David
Sciunnach,
rabbino
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“Al
termine dei giorni della sua purità per un figlio come pure per una
figlia …” (Vaikrà 12, 6). Ha fatto notare il Grande Rabbì Meìr Simchà
Cohen di Dwinsk, conosciuto per il suo commento come Meshèch Chochmà, a
proposito di questo verso: Che solamente al termine dei giorni di
purità è possibile chiamare il nascituro “figlio” o “figlia”, prima di
questo tempo questo viene chiamato maschio o femmina.
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David
Assael,
ricercatore
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Negli
anni ’70 l’Italia e l’Europa sprofondano nella buia notte del
terrorismo e della lotta armata. Si conclude così un fraintendimento
storico assoluto, solo da alcuni denunciato in quegli anni (su tutti
Pasolini), che ha confuso un processo di massificazione imperante con i
prodromi del Kairòs, il momento culminante che avrebbe dovuto portare
alla rivoluzione socialista.
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Isis, strage a Yarmouk |
ISi
parla di mille vittime, di venticinque decapitazioni e di 18mila
persone, di cui 3500 bambini, intrappolate in condizioni gravissime. È
il bilancio di quanto sta accadendo nel campo profughi palestinese di
Yarmouk, in Siria, assediato dal primo aprile dalle milizie jihadiste
dell’Isis, situato a pochi chilometri da Damasco. Un altro eccidio
compiuto dagli uomini del Califfato, che hanno conquistato assieme ai
propri alleati – un nugolo di fazioni islamiste tra cui il Fronte Nusra
legato ad Al Qaeda, come racconta Alix Van Buren su Repubblica – il 90
per cento di Yarmouk, il più grande campo profughi palestinese che
prima dello scoppio della guerra in Siria ospitava circa 150mila
persone. “Ieri in serata – scrive Lorenzo Cremonesi sul Corriere,
ricostruendo il dramma di Yarmouk – il deputato arabo israeliano Ahmed
Tibi ha dichiarato al quotidiano Ha’aretz che ‘il movimento fascista di
Isis’ avrebbe ucciso ‘mille palestinesi’ tra cui l’imam della moschea
di Hamas e accusava i Paesi arabi di ‘vergognosa passività’”.
I palestinesi e l’onda nera dell’Isis. Per Gad Lerner (Repubblica), la
strage di Yarmouk è l’emblema della strategia del terrore dell’Isis, a
cui non interessano la causa palestinese e – per il momento – la
distruzione di Israele ma il cui fine primario è “l’islamizzazione
globale” e l’annientamento dell’infedele, sia questi ebreo, cristiano,
“Cui si aggiungono gli eretici, primi fra tutti i musulmani sciiti,
senza nessuna pietà per gli stessi sunniti che osano frapporsi al
disegno oscurantista del Califfo”. “Il mondo arabo – scrive Lerner in
riferimento all’azione dell’Isis – che da oltre un secolo cerca la sua
faticosa unità – dapprima col panarabismo di stampo nasseriano, poi con
l’integralismo religioso – nella riconquista di Gerusalemme empiamente
occupata, viene chiamato per prima cosa all’obbligo di assoggettarsi al
Califfato. La distruzione di Israele e la causa dei palestinesi,
vengono dopo”. A dimostrarlo, la cautela delle milizie vicine al
Califfato sul Golan, al confine con Israele. “I tagliagole avranno di
certo calcolato di non essere attrezzati, per il momento, a uno scontro
diretto con Tshaal (esercito israeliano)”, scrive Lerner.
Gli eroi della Brigata Ebraica. Sul Corriere della Sera, Paolo Rastelli
racconta la storia dell’unità di volontari ebrei, costituitasi nella
Palestina mandataria, che ebbe un ruolo di primo piano nella
liberazione dell’Italia dal nazifascismo. “Gli ebrei hanno il diritto
di colpire Hitler facendo parte di una formazione riconoscibile”,
scrisse Churchill a Roosvelt, superando le ultime resistenze alla
creazione del corpo militare ebraico. “Così, nel luglio 1944, fu
autorizzata la costituzione della Brigata ebraica su tre battaglioni di
fanteria e unità di supporto per un totale di circa 5mila uomini. La
bandiera di combattimento era la Stella di Davide azzurra in campo
bianco (i colori del tallit, lo scialle di preghiera rituale), rimasta
ancora oggi come bandiera dello Stato di Israele”. Nell’articolo si
riporta la decisione di non far sfilare le bandiere della Brigata
Ebraica al corteo romano del prossimo 25 aprile, a seguito delle
contestazioni subite negli scorsi anni.
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dopo le polemiche e l'intervento ucei
25 Aprile, l'Anpi fa chiarezza:
"Noi a fianco della Brigata"
"Il
25 Aprile è festa della Liberazione e dunque deve essere festa di
tutti, oltre il doveroso ricordo e momento unitario di riflessione. Non
è concepibile che le manifestazioni del 25 Aprile siano contrassegnate
da incidenti, come da anni accade a Roma; ed è quindi indispensabile
superare i contrasti e le divisioni. Certamente non deve restare
esclusa dal corteo del 25 Aprile la Brigata ebraica, che rappresenta
combattenti per la libertà. È necessario, inoltre, evitare che la
presenza di bandiere di Paesi stranieri rappresenti motivo di scontro
ed è fondamentale che abbia una collocazione distinta rispetto ai
simboli e alle bandiere delle forze partigiane".
Lo afferma la segreteria dell'Associazione Nazionale Partigiani
d'Italia in una nota diffusa a mezzo stampa a seguito di un confronto
tra il presidente Anpi Carlo Smuraglia e il presidente dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. La comunicazione
arriva dopo giornate di tensione, segnate dall'annuncio
dell'Associazione Nazionale Ex Deportati del rifiuto a sfilare al
corteo romano per le manifestazioni di intolleranza nei confronti della
Brigata Ebraica emerse durante una riunione preparatoria all'evento che
aveva visto la presenza di sigle che niente hanno a che fare con la
lotta al nazifascismo quali Fronte Palestina, Rete Romana Palestina e
Rappresentanza Palestina in Italia.
Per ovviare a queste contrapposizioni e per non svilire il significato
della ricorrenza, l'Anpi lancia oggi una nuova proposta: il Comune di
Roma assuma la promozione e il coordinamento delle manifestazioni del
25 Aprile nella capitale, e presso il Comune stesso si svolga un
incontro cui partecipino, sotto la presidenza del sindaco, tutte le
forze che si richiamano ai valori dell’antifascismo, della Resistenza e
della Costituzione. Il tutto finalizzato a far sì che scaturisca una
soluzione che ci si augura “condivisa e capace di consentire che a Roma
il 25 Aprile sia davvero un giorno di festa, assolutamente pacifico,
partecipato e unitario".
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qui torino
Il valore della preghiera
Dall’induismo
al buddismo, dall’islam all’ebraismo, dal cristianesimo d’Occidente a
quello d’Oriente. Momento centrale di ogni cultura religiosa, la
preghiera è protagonista della mostra “Pregare. Un’esperienza umana”
che si inaugura nella giornata di sabato presso la Reggia di Venaria. Continuità.
Ripetizione. Circolarità. Queste le tre linee guida di un allestimento
che si prefigge di raccontare la preghiera nei suoi diversi aspetti:
l’anelito dell’uomo verso la divinità, l’ascesi, la perfezione, ma
anche la richiesta di aiuto, protezione e conforto. Non ultimo il
dinamismo perché, viene ricordato, l’uomo vi si dedica “creando
magnifiche coreografie, ruotando, saltando, inginocchiandosi e
prostrandosi, intonando canti e cori, cadendo in trance o in profonda
meditazione”. Curata da Lucetta Scaraffia e Franco La Cecia,
l’esposizione – mille metri quadrati di oggetti e testimonianze,
visitabili fino al prossimo 28 giugno – è stata presentata questa
mattina nel corso di un incontro per la stampa svoltosi alla presenza
dell’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia cui sono intervenuti, tra
gli altri, il presidente della Comunità ebraica torinese Dario Disegni
e il consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia
De Benedetti, nell'immagine assieme al presidente del Comitato
Interfedi della Città di Torino Valentino Castellani.
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Ticketless
- Leporello a NY
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L’editore
Viglongo di Torino ripubblica, per la prima volta dal 1833,
l’iperbolico pamphlet pubblicato da Lorenzo Da Ponte per rendere edotta
la pubblica opinione di New York circa macchinazioni a suo danno
nell’allestimento di spettacoli d’opera italiana (“Storia incredibile
ma vera”, 2015). Da Ponte donò i suoi libri alla Columbia University.
Non di sole coincidenze ferroviarie vive Ticketless, si sa. In questi
giorni, sempre a New York, un altro ebreo italiano, originario del
basso Piemonte provenzale - e non di Conegliano Veneto come Lorenzo Da
Ponte -, Alessandro Cassin, riapre la gloriosa libreria italiana S. F.
Vanni al West Village (ne ha parlato “La Stampa”, il 22 marzo scorso).
Alberto Cavaglion
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Periscopio - L'Iran e la bomba
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La
conclusione dell'accordo sul nucleare iraniano non può non generare un
senso di profonda inquietudine, ansia e preoccupazione per il futuro,
che si presenta decisamente gravido di pesanti, forse mortali pericoli.
Francamente, non ho mai nutrito alcuna seria speranza riguardo
all'effettiva possibilità di fermare, tramite un accordo diplomatico,
la corsa iraniana al nucleare, per il semplice motivo che il progresso
tecnologico è inarrestabile, e i risultati della scienza non possono
essere tenuti segreti a nessuno. Non capisco nulla di tecnologia
atomica, ma so che al giorno d'oggi qualsiasi prodotto della tecnica è
alla portata di chiunque disponga delle risorse necessarie per
ottenerlo, acquistando i materiali, costruendo gli impianti, pagando
gli scienziati e i tecnici ecc. Quello che conta è esclusivamente il
potere economico a disposizione, utile a procurarsi quanto necessario.
Francesco Lucrezi, storico
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Humans Of Israel - Waleed
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“Stamattina
faceva un freddo cane, però è andata abbastanza bene! Come tutti i
giorni mi sono svegliato alle 4.30, dopo un bicchiere di caffè nero
bollente e due sigarette ho preso la bicicletta e ho corso Rehov Haganà
per raggiungere il porto di Acco dove mi aspettava, come da quando ho
12 anni, il solito peschereccio azzurro con cui mi perdo a largo delle
coste mediterranee cercando di pescare più pesci possibile. Dopo una
mattinata così e un rapido pranzo mi dirigo allo Shuk dove qualche
figlio o nipote, a turno, mi aiuta alla vendita di ciò che ho pescato
nella mattinata. Al tramonto mia moglie torna dalla scuola dove insegna
inglese, figli e figlie ci raggiungono dalle loro attività e io porto a
casa ciò che è rimasto dal bancone del mercato, felice, stanco e pronto
per concludere una giornata e aspettare la successiva".
Jonathan Misrachi
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