Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
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Il
mishkan/mikdash - il tabernacolo/santuario - non è la residenza di Dio.
È - secondo una immagine ardita dell'Alter di Kelm - una sorta di naso,
che permette a tutti di percepire la presenza di Dio nel mondo.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee
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Il
concetto di ‘patrimonio culturale dell’umanità’ presume un’idea di
limite: la propria parte, è parte di una cosa alla quale anche gli
altri partecipano con ‘pari dignità’. La scena di Mosul – a parte il
culto idolatrico dell’immagine che manda in onda la distruzione delle
immagini – comunica che qualcuno pensa che quelli differenti da lui non
abbiano ‘pari dignità’, non siano degni di accedere al futuro e agisce
di conseguenza. La coerenza non sempre è una virtù.
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Lega a Casa da Pound |
IlSaluti
romani, omaggi al Duce, slogan neofascisti a scandire la manifestazione
organizzata a Roma dalla Lega Nord insieme a Casa Pound. Una saldatura,
quella tra le due forze politiche, che occupa oggi le prime pagine dei
giornali. “Per noi non esiste eccesso di legittima difesa. Se entri in
casa mia in piedi, devi sapere che puoi uscirne steso” ha affermato il
leader leghista Matteo Salvini. Su Repubblica Gad Lerner osserva: “La
folla è in visibilio, il comizio non fa rimpiangere quelli di Almirante
nella piazza del Popolo fascista di 40 anni fa”. Sul Corriere un
inquietante affresco di Fabrizio Roncone. A contrapporsi all’iniziativa
leghista una contromanifestazione partita da piazza Vittorio. “Per
arginare il pericolo salvinista – si legge sul Messaggero – si
mobilitano anche i partigiani, fazzoletto rosso e tricolore”.
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qui stoccolma
I giovani uniti contro l'odio
Una
settimana dopo il Fredens Ring, l’anello della pace di Oslo che ha
visto molti cittadini musulmani riunirsi intorno alla sinagoga della
città per proteggerla e gridare un ‘no’ alla violenza e l’antisemitismo
perpetrato dagli estremisti islamici, questa volta è Stoccolma a
diventare la protagonista di un evento analogo.
Venerdì
alla grande sinagoga vicina al memoriale del Giusto tra le nazioni
Raoul Wallenberg, insieme a centinaia persone, ha partecipato anche il
primo ministro svedese Stefan Lofven, che ha dichiarato: “Non
permetteremo mai che l’odio faccia cambiare il corso delle nostre
vite”.
Lofven ha poi concluso: “Questa di oggi è la vera Svezia”.
A
prendere la parola anche Petra Kahn Nord, segretario generale
dell’associazione svedese dei giovani ebrei: “Dalla nostra prospettiva
di ebrei europei è fondamentale avere la sensazione di non essere
soli”. Kahn aggiunge inoltre: “Questa iniziativa porta con sé un
messaggio potentissimo: abbiamo dei gruppi, non solo ebraici, di
giovani che prendono posizione contro l’antisemitismo e il razzismo.
Stiamo affrontano un periodo pieno di tristezza e paura, proprio per
questo quando l’assocazione Humanity Without Borders mi ha contattata
per organizzare l’anello della pace ho avuto la sensazione che tutto
fosse cambiato. Adesso possiamo avere speranza, sentire l’empatia degli
altri. Adesso la voce delle minoranze si è levata e promuoveremo di
nuovo la speranza e tolleranza per l’Europa e per la Svezia”.
L’evento è stato organizzato, tra gli altri, dal gruppo dei giovani
musulmani svedesi e da Young Roma, il forum europeo dei giovani che
combatte la xenofobia nei confronti dei rom, degli zingari e delle
minoranze in generale.
Il
presidente di Young Roma Emir Selimi ha spiegato: “Vogliamo dimostrare
comprensione, amore, fiducia. Al di là dell’odio che imperversa, siamo
tutti semplicemente delle persone”.
A
coordinare l’anello è stata la giovane Gul Alci dell’associazione
Humanity Without Borders che sulla propria pagina Facebook ha scritto
colma di entusiasmo: “Ieri è stato fantastico! Non posso spiegare fino
in fondo i miei sentimenti, è stato amore allo stato puro. Ieri ci
siamo riuniti senza distinzione di etnia, religione, posizione politica
o sesso. Mi tolgo il cappello di fronte alla partecipazione del primo
ministro. Siamo stati tutti insieme, abbiamo manifestato per il diritto
di vivere sicuri. L’abbiamo fatto per la Svezia. Noi non siamo contro
qualcuno, siamo anche quel qualcuno”.
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al via la settimana culturale
Lech Lechà, il Sud protagonista
Una
settimana all’insegna del vivere ebraico e della riflessione sui temi
dell’attualità, quella della terza edizione di Lech Lechà che dal 2 al
7 marzo animerà le città di Trani e Barletta. Una settimana di arte,
cultura, letteratura e sapori che per la prima volta incontrerà la
festività di Purim. A dirigere i lavori saranno Cosimo Yehuda Pagliara,
Ottavio Di Grazia e Francesco Lotoro, supportati da una commissione
scientifica che raccoglie esponenti del mondo della cultura,
dell’università e del rabbinato. Promotori dell’iniziativa sono Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane, Comunità ebraica di Napoli e Regione
Puglia. La settimana si dividerà in sette sezioni: Reshit, convegni su
ebraismo, storia ebraica e Israele; Sefarim, fiera del libro ebraico e
presentazioni con autori; Yeshiva, con tefilloth e lezioni rabbiniche
presso la sinagoga Scolanova; Il canto di Abramo, ovvero concerti,
musica e balli tradizionali; Chi è rimasto a Bottega?, pranzo e cena
casher; Yom HaShabbat, il giorno del sabato; e infine La notte
dell’ebraismo tranese, ovvero la festa di conclusione di Lech Lechà.
Tra i momenti più significativi del festival la nuova inaugurazione
della sinagoga Scolanova di Trani.
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qui torino"
Storie di famiglia (e di libertà)
Nel
suo ultimo libro, “Un mondo senza noi” (ed. Piemme), la scrittrice
italo-israeliana Manuela Dviri (nella foto) racconta la saga di due
famiglie, le sue famiglie, nel vortice delle leggi razziste e della
Shoah. L’opera è stata presentata oggi al Museo diffuso della
Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della
libertà di Torino dagli storici Claudio Vercelli e Donatella Sasso. Ai
nostri lettori proponiamo un articolo di Daniela Fubini pubblicato sul
numero di marzo in distribuzione del giornale dell’ebraismo italiano
Pagine Ebraiche.
Certe storie di famiglia restano per sempre imprigionate in vecchi
cassetti, di quelli con la chiave dorata che nessuno osa aprire. Questo
vale per le famiglie che di storie, documenti e foto alla mano, ne
hanno ancora da raccontare. Perchè poi ci sono tutte le altre, quelle
alle quali non è rimasto nulla. Deportazioni, bombardamenti, saccheggi,
incendi. Gli anni dal 1938 al 1945 non hanno risparmiato sofferenze
agli ebrei italiani. E il ritorno alla vita, pur con l’orgoglio della
Brigata Ebraica che risaliva l’Italia portando speranza agli ebrei
sopravvissuti, non fu mai un vero ritorno alle proprie vite, cambiate
per sempre in quel dopo, che non poteva dimenticare il prima, la vita
assimilata e spensierata di prima della guerra.
Manuela Dviri ha aperto quei cassetti e le storie, molte e parallele
come le parti di cui si compone la sua frastagliata famiglia, hanno
iniziato a cercarla e a trovarla.
Daniela Fubini
Pagine Ebraiche marzo 2015
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Passi silenziosi |
La
questione, ripetutamente sollevata, anche in molti interventi trascorsi
apparsi su questa newsletter, riguardo alla progressiva migrazione
degli ebrei europei verso Israele, al netto delle polemiche
estemporanee come anche delle occasionali piegature di ordine politico
ed elettorale, impone alcuni riflessioni di merito. I dati di flusso,
ma anche la dimensione strutturale dei processi in corso, è stata
abbondantemente trattata da Sergio Della Pergola con la sua abituale
perizia. Non c’è bisogno, quindi, di tornarci sopra, evitando semmai le
letture che intendono piegare in un senso o nell’altro un fenomeno i
cui lineamenti sono di per sé spuri, ossia eterogenei, partendo da
motivazioni diverse ma non necessariamente alternative o in opposizione
tra di loro. Non è fuga dinanzi ad orde barbariche alle porte della
civiltà ma non è neanche abituale prassi, alla quale rivolgersi con
un’irresponsabile scrollata di spalle. L’allarmismo, come atteggiamento
emotivo, è immotivato, se con esso si intendesse invece parlare di una
minaccia immediata e irrevocabile.
Claudio Vercelli
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Shidduchim
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Sulla
scia del successo dei programmi televisivi americani, stanno avendo un
largo consenso i reality shows che coinvolgono coppie e famiglie,
storie nelle quali spesso ci si identifica.
L’ultimo in ordine temporale è un nuovo esperimento sociale:
“Matrimonio a prima vista”, la dimostrazione che una coppia possa
diventare tale scientificamente attraverso lo studio della personalità,
dei valori e desideri.
Sei individui, stanchi dei loro rapporti superficiali, si sono rivolti
ad un team di psicologi, sessuologi e assistenti spirituali alla
ricerca dell’anima gemella.
Claudia Sermoneta
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Nugae - Settimana rosa |
Non
che la combinazione un tantino stereotipica colore rosa-prevenzione del
tumore al seno sia inedita. Ma la svolta avviene quando si rende il
tutto completamente e stupendamente kitsch. Ci è riuscita Nina Rauch,
l’ideatrice della Pink Week di Cambridge, un’iniziativa in corso in
questi giorni a cura di un gruppetto di studentesse universitarie per
fare un po’ di trambusto e raccogliere fondi per la ricerca. Nina è la
figlia di Dina Rabinovitch, che oltre a essere figlia di un famoso
rabbino è stata autrice di una rubrica sul Guardian e di un libro in
cui parlava con franchezza, lucidità e buon umore rivoluzionari della
sua battaglia contro la malattia, in seguito alla quale è deceduta nel
2007. L’anno scorso Nina ha voluto organizzare qualcosa in sua memoria,
ed è nata la prima Pink Week. Ma quest’anno quel qualcosa sta prendendo
inedite e sgargianti proporzioni, estendendosi dal suo ateneo
all’intera Cambridge, trasformando la seriosa città in parco dei
divertimenti di Barbie.
Francesca Matalon
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