Roberto
Della Rocca,
rabbino
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L’incontro
tra Yaaqòv e il Faraone è descritto nella Torah (Bereshìt, 47; 7-10) in
modo assai curioso. Ci aspetteremmo un confronto sulla politica o sulle
rispettive e differenti visioni del mondo. Niente di tutto ciò. Il loro
dialogo si riduce a una domanda del Faraone, "...quanti anni hai
?..." e alla risposta di Yaaqòv: "...centotrenta, pochi
e cattivi rispetto a quelli dei miei padri...". Yaaqòv si
congeda benedicendo il Faraone augurandogli che il Nilo irrighi
l'Egitto. Fine. Tanti saluti.
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Dario
Calimani,
anglista
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Nel
suo ultimo intervento (25 dicembre 2014), Sergio Della Pergola affronta
appropriatamente il problema della complessità dell’identità ebraica
partendo dal test a cui è di frequente sottoposto l’ebreo dai suoi
interlocutori non ebrei (“per chi terresti se l’Italia si battesse
contro Israele?”). Il problema dell’identità, tuttavia, non viene fatto
sentire solo dall’esterno, ma affiora spesso anche dal nostro intimo, e
lo si vede quando di fronte ad avvenimenti di portata nazionale si
sente il bisogno di esporsi a tutti i costi in quanto ebrei, più che in
quanto cittadini italiani, che non nascondono la propria ebraicità, ma
non ne fanno uno stendardo per tutte le stagioni.
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Medio Oriente,
l'analisi di Israele |
Siria
e Iran, i pericoli per Israele. Cosa accadrà nei prossimi mesi in Medio
Oriente? L’intelligence israeliana ha presentato ieri ai vertici
militari e politici un report in cui analizza sia la situazione interna
delle forze militari sia divisioni e conflitti che caratterizzano i
paesi vicini. A pubblicarne un riassunto, il sito di Yedioth Ahronot,
ripreso da Daniele Raineri sul Foglio. Le problematiche maggiori
riguardano, riporta il report (in cui si sottolinea l’incognita dovuta
alle prossime elezioni israeliane), la profonda instabilità di alcuni
paesi mediorientali e del Nord Africa: Siria, Iraq, Yemen e Libia,
affermano dall’intelligence, sono prossime al frazionamento. E
l’attenzione di Gerusalemme è rivolta soprattutto a Nord, al confine
siriano: nel Golan per il momento Israele si è attenuta a dare supporto
umanitario ai ribelli moderati siriani ma la presenza di Hezbollah e
degli uomini di Jabaht Al Nusra (costola siriana di Al Qaeda) potrebbe
far precipitare le cose. Non che ci sia una qualche fiducia in Assad:
per i servizi israeliani il regime di Damasco nasconde ancora armi
chimiche. Ultimo punto l’Iran, con la bocciatura dell’accordo proposto
dagli Stati Uniti a Teheran sul programma nucleare.
Obama e le aperture all’Iran. Cuba, Medio Oriente, il razzismo interno
agli Stati Uniti. Su Repubblica il testo dell’intervista di Steve
Inskeep al presidente americano Barack Obama. Tra i punti toccati anche
il rapporto con l’Iran: “è un Paese grande, progredito – afferma il
presidente – con una comprovata tradizione di terrorismo sponsorizzato
dallo Stato; sappiamo che voleva sviluppare un’arma nucleare e che ha
danneggiato i nostri alleati; (è un Paese) la cui retorica, oltre ad
essere esplicitamente anti-americana, è stata anche incendiaria nei
confronti dello Stato di Israele”. Obama chiede quindi a Teheran di
dimostrare di aver cambiato politica e di abbandonare l’intenzione di
proseguire sulla strada del nucleare.
L’Onu e la questione palestinese. Gli Stati Uniti hanno avvisato i
vertici di Ramallah: porremo il veto in caso proponiate ora una
risoluzione per il riconoscimento della Palestina all’Onu. Abu Mazen ha
presentato comunque la bozza (Repubblica) in cui chiede “l’abbandono
dei territori occupati entro il 2017”. Il voto è previsto per oggi ma
sembra che i palestinesi potrebbero attendee l’ingresso al Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite i paesi considerati amici. Intanto
Israele ribadisce come ogni azione unilaterale sia inutile quanto
dannosa alla pace.
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QUI ROMA
Urtisti, la mobilitazione è social
Una
lunga storia alle spalle, un futuro a rischio. La categoria degli
urtisti, i venditori di ricordi istituiti nel segno della bolla papale
concessa nell’Ottocento agli ebrei romani, si mobilita e chiama a
raccolta la cittadinanza attraverso i social network. Il tutto nella
prospettiva del prossimo trasferimento che, a seguito della
determinazione dirigenziale “pro decoro” emessa in settembre dal
sindaco Marino (e del successivo respingimento del ricorso presentato
dagli urtisti al Tar), dovrebbe portarli ad abbandonare le aree
limitrofe ai principali monumenti cittadini per una destinazione più
periferica e, quindi, commercialmente più problematica. Da mesi è in
atto una mobilitazione per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla
storia della categoria e sull’impossibile accostamento della stessa a
chi realmente concorre al degrado di Roma. Molte le voci che si sono
levate, compresa quella della Comunità ebraica capitolina che, proprio
agli urtisti, ha dedicato una mostra ricca di suggestioni ospitata in
dicembre presso il Museo di Roma in Trastevere grazie all’impegno del
Centro di Cultura diretto da Miriam Haiun e al sostegno pervenuto da
alcuni soggetti istituzionali. Da alcune ore il messaggio degli urtisti
e dei loro sostenitori viene veicolato anche attraverso una pagina
Facebook che raccoglie messaggi, riflessioni, foto d’epoca che
attraversano i momenti più significativi della professione.
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pagine ebraiche - gennaio 2015
C'era una volta il New Republic
"Riposa
in pace The New Republic, meriti di più di Chris Hughes". L'elegia
funebre dell'opinionista del Washington Post Dana Milbank è lapidaria.
Dopo veleni, licenziamenti e arredamenti d'interni, il centenario e
storico The New Republic, la rivista liberal americana sorretta da
opinionisti di indubbio spessore, ha chiuso i battenti. I collaboratori
più importanti hanno abbandonato il giornale, in polemica con la
politica editoriale dell'editore, il giovane magnate Chris Hughes.
Fondato nel 1914 da Herbert Croly, Walter Lippman e Walter Weyl con il
supporto finanziario dell'ereditiera Dorothy Payne Whitney e del
marito, The New Republic nel '74 viene acquistato da Martin Peretz,
fortissimo sostenitore di Israele; elemento che contrassegna il TNR e
lo avvicina alle dinamiche del Medio Oriente. Peretz si è rivolto
qualche mese fa proprio a Hughes, ricordandogli quanto fosse importante
che il giornale continuasse ad essere vicino allo Stato ebraico. E
diverse sono state le firme dell'ebraismo americano che hanno fatto
diventare il The New Republic una voce autorevole nel panorama liberal.
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L'Otto per mille e noi |
L’Otto
per Mille è un compendio triste del nostro paese. La settimana scorsa
ne ho parlato relativamente ai fondi destinati all’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane (UCEI). Ma è inevitabile allargare lo
sguardo e ragionarne a livello generale. Ci aiuta in questo senso un
documento pubblico, sostanzialmente sconosciuto, di una chiarezza
inimmaginabile per il burocratese a cui siamo assuefatti. Si tratta
della deliberazione 16/2014/g della Corte dei Conti, Sezione generale
di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato,
depositata il 19 novembre 2014.
Nel testo troviamo un’indagine rigorosa sulla distribuzione dei fondi
della quota Irpef che i contribuenti possono assegnare alle confessioni
religiose o allo Stato in base alla legge 222/1985. La descrizione è
talmente incredibile da assurgere talora a vera e propria letteratura.
Sintetizzando, ecco le principali contraddizioni: 1) I fondi vengono
calcolati sull’imponibile generale e non sulle preferenze
effettivamente espresse, che sono una minoranza. I cittadini pensano di
non scegliere alcuna confessione religiosa (inoptato) ma finiscono per
avvantaggiare le confessioni religiose, che si spartiscono tutta la
torta e non solo quella dei firmatari. 2) Lo Stato fa mostra di eroico
tafazzismo impegnandosi a fondo per non prendere un euro. Non promuove
campagne pubblicitarie; non spiega come spende i fondi assegnatigli;
decurta le somme destinate alle finalità previste dalla legge per
endemiche esigenze di cassa e tradisce così il patto con i cittadini;
assegna ai comuni parte consistente delle risorse, trasferite poi alle
istituzioni ecclesiastiche che in tale modo vengono beneficiate due
volte. 3) Una buona quota dei denari è destinata alle campagne
pubblicitarie, che danno così vita a un vero e proprio mercato della
solidarietà. 4) La Chiesa cattolica, che ormai riceve più di un
miliardo di euro all’anno, spende solo il 20% dei soldi per attività
benefiche, circa un terzo per il sostentamento del clero previsto dalla
legge, mentre la parte restante è devoluta a finalità poco chiare e
comunque non normate. 5) In tempi di crisi economica, i fondi
provenienti dall’Otto per mille sono in costante aumento in virtù di
meccanismi fiscali tecnici come il Fiscal Drag. 6) La commissione
paritetica tra Stato e CEI che dovrebbe rivedere il meccanismo ogni tre
anni si riunisce poco, lavora poco ed evidentemente ha poco da dire di
fronte a questo scandalo. 7) Per accedere alla ripartizione occorre
aver sottoscritto un’Intesa con lo Stato. Musulmani e ortodossi, le due
principali minoranze nel nostro paese, non lo hanno fatto, e sono
pertanto esclusi da questa cuccagna mancando una legge sulla libertà
religiosa.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie
- Il ponte per Anne Frank
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Giovani
antirazzisti crescono. Nel nome di Anna Frank è nata nell’ottobre
scorso un’associazione chiamata “Un ponte per Anne Frank”, promossa
dalla ventisettenne scrittrice livornese Sofia Domino (autrice di un
romanzo sul tema della Shoah, dal titolo “Quando dal cielo cadevano le
stelle”), per non dimenticare l’Olocausto e combattere ogni forma di
discriminazione, violenza, razzismo, antisemitismo. L’associazione ha
già raccolto molte adesioni e ha avviato una partnership con
l’associazione fondata negli Stati Uniti da Rhonda Fink-Whitman,
autrice di “94 Maidens” (94 fanciulle), libro che racconta la storia di
sua madre, ebrea berlinese sopravvissuta alla Shoah. Rhonda si è
battuta, con successo, per rendere obbligatorio lo studio sulla
persecuzione degli ebrei nello stato della Pennsylvania. Ora sono sei
gli Stati americani che prevedono l’educazione alla Shoah nelle scuole
(Florida, New Jersey, Illinois, California, New York e Pennsylvania).
Mario Avagliano
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