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8 aprile 2015 - 19 Nissan 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
“Al termine dei giorni della sua purità per un figlio come pure per una figlia …” (Vaikrà 12, 6). Ha fatto notare il Grande Rabbì Meìr Simchà Cohen di Dwinsk, conosciuto per il suo commento come Meshèch Chochmà, a proposito di questo verso: Che solamente al termine dei giorni di purità è possibile chiamare il nascituro “figlio” o “figlia”, prima di questo tempo questo viene chiamato maschio o femmina.
 
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David
Assael,
ricercatore
Negli anni ’70 l’Italia e l’Europa sprofondano nella buia notte del terrorismo e della lotta armata. Si conclude così un fraintendimento storico assoluto, solo da alcuni denunciato in quegli anni (su tutti Pasolini), che ha confuso un processo di massificazione imperante con i prodromi del Kairòs, il momento culminante che avrebbe dovuto portare alla rivoluzione socialista.
 
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Isis, strage a Yarmouk
ISi parla di mille vittime, di venticinque decapitazioni e di 18mila persone, di cui 3500 bambini, intrappolate in condizioni gravissime. È il bilancio di quanto sta accadendo nel campo profughi palestinese di Yarmouk, in Siria, assediato dal primo aprile dalle milizie jihadiste dell’Isis, situato a pochi chilometri da Damasco. Un altro eccidio compiuto dagli uomini del Califfato, che hanno conquistato assieme ai propri alleati – un nugolo di fazioni islamiste tra cui il Fronte Nusra legato ad Al Qaeda, come racconta Alix Van Buren su Repubblica – il 90 per cento di Yarmouk, il più grande campo profughi palestinese che prima dello scoppio della guerra in Siria ospitava circa 150mila persone. “Ieri in serata – scrive Lorenzo Cremonesi sul Corriere, ricostruendo il dramma di Yarmouk – il deputato arabo israeliano Ahmed Tibi ha dichiarato al quotidiano Ha’aretz che ‘il movimento fascista di Isis’ avrebbe ucciso ‘mille palestinesi’ tra cui l’imam della moschea di Hamas e accusava i Paesi arabi di ‘vergognosa passività’”.

I palestinesi e l’onda nera dell’Isis. Per Gad Lerner (Repubblica), la strage di Yarmouk è l’emblema della strategia del terrore dell’Isis, a cui non interessano la causa palestinese e – per il momento – la distruzione di Israele ma il cui fine primario è “l’islamizzazione globale” e l’annientamento dell’infedele, sia questi ebreo, cristiano, “Cui si aggiungono gli eretici, primi fra tutti i musulmani sciiti, senza nessuna pietà per gli stessi sunniti che osano frapporsi al disegno oscurantista del Califfo”. “Il mondo arabo – scrive Lerner in riferimento all’azione dell’Isis – che da oltre un secolo cerca la sua faticosa unità – dapprima col panarabismo di stampo nasseriano, poi con l’integralismo religioso – nella riconquista di Gerusalemme empiamente occupata, viene chiamato per prima cosa all’obbligo di assoggettarsi al Califfato. La distruzione di Israele e la causa dei palestinesi, vengono dopo”. A dimostrarlo, la cautela delle milizie vicine al Califfato sul Golan, al confine con Israele. “I tagliagole avranno di certo calcolato di non essere attrezzati, per il momento, a uno scontro diretto con Tshaal (esercito israeliano)”, scrive Lerner.

Gli eroi della Brigata Ebraica. Sul Corriere della Sera, Paolo Rastelli racconta la storia dell’unità di volontari ebrei, costituitasi nella Palestina mandataria, che ebbe un ruolo di primo piano nella liberazione dell’Italia dal nazifascismo. “Gli ebrei hanno il diritto di colpire Hitler facendo parte di una formazione riconoscibile”, scrisse Churchill a Roosvelt, superando le ultime resistenze alla creazione del corpo militare ebraico. “Così, nel luglio 1944, fu autorizzata la costituzione della Brigata ebraica su tre battaglioni di fanteria e unità di supporto per un totale di circa 5mila uomini. La bandiera di combattimento era la Stella di Davide azzurra in campo bianco (i colori del tallit, lo scialle di preghiera rituale), rimasta ancora oggi come bandiera dello Stato di Israele”. Nell’articolo si riporta la decisione di non far sfilare le bandiere della Brigata Ebraica al corteo romano del prossimo 25 aprile, a seguito delle contestazioni subite negli scorsi anni.
 
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  davar
dopo le polemiche e l'intervento ucei
25 Aprile, l'Anpi fa chiarezza:
"Noi a fianco della Brigata"

"Il 25 Aprile è festa della Liberazione e dunque deve essere festa di tutti, oltre il doveroso ricordo e momento unitario di riflessione. Non è concepibile che le manifestazioni del 25 Aprile siano contrassegnate da incidenti, come da anni accade a Roma; ed è quindi indispensabile superare i contrasti e le divisioni. Certamente non deve restare esclusa dal corteo del 25 Aprile la Brigata ebraica, che rappresenta combattenti per la libertà. È necessario, inoltre, evitare che la presenza di bandiere di Paesi stranieri rappresenti motivo di scontro ed è fondamentale che abbia una collocazione distinta rispetto ai simboli e alle bandiere delle forze partigiane".
Lo afferma la segreteria dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia in una nota diffusa a mezzo stampa a seguito di un confronto tra il presidente Anpi Carlo Smuraglia e il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. La comunicazione arriva dopo giornate di tensione, segnate dall'annuncio dell'Associazione Nazionale Ex Deportati del rifiuto a sfilare al corteo romano per le manifestazioni di intolleranza nei confronti della Brigata Ebraica emerse durante una riunione preparatoria all'evento che aveva visto la presenza di sigle che niente hanno a che fare con la lotta al nazifascismo quali Fronte Palestina, Rete Romana Palestina e Rappresentanza Palestina in Italia.
Per ovviare a queste contrapposizioni e per non svilire il significato della ricorrenza, l'Anpi lancia oggi una nuova proposta: il Comune di Roma assuma la promozione e il coordinamento delle manifestazioni del 25 Aprile nella capitale, e presso il Comune stesso si svolga un incontro cui partecipino, sotto la presidenza del sindaco, tutte le forze che si richiamano ai valori dell’antifascismo, della Resistenza e della Costituzione. Il tutto finalizzato a far sì che scaturisca una soluzione che ci si augura “condivisa e capace di consentire che a Roma il 25 Aprile sia davvero un giorno di festa, assolutamente pacifico, partecipato e unitario".

israele e le tensioni nella west bank 
Shiloh, torna la minaccia  
È ricoverato in condizioni critiche il soldato israeliano di 22 anni accoltellato questa mattina da un palestinese nei pressi dell'insediamento di Shiloh, a nord di Ramallah, nella West Bank. Il giovane è stato ferito al collo dall'aggressore che nel corso dell'attentato ha colpito un altro soldato, ferendolo lievemente alla schiena. Quest'ultimo ha poi sparato all'attentatore, uccidendolo. L'attacco ha avuto luogo sulla strada 60, all'entrata dell'insediamento di Ma'ale Levona e del villaggio arabo di Sinjil (nell'immagine il luogo dell'attacco). A quanto risulta dalle ricostruzioni, i due soldati – entrambi membri di un'unità medica - al momento dell'aggressione erano a bordo di un ambulanza. Ora sono ricoverati al Shaare Zedek Medical Center  di Gerusalemme.
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pesach 5775
La matzah sul campo da football
Quando si pensa al football americano le prime cose che vengono in mente sono storie d’amore complicate tra quarterback e capa delle cheerleader di squadre liceali, grandi spalle e grandi spallate, e l’interrogativo su che pop star intratterrà il pubblico nell’intervallo del prossimo Super Bowl. Ma in questi giorni l’immagine che circola di più è invece legata a Pesach. Si tratta della fotografia che ritrae il campione dei New England Patriots Julian Edelman mentre si butta a terra per prendere al volo una leggera, quadrata, fragrante matzah.
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qui torino
Il valore della preghiera
Dall’induismo al buddismo, dall’islam all’ebraismo, dal cristianesimo d’Occidente a quello d’Oriente. Momento centrale di ogni cultura religiosa, la preghiera è protagonista della mostra “Pregare. Un’esperienza umana” che si inaugura nella giornata di sabato presso la Reggia di Venaria.
Continuità. Ripetizione. Circolarità. Queste le tre linee guida di un allestimento che si prefigge di raccontare la preghiera nei suoi diversi aspetti: l’anelito dell’uomo verso la divinità, l’ascesi, la perfezione, ma anche la richiesta di aiuto, protezione e conforto. Non ultimo il dinamismo perché, viene ricordato, l’uomo vi si dedica “creando magnifiche coreografie, ruotando, saltando, inginocchiandosi e prostrandosi, intonando canti e cori, cadendo in trance o in profonda meditazione”.
Curata da Lucetta Scaraffia e Franco La Cecia, l’esposizione – mille metri quadrati di oggetti e testimonianze, visitabili fino al prossimo 28 giugno – è stata presentata questa mattina nel corso di un incontro per la stampa svoltosi alla presenza dell’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia cui sono intervenuti, tra gli altri, il presidente della Comunità ebraica torinese Dario Disegni e il consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti, nell'immagine assieme al presidente del Comitato Interfedi della Città di Torino Valentino Castellani.  
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qui torino
L'arte racconta le religioni
In concomitanza con l'Ostensione della Sindone a Torino, il rito e le tradizioni della preghiera trovano un 'occasione speciale di confronto e riflessione interculturale negli spazi della Reggia di Venaria, grandioso complesso monumentale alle porte di Torino, capolavoro dell'architettura e del paesaggio europeo dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco,con la mostra: Pregare. Un'esperienza umana.
La preghiera accomuna culture e culti diversissimi tra loro, la mostra aperta dall'11 aprile al 28 giugno nelle Sale delle Arti vuole raccontarla attraverso oggetti, immagini, video e opere provenienti da Musei di tutto il mondo.
Ideata e curata da Franco La Cecla e Lucetta Scarafia, l'esposizione è realizzata dal Consorzio La Venaria Reale in collaborazione con l'Associazione Sant'Anselmo - Imago Veritatis e si compone di 1000 metri quadri di oggetti e testimonianze di diverse culture e religioni: dall'ebraismo al cristianesimo d'oriente e d'occidente.
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pilpul
Ticketless - Leporello a NY
L’editore Viglongo di Torino ripubblica, per la prima volta dal 1833, l’iperbolico pamphlet pubblicato da Lorenzo Da Ponte per rendere edotta la pubblica opinione di New York circa macchinazioni a suo danno nell’allestimento di spettacoli d’opera italiana (“Storia incredibile ma vera”, 2015). Da Ponte donò i suoi libri alla Columbia University. Non di sole coincidenze ferroviarie vive Ticketless, si sa. In questi giorni, sempre a New York, un altro ebreo italiano, originario del basso Piemonte provenzale - e non di Conegliano Veneto come Lorenzo Da Ponte -, Alessandro Cassin, riapre la gloriosa libreria italiana S. F. Vanni al West Village (ne ha parlato “La Stampa”, il 22 marzo scorso).

Alberto Cavaglion
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Periscopio - L'Iran e la bomba
La conclusione dell'accordo sul nucleare iraniano non può non generare un senso di profonda inquietudine, ansia e preoccupazione per il futuro, che si presenta decisamente gravido di pesanti, forse mortali pericoli.
Francamente, non ho mai nutrito alcuna seria speranza riguardo all'effettiva possibilità di fermare, tramite un accordo diplomatico, la corsa iraniana al nucleare, per il semplice motivo che il progresso tecnologico è inarrestabile, e i risultati della scienza non possono essere tenuti segreti a nessuno. Non capisco nulla di tecnologia atomica, ma so che al giorno d'oggi qualsiasi prodotto della tecnica è alla portata di chiunque disponga delle risorse necessarie per ottenerlo, acquistando i materiali, costruendo gli impianti, pagando gli scienziati e i tecnici ecc. Quello che conta è esclusivamente il potere economico a disposizione, utile a procurarsi quanto necessario
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Francesco Lucrezi, storico
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Humans Of Israel - Waleed
“Stamattina faceva un freddo cane, però è andata abbastanza bene! Come tutti i giorni mi sono svegliato alle 4.30, dopo un bicchiere di caffè nero bollente e due sigarette ho preso la bicicletta e ho corso Rehov Haganà per raggiungere il porto di Acco dove mi aspettava, come da quando ho 12 anni, il solito peschereccio azzurro con cui mi perdo a largo delle coste mediterranee cercando di pescare più pesci possibile. Dopo una mattinata così e un rapido pranzo mi dirigo allo Shuk dove qualche figlio o nipote, a turno, mi aiuta alla vendita di ciò che ho pescato nella mattinata. Al tramonto mia moglie torna dalla scuola dove insegna inglese, figli e figlie ci raggiungono dalle loro attività e io porto a casa ciò che è rimasto dal bancone del mercato, felice, stanco e pronto per concludere una giornata e aspettare la successiva".

Jonathan Misrachi




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