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1 marzo 2015 - 10 Adar 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
Il mishkan/mikdash - il tabernacolo/santuario - non è la residenza di Dio. È - secondo una immagine ardita dell'Alter di Kelm - una sorta di naso, che permette a tutti di percepire la presenza di Dio nel mondo.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Il concetto di ‘patrimonio culturale dell’umanità’ presume un’idea di limite: la propria parte, è parte di una cosa alla quale anche gli altri partecipano con ‘pari dignità’. La scena di Mosul – a parte il culto idolatrico dell’immagine che manda in onda la distruzione delle immagini – comunica che qualcuno pensa che quelli differenti da lui non abbiano ‘pari dignità’, non siano degni di accedere al futuro e agisce di conseguenza. La coerenza non sempre è una virtù.
 
 
Lega a Casa da Pound
IlSaluti romani, omaggi al Duce, slogan neofascisti a scandire la manifestazione organizzata a Roma dalla Lega Nord insieme a Casa Pound. Una saldatura, quella tra le due forze politiche, che occupa oggi le prime pagine dei giornali. “Per noi non esiste eccesso di legittima difesa. Se entri in casa mia in piedi, devi sapere che puoi uscirne steso” ha affermato il leader leghista Matteo Salvini. Su Repubblica Gad Lerner osserva: “La folla è in visibilio, il comizio non fa rimpiangere quelli di Almirante nella piazza del Popolo fascista di 40 anni fa”. Sul Corriere un inquietante affresco di Fabrizio Roncone. A contrapporsi all’iniziativa leghista una contromanifestazione partita da piazza Vittorio. “Per arginare il pericolo salvinista – si legge sul Messaggero – si mobilitano anche i partigiani, fazzoletto rosso e tricolore”.
 
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  davar
qui stoccolma
I giovani uniti contro l'odio
Una settimana dopo il Fredens Ring, l’anello della pace di Oslo che ha visto molti cittadini musulmani riunirsi intorno alla sinagoga della città per proteggerla e gridare un ‘no’ alla violenza e l’antisemitismo perpetrato dagli estremisti islamici, questa volta è Stoccolma a diventare la protagonista di un evento analogo.

Venerdì alla grande sinagoga vicina al memoriale del Giusto tra le nazioni Raoul Wallenberg, insieme a centinaia persone, ha partecipato anche il primo ministro svedese Stefan Lofven, che ha dichiarato: “Non permetteremo mai che l’odio faccia cambiare il corso delle nostre vite”.
Lofven ha poi concluso: “Questa di oggi è la vera Svezia”.
A prendere la parola anche Petra Kahn Nord, segretario generale dell’associazione svedese dei giovani ebrei: “Dalla nostra prospettiva di ebrei europei è fondamentale avere la sensazione di non essere soli”. Kahn aggiunge inoltre: “Questa iniziativa porta con sé un messaggio potentissimo: abbiamo dei gruppi, non solo ebraici, di giovani che prendono posizione contro l’antisemitismo e il razzismo. Stiamo affrontano un periodo pieno di tristezza e paura, proprio per questo quando l’assocazione Humanity Without Borders mi ha contattata per organizzare l’anello della pace ho avuto la sensazione che tutto fosse cambiato. Adesso possiamo avere speranza, sentire l’empatia degli altri. Adesso la voce delle minoranze si è levata e promuoveremo di nuovo la speranza e tolleranza per l’Europa e per la Svezia”.
L’evento è stato organizzato, tra gli altri, dal gruppo dei giovani musulmani svedesi e da Young Roma, il forum europeo dei giovani che combatte la xenofobia nei confronti dei rom, degli zingari e delle minoranze in generale.
Il presidente di Young Roma Emir Selimi ha spiegato: “Vogliamo dimostrare comprensione, amore, fiducia. Al di là dell’odio che imperversa, siamo tutti semplicemente delle persone”.
A coordinare l’anello è stata la giovane Gul Alci dell’associazione Humanity Without Borders che sulla propria pagina Facebook ha scritto colma di entusiasmo: “Ieri è stato fantastico! Non posso spiegare fino in fondo i miei sentimenti, è stato amore allo stato puro. Ieri ci siamo riuniti senza distinzione di etnia, religione, posizione politica o sesso. Mi tolgo il cappello di fronte alla partecipazione del primo ministro. Siamo stati tutti insieme, abbiamo manifestato per il diritto di vivere sicuri. L’abbiamo fatto per la Svezia. Noi non siamo contro qualcuno, siamo anche quel qualcuno”.


al via la settimana culturale
Lech Lechà, il Sud protagonista
Una settimana all’insegna del vivere ebraico e della riflessione sui temi dell’attualità, quella della terza edizione di Lech Lechà che dal 2 al 7 marzo animerà le città di Trani e Barletta. Una settimana di arte, cultura, letteratura e sapori che per la prima volta incontrerà la festività di Purim. A dirigere i lavori saranno Cosimo Yehuda Pagliara, Ottavio Di Grazia e Francesco Lotoro, supportati da una commissione scientifica che raccoglie esponenti del mondo della cultura, dell’università e del rabbinato. Promotori dell’iniziativa sono Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Comunità ebraica di Napoli e Regione Puglia. La settimana si dividerà in sette sezioni: Reshit, convegni su ebraismo, storia ebraica e Israele; Sefarim, fiera del libro ebraico e presentazioni con autori; Yeshiva, con tefilloth e lezioni rabbiniche presso la sinagoga Scolanova; Il canto di Abramo, ovvero concerti, musica e balli tradizionali; Chi è rimasto a Bottega?, pranzo e cena casher; Yom HaShabbat, il giorno del sabato; e infine La notte dell’ebraismo tranese, ovvero la festa di conclusione di Lech Lechà. Tra i momenti più significativi del festival la nuova inaugurazione della sinagoga Scolanova di Trani.
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qui roma - melamed
 Il grande racconto di Purim
Un assaggio dell’imminente festa di Purim ha accolto i tanti piccoli ospiti che hanno affollato il centro ebraico il Pitigliani di Roma. Maschere, dolcetti, sfilate e giochi di gruppo per ricordare la festa dell’inversione delle sorti: la storia degli ebrei dell’antica Persia che, condannati ad essere perseguitati dal perfido Aman, si salvarono miracolosamente grazie alla regina Ester e al suo saggio e giusto zio Mordechai. Così ad essere vittima del suo piano malvagio fu lo stesso Aman. Attraverso giochi e attività manuali gli educatori hanno spiegato ai bambini il significato, i dinim e le tradizioni legate a Purim.
qui torino"
Storie di famiglia (e di libertà)
Nel suo ultimo libro, “Un mondo senza noi” (ed. Piemme), la scrittrice italo-israeliana Manuela Dviri (nella foto) racconta la saga di due famiglie, le sue famiglie, nel vortice delle leggi razziste e della Shoah. L’opera è stata presentata oggi al Museo diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della libertà di Torino dagli storici Claudio Vercelli e Donatella Sasso. Ai nostri lettori proponiamo un articolo di Daniela Fubini pubblicato sul numero di marzo in distribuzione del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche.

Certe storie di famiglia restano per sempre imprigionate in vecchi cassetti, di quelli con la chiave dorata che nessuno osa aprire. Questo vale per le famiglie che di storie, documenti e foto alla mano, ne hanno ancora da raccontare. Perchè poi ci sono tutte le altre, quelle alle quali non è rimasto nulla. Deportazioni, bombardamenti, saccheggi, incendi. Gli anni dal 1938 al 1945 non hanno risparmiato sofferenze agli ebrei italiani. E il ritorno alla vita, pur con l’orgoglio della Brigata Ebraica che risaliva l’Italia portando speranza agli ebrei sopravvissuti, non fu mai un vero ritorno alle proprie vite, cambiate per sempre in quel dopo, che non poteva dimenticare il prima, la vita assimilata e spensierata di prima della guerra.
Manuela Dviri ha aperto quei cassetti e le storie, molte e parallele come le parti di cui si compone la sua frastagliata famiglia, hanno iniziato a cercarla e a trovarla.

Daniela Fubini


Pagine Ebraiche marzo 2015
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pilpul
Passi silenziosi
La questione, ripetutamente sollevata, anche in molti interventi trascorsi apparsi su questa newsletter, riguardo alla progressiva migrazione degli ebrei europei verso Israele, al netto delle polemiche estemporanee come anche delle occasionali piegature di ordine politico ed elettorale, impone alcuni riflessioni di merito. I dati di flusso, ma anche la dimensione strutturale dei processi in corso, è stata abbondantemente trattata da Sergio Della Pergola con la sua abituale perizia. Non c’è bisogno, quindi, di tornarci sopra, evitando semmai le letture che intendono piegare in un senso o nell’altro un fenomeno i cui lineamenti sono di per sé spuri, ossia eterogenei, partendo da motivazioni diverse ma non necessariamente alternative o in opposizione tra di loro. Non è fuga dinanzi ad orde barbariche alle porte della civiltà ma non è neanche abituale prassi, alla quale rivolgersi con un’irresponsabile scrollata di spalle. L’allarmismo, come atteggiamento emotivo, è immotivato, se con esso si intendesse invece parlare di una minaccia immediata e irrevocabile.

Claudio Vercelli
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Shidduchim
Sulla scia del successo dei programmi televisivi americani, stanno avendo un largo consenso i reality shows che coinvolgono coppie e famiglie, storie nelle quali spesso ci si identifica.
L’ultimo in ordine temporale è un nuovo esperimento sociale: “Matrimonio a prima vista”, la dimostrazione che una coppia possa diventare tale scientificamente attraverso lo studio della personalità, dei valori e desideri.
Sei individui, stanchi dei loro rapporti superficiali, si sono rivolti ad un team di psicologi, sessuologi e assistenti spirituali alla ricerca dell’anima gemella.


Claudia Sermoneta
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Nugae - Settimana rosa
Non che la combinazione un tantino stereotipica colore rosa-prevenzione del tumore al seno sia inedita. Ma la svolta avviene quando si rende il tutto completamente e stupendamente kitsch. Ci è riuscita Nina Rauch, l’ideatrice della Pink Week di Cambridge, un’iniziativa in corso in questi giorni a cura di un gruppetto di studentesse universitarie per fare un po’ di trambusto e raccogliere fondi per la ricerca. Nina è la figlia di Dina Rabinovitch, che oltre a essere figlia di un famoso rabbino è stata autrice di una rubrica sul Guardian e di un libro in cui parlava con franchezza, lucidità e buon umore rivoluzionari della sua battaglia contro la malattia, in seguito alla quale è deceduta nel 2007. L’anno scorso Nina ha voluto organizzare qualcosa in sua memoria, ed è nata la prima Pink Week. Ma quest’anno quel qualcosa sta prendendo inedite e sgargianti proporzioni, estendendosi dal suo ateneo all’intera Cambridge, trasformando la seriosa città in parco dei divertimenti di Barbie.

Francesca Matalon
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