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19 Giugno 2015 - 2 Tammuz 5775
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Nove ragazzi tra gli undici ed i tredici anni della comunità ebraica di Trieste in viaggio in Israele, ieri a Yerushalaim  hanno incontrato e dialogato con quattro ragazzi italkim nati in Israele o emigrati da piccoli. Molte le domande e tutte interessanti: si è parlato di lingua madre, cultura di appartenenza, maggioranza e minoranza, sogni in ebraico o in italiano ed affinità con più culture. Completamenti assenti erano alcuni appiattimenti identitari e schematici di un pro e contro Israele, del bianco e nero degli schieramenti e delle separazioni da stadio così forti altrove. Sembra che ci sia speranza per una generazione da crescere ebraicamente in una fluida consapevolezza che l'essere figli di una tradizione unica e millenaria possa significare essere figli di mondi plurimi, in Diaspora come in Eretz HaKodesh.
 
Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Le comunità ebraiche della Penisola, per quanto piccole e diverse fra loro, condividono una storia comune lunga molti secoli. Migrazioni provenienti dall’Europa e dal bacino del Mediterraneo, spostamenti e ricollocazioni interne, scambi matrimoniali, società commerciali che operavano in diversi luoghi. E poi condivisione di tradizioni culinarie, rituali liturgici, linguaggi, oggetti. Tutto questo permette di considerare le donne e gli uomini che hanno popolato nei secoli queste comunità come una sola grande famiglia, che fra l’altro ha prodotto nel corso del tempo un numero incredibile di documenti d’archivio e un numero molto alto di pubblicazioni di vario tipo. Una parte di questa documentazione è conservata negli archivi e nelle biblioteche pubbliche, e ci sono esempi di eccellenza in questo senso nel campo della fruibilità.
 
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L'ultradestra alla guerra
Stati Uniti sotto shock dopo l’attacco razzista a Charleston, in Carolina del Nord, in cui hanno perso la vita nove afroamericani che frequentavano un corso sulla Bibbia. La minaccia alle libertà individuali e collettive sembra adesso arrivare da molteplici fronti. Neonazisti, skinhead, omofobi: è, scrive la Stampa, un’ultradestra “che va alla guerra”.
In un editoriale che appare sulla prima pagina del quotidiano torinese Gianni Riotta mette in rilievo l’assenza di comunicazione e dialogo che caratterizza gli ambienti rurali d’America e le conseguenze che questo fatto ha nel rapporto tra carnefici e vittime: “Isolati tra di loro, i bianchi odiano di più che frequentando minoranze nella vita di ogni giorno, non di meno”.

Dall’Ungheria alla Danimarca, nuovi venti populisti minacciano intanto l’Europa (di ieri l’affermazione del ‘Partito del popolo’ danese). Osserva il Corriere: “Il fatto che ciò avvenga nei Paesi ricchi e di solida tradizione democratica come in quelli in difficoltà economiche conferma che la paura della ‘invasione’, reale o percepita, è parte del nostro vissuto e condiziona l’agenda politica delle nostre democrazie”.
Sul tema dei profughi e dell’assistenza umanitaria a chi è in difficoltà, il tema dominante questi giorni sui media, si impone l’appuntamento con la giornata mondiale del rifugiato in programma a Firenze nelle prossime ore. Nell’occasione, ricorda Repubblica, si parlerà in particolare di pratiche della “buona accoglienza”
 
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  davar
APRE I BATTENTI LA GRANDE INIZIATIVA CULTURALE
Padova rinnova le radici ebraiche

Storia e futuro nel nuovo museo
Un museo nuovo e prestigioso per testimoniare e rendere evidenza alla Padova ebraica. Ma non solo la presentazione di preziose testimonianze storiche artistiche che raccontano il patrimonio culturale della Comunità ebraica di Padova e della città. Anche un punto di incontro e di raccordo per un percorso da sviluppare all’interno dell’antica, affascinante quartiere ebraico che tanto rilievo ha assunto nei secoli per le vicende italiane ed europee. E anche una spettacolare disposizione multimediale che restituisca luce e movimento sulle pareti dell’edificio dove la storia ha segnato le sue ferite.
La sala del tempio tedesco restituita a nuova gloria e risanata dopo le fiamme che l’avevano distrutta negli anni bui della Shoah, luminosa di luce interna e schermata da quella esterna, è così divenuta su tutte le sue pareti teatro di una rievocazione vivida e appassionata, una sperimentazione che non ha precedenti nelle esperienze museali ebraiche italiane.
Ad accogliere le autorità e il numeroso pubblico intervenuto alla cerimonia ufficiale di apertura del Museo della Padova ebraica, il presidente della Comunità Davide Romanin Jacur e il rabbino capo della città Adolfo Locci hanno illustrato i risultati di un impegno straordinario e il lavoro protrattosi essenzialmente nel breve spazio del primo semestre di quest’anno.
Un valore di tutti e per tutti, di cui la realtà patavina si è dimostrata consapevole entrando per la prima volta nell’area del museo con l’emozione di riappropriarsi di un patrimonio culturale inestimabile e a lungo negato o misconosciuto.
Lo ha ricordato l’assessore alla Cultura di Padova Flavio Rodeghiero, che a nome dell’amministrazione municipale ha ribadito il forte impegno della città per diffondere la consapevolezza e la valorizzazione della propria radice ebraica.
Lo hanno confermato il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna e il Presidente della Comunità ebraica di Torino (oltre che della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia) Dario Disegni, che non hanno voluto mancare al fianco di Romanin Jacur e del rav Locci in questo giorno di festa per la realtà ebraica di Padova e di tutto l’ebraismo italiano.
Molti, poi, prima della presentazione del nuovo allestimento del museo e della suggestiva, coinvolgente presentazione multimediale, i nomi da ringraziare. E fra i primi quello dello storico Gadi Luzzatto Voghera, che ha offerto un contributo determinante nell’ideazione, dell’architetto David Palterer, del giovane regista Denis Brotto.
“Generazione va, generazione viene”, questo il titolo del pezzo forte della serata, la sua videoinstallazione, che racconta la storia della Comunità ebraica di Padova attraverso le vicende di dieci sue personalità illustri, ma vuole essere idealmente il racconto di tutte le donne e di tutti gli uomini che ne hanno fatto parte e che l’hanno rappresentata, nonché di quelli chiamati a ricevere il testimone e poi a loro volta a trasmetterlo ad altri: da una generazione a quella successiva. Dieci attori interpretano dunque altrettante personalità della Padova ebraica, dal Quattrocento sino ai giorni nostri: Jeudah Minz, Meir Katzenellenbogen, Isaac Abravanel, Samuel David Luzzatto (SHaDaL), Moshè Chayyim Luzzatto (RaMHaL), Moshè David Valle, fino a Leone Romanin Jacur, Giacomo Levi Civita, Leone Wollemborg e Vittorio Polacco. Ogni racconto si sviluppa in un differente luogo della Padova ebraica: dalla sinagoga italiana ai sotterranei dell’ex sinagoga di rito tedesco, dalle corti del ghetto ai cimiteri ebraici, all’ex Convitto rabbinico all’Università di Padova, per eccellenza luogo di integrazione tra differenti culture.
Per il regista è stato necessario trovare un modo originale, non consueto, per poter raccontare la vita della comunità ebraica locale, così come cercare e adottare un insieme di soluzioni (narrative, visive, sonore) nuove, capaci soprattutto di evidenziare la compresenza di personalità e di epoche differenti, tutti e tutte ancora oggi presenti. Il video vuole trasmettere come la storia possa essere vista sotto molteplici punti di vista, sotto diverse angolazioni, sotto lo sguardo di esperienze e racconti di vita plurimi, tutti ugualmente indispensabili a formare una comunità. La soluzione scelta sono sei fonti visive, sei immagini: cinque proiettate direttamente sulle nicchie dell’antica sinagoga tedesca e una a lato, ad estendere il campo visivo. Si tratta di immagini pensate proprio per rappresentare un insieme di vite, di persone, di pensieri che continuano a convivere tra loro, e assieme a noi, in particolare proprio nel Museo, luogo così carico di significati.
E proprio dal Museo il video prende le mosse e in esso si conclude, con un finale che vuole segnare un nuovo inizio per la Comunità ebraica di Padova.
RINNOVATE LE CARICHE CONSILIARI
Cdec, conferma per Sacerdoti
Conferma alla presidenza della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea per il giurista e consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Sacerdoti, che svolgerà l’incarico affiancato da Raffaelle Mortara (confermata vicepresidente, con ampie deleghe) e da un Consiglio di amministrazione composto da Giorgio Barba Navaretti, Giuseppe Calabi, Anselmo Calò (consigliere UCEI anch’egli), Leone Hassan, Rony Hamaui, Baruch Lampronti, Piergaetano Marchetti e Claudia Shammah.
Consiglio di cui entrerà presto a far parte un undicesimo rappresentante, nominato dalla Comunità ebraica romana.
Nel corso della prima riunione si è proceduto alla nomina della Giunta (composta da Sacerdoti, Mortara, Calabi, Hassan e Shammah), sono state esaminate le prospettive economiche e culturali del Cdec (che festeggia quest’anno i 60 anni di vita) ed è stato approvato un nutrito programma di iniziative, in particolare la mostra itinerante sulla partecipazione degli ebrei italiani alla Prima Guerra Mondiale e la pubblicazione della ricerca della storica (e consigliere UCEI) Liliana Picciotto dal titolo “Memoria della Salvezza”.
QUI FIRENZE - BALAGAN CAFè 
Un ponte tra musica e sapori
La musica si mescola ai racconti, le antiche ricette della tradizione ebraica si fondono con nuovi sapori, Firenze incontra Ferrara: apre sotto il segno dei ‘ponti’ la terza edizione del Balagan Cafè, appuntamento ormai tradizionale dell’estate fiorentina che, sotto la direzione artistica di Enrico Fink, vede la Comunità ebraica aprire le proprie porte alla città per condividerne i luoghi, le storie, le tradizioni. “Ognuno degli incontri che animeranno i mesi estivi avrà come carattere principale e simbolico ‘i ponti’, ponti tra culture, ponti di dialogo, ponti come punto di incontro”, ha spiegato la presidente della Comunità ebraica Sara Cividalli accogliendo il folto pubblico accorso. Evento centrale lo spettacolo “La mamma, l’angelo e la ciambella”, ideato da Fink, che racconta in musica (con la partecipazione della Balagan Cafè Orkestar e del coro dei giovani della Comunità) l’ebraismo fiorentino e ferrarese sulle tracce di Jenny Bassani Liscia, sorella del Giorgio autore del Giardino dei Finzi Contini e fiorentina d’adozione
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QUI FIRENZE - MERCATI E VALORI
I giovani e le nuove tecnologie
Startup, innovazione tecnologica e nuove frontiere dell'high tech. Questi i temi sul tavolo dell'ultimo giorno del laboratorio sul tema "Mercati e valori", organizzato dalla redazione UCEI e ospitato dalla Comunità ebraica di Firenze. Protagonisti tre giovani con varie esperienze e studi nel campo, il milanese Nicolas Nemni, e i fiorentini Gadi Piperno Corcos e Federico Baldi Lanfranchi.
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al MEMORIALE DELLA SHOAH DI MILANO
Emergenza profughi, i testimoni: "L'indifferenza un veleno"

“Ignorare la memoria delle violenze perpetrate dal nazismo e dal fascismo significa facilitare la giustificazione delle violenze odierne in nome dello ‘stato di emergenza’, della ‘guerra al terrorismo’ o della ‘crisi economica’ e favorire il silenzio e l’indifferenza verso chi oggi chiede asilo e riparo da ingiustizie e discriminazioni”. È l’allarme lanciato soltanto poche settimane fa, al Senato, dal testimone della Shoah Piero Terracina.Parole che tornano d’attualità in queste ore, segnate da un’emergenza umanitaria profonda e terribile. Parole che costituiscono la premessa per una nuova “lezione morale contro l’indifferenza”, così sottotitolata “L’Europa e i perseguitati di oggi e di ieri”.
Vuol essere infatti prima di tutto una lezione, un monito da raccogliere e diffondere in tutta la società italiana, l’evento (il via alle 16) in preparazione per martedì prossimo al BINARIO 21 della stazione centrale di Milano, frutto della collaborazione tra il Memoriale della Shoah e la commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato.
Ospite d’onore Liliana Segre (nell’immagine), sopravvissuta adolescente ad Auschwitz-Birkenau. Una testimonianza, la sua, che intreccerà passato e presente, i valori e le conquiste per cui è doveroso battersi. In un luogo, il Memoriale, che ha saputo ergersi a modello di umanità, aprendo le proprie porte per alleviare la difficile situazione dei profughi che ormai da molti mesi affollano la stazione del capoluogo lombardo. Perché, come ha ricordato Roberto Jarach, vicepresidente del Memoriale oltre che dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, “partecipare a una situazione di emergenza è un gesto dal quale non vogliamo e non possiamo sottrarci, anche nel valore simbolico di questo luogo, emblema per eccellenza della necessità di accogliere le diversità”.
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CALCIO E DINTORNI
Mandzukic, Nietzsche, la Juve.

E quella scritta al contrario
Agile, possente, veloce, un prolifico bomber d’area di rigore. Con Mario Mandzukic, approdato in queste ore alla corte di Allegri, la Juventus sembra puntare a un’altra stagione da protagonista.
La speranza dei tifosi bianconeri è che il marcantonio croato sappia circondarsi di validi collaboratori che possano aiutarlo a calarsi al più presto nella difficile realtà del calcio italiano. Collaboratori senz’altro migliori di quelli che lo hanno consigliato per il suo ultimo tatuaggio.
Realizzato in caratteri ebraici, avrebbe dovuto riportare la celebre massima di Nietzsche: “Quello che non uccide, fortifica”. Il risultato è stato invece grottesco, visto che il tatuatore ha riportato il motto nel verso sbagliato, infarcendolo inoltre di errori grammaticali nella
scelta dei pronomi. E così, sulla schiena di Mandzukic si legge oggi: “acifitrof, ediccu im non ehc olleuQ”.
Perlomeno Buffon è avvisato. Se Mandzukic, invece di aggredire le porte avversarie tenterà sciaguratamente di trafiggerlo, sarà solo per via di cattivi consiglieri. Magari col cuore viola o granata.


a.s twitter @asmulevichmoked
qui torino
Se la Memoria è un trauma
Continua a raccogliere consensi in tutta Italia la pellicola “I figli della Shoah”, scritta da Cesare Israel Moscati e dedicata ai traumi ereditati dai figli e dai nipoti dei Testimoni dell'orrore nazifascista. Numerose le interviste condotte da Moscati, scaturite in particolare dalla lettura del racconto “Le candele della memoria” (ed. Sansoni) di Dina Wardi.
Ieri a Torino, nella sede della Comunità ebraica, una nuova proiezione dell'opera prodotta da RaiCinema con regia di Beppe Tufarulo.

"Mia madre è rimasta orfana a 9 anni. Di tutta la sua famiglia sono stati uccisi in trenta ed è tornato soltanto un cuginetto: Isacco Sermonetta. Mio padre ha avuto due fratelli ad Auschwitz e due alle Fosse Ardeatine. Quando ero bambino ho ricreato fantasticamente il loro dolore e davanti alle foto delle vit‐time di quell'abominio, davanti alle immagini degli zii Marco, Emanuele e Davide, tante volte mi sono trovato a raccontare gli alti e bassi della mia vita. A loro, gli zii mai conosciuti, ho parlato della scuola, delle partite a pallone, dei primi sentimenti amorosi. Ho creato una dimensione tutta mia. È stato e continua ad essere difficile. Oggi come allora. Ma questo film - ha raccontato Moscati a Pagine Ebraiche - mi ha senz'altro aiutato ad elaborare".
valdesi - parla il moderatore bernardini
"Le minoranze e il pluralismo,
con Bergoglio sarò franco"
“Per la prima volta un papa esce dalla sua casa per entrare in una delle nostre. Un fatto epocale, frutto del cammino ecumenico percorso negli ultimi decenni e che sono certo saprà dare una spinta ulteriore nel presente e nel futuro”. Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, si prepara all'incontro che avrà con papa Bergoglio a Torino.
Un appuntamento, quella di lunedì mattina, cui la comunità valdese guarda con forti aspettative, ma anche con la sobrietà che da sempre la contraddistingue perché, spiega il moderatore, “questo è il nostro stile”.
Pluralismo e diversità di vedute: un patrimonio imprescindibile per la società italiana, sottolinea Bernardini ricordando la storica vicinanza tra ebrei e valdesi.
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pilpul
Gli ebrei degli ebrei
Vivendo fuori dai social network e leggendo quotidianamente questa newsletter posso facilmente cullarmi nell’immagine ingenua e fiabesca di un ebraismo italiano civile e capace di dialogo al proprio interno.
Ogni tanto, è vero, mi giungono voci di qualche insulto o falsità, ma non ci ho mai fatto troppo caso, come cose che non hanno nessuna influenza sulla vita reale. Un assaggio dello stile che probabilmente domina i social network si può gustare anche dai commenti rapidi on line che spesso accompagnano notizie e articoli, e di questi vorrei parlare per analizzare un fenomeno curioso e dal mio punto di vista inspiegabile: potrei definirlo antitorinesità.
Recentemente una newsletter ha ripreso un articolo da un giornale ebraico torinese (non comunitario, si badi bene). Ed ecco piovere insulti di ogni genere non solo sull’articolo stesso (il cui contenuto, peraltro, non sembra essere stato letto troppo attentamente), ma anche sul giornale che lo ha pubblicato – che pure aveva preso le distanze con una nota redazionale – e sull’intera Comunità di Torino, città su cui pesa per l’eternità l’infamia di aver visto nascere più di ottant’anni fa un giornale ebraico fascista.
Inutile ricordare che la stessa città si è distinta per antifascismo e partecipazione alla Resistenza, come è purtroppo spesso inutile cercare di lottare contro stereotipi e demonizzazioni. D’altra parte non è la prima volta che mi arriva alle orecchie qualche sciocchezza (falsità, malignità, pregiudizi, o anche le tre cose insieme) sugli ebrei torinesi, e nessuno sembra trovarci niente da ridire. Ai tempi in cui la Comunità era spaccata si poteva almeno sperare che i detrattori avrebbero salvato una metà ‘buona’, ma oggi pare proprio che una maledizione biblica pesi su tutti noi, qualunque siano le nostre idee e il nostro livello di osservanza. Spesso ancora oggi se bisogna prendersela con qualcuno si usano gli ebrei, ma gli ebrei chi possono usare? Per fortuna ci sono sempre gli ebrei torinesi.


Anna Segre, insegnante
La collina
Chi ha letto la “Collina” di Assaf Gavron (ed. Giuntina) e si aspettava la tipica rappresentazione dei “coloni” (il termine con il quale vengono denominati spesso dai giormali) come violenti e imbevuti di fanatismo religioso ne rimarrà senza dubbio deluso, ugualmente non rimarrà fin troppo soddisfatto chi si aspettava una visione dei “coloni” salvifica o troppo positiva.
Nel romanzo, come probabilmente negli stessi territori, si incontrano persone in fuga dalla metropoli o da un’esistenza tormentata, in cerca di una vita più a contatto con il creato ed una terra di Israele concepita ancora biblicamente, in cerca della realizzazione dei propri sogni, o semplicemente in cerca di una soluzione abitativa più economica.


Francesco Moises Bassano, studente
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Bene e male
"Unire i due istinti significa munire la potenza senza meta della passione dell'unico orientamento che la rende capace di un grande amore e di un grande servizio. Così, e non diversamente, l'uomo può diventare completo" (Martin Buber "Immagini del bene e del male").
Ilana Bahbout


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