Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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La
puntigliosa e precisa lista dei materiali impiegati per la costruzione
del Miskan viene offerta da Moshè al popolo nel rendiconto della
parashà di Pekudè. Perché il servo di Dio Moshè sente questo bisogno di
precisione e trasparenza? Qualcuno sospetta del suo operato? Certo che
no, ma sono state usate offerte pubbliche e pubblicamente vanno
rendicontato: il popolo deve sapere l’uso dei suoi doni. È così ironico
leggere questo brano biblico lo Shabbat prima delle elezioni politiche
israeliane. Così ironico e così tanto ebraico.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Come
giustamente sottolineava Anna Foa in un post di qualche settimana fa,
l'appello degli antropologi italiani per eliminare la parola razza
dalla legislazione e dalla costituzione italiana andrebbe supportato
con convinzione. Questa strada è già stata percorsa con successo in
Francia nel 2013 e sostenere questa idea rappresenta un segno di
civiltà necessario prima che urgente. Le parole, il loro significato,
accompagnano la costruzione e la legittimazione di pratiche sociali e
politiche impresentabili, e togliere questo concetto dalle leggi e
dalla nostra Costituzione sarebbe un gesto di grande maturità civile.
Naturalmente non potrà accadere che il crescente fenomeno del razzismo
in Italia e in Europa venga turbato da una semplice riformulazione del
dettato costituzionale. Sono ben più gravi e drammatiche le radici
della tragica diffusione di espressioni e idee politiche che
stupidamente immaginavamo sepolte. Ma il compito del legislatore è
quello di indicare una strada di cambiamento, e dar seguito a questo
appello con un effettivo provvedimento (magari votato da tutti, dico
tutti quelli che non praticano il razzismo come palestra di demagogia
politica) segnerebbe un avanzamento del nostro sistema democratico. Una
sua maturazione.
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Israele verso il voto
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Pochi
giorni e Israele andrà al voto. Gli ultimi sondaggi danno il
centrosinistra guidato da Yitzhak Herzog e Tzipi Livni in forte ascesa,
con tre o quattro seggi di vantaggio sul Likud di Benjamin Netanyahu.
Proprio a favore dei primi è sceso in campo ieri l’ex presidente della
Repubblica Shimon Peres, mentre la squadra del premier denuncia “un
complotto internazionale” che sarebbe orchestrato ai danni di Bibi.
Sulla Stampa un’analisi di Maurizio Molinari.
Dipinge intanto un quadro a tinte fosche Repubblica secondo cui “dopo
cinque anni di paralisi del processo di pace nessuno parla del problema
palestinese, né della sorte di Gerusalemme, né dei territori occupati,
né si affronta sul serio il conflitto interno tra laici e religiosi”.
La Stampa ospita anche una riflessione dello scrittore Abraham Yehoshua
sullo storico rapporto di amicizia tra Israele e Stati Uniti e sui
vantaggi ma anche sugli svantaggi che questo comporterebbe. A originare
la riflessione il recente discorso di Netanyahu al Congresso di
Washington.
Sul Corriere una velenosa risposta di Sergio Romano a un lettore a
proposito di antisemitismo, identificazione degli ebrei della Diaspora
con Israele, erosione di consensi dello Stato ebraico nell’opinione
pubblica.
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iSRAELe
Al voto con molte incognite
A
prescindere da come andranno le imminenti elezioni in Israele (si vota
il 17 marzo), una cosa è sicura, nessuno ne uscirà veramente vincitore.
È vero che le proiezioni danno in vantaggio l'Unione sionista, la
compagine che unisce la sinistra laburista ai centristi di Hatnua, ma
25 seggi sono ben lontani dai 61 necessari per avere la maggioranza
alla Knesset e per formare una coalizione di governo. Il presidente
israeliano Reuven Rivlin ha già avvisato i contendenti: non affiderò
necessariamente le chiavi di un governo alla formazione che otterrà più
voti, ha sottolineato il presidente, ma a quella che riuscirà a
presentare una maggioranza stabile. E la stabilità, complice un sistema
elettorale che porta alla parcellizzazione del voto, non è la
caratteristica degli ultimi governi israeliani. Negli ultimi vent'anni
quasi ogni due anni gli israeliani sono tornati alle urne e il rischio,
come sottolineava su queste pagine Sergio Della Pergola, demografo e
autorevole analista della politica israeliana, è che il problema si
riproponga anche questa volta.
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La forza della democrazia |
Ho
notato che quasi sempre chi critica Israele ignora o nega la vivacità
del confronto politico al suo interno e l’esistenza di posizioni
variegate in molti ambiti. Per questo quando discuto su Israele cerco
sempre di far capire che gli israeliani non sono un’entità unica e non
pensano tutti la stessa cosa. Perché Israele è un Paese democratico,
non una sorta di dittatura militare o di teocrazia come i suoi
detrattori tentano di far credere. Mi sorprende, dunque, che talvolta
alcuni sembrino ritenere che una difesa efficace di Israele stia nella
compattezza, nel parlare con una voce sola, appiattita sulle posizioni
del governo israeliano in carica in quel momento.
Anna Segre, insegnante
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Genocidio culturale |
Un
“genocidio culturale”. Con queste parole l’Unesco ha condannato la
devastazione del patrimonio culturale in territorio iracheno e siriano
da parte dell’Is. Il museo archeologico di Mosul, la città assira di
Nimrud, la città seleucide di Hatra, ma anche chiese nestoriane,
moschee millenarie – come la moschea del profeta Yunus, sempre a Mosul
– mausolei e biblioteche. Esse sono purtroppo una piccola parte
di quell’eredità che sta scomparendo definitivamente in quella che era
la culla delle civiltà mesopotamiche, una ricchezza appartenente di
diritto alle popolazioni locali e alla loro identità culturale, così
come all’umanità intera.
Francesco Moises Bassano, studente
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Humans of Israel - Sofia |
“Era
nei salotti delle nostre case tutti i venerdì grazie alle sue
trasmissioni televisive quando lavorava come giornalista. Dopodiché
abbiamo cominciato a crederci, a supportarlo in tutte le occasioni, la
sua ascesa in politica ha rappresentato una vera speranza per chi
richiede certe priorità nel paese. Voto Lapid perché crede nel futuro,
come dice il suo partito (Yesh atid = C’è un futuro). Perché sorride, pondera,
e sarà sempre una forza politica con grande valore nel bilancio delle
coalizioni di governo dopo le elezioni, anche se stavolta credo
veramente che possa fare quel salto di qualità che lo renderà
assolutamente l’ago della bilancia.”
Jonathan Misrachi
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La mia scheda |
Martedì
prossimo voterò il partito Bait Hayehudi, lo faccio per vari motivi.
Perché credo nei valori del sionismo religioso, che vuole costruire una
patria per il popolo ebraico che sia fondata sui valori della Torà e
vada dal Mediterraneo al Giordano.
Miky Steindler
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Il maiale è il nostro maestro
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"Il
maiale è il nostro maestro" è il libro di Valentina Sereni e Delfina
Piu. Un testo ricco e sicuramente originale dedicato al problema della
sofferenza e lo sfruttamento degli animali e la normativa ebraica, il
cui titolo è tutto un programma.
Ilana Bahbout
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