fatto diventare il The New Republic una voce autorevole nel panorama liberal.
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pilpul
L'Otto per mille e noi
L’Otto per Mille è un compendio triste del nostro paese. La settimana scorsa ne ho parlato relativamente ai fondi destinati all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI). Ma è inevitabile allargare lo sguardo e ragionarne a livello generale. Ci aiuta in questo senso un documento pubblico, sostanzialmente sconosciuto, di una chiarezza inimmaginabile per il burocratese a cui siamo assuefatti. Si tratta della deliberazione 16/2014/g della Corte dei Conti, Sezione generale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, depositata il 19 novembre 2014.
Nel testo troviamo un’indagine rigorosa sulla distribuzione dei fondi della quota Irpef che i contribuenti possono assegnare alle confessioni religiose o allo Stato in base alla legge 222/1985. La descrizione è talmente incredibile da assurgere talora a vera e propria letteratura. Sintetizzando, ecco le principali contraddizioni: 1) I fondi vengono calcolati sull’imponibile generale e non sulle preferenze effettivamente espresse, che sono una minoranza. I cittadini pensano di non scegliere alcuna confessione religiosa (inoptato) ma finiscono per avvantaggiare le confessioni religiose, che si spartiscono tutta la torta e non solo quella dei firmatari. 2) Lo Stato fa mostra di eroico tafazzismo impegnandosi a fondo per non prendere un euro. Non promuove campagne pubblicitarie; non spiega come spende i fondi assegnatigli; decurta le somme destinate alle finalità previste dalla legge per endemiche esigenze di cassa e tradisce così il patto con i cittadini; assegna ai comuni parte consistente delle risorse, trasferite poi alle istituzioni ecclesiastiche che in tale modo vengono beneficiate due volte. 3) Una buona quota dei denari è destinata alle campagne pubblicitarie, che danno così vita a un vero e proprio mercato della solidarietà. 4) La Chiesa cattolica, che ormai riceve più di un miliardo di euro all’anno, spende solo il 20% dei soldi per attività benefiche, circa un terzo per il sostentamento del clero previsto dalla legge, mentre la parte restante è devoluta a finalità poco chiare e comunque non normate. 5) In tempi di crisi economica, i fondi provenienti dall’Otto per mille sono in costante aumento in virtù di meccanismi fiscali tecnici come il Fiscal Drag. 6) La commissione paritetica tra Stato e CEI che dovrebbe rivedere il meccanismo ogni tre anni si riunisce poco, lavora poco ed evidentemente ha poco da dire di fronte a questo scandalo. 7) Per accedere alla ripartizione occorre aver sottoscritto un’Intesa con lo Stato. Musulmani e ortodossi, le due principali minoranze nel nostro paese, non lo hanno fatto, e sono pertanto esclusi da questa cuccagna mancando una legge sulla libertà religiosa.


Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - Il ponte per Anne Frank
Giovani antirazzisti crescono. Nel nome di Anna Frank è nata nell’ottobre scorso un’associazione chiamata “Un ponte per Anne Frank”, promossa dalla ventisettenne scrittrice livornese Sofia Domino (autrice di un romanzo sul tema della Shoah, dal titolo “Quando dal cielo cadevano le stelle”), per non dimenticare l’Olocausto e combattere ogni forma di discriminazione, violenza, razzismo, antisemitismo. L’associazione ha già raccolto molte adesioni e ha avviato una partnership con l’associazione fondata negli Stati Uniti da Rhonda Fink-Whitman, autrice di “94 Maidens” (94 fanciulle), libro che racconta la storia di sua madre, ebrea berlinese sopravvissuta alla Shoah. Rhonda si è battuta, con successo, per rendere obbligatorio lo studio sulla persecuzione degli ebrei nello stato della Pennsylvania. Ora sono sei gli Stati americani che prevedono l’educazione alla Shoah nelle scuole (Florida, New Jersey, Illinois, California, New York e Pennsylvania).

Mario Avagliano
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