David
Sciunnach,
rabbino
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“Prendano
un’offerta Terumà per Me…” (Shemòt 25, 2). I Maestri ci fanno notare
che la ghematrià – il valore numerico di questa frase: “Vaikhù lì
Terumà” è di 821, lo stesso delle parole “Shèfà Berachà ve-Atzlachà” –
prosperità, benedizione e fortuna. Da questo impariamo che chi devolve
denaro con lo scopo di santificare il Nome di Dio, non subirà alcuna
perdita, ma anzi ne trarrà grande beneficio.
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David
Assael,
ricercatore
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È
vero che il richiamo alla aliyah ha lunga tradizione fra i politici
israeliani (ricordo, ad esempio Sharon), ma con Bibi Netanyahu
assistiamo ad un primo tentativo di campagna elettorale mondiale, in
cui non manca la tappa statunitense, che tante polemiche sta creando in
Israele, come dimostra la presa di posizione del presidente Rivlin.
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Caos Libia
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“Occorre
un salto di qualità nei negoziati fra le fazioni in Libia: se non si
arriva alla formazione di un vero governo di unità nazionale non può
decollare una missione dell’Onu”. Questa la linea del governo italiano,
concordata tra il primo ministro Renzi e i ministri Alfano e Gentiloni
e ribadita dalla dichiarazione congiunta diffusa insieme a Francia,
Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti in cui si sottolinea
“l’impellente necessità di una soluzione politica”.
“Libia, la diplomazia unica strada” titola il Corriere.
Sicurezza nazionale, varato un nuovo piano.
Religiosi, in particolare ebrei, soprattutto giornalisti, sotto tutela.
Uso di voli di Stato per fare volare personalità che devono essere
maggiormente tutelate. Riutilizzo di 4800 militari in operazioni di
controllo del territorio, 600 solo per Expo 2015. Sono le linee guida
del piano di sicurezza nazionale varato ieri dal Viminale. “Dalle coste
libiche partono verso l’Italia migliaia di stranieri, l’eventualità che
questo traffico migratorio possa essere gestito dagli uomini del
Califfato sarebbe una catastrofe, senza contare che terroristi dell’Is
possono mischiarsi fra i migranti e approdare in Italia. Questi – si
legge su Repubblica – sono i motivi per cui il livello di allarme, già
alto dopo Charlie Hebdo, è stato ulteriormente innalzato”.
Rav Melchior: “Gli ebrei danesi non se ne vanno”.
“È impensabile che uno si debba trasferire in Israele per paura.
Nessuno ha il diritto di dirci e decidere dove dobbiamo andare: e mi
riferisco ovviamente ai terroristi. Se decidi di ritornare in Israele
deve essere per motivi religiosi, per il sionismo. Come hanno fatto per
esempio i miei genitori. Sono tornati guidati dalla passione, dalla
fede, dall’amore. Non per paura”. È quanto afferma il rabbino capo di
Danimarca Jair Melchior in una intervista a Repubblica. A proposito
dell’appello rivolto agli ebrei d’Europa dal primo ministro Benjamin
Netanyahu Melchior rileva: “In un momento come questo, non mi è
sembrato un appello opportuno”.
Sul Giornale il demografo Sergio Della Pergola analizza intanto i
flussi migratori dall’Europa verso Israele e si chiede: “Dove va
l’Europa? Se crescerà e si integrerà, gli ebrei resteranno. Ma se l’Ue
fallisce e si spacca, oppure se si arriva a un’islamizzazione
furibonda, allora non ci sarà più spazio per gli ebrei. A oggi la
risposta non è molto chiara”.
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A MARZO LA LAUREA HONORIS CAUSA
Piero Terracina, l'Università
si inchina ai suoi meriti
Le
leggi razziste promulgate dal fascismo gli preclusero la possibilità di
completare la licenza elementare nelle scuole del Regno. Nel prossimo
mese di marzo, nelle ore in cui si ricorderà l’eccidio nazista delle
Fosse Ardeatine, riceverà dallo Stato il massimo riconoscimento in
campo educativo: la laurea honoris causa.
È il tributo che l’Università degli Studi del Molise ha voluto
conferire a Piero Terracina, 86 anni, Testimone romano che ha
conosciuto l’orrore di Auschwitz e che ha saputo trasmettere il valore
della Memoria a migliaia di giovani in Italia e nel mondo. Proprio in
ragione di questo impegno l’ateneo molisano ha scelto di premiarlo con
un diploma in Scienze della Formazione Primaria, il corso di studio
privilegiato da chi ambisce a un lavoro a stretto contatto con le nuove
generazioni.
Promotore dell’iniziativa è il professor Vincenzo Di Nuoscio, docente
di filosofia e direttore del dipartimento di Scienze Umane, Sociali e
della Formazione. “Il primo contatto con Piero risale al 2012, quando
abbiamo concordato un suo intervento con gli studenti. Da allora – ci
racconta – è iniziata una collaborazione che inserisce nel ricco quadro
di attività proposte dall’Università sul tema del ricordo: didattica
della Shoah, incontri mirati, pubblicazione di testi, adesione alla
rete universitaria per il Giorno della Memoria. Questo riconoscimento,
cui vorremmo dare rilievo nazionale, testimonia il sentimento di
gratitudine che tutta Italia deve avere nei confronti di persone come
Piero Terracina”.
Un sentimento che Di Nuoscio ha voluto esternare lanciando in passato
una campagna a sostegno della nomina del Testimone a senatore a vita
della Repubblica italiana. “Da almeno trent’anni – ricorda il docente –
Terracina si è dedicato con tutte le forze a trasformare i ricordi
della sua esperienza personale in una memoria collettiva e condivisa,
che ha trasmesso a un numero impressionante di giovani, incontrati
nelle scuole, nelle università e ovunque è stato possibile”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
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sacerdote e giusto tra le nazioni
Francesco Brondello 1920-2015
Era
metà settembre, e scendevano giù dalle montagne, attraverso la Val
Gesso e la Valle Stura, i militari italiani sbandati della Quarta
Armata, insieme a centinaia di ebrei in fuga, provenienti dalla
residence forcée di St. Martin Vésubie. Portavano nei loro sacchi
e nelle loro valigie tutto quanto possedevano, e avevano bisogno di
tutto, di vestiti pesanti per l’inverno, di documenti di identità, di
tessere annonarie, di una casa dove nascondersi.
Già l’esercito nazista aveva occupato Cuneo e stava prendendo possesso delle vallate cuneesi.
Don Francesco Brondello, curato a Valdieri, e don Mario Ghibaudo,
parroco a Boves, si incontrarono per decidere cosa fare. “Co fuma? Cosa
facciamo?” si chiesero spaventati. Due giorni dopo, sabato 18
settembre, il capitano Műller pubblicava il bando che decretava la
fucilazione immediata per gli stranieri latitanti e per chi li avesse
protetti. Il giorno dopo, domenica 19 settembre, a Boves le SS
avrebbero bruciato 350 case, torturato e massacrato 24 persone,
bruciato il giovane don Mario Ghibaudo e il parroco don Giuseppe
Bernardi.
Ma nonostante la giovane età, aveva solo 23 anni, e il clima di
terrore, cosa fare Don Brondello lo sapeva bene. C’è una testimonianza
precisa di due sorelle, Chaya e Gitta Kantoriwicz, allora bambine di 9
e 13 anni, che erano fuggite con la mamma da Berlino, mentre il padre
era stato catturato, deportato in lager e assassinato. Le due sorelle,
che ora vivono a Chicago, ricordano precisamente il giovane sacerdote
con una macchina fotografica che un giorno sale alla baita dove avevano
trovato nascondiglio, e qualche giorno dopo torna a consegnare le nuove
carte di identità e vestiti per l’inverno. Andava di baita in baita a
distribuire il denaro e gli aiuti che venivano procurati dalla Delasem,
dava conforto e sostegno di ogni tipo, teneva i contatti e trasportava
lettere tra le famiglie di ebrei rimaste a Nizza e quelle che erano
fuggite al di qua delle Alpi, collaborava nell’organizzare le fughe
verso la Svizzera o il Meridione. .
Lo aiutavano la buona sorte, un po’ di incoscienza, una capacità
eccezionale di alpinista, la serenità, un’ironia delicata che mai lo
abbandonava. Quando gli ricordavamo che si era comportato con coraggio
eccezionale e con grande umanità, lui rispondeva sempre ringraziando il
Signore che gli aveva dato la forza – diceva – di comportarsi
secondo l’insegnamento evangelico di aiutare il prossimo.
Ricordava che con i suoi confratelli aveva concordato di trasmettere
messaggi segreti, e l’ingenuo segreto consisteva nello scrivere testi
con parole in piemontese ma usando caratteri greci: nelle vallate non
c’erano molte persone che avessero studiato il greco, e i tedeschi non
conoscevano il piemontese. Ricordava sorridendo che quando le camicie
nere l’avevano catturato e lo bastonavano, tra sé e sé si compiaceva di
avere la testa ben dura, come diceva sempre, sgridandolo, il suo
maestro delle elementari. Alle camicie nere che lo torturavano
chiedendogli urlando se aveva aiutato degli ebrei, ricordava la
parabola del Buon Samaritano: i suoi maestri gli avevano insegnato ad
amare il prossimo, non a chiedere la carta di identità.
Se qualcuno è in pericolo di vita, se qualcuno ha fame, non c’è da
chiedere la carta di identità: il diritto di vivere e il bisogno di
aiuto costituiscono il suo documento.
L’azione di Don Brondello contribuì allora a salvare la vita di Chaya, di Gitta e di altri innocenti braccati dai nazisti.
Ma Don Brondello fece qualcosa di ancora più grande.
Nell’ottobre del 1943 un inviato della Delasem, nel consegnargli denaro
e provviste, lo pregò di ricordare alle famiglie di ebrei disperse
nelle vallate che qualche giorno dopo sarebbe stato Yom Kippur. E Don
Brondello rischiò di persona, girando in quelle giornate di inizio
ottobre, di baita in baita, sfidando le pattuglie tedesche, perché
persone a lui sconosciute, che venivano da nazioni lontane, che
parlavano un’altra lingua, che professavano un’altra religione,
potessero celebrare le loro feste.
Il suo comportamento di umanità e di rispetto nei confronti di
stranieri disperati costituisce per tutti noi, oggi, un esempio e un
insegnamento, attualissimo.
Anche per questo La ringraziamo, Don Brondello.
Chassidè ummòt ha-olàm yesh lahem cheleq le-'olàm ha-bbà
I pii delle nazioni del mondo hanno parte nel Mondo a Venire
(Tosseftà Sanhedrin 13; Maimonide, Hil. Teshuvah 3,5)
Beppe Segre, presidente Comunità ebraica di Torino
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QUI ROMA
Religioni per la pace
È
partita dal Campidoglio la campagna 'Sangue del tuo sangue' organizzata
da Roma Capitale insieme a Croce Rossa e Religions for Peace-Italia.
Scopo dell'iniziativa incentivare la donazione di sangue tra le diverse
comunità religiose cittadine affinché la stessa diventi “simbolo del
dialogo tra le fedi”.
Il camper di 'Sangue del tuo sangue' sarà prossimamente al Portico
d'Ottavia (marzo) e presso la moschea di Roma (aprile). Presenti in
Campidoglio, tra gli altri, il vescovo ausiliario di Roma Matteo Zuppi,
il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici, il rabbino capo
Riccardo Di Segni (nell'immagine) e il vicepresidente della Comunità
Religiosa Islamica Yahya Sergio Pallavicini.
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Ticketless
- Perire in Perù
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Nel
“Grande dittatore” di Chaplin c’è una scena che mi commuove. Il
protagonista, nei panni del Führer, pronuncia un discorso, rabbioso
nella forma, in verità dolcissimo, capace di giungere, e di essere
inteso dalla ragazza amata per quello che realmente è, grazie ai
prodigi della radiofonia. Il tema delle radio di guerra mi appassiona
da sempre. Senza sentire il bisogno di citare Roland Barthes o Leo
Strauss, mi seduce l’idea che la radio trasmetta in codice, meglio
della pagina scritta, un messaggio di libertà nel momento delle
persecuzioni. Mi sono sempre chiesto perché nel secondo conflitto
mondiale molte voci di intellettuali ebrei scegliessero di fare lo
speaker in radio di esuli.
Alberto Cavaglion
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Periscopio
- Il miracolo
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Sarà
presentato oggi pomeriggio, presso l’Istituto di Studi Filosofici di
Napoli, un libro di sicuro interesse, che aggiunge nuovi punti di vista
e nuove sollecitazioni a un dibattito che gli eventi drammatici di
queste settimane e questi giorni rendono, purtroppo, sempre più
attuale: “Il miracolo degli ebrei. Analisi di un mito”, di Alfredo Del
Monte (Ed. Bonanno, 2014). Intenzione dell’autore, economista di fama
internazionale, è quella di affrontare alcune antiche questioni
collegate alla storia del popolo ebraico, e al difficile rapporto da
esso intrattenuto col mondo dei gentili, sintetizzabili essenzialmente
in due domande di fondo: quali sono le ragioni della straordinaria
persistenza identitaria dell’ebraismo, che permette a un popolo e a una
religione di sfidare i millenni, conservando sempre, al di là di
evoluzioni e cambiamenti, la sua peculiare capacità di conservazione e
trasmissione? E quali sono le ragioni della – anch’essa straordinaria,
purtroppo – inimicizia e diffidenza, da parte del “resto del mondo”,
verso il popolo mosaico, in un paradossale capovolgimento della
profezia secondo cui esso avrebbe dovuto brillare come “luce per tutte
le nazioni”?
Francesco Lucrezi, storico
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Humans of Israel - Tal |
Vivere
la visita dei campi di concentramento come guida è uno sforzo mentale e
psicologico immenso. Raccontare la disumanità di ciò che si vede a
ragazzi tentando di trasmettere un messaggio umano e positivo è un
lavoro che richiede una preparazione unica, e tutte le volte è la stessa sfida.
Jonathan Misrachi
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Lo studio delle donne |
Una
visita tanto inattesa quanto gradita quella di rav Shlomo Amar,
domenica mattina, presso la sede del Collegio rabbinico italiano. E
piacevolmente inaspettato – peraltro in una classe di Talmud che negli
anni ha visto crescere costantemente la presenza femminile – anche il
tema scelto per la sua lezione. In base a quale criteri, si chiede rav
Amar, rabbino capo di Gerusalemme e già rabbino capo sefardita di
Israele, le donne – che sono esonerate dallo studio obbligatorio della
Torà in quanto mitzvà (precetto) legata a un tempo determinato – sono
altresì tenute a recitare, esattamente come gli uomini, le Birkot
haTorà, le benedizioni per lo studio della Torà, durante le preghiere
mattutine?
Iaia Vantaggiato
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Indifferenza
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C’è
un filo immaginario che lega inevitabilmente alcuni eventi del passato
con altri del nostro presente. Questo filo purtroppo è rappresentato da
un atteggiamento d’indifferenza che è possibile riassumere con una
frase: finché è l’altro a essere colpito a me non interessa. Un
ingiustificato menefreghismo che purtroppo è stato il protagonista di
tante tragedie della nostra storia. Toccò agli armeni, poi agli ebrei,
agli zingari, agli omosessuali, passando tra le tragedie del secolo
scorso, piombando inesorabilmente in un presente nel quale le lezioni
del passato pare non siano servite a nulla.
Daniele Regard Leggi
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