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18 Febbraio 2015 - 29 Shevat 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
“Prendano un’offerta Terumà per Me…” (Shemòt 25, 2). I Maestri ci fanno notare che la ghematrià – il valore numerico di questa frase: “Vaikhù lì Terumà” è di 821, lo stesso delle parole “Shèfà Berachà ve-Atzlachà” – prosperità, benedizione e fortuna. Da questo impariamo che chi devolve denaro con lo scopo di santificare il Nome di Dio, non subirà alcuna perdita, ma anzi ne trarrà grande beneficio.
 
David
Assael,
ricercatore
È vero che il richiamo alla aliyah ha lunga tradizione fra i politici israeliani (ricordo, ad esempio Sharon), ma con Bibi Netanyahu assistiamo ad un primo tentativo di campagna elettorale mondiale, in cui non manca la tappa statunitense, che tante polemiche sta creando in Israele, come dimostra la presa di posizione del presidente Rivlin.
 
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Caos Libia
“Occorre un salto di qualità nei negoziati fra le fazioni in Libia: se non si arriva alla formazione di un vero governo di unità nazionale non può decollare una missione dell’Onu”. Questa la linea del governo italiano, concordata tra il primo ministro Renzi e i ministri Alfano e Gentiloni e ribadita dalla dichiarazione congiunta diffusa insieme a Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti in cui si sottolinea “l’impellente necessità di una soluzione politica”.
“Libia, la diplomazia unica strada” titola il Corriere.

Sicurezza nazionale, varato un nuovo piano. Religiosi, in particolare ebrei, soprattutto giornalisti, sotto tutela. Uso di voli di Stato per fare volare personalità che devono essere maggiormente tutelate. Riutilizzo di 4800 militari in operazioni di controllo del territorio, 600 solo per Expo 2015. Sono le linee guida del piano di sicurezza nazionale varato ieri dal Viminale. “Dalle coste libiche partono verso l’Italia migliaia di stranieri, l’eventualità che questo traffico migratorio possa essere gestito dagli uomini del Califfato sarebbe una catastrofe, senza contare che terroristi dell’Is possono mischiarsi fra i migranti e approdare in Italia. Questi – si legge su Repubblica – sono i motivi per cui il livello di allarme, già alto dopo Charlie Hebdo, è stato ulteriormente innalzato”.

Rav Melchior: “Gli ebrei danesi non se ne vanno”. “È impensabile che uno si debba trasferire in Israele per paura. Nessuno ha il diritto di dirci e decidere dove dobbiamo andare: e mi riferisco ovviamente ai terroristi. Se decidi di ritornare in Israele deve essere per motivi religiosi, per il sionismo. Come hanno fatto per esempio i miei genitori. Sono tornati guidati dalla passione, dalla fede, dall’amore. Non per paura”. È quanto afferma il rabbino capo di Danimarca Jair Melchior in una intervista a Repubblica. A proposito dell’appello rivolto agli ebrei d’Europa dal primo ministro Benjamin Netanyahu Melchior rileva: “In un momento come questo, non mi è sembrato un appello opportuno”.
Sul Giornale il demografo Sergio Della Pergola analizza intanto i flussi migratori dall’Europa verso Israele e si chiede: “Dove va l’Europa? Se crescerà e si integrerà, gli ebrei resteranno. Ma se l’Ue fallisce e si spacca, oppure se si arriva a un’islamizzazione furibonda, allora non ci sarà più spazio per gli ebrei. A oggi la risposta non è molto chiara”.
 
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  davar
A MARZO LA LAUREA HONORIS CAUSA
Piero Terracina, l'Università

si inchina ai suoi meriti  
Le leggi razziste promulgate dal fascismo gli preclusero la possibilità di completare la licenza elementare nelle scuole del Regno. Nel prossimo mese di marzo, nelle ore in cui si ricorderà l’eccidio nazista delle Fosse Ardeatine, riceverà dallo Stato il massimo riconoscimento in campo educativo: la laurea honoris causa.
È il tributo che l’Università degli Studi del Molise ha voluto conferire a Piero Terracina, 86 anni, Testimone romano che ha conosciuto l’orrore di Auschwitz e che ha saputo trasmettere il valore della Memoria a migliaia di giovani in Italia e nel mondo. Proprio in ragione di questo impegno l’ateneo molisano ha scelto di premiarlo con un diploma in Scienze della Formazione Primaria, il corso di studio privilegiato da chi ambisce a un lavoro a stretto contatto con le nuove generazioni.
Promotore dell’iniziativa è il professor Vincenzo Di Nuoscio, docente di filosofia e direttore del dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Formazione. “Il primo contatto con Piero risale al 2012, quando abbiamo concordato un suo intervento con gli studenti. Da allora – ci racconta – è iniziata una collaborazione che inserisce nel ricco quadro di attività proposte dall’Università sul tema del ricordo: didattica della Shoah, incontri mirati, pubblicazione di testi, adesione alla rete universitaria per il Giorno della Memoria. Questo riconoscimento, cui vorremmo dare rilievo nazionale, testimonia il sentimento di gratitudine che tutta Italia deve avere nei confronti di persone come Piero Terracina”.
Un sentimento che Di Nuoscio ha voluto esternare lanciando in passato una campagna a sostegno della nomina del Testimone a senatore a vita della Repubblica italiana. “Da almeno trent’anni – ricorda il docente – Terracina si è dedicato con tutte le forze a trasformare i ricordi della sua esperienza personale in una memoria collettiva e condivisa, che ha trasmesso a un numero impressionante di giovani, incontrati nelle scuole, nelle università e ovunque è stato possibile”.


Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
DOPO COPENAGHEN
Aliyah, il dibattito si accende
Continua il dibattito nel mondo ebraico a seguito dell'invito del primo ministro Benjamin Netanyahu agli ebrei europei a fare l'Aliyah (“salita” in Israele). Nota la posizione del rabbino capo di Danimarca Jair Melchior, che ha espresso il suo disappunto per le parole di Netanyahu e in un'intervista pubblicata oggi da Repubblica ribadisce il concetto: “È impensabile che uno si debba trasferire in Israele per paura. Nessuno ha il diritto di dirci e decidere dove dobbiamo andare: e mi riferisco ovviamente ai terroristi. Se decidi di ritornare in Israele deve essere per motivi religiosi, per il sionismo. Come hanno fatto per esempio i miei genitori. Sono tornati guidati dalla passione, dalla fede, dall’amore. Non per paura”. Fare l'Aliyah seguendo la logica della paura, dichiarava ieri all'emittente radiofonica francese Rtl il presidente della Licra (Lega internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo con sede a Parigi) Alain Jakubowicz, “è la cronaca di un fallimento”.
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milano - comunità ebraica in raccoglimento
"Rispondiamo uniti all'odio"
“Sta diventando purtroppo una triste abitudine vedersi per questi motivi in sinagoga”. Le parole dolorose e amare di rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, hanno aperto ieri l'incontro di preghiera al Tempio di via Guastalla dedicato a Dan Uzan, il sorvegliante ucciso sabato notte davanti alla sinagoga centrale di Copenaghen da un fondamentalista islamico. Ancora fresche nella memoria le immagini della strage nel supermarket casher di Parigi di gennaio così come quelle del sanguinoso attentato a una sinagoga di Gerusalemme a dicembre. Anche in quelle occasioni la Comunità ebraica milanese si era riunita per condividere il dolore. E ora Copenaghen.
“È una situazione che ci turba e preoccupa”, ha affermato rav Arbib in apertura, sottolineando la necessità di sensibilizzare il mondo circostante di fronte alla minaccia “dell'antigiudaismo e dell'antiebraismo”.
“Non dobbiamo nasconderci ma è innegabile come sia necessario fare attenzione”, l'invito del presidente della kehillah di Milano Walker Meghnagi, che ha ribadito come la Comunità ebraica sia impegnata, con la collaborazione delle autorità, a mantenere alta la sicurezza.
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sacerdote e giusto tra le nazioni 
Francesco Brondello 1920-2015
Era metà settembre, e scendevano giù dalle montagne, attraverso la Val Gesso e la Valle Stura, i militari italiani sbandati della Quarta Armata, insieme a centinaia di ebrei in fuga, provenienti dalla residence forcée di St. Martin  Vésubie. Portavano nei loro sacchi e nelle loro valigie tutto quanto possedevano, e avevano bisogno di tutto, di vestiti pesanti per l’inverno, di documenti di identità, di tessere annonarie, di una casa dove nascondersi.
Già l’esercito nazista aveva occupato Cuneo e stava prendendo possesso delle vallate cuneesi.
Don Francesco Brondello, curato a Valdieri, e don Mario Ghibaudo, parroco a Boves, si incontrarono per decidere cosa fare. “Co fuma? Cosa facciamo?” si chiesero spaventati. Due giorni dopo, sabato 18 settembre, il capitano Műller pubblicava il bando che decretava la fucilazione immediata per gli stranieri latitanti e per chi li avesse protetti. Il giorno dopo, domenica 19 settembre, a Boves le SS avrebbero bruciato 350 case, torturato e massacrato 24 persone, bruciato il giovane don Mario Ghibaudo e il parroco don Giuseppe Bernardi.
Ma nonostante la giovane età, aveva solo 23 anni, e il clima di terrore, cosa fare Don Brondello lo sapeva bene. C’è una testimonianza precisa di due sorelle, Chaya e Gitta Kantoriwicz, allora bambine di 9 e 13 anni, che erano fuggite con la mamma da Berlino, mentre il padre era stato catturato, deportato in lager e assassinato. Le due sorelle, che ora vivono a Chicago, ricordano precisamente il giovane sacerdote con una macchina fotografica che un giorno sale alla baita dove avevano trovato nascondiglio, e qualche giorno dopo torna a consegnare le nuove carte di identità e vestiti per l’inverno. Andava di baita in baita a distribuire il denaro e gli aiuti che venivano procurati dalla Delasem, dava conforto e sostegno di ogni tipo, teneva i contatti e trasportava lettere tra le famiglie di ebrei rimaste a Nizza e quelle che erano fuggite al di qua delle Alpi, collaborava nell’organizzare le fughe verso la Svizzera o il Meridione. .
Lo aiutavano la buona sorte, un po’ di incoscienza, una capacità eccezionale di alpinista, la serenità, un’ironia delicata che mai lo abbandonava. Quando gli ricordavamo che si era comportato con coraggio eccezionale e con grande umanità, lui rispondeva sempre ringraziando il Signore che gli aveva dato la forza – diceva – di comportarsi secondo  l’insegnamento evangelico di aiutare il prossimo.
Ricordava che con i suoi confratelli aveva concordato di trasmettere messaggi segreti, e l’ingenuo segreto consisteva nello scrivere testi con parole in piemontese ma usando caratteri greci: nelle vallate non c’erano molte persone che avessero studiato il greco, e i tedeschi non conoscevano il piemontese. Ricordava sorridendo che quando le camicie nere l’avevano catturato e lo bastonavano, tra sé e sé si compiaceva di avere la testa ben dura, come diceva sempre, sgridandolo, il suo maestro delle elementari. Alle camicie nere che lo torturavano chiedendogli urlando se aveva aiutato degli ebrei, ricordava la parabola del Buon Samaritano: i suoi maestri gli avevano insegnato ad amare il prossimo, non a chiedere la carta di identità.
Se qualcuno è in pericolo di vita, se qualcuno ha fame, non c’è da chiedere la carta di identità: il diritto di vivere e il bisogno di aiuto costituiscono il suo documento.
L’azione di Don Brondello contribuì allora a salvare la vita di Chaya, di Gitta e di altri innocenti braccati dai nazisti.
Ma Don Brondello fece qualcosa di ancora più grande.
Nell’ottobre del 1943 un inviato della Delasem, nel consegnargli denaro e provviste, lo pregò di ricordare alle famiglie di ebrei disperse nelle vallate che qualche giorno dopo sarebbe stato Yom Kippur. E Don Brondello rischiò di persona, girando in quelle giornate di inizio ottobre, di baita in baita, sfidando le pattuglie tedesche, perché persone a lui sconosciute, che venivano da nazioni lontane, che parlavano un’altra lingua, che professavano un’altra religione, potessero celebrare le loro feste.
Il suo comportamento di umanità e di rispetto nei confronti di stranieri disperati costituisce per tutti noi, oggi, un esempio e un insegnamento, attualissimo.
Anche per questo La ringraziamo, Don Brondello.
Chassidè ummòt ha-olàm yesh lahem cheleq le-'olàm ha-bbà
I pii delle nazioni del mondo hanno parte nel Mondo a Venire
(Tosseftà Sanhedrin 13; Maimonide, Hil. Teshuvah 3,5)

Beppe Segre, presidente Comunità ebraica di Torino
QUI ROMA
Religioni per la pace
È partita dal Campidoglio la campagna 'Sangue del tuo sangue' organizzata da Roma Capitale insieme a Croce Rossa e Religions for Peace-Italia. Scopo dell'iniziativa incentivare la donazione di sangue tra le diverse comunità religiose cittadine affinché la stessa diventi “simbolo del dialogo tra le fedi”.
Il camper di 'Sangue del tuo sangue' sarà prossimamente al Portico d'Ottavia (marzo) e presso la moschea di Roma (aprile). Presenti in Campidoglio, tra gli altri, il vescovo ausiliario di Roma Matteo Zuppi, il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici, il rabbino capo Riccardo Di Segni (nell'immagine) e il vicepresidente della Comunità Religiosa Islamica Yahya Sergio Pallavicini.

 pilpul
Ticketless - Perire in Perù
Nel “Grande dittatore” di Chaplin c’è una scena che mi commuove. Il protagonista, nei panni del Führer, pronuncia un discorso, rabbioso nella forma, in verità dolcissimo, capace di giungere, e di essere inteso dalla ragazza amata per quello che realmente è, grazie ai prodigi della radiofonia. Il tema delle radio di guerra mi appassiona da sempre. Senza sentire il bisogno di citare Roland Barthes o Leo Strauss, mi seduce l’idea che la radio trasmetta in codice, meglio della pagina scritta, un messaggio di libertà nel momento delle persecuzioni. Mi sono sempre chiesto perché nel secondo conflitto mondiale molte voci di intellettuali ebrei scegliessero di fare lo speaker in radio di esuli.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Il miracolo
Sarà presentato oggi pomeriggio, presso l’Istituto di Studi Filosofici di Napoli, un libro di sicuro interesse, che aggiunge nuovi punti di vista e nuove sollecitazioni a un dibattito che gli eventi drammatici di queste settimane e questi giorni rendono, purtroppo, sempre più attuale: “Il miracolo degli ebrei. Analisi di un mito”, di Alfredo Del Monte (Ed. Bonanno, 2014). Intenzione dell’autore, economista di fama internazionale, è quella di affrontare alcune antiche questioni collegate alla storia del popolo ebraico, e al difficile rapporto da esso intrattenuto col mondo dei gentili, sintetizzabili essenzialmente in due domande di fondo: quali sono le ragioni della straordinaria persistenza identitaria dell’ebraismo, che permette a un popolo e a una religione di sfidare i millenni, conservando sempre, al di là di evoluzioni e cambiamenti, la sua peculiare capacità di conservazione e trasmissione? E quali sono le ragioni della – anch’essa straordinaria, purtroppo – inimicizia e diffidenza, da parte del “resto del mondo”, verso il popolo mosaico, in un paradossale capovolgimento della profezia secondo cui esso avrebbe dovuto brillare come “luce per tutte le nazioni”?

Francesco Lucrezi, storico
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Humans of Israel - Tal
Vivere la visita dei campi di concentramento come guida è uno sforzo mentale e psicologico immenso. Raccontare la disumanità di ciò che si vede a ragazzi tentando di trasmettere un messaggio umano e positivo è un lavoro che richiede una preparazione unica, e tutte le volte è la stessa sfida.

Jonathan Misrachi
Lo studio delle donne
Una visita tanto inattesa quanto gradita quella di rav Shlomo Amar, domenica mattina, presso la sede del Collegio rabbinico italiano. E piacevolmente inaspettato – peraltro in una classe di Talmud che negli anni ha visto crescere costantemente la presenza femminile – anche il tema scelto per la sua lezione. In base a quale criteri, si chiede rav Amar, rabbino capo di Gerusalemme e già rabbino capo sefardita di Israele, le donne – che sono esonerate dallo studio obbligatorio della Torà in quanto mitzvà (precetto) legata a un tempo determinato – sono altresì tenute a recitare, esattamente come gli uomini, le Birkot haTorà, le benedizioni per lo studio della Torà, durante le preghiere mattutine?

Iaia Vantaggiato
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Indifferenza
C’è un filo immaginario che lega inevitabilmente alcuni eventi del passato con altri del nostro presente. Questo filo purtroppo è rappresentato da un atteggiamento d’indifferenza che è possibile riassumere con una frase: finché è l’altro a essere colpito a me non interessa. Un ingiustificato menefreghismo che purtroppo è stato il protagonista di tante tragedie della nostra storia. Toccò agli armeni, poi agli ebrei, agli zingari, agli omosessuali, passando tra le tragedie del secolo scorso, piombando inesorabilmente in un presente nel quale le lezioni del passato pare non siano servite a nulla.

Daniele Regard
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