David
Sciunnach,
rabbino
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”
… Ciascuno di loro darà al Signore il riscatto della propria persona …”
(Shemòt 30, 12). Rabbenu Yakòv ben Ashèr, conosciuto per la sua opera
come Baal ha-Turim, ci fa notare che la parola ‘venatnù’ – ‘darà’, può
essere letta da entrambe i lati. La Torah ci sta dicendo che qualsiasi
importo un’uomo dia in tzedakà – beneficenza, gli tornerà in dietro.
Nessuno subisce una perdita permanente dall’aiutare il prossimo.
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David
Assael,
ricercatore
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Speriamo,
almeno, che il discorso di Bibi al Congresso statunitense lo aiuti a
risollevare i sondaggi casalinghi, perché, per il resto, verrà
ricordato per la sua inutilità e per la portata biecamente
propagandistica.
Ad una simile strumentalizzazione della politica estera a fini interni
era giunto solo Silvio Berlusconi, e non è un precedente lusinghiero.
Resta, comunque, un punto, che, al di là dell’evidente propaganda, non
ci stancheremo mai di ribadire: l’atomica all’Iran sarebbe una jattura
globale di cui il mondo non ha alcun bisogno. Impossibile dare il
consenso ad un Paese che ogni mattina minaccia di disintegrare un
prorpio vicino di casa, davvero assurdo.
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Il discorso di Netanyahu
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No
a un accordo con l’Iran sul nucleare. Tra applausi e assenze pesanti,
il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu ha ribadito ieri al
Congresso degli Stati Uniti (sul Foglio ampi stralci del suo discorso)
la sua posizione e ha lanciato un messaggio chiaro all’amministrazione
del presidente Barack Obama: le trattative in corso con Teheran sono un
errore e porteranno l’Iran ad ottenere la bomba nucleare, minacciando
il mondo intero. Obama, come riporta Guido Olimpio sul Corriere della
Sera, non ha guardato il discorso nemmeno in tv: “Nulla di nuovo,
Netanyahu non ha proposto alternative”, la presa di posizione del
leader dei democratici. I repubblicani invece hanno apprezzato e molto:
ventitré standing ovation da parte dei presenti, ricorda sul Giornale
Fiamma Nirenstein che sottolinea come l’obiettivo di Netanyahu fosse
portare il Congresso americano a porre il veto su un eventuale accordo
con l’Iran (sono necessari i due terzi delle Camere). E secondo
Giuliano Ferrara (Il Foglio) “Bibi” è riuscito nel suo intento,
mettendo nei guai Obama. Su Repubblica, Federico Rampini parla di “un
leader straniero che occupa il Congresso degli Stati Uniti come
palcoscenico per la campagna elettorale di casa sua, attaccando il
governo del Paese che lo ospita”, ricordando come in Israele siano
prossime le elezioni (17 marzo). Rampini cita l’irritazione del
conservatore Robert Kagan, autorevole analista di affari
internazionali, che si domanda “Che cosa è venuto a dirci Netanyahu,
che non sapessimo già?”. Per James Traub, docente alla New York
University (intervistato da Repubblica), si tratta di una manovra
elettorale e definisce l’intervento del premier israeliano un insulto
alla competenza dei negoziatori americani ma “irrilevante”, se non a
inimicarsi molti democratici. D’accordo sul fatto che l’intervento in
Campidoglio porterà voti a Netanyahu, Daniel Pipes, presidente del
Middle East Forum (intervistato da Repubblica) ma diversa
l’interpretazione degli effetti sul negoziato. Per Pipes l’appello di
Netanyahu ha smontato l’accordo iraniano e potrebbe portare il
Congresso a votare nuove sanzioni contro Teheran.
Italia, antisemitismo sotto osservazione. “In due mesi il numero delle
denunce per episodi di intolleranza nei confronti delle comunità
ebraiche è triplicato: insulti sul web, scritte offensive sui muri,
profili negazionisti su Facebook, striscioni deliranti negli stadi”,
scrive Repubblica riportando la preoccupazione dell’Osservatorio
antisemitismo per la situazione del pregiudizio antisemita nel nostro
paese, definito comunque “un’isola felice” rispetto ad altri paesi
europei. “In Europa la situazione è particolarmente allarmante- spiega
a Repubblica Alessandro Ruben, consigliere speciale dell’European
Jewish Congress — e per questo dopo gli attentati di Parigi il nostro
presidente Moshe Kantor ha chiesto alla Ue una task force contro
l’antisemitismo che punti sull’istruzione e la sicurezza”. Anche
Washington ha avvisato l’Europa rispetto al pericolo di nuovi episodi
di violenza come in Francia e a Copenaghen.
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PURIM 2015 - LA LEZIONE DEL RAV SACKS
Quando la gioia è terapeutica
La
festa di Purim è alle porte, l’ultima corsa per la ricerca della
maschera più originale è iniziata. Stasera le sinagoghe del mondo
intero si riempiranno per leggere la meghillah di Ester, il libro che
ripercorre le vicende degli ebrei di Persia che, perseguitati da Aman
(il prototipo ante litteram dell’antisemita doc), si salvarono grazie
al sacrificio della regina Ester e di suo zio Mordechai.
Si celebra con gioia, cibo e vino la salvezza e il gioco delle sorti:
la fine che Aman aveva previsto per gli odiati ebrei di Susa ricadde su
di lui e per ricordarlo ci si allontana dalla routine e si indossano
vesti altrui. A diventare protagoniste indiscusse della lettura della
Meghillah saranno le raganelle, pronte a scatenare rumori ogni volta
che il nome di Aman verrà pronunciato.
Perché la gioia contraddistingue proprio Purim? A rispondere è il rav
Jonathan Sacks, ex rabbino capo del Commonwealth e autorità
dell’ebraismo modiale, con una nuova lezione: “Il Talmud – spiega –
insegna che durante tutta la durata di Adar, il mese ebraico in cui
cade Purim, bisogna aumentare gradualmente la gioia. Ma perché la
simcha, la gioia, deve durare un mese intero se gli eventi che andiamo
a celebrare si svolsero in tre giorni, dal 13 al 15 di Adar? Capiamo
bene perché gli ebrei di quel tempo provassero gioia; il decreto che li
condannava a morte era caduto e i nemici puniti, l’euforia era alle
stelle”.
“Ma perché – prosegue il rav – questa gioia deve essere perpetua mentre
ricordiamo questi eventi? Quello che si celebra infatti è la non
riuscita del primo genocidio del popolo ebraico (il secondo se si conta
anche il decreto del faraone ai tempi di Mosè che prevedeva l’uccisione
dei neonati maschi). Ma siamo sicuri che la gioia sia l’emozione giusta
da provare? Non dovrebbe essere più che altro il senso di sollievo?”.
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dafdaf - le ricette per purim
I montini, dolcezza triestina
Ogni
comunità ha le sue tradizioni, che possono variare in maniera
considerevole anche nell’arco di pochi chilometri. Se poi si tratta di
cucina spesso le ricette cambiano addirittura da una famiglia
all’altra. La forza della minoranza ebraica italiana, la sua
straordinaria varietà, il passato glorioso che possono vantare gli
ebrei della penisola passano anche e con grande vitalità dal cibo, che
per ogni festa ha sue caratteristiche peculiari, legate alla
ricorrenza, alla stagione, ai significati profondi che vengono
ricordati nelle sinagoghe e nelle case. E che è oggetto di discussioni
appassionate. E cucinare insieme ai bambini è spesso uno strumento
potente di trasmissione di una identità che si declina nelle mille
variazioni delle ricette tipiche dell’ebraismo italiano.
È bello allora raccontare come DafDaf, il giornale ebraico dei bambini
che ha dedicato diverse pagine del numero in distribuzione in questi
giorni a Purim abbia provocato una piccola e sorridente discussione fra
Dora Fiandra, maestra della scuola di Trieste che ha trovato il tempo
di far cucinare i dolci di Purim ai suoi allievi e Benedetta Guetta del
blog labna.it, che i lettori di DafDaf conoscono come Jasmine, autrice
di ricette sempre molto apprezzate dai piccoli lettori e dalle loro
famiglie.
L’oggetto del contendere sono i montini, dolcetti tipici di Purim che
vengono preparati a Trieste. Riproponiamo le pagine di DafDaf e lo
scambio che ha provocato, un’occasione per conoscere la versione “vera”
della ricetta triestina, e per scoprire come proprio le cucine degli
ebrei italiani siano luoghi di passione, dove vengono tramandate
tradizioni secolari e dove l’identità ebraica si afferma con gioia e
vigore.
Ada Treves
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LECH LECHà 2015
Trani, la sinagoga in festa
Un
folto pubblico ha accolto ieri a Trani la riapertura della sinagoga
Scolanova dopo un intenso lavoro di restauro avviato nel settembre del
2014. Costruita nel 13esimo secolo, espropriata con la forza dalla
Chiesa nel Medioevo, tornata all’uso originale soltanto nel 2005, la
Scolanova costituisce oggi il fulcro della vita ebraica tranese e
racchiude le molte suggestioni dell’antico quartiere della Giudecca. Ad
animare l’evento, momento centrale della seconda giornata del festival
di cultura ebraica Lech Lechà in svolgimento nelle città di Trani e
Barletta, il rabbino capo di Napoli Umberto Piperno, il presidente
della Comunità ebraica partenopea Pierluigi Campagnano, il refente
comunitario per la Puglia Cosimo Yehuda Pagliara, il rabbino capo di
Venezia Scialom Bahbout, i rappresentanti delle istituzioni locali. Tra
i numerosi ospiti accorsi in sinagoga l’ambasciatore statunitense in
Italia John Phillips e il console generale Colombia Barrose.
La terza giornata del festival, promosso da Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane, Comunità ebraica di Napoli e Regione Puglia, prevede
oggi altre occasioni di incontro dedicate a giornalismo, letteratura,
temi della contemporaneità. Tra gli ospiti il coordinatore dei
dipartimenti Informazione e Cultura UCEI Guido Vitale, che oggi a Trani
interverrà all’interno delle sessioni “Parigi 9 gennaio 2015 e la
geopolitica di un nuovo antisemitismo” e “Giornalismo italiano e Stato
di Israele; cronaca, riflessione e pregiudizio”.
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qui milano
L'insegnamento dei Giusti
II
valore positivo e pedagogico dei Giusti, di chi scelse e ancora oggi
sceglie di lottare contro le atrocità, contro le oppressioni e i
genocidi. O per dirla come Gabriele Nissim, presidente di Gariwo - Il
Giardino dei Giusti, “eroi che insegnano ai nostri figli il gusto della
libertà e della responsabilità”. E attorno a questa idea gravita il
tema scelto quest'anno per la Giornata europea dei Giusti, che si
celebrerà il prossimo 6 marzo: “Ieri e oggi, i Giusti sempre
necessari”, il titolo dell'edizione 2015, apertasi ieri a Milano con la
conferenza “La memoria del Bene e l’educazione alla Responsabilità”,
organizzato da Gariwo assieme al corpo consolare di Milano e Lombardia
e svoltasi sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e il
patrocinio del Senato e della Camera. All'incontro, preambolo delle
celebrazioni milanesi di venerdì al Monte Stella con la piantumazione
di sei nuovi alberi in ricordo di altrettanti Giusti, sono intervenuti
al fianco di Gabriele Nissim, il segretario generale del ministero
degli Esteri Michele Valensise e il direttore del Corriere della Sera
Ferruccio de Bortoli, moderati dal giornalista Antonio Ferrari. Ad
aprire l'appuntamento di Palazzo Cusani, i saluti tra gli altri del
sindaco di Milano Giuliano Pisapia e il presidente della Regione
Lombardia Roberto Maroni.
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il MARKETING del Politically correct
Dillo con Nutella, ma stai cauto
“Dillo
con Nutella!” è l’ultima campagna lanciata dal marketing della crema al
cioccolato e nocciola più famosa di tutti i tempi: ogni barattolo si
può personalizzare con le parole più disparate. Chiunque può scrivere
una parola o messaggio, postarlo sui social e poi vederlo riprodotto
sul barattolo (hashtag su Twitter #nutellaseitu). Una idea che però è
stata limitata da una severa censura: niente offese, turpiloqui o
riferimenti sessuali. Proibite inoltre parole come ebreo e musulmano
(resta però un mistero perché il termine ‘cristiano’ sia permesso e
anche ‘gay’ mentre ‘lesbica’ sia stato proibito). Il veto tocca i temi
e le questioni più disparate: dall’utilizzo di nomi grotteschi come
quello di Hitler, a parole come ‘cancro’, ‘obesità’, ‘diabete’ e
perfino ‘olio di palma’, il mitico ingrediente segreto che renderebbe
il sapore della Nutella diverso da altre creme spalmabili. Il sito
francese rtl spiega infatti che provando a digitare i termini vietati
si riceve una segnalazione dell’errore con su scritto “ll tuo messaggio
contiene una parola non conforme per le condizioni di utilizzo
Nutella”. La lista nera, ha dichiarato la stessa Ferrero, produttrice
della Nutella, è stata stilata per evitare che determinati concetti
vengano utilizzati per sferrare attacchi a comunità e religioni.
Intanto però il web risponde prontamente con gruppi sui social network
con titoli come “I nomi che non troverai mai su Nutella”. Leggi
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Ticketless
- Lezione prima |
In
questo periodo trascorro molte ore a riordinare vecchi libri. Un
esercizio, che un tempo facevo frequentemente. Come ginnastica aiuta,
ma talora deprime, perché smaschera il rincretinimento senile (scopri
di aver comprato un libro che possedevi già, di averne prestato un
secondo, ma non ti ricordi a chi, di aver dimenticato di citarne un
terzo in un lavoro che da quella citazione avrebbe tratto giovamento e
così via).
Ieri è finito sotto i miei occhi increduli un libretto in uso negli asili israelitici ancora alla vigilia del 1938.
Schermata 03-2457086 alle 11.23.12In altre comunità non so, in Piemonte
aveva ottima circolazione perché fatto bene; ancora oggi secondo me
potrebbe venire utile nelle scuole ebraiche.
Alberto Cavaglion
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Periscopio
- La Shoah in Croazia |
Come
avevamo annunciato su questo notiziario, lo scorso 12 febbraio, è stato
dato alle stampe, per i tipi dell’Editore Tullio Pironti di Napoli, un
libro di straordinario valore storico e umano, che getta un fascio di
luce su una delle pagine più tenebrose della Seconda Guerra Mondiale,
fino ad oggi trascurata dalla pur imponente ricerca storiografica
sull’epoca: mi riferisco alle Memorie sulla Shoah in Croazia. Le
testimonianze dirette dei sopravvissuti, di Paul Schreiner, a cura di
Suzana Glavaš.
Non si può non essere grati, per questa iniziativa, all’Editore – una
delle poche voci coraggiose e indipendenti della Campania, a cui questa
terra deve molto sul piano della difesa e promozione della cultura e
dello spirito critico -, alla curatrice – docente di lingua e
letteratura croata, nonché nota poetessa e promotrice culturale – e,
soprattutto, all’autore – oggi apprezzato ceramista, uno degli ultimi
testimoni diretti dell’orrore nazifascista -, per il quale, certamente,
la pubblicazione del libro deve avere rappresentato la riemersione di
un dolore infinito, con il quale ha dovuto convivere per più di 70
lunghi anni.
Francesco Lucrezi, storico
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I Giusti |
Ci sono persone che entrano nelle nostre vite per caso o forse è meglio chiamarlo destino.
Oggi vi racconto la storia di Gino ed Esterina Scarlatti.
Se sono qui oggi, lo devo anche a loro.
Pochi giorni prima della deportazione degli ebrei di Roma il 16 ottobre
1943, Mario e Elena Della Torre (i miei bisnonni) decisero di
nascondersi con la figlia Rossana (mia nonna) e il figlio Giacomo, per
paura delle persecuzioni nazi-fasciste.
Lasciarono la loro casa e si separano: Mario nascosto nel magazzino del
suo negozio, i bambini ed Elena a casa di un amico. Dopo pochi giorni,
Mario cominciò a temere che quel posto non fosse abbastanza sicuro per
la propria famiglia e decise di cercare un rifugio migliore.
Per caso, incontrò il suo conoscente Gino Scarlatti, impiegato in una
società di sigarette, che gestiva anche un piccolo laboratorio di
rilegatura proprio sotto il suo appartamento.
Daniele M. Regard
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