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19 marzo 2015 - 28 Adar 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Fra i molteplici sacrifici per espiazione di colpe, spiccano quello da offrirsi nel caso in cui il Cohèn Gadòl, o gli anziani, o un capo tribù inducesse il popolo in errore. Il fatto in sé è già degno di nota, specialmente se ricordiamo per quanti millenni i dominatori si sono sempre considerati superiori alle leggi, liberi di agire, ed anche liberi di non assumersi responsabilità a loro piacimento.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
La netta vittoria elettorale del Likud, guidato con indiscutibile bravura da Benyamin Netanyahu, potrebbe tradursi in una storica sconfitta per lo Stato d’Israele. Si pensava che il voto sarebbe stato aggiudicato sulla piattaforma dei problemi economici e sociali. Su questi temi, il Likud non aveva nemmeno sprecato il tempo di pubblicare il proprio programma elettorale, sostituito dalla pregnante dichiarazione dell’ineffabile Bibi: “Io non mi occupo del tenore di vita, io mi occupo della vita”. Le cose sembravano mettersi male, ma con una grande mobilitazione nelle ultime due ore del voto Netanyahu è riuscito a portare alle urne una notevole quantità di assenteisti e scontenti, scompigliando così le proiezioni di tutti i sondaggisti che avevano chiuso le loro stazioni proprio nel momento in cui partivano le carovane dei ritardatari allertate da centinaia di migliaia di telefonate registrate e di SMS. In realtà, al di là dell’indiscutibile trionfo elettorale personale di Bibi – che si conferma come il miglior attore politico del paese – se consideriamo i maggiori blocchi di partiti, rispetto al 2013 gli spostamenti del voto sono minimi: il partito arabo unificato guadagna 2-3 seggi rispetto alla somma delle sue componenti, il centro-sinistra ne guadagna 1-2, la destra ne guadagna 1, il centro resta immutato, e i partiti religiosi perdono 5 seggi (di cui 4 di Eli Ishay se è confermata la sua eliminazione dopo aver solo sfiorato, ma non raggiunto,nla soglia minima del 3,25%). È avvenuta dunque soprattutto una redistribuzione del voto all’interno dei maggiori blocchi e non fra i diversi blocchi.
 
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Tunisi, voci dall'orrore
L’ambasciata italiana ha confermato la morte di quattro suoi connazionali, tutti passeggeri della Costa Fascinosa, vittime dell’attacco terroristico perpetrato dall’Isis a Tunisi. “Esprimo, a nome mio personale e di tutto il popolo italiano, la più netta e ferma condanna per un gesto vile e odioso, commesso ai danni di persone inermi, in spregio alle più elementari norme di convivenza civile e rispetto della vita umana” ha dichiarato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Indipendentemente dal giudizio che verrà dato con più lucidità e calma vi è un dato di fatto: dove si cerca di aggredire il sistema democratico, la cultura, la moderazione del governo tunisino si colpisce ciascuno di noi”, ha sottolineato il primo ministro Matteo Renzi.
 
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  davar
Rapporti tra israele e Usa
Obama-Netanyahu, ferita aperta
Le ultime notizie che arrivano dalla Casa Bianca non faranno piacere al primo ministro Benjamin Netanyahu ma forse non destano troppo stupore. L'amministrazione del presidente Barack Obama, secondo fonti del New York Times, starebbe seriamente pensando di accettare di far passare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite “che incarna i principi di una soluzione a due Stati, che preveda i confini israeliani del 1967 con la Palestina e uno scambio consensuale di territorio”. Secondo diversi funzionari della Casa Bianca, il presidente Obama potrebbe fare questo passo dopo le dichiarazioni di Netanyahu in campagna elettorale, che sembravano chiudere la porta ai negoziati di pace con i palestinesi. “La premessa della nostra posizione internazionale è stata quella di supportare i negoziati diretti tra israeliani e palestinesi – ha dichiarato un funzionario di Washington al Times – Siamo adesso di fronte a una situazione in cui il governo di Israele non sostiene più i negoziati diretti”. Quindi le cose potrebbero cambiare e noi potremmo andare avanti secondo altre strade, il commento della fonte della Casa Bianca del New York Times. Potrebbe essere un modo per forzare la mano a Netanyahu, le cui ultime uscite hanno dimostrato tutto il suo scetticismo verso le trattative di pace e soprattutto verso la controparte palestinese. Per ora da Gerusalemme non ci sono commenti, con il premier impegnato a discutere con i partiti neoeletti la formazione di una coalizione di governo. Ma siamo di fronte a un nuovo atto dei rapporti, sempre più tesi, tra Obama e Netanyahu.
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israele
La sfida di re Bibi
Nel maggio del 2012 il noto magazine americano Time dedicò la sua copertina al primo ministro Benjamin Netanyahu: a fianco al suo volto appariva a caratteri cubitali la scritta, “King Bibi”, re Bibi. “Netanyahu è pronto per diventare il più longevo primo ministro di Israele dai tempi di David Ben-Gurion, padre fondatore di Israele. Non ha rivali in patria”, scriveva il caporedattore del Time Richard Stegel nel suo articolo-intervista al primo ministro israeliano. Le elezioni di martedì (16 marzo) hanno dimostrato che la situazione non è molto cambiata: Netanyahu continua a non avere rivali e il suo “regno” - alla copertina del Time replicò, “Israele rimarrà una democrazia, non diventerà mai una monarchia - può proseguire, forte dei trenta seggi (confermati oggi) ottenuti alla Knesset dal Likud, il partito di cui è leader. Un “regno” in realtà complicato da gestire, sottolinea il direttore del Times Of Israel David Horovitz, perché Netanyahu si trova di fronte a un paese diviso: “prenderà atto del fatto che una parte considerevole dell'elettorato è scioccato e sconvolto dai risultati di martedì mentre lui e i suoi sostenitori sono scioccati e felici? Netanyahu cercherà, insomma, di passare da vittorioso leader con l'aria di sfida della destra israeliana a primo ministro della nostra lacerata Israele?”. Su queste pagine non nasconde il suo pessimismo Sergio Della Pergola, demografo e docente dell'Università Ebraica di Gerusalemme che sottolinea come la campagna del premier israeliano – caratterizzata dalla chiusura verso i negoziati di pace con i palestinesi, dall'accusa di un tentativo mediatico e internazionale di esautorarlo dal potere, dal contrasto con la Casa Bianca e dalla delegittimazione degli avversari laburisti, considerati anti-sionisti - abbia evidenziato sempre più i contrasti all'interno della società israeliana.
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tunisi, la brutta avventura finita sui giornali
Alberto e Anna attesi a casa
I primi spari, le prime urla, il sangue. La prontezza di spirito di allontanarsi dall’edificio prima che la situazione diventasse irreparabile. Si sono salvati così Alberto e Anna Di Porto, rispettivamente 71 e 60 anni, la coppia di ebrei romani scampata all’attacco condotto dall’Isis nel museo Bardo di Tunisi in cui hanno perso la vita almeno quattro connazionali e che è stato definito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella “un gesto vile e odioso, commesso ai danni di persone inermi, in spregio alle più elementari norme di convivenza civile e rispetto della vita umana”.
Messa in circolazione fra i giornalisti da ambienti comunitari romani, la presenza dei coniugi Di Porto tra quanti sono riusciti a uscire illesi dal museo ha fatto rapidamente il giro della rete e fatto sì che le loro identità, e quelle dei loro familiari, fossero presto svelate.
Mantenendo l’anonimato dell’interlocutrice, e soltanto dopo che il portavoce della comunità della Capitale aveva segnalato alle agenzie di stampa il salvataggio della coppia, la redazione del portale dell’ebraismo italiano www.moked.it e di Pagine Ebraiche aveva invece raccolto dai familiari alcune impressioni a caldo. “Con mia madre sono riuscita a parlare poco fa, è al sicuro in un bunker. Mio padre si è ferito nei soccorsi e adesso è in ospedale. Non vedo l’ora che tornino in Italia per riabbracciarli. Mi auguro oggi stesso” ci è stato detto dalla figlia dei coniugi Di Porto.
Per tutelare al massimo la sicurezza delle persone coinvolte e garantire il più sereno rientro a casa delle vittime dell’azione terroristica la redazione aveva scelto di mantenere il riserbo anche sull’identità di uno dei figli della coppia, il rabbino capo di Torino Ariel Di Porto, che è stata poi però anch’essa in ogni caso fatta trapelare alle redazioni dei giornali.
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qui torino
In piazza contro il terrorismo
È stato il sindaco Piero Fassino, a poche ore dall’attacco terroristico che ha nuovamente colpito un luogo di cultura a chiamare a raccolta i torinesi, con parole ferme: “Torino è contro il terrorismo. Invito la città a scendere in piazza per esprimere solidarietà alle famiglie delle vittime dell’attacco terroristico e per ribadire l’impegno di una città democratica e la mobilitazione di tutte le coscienze per fare argine e muro contro il terrorismo e violenza”.
Fassino, nella sua qualità di presidente dell’Associazione nazionale comuni d’Italia ha rivolto a tutti i comuni italiani un appello a manifestare uniti, chiedendo che in tutte le città si manifesti lo sdegno contro la barbarie e si renda visibile il rifiuto del terrorismo, in una prova di democrazia contro chi vuole seminare panico e paura. Paura che ha colpito direttamente il rabbino capo della città Ariel Di Porto i cui genitori – come reso noto ieri – sono stati coinvolti nell’attentato, fortunatamente senza gravi conseguenze.
Alle parole del sindaco ha risposto immediatamente la Comunità ebraica, che oltre ad aderire alla manifestazione che si terrà questa sera in Piazza Palazzo di Città, di fronte al Municipio, ha inviato a tutti gli iscritti l’appello a manifestare, “auspicando la più ampia partecipazione degli ebrei torinesi”. Lo stesso invito è stato girato dalla direzione scolastica a tutte le famiglie degli allievi e Dario Disegni, nuovo presidente della Comunità, ha dichiarato: “La Comunità Ebraica di Torino stringe in un forte abbraccio le famiglie delle vittime del barbaro attentato di Tunisi‎ ed è fraternamente vicina ai feriti, cui augura una pronta guarigione.
La minaccia del terrorismo, che tocca ormai tutti, mira a distruggere ogni possibilità di civile convivenza tra i popoli e le fondamenta stesse della nostra democrazia. Dobbiamo perciò reagire tutti con la massima determinazione affinché le forze dell’oscurantismo non riescano a prevalere né a insinuarsi nelle nostre vite. La Comunità Ebraica di Torino, in questa drammatica giornata di lutto per l’intera Città e nella quale ricorre anche il terzo anniversario dell’orrenda strage alla Scuola ebraica di Tolosa, è e sarà sempre in prima fila in questa imprescindibile battaglia per la salvaguardia della democrazia, della libertà e della pace tra i popoli".


a.t. twitter @atrevesmoked

j-ciak
Il tabù del sacro seme
S’intitola “Sacred Sperm” ed è uno dei documentari di cui più si discute in Israele come negli Stati Uniti, dove sta girando nei circuiti dei festival. In questo suo primo lavoro il regista Ori Gruder fa i conti uno dei tabù più forti nel mondo ultraortodosso, quello della masturbazione. Armato di telecamera entra nei mikveh e nelle yeshivot, partecipa a bar mitzvah e matrimoni, incontra rabbini, uomini e ragazzi. Obiettivo, capire in che modo e fino a che punto si tengono sotto controllo le naturali pulsioni sessuali dei maschi.
Il tema, all’apparenza eccentrico, nasce dalla stessa esperienza del regista. Gruder, 44 anni, nato a Herzliyah, oggi è ultraortodosso. Ma ha alle spalle un lungo passato da laico, che lo vede servire nell’esercito e poi lavorare in televisione (collabora anche con Mtv Europe).
La svolta arriva dieci anni fa, quando viene mandato a girare a Uman, in Ucraina, dov’è sepolto Rabbi Nachman, uno tzaddik del XVIII secolo, la cui tomba ogni anno a Rosh Hashanah richiama in pellegrinaggio migliaia di Hassidim. Gruder è impressionato dal calore e dal trasporto mistico di quella folla e decide di cambiare vita.


Daniela Gross
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qui trieste
Studiosi a lezione in sinagoga
“Sono giovani e interessati… e io quando parlo con i giovani sono felice”.
Questo il commento di Mauro Tabor, assessore alla cultura della Comunità ebraica di Trieste, in seguito al doppio incontro con gli studenti della DIAnet International School avvenuto ieri. Presentata dagli organizzatori come una “escursione scientifica” e prevista nell’ambito del programma didattico della terza edizione del progetto cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo, la giornata ha portato al Museo Ebraico e nella grande sinagoga una quarantina di giovani studiosi provenienti dalle Università della Macro-Regione Danubiana (Italia, Albania, Austria, Bulgaria, Croazia, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria).
Da Gorizia, quindi, dove si tiene il corso, il gruppo si è spostato a Trieste ed è stato accolto prima al Museo ebraico e poi al Tempio, dove due interventi di Mauro Tabor e di Diana Barillari su “The Trieste Synangogue as cultural heritage: Its historical and architectural meaning” e su “From hospital to museum: the functional development of cultural heritage” sono stati accolti con grande interesse.
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qui venezia - cartoons on the bay
Premiato il mago Kaminski
Sarà l’israeliano Albert Hanan Kaminski a ricevere quest’anno il Pulcinella Award alla carriera di Cartoons on the Bay, il festival dell’animazione e del crossmediale che torna a Venezia dal 16 al 18 aprile, dopo il grande successo dello scorso anno. Palazzo Labia, sede della Rai, dopo avere lo scorso anno ospitato nomi del calibro di Bruno Bozzetto, Mordillo, Scott Ross e Alessandro Rak, ha scelto per il premio maggiore uno dei più grandi registi di lungometraggi e serie televisive al mondo. Nato a Bruxelles nel 1950, Kaminski si è trasferito a vent’anni in Israele, dove si è diplomato alla Bezalel Academy of Art & Design di Gerusalemme, per lavorare alla Israeli Broadcasting Authority prima di un ulteriore periodo di studio ad Amsterdam, alla Rijksacademie of visual arts.
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IL TOUR ITALIANO DI OMAR BARGHOUTI
Quando l'odio sale in cattedra

Si chiama Omar Barghouti, è nato in Qatar, è cresciuto tra Egitto e Cisgiordania, ha 50 anni, ed è il fondatore del Bds, il movimento internazionale che sostiene il boicottaggio di Israele. Protagonista di ripetute affermazioni di odio nei confronti dello Stato ebraico, condite tra l’altro dall’infame equiparazione che accosta l’esercito israeliano ai nazisti, Barghouti trova in queste ore sponde inaspettate.
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  pilpul
Setirot - Dallo Shtetl al Lager
Strade che portano dallo shtetl al Lager, percorsi che conducono dallo shtetl alla Lubjanka, tragitti lastricati di illusioni infrante. La capacità visionaria di Israel J. Singer gli aveva permesso di descrivere magistralmente, con “La famiglia Karnowski” (Adelphi), la tragica miopia che colpì l’ebraismo europeo nel suo chimerico tentativo di integrazione borghese. Ora che Bollati Boringhieri ha pubblicato “A oriente del giardino dell’Eden” (traduzione di Marina Morpurgo) scopriamo che un’operazione assai simile gli era già riuscita anni prima, quando aveva profetizzato la drammaticità di un altro sogno di riscatto e di emancipazione, quello delle immense masse ebraiche est-europee che guardarono al sole dell’avvenire socialista. L’illusione è il grande tema di Israel J. Singer, tema eterno quindi attuale. Nell’illusione però non c’è solamente sciagura. Fin dall’espulsione dal Gan Eden, uomini e donne compiono imprese al limite dell’impossibile per cercare “l’immortalità” – sia essa spirituale, sociale o politica. Impossibile trovarla, ma le illusioni non esistono per essere realizzate, bensì per accelerare la realizzazione di ciò che effettivamente è realizzabile.

Stefano Jesurum, giornalista

Time out - Al fianco di Israele
Avevo scritto l’altra settimana che qualsiasi scelta Israele avrebbe fatto sarebbe stata la più giusta.
Israele ha scelto Netanyahu e il dovere degli ebrei della diaspora è quello di sostenere Israele a prescindere dal governo in carica. Perché – senza riaprire noiose polemiche sul sostegno incondizionato ad Israele – è terribile vedere come l’amore di alcuni nei confronti dello Stato ebraico dipenda più dalle posizioni ideologiche che questo assume, piuttosto ai valori che rappresenta. Insomma se vince la sinistra ne sono orgogliosi, se perde si sentono in dovere quasi di giustificarsi
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Daniel Funaro
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