Elia Richetti,
rabbino
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Nel
narrare le offerte che ogni ebreo ha portato per la costruzione ed il
montaggio del Mishkàn, il Tabernacolo mobile, la Torà riferisce che
“Weha-mela’khà hayethà dayyàm le-khol ha-mela’khà la-‘assòth othàh
we-hothèr”, “il materiale era sufficiente per tutta l’opera per
realizzarla, e ne avanzava”. In questa affermazione è nascosta una
contraddizione: o il materiale era sufficiente, ossia nel quantitativo
giusto, non poteva avanzarne; e viceversa, se avanzava, non poteva
essere solo sufficiente.
Alcuni Maestri risolvono questa contraddizione facendo un’importante
considerazione, che a mio avviso potrebbe essere applicata anche ai
giorni nostri e nelle nostre Comunità, con riferimento al nostro
rapporto con le istituzioni ebraiche.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Fra
cinque giorni si vota in Israele e gli elettori sono esausti per le
troppe elezioni. Per due volte in due anni il primo ministro Benjamin
Netanyahu non è riuscito a far passare il Bilancio dello stato, e con
lo scioglimento anticipato del parlamento ha gettato il paese nel caos.
In Israele si alternano ormai un anno necessario allo scioglimento
della Knesset e del governo, alle elezioni, alle consultazioni
presidenziali, e alla ricostituzione di un governo, e un altro anno
durante il quale si cerca di governare già con un occhio al prossimo
scioglimento e alle prossime elezioni. La conseguenza principale è che
da diversi anni in Israele non esiste un vero e proprio governo, e per
circa la metà del tempo – in assenza di potere legislativo e esecutivo
– abbiamo un singolo conduttore che governa il paese da solo a
piacimento assecondato dalla sua corte.
La preoccupante mancanza di governabilità in Israele, che ricorda da
vicino quella della prima repubblica italiana, è ritenuta da molti una
conseguenza inevitabile della multiforme stratificazione demografica
del Paese. Questa crea risultati elettorali prevedibili ma
incontrollabili. Ma esiste anche un altro fattore importante che invece
può essere controllato, ed è il metodo elettorale anacronistico che gli
israeliani continuano con estremo masochismo a infliggere a se stessi.
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Expo, parla Libeskind:
"Ecco il mio progetto"
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Tra
i protagonisti dell’Expo, l’architetto di fama internazionale Daniel
Libeskind – padre tra gli altri del Memoriale di Ground Zero e del
Museo ebraico di Berlino – interviene oggi sul Corriere per raccontare
i suoi progetti e il suo rapporto con la città di Milano. “Milano sta
cambiando in fretta e vederla crescere, per me che la amo con gli occhi
di uno straniero, credetemi è bellissimo” scrive Libeskind.
L’Isis perde Tikrit, riconquistata ieri dalle truppe irachene
appoggiate dalle milizie sciite e dall’Iran. Il prossimo obiettivo sarà
Mosul. Scrive Lorenzo Cremonesi (Corriere): “L’entrata in forze ieri
mattina dell’esercito iracheno, assieme alle milizie sciite e ai corpi
scelti dei pasdaran iraniani, nella città simbolo del vecchio partito
Baathista di Saddam Hussein, la culla del mitico Saladino e patria
delle tradizionali tribù sunnite, ha un significato molto chiaro per i
nuovi vincitori e costituisce un monito per i vinti: l’offensiva è
destinata a continuare”. Ancora scolpita nella menti di molti l’orrenda
immagine del boia bambino al servizio del Califfato. Un’immagine su cui
riflette oggi Adriano Sofri su Repubblica descrivendo “l’innocenza
armata dei bambini terroristi”.
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j-ciak
Frammenti di "Suite francese"
Se
avete amato il libro, il film potrebbe deludervi. Ma se del libro non
sapete nulla, rischiate di restare ancora più delusi. La situazione
(alla “Comma 22”) strapperebbe un sorriso a Irène Némirovsky,
scrittrice acuta e di talento, personaggio controverso, penna pungente
e spesso caustica. Dal suo “Suite francese” – che ritrae la Francia
sotto l’occupazione nazista - è stato tratto un film dal medesimo
titolo, diretto da Saul Dibb, da oggi nelle sale italiane. Ma sul
grande schermo vedremo appena un frammento di quel romanzo immenso,
ritrovato sessant’anni dopo dalle figlie fra le carte della madre,
morta ad Auschwitz, e pubblicato con successo nel 2004.
Di quell’opera fluviale il cinema ci rimanda appena una storia d’amore.
È l’estate del 1940. Lei è Lucille Angellier (Michelle Williams), che
in attesa di notizie dal marito prigioniero di guerra deve vivere in
una cittadina nei pressi di Parigi assieme a una suocera prepotente e
meschina (Kristin Scott Thomas). Lui è il comandante tedesco Bruno Falk
(Matthias Schoenaerts), che con i suoi uomini occupa la città e finisce
per installarsi nella casa delle due donne. Dopo le iniziali reazioni
di rifiuto, Lucille inizia a provare un sentimento nuovo per il
raffinato ufficiale, con tutto ciò che questo finirà per provocare.
Daniela Gross
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Setirot
- Lech Lechà |
La
suggestione provata durante la cerimonia di riapertura dopo i lavori di
restauro dell’antica sinagoga Scolanova di Trani. Le parole e i
pensieri stimolanti ascoltati nei giorni della terza edizione di Lech
Lechà dedicata quest’anno a Purìm. La commozione nel seguire la
Meghillat Ester in un’atmosfera totalmente differente da quella a cui
sono abituato. Una comunità ebraica rinata da soli dieci anni emoziona,
appassiona trovarsi nel cuore di un ebraismo dal passato glorioso e dal
presente tenace. Sensazioni profonde e importanti. Grazie a chi ha
voluto tutto questo, un grazie sentito, non formale ai rabbanim Umberto
Piperno e Scialom Bahbout e all’anima di Lech Lechà, Francesco Lotoro.
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Stefano Jesurum, giornalista
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Time
out - La scelta giusta |
Le
elezioni in Israele sono vicine ed è inutile ormai fare pronostici su
chi vincerà. Nell’attesa di capire ci governerà lo Stato ebraico nei
prossimi anni, noi ebrei della Diaspora potremmo iniziare un nuovo
gioco: evitare di tifare come ultras per la vittoria di un partito o di
un altro. Sebbene ragionevole sperare che prevalga una determinata
linea, abbiamo già tanti problemi per cui non è necessario dividerci
anche per una battaglia che non ci appartiene completamente. Per questo
seguiamo con attenzione ciò che succederà, certi che i nostri fratelli
in Israele sapranno fare la scelta più giusta.
Daniel Funaro
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Humans of Israel - Joshua
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“Mio
padre è stato il segretario del movimento ‘Beitar’ quando vivevamo in
Australia. All’epoca eravamo molto attivi nelle scuole ebraiche poichè
era semplice far combaciare entrambe
le attività, dati gli interessi comuni: l’esaltazione dell’identità
ebraica e la realizzazione completa dell’ideale sionista. Settimana
prossima vado alle urne per la prima volta, e penso che voterò Likud poiché Netanyahu rappresenta l’unica figura di riferimento che enfatizza incondizionatamente la sicurezza nazionale e l’importanza della forza militare. La sua storia e il suo carattere
esprimono il coraggio e la sfacciataggine che simboleggiano il popolo
ebraico. O, almeno, quello che io voglio che il popolo ebraico sia!". |
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