
Paolo Sciunnach,
insegnante
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Korach
sembra aver sposato il concetto postmoderno di ‘dittatura del
relativismo etico e spirituale’. Nonostante il suo status di Levi,
Korach credeva di poter diventare il Kohen Gadol. Ramban spiega
(Bamidbar 16,21) che Korach ha portato la nazione a credere che anche
uomini comuni possano avere il ruolo di Kohanim nelle sue parole:
“L’intera comunità è santa”. Se la santità divina è presente in mezzo a
tutta la nazione, allora sicuramente ogni individuo è padrone della
‘propria verità spirituale ed etica’. E tuttavia, dovremmo invece
cercare di comprendere che l’uomo non è al centro dell’universo e che
la Torah non è un ‘menù’ dal quale decidere autonomamente cosa
prendere.
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Anna
Foa,
storica
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“Gli
uomini di colore imbastardano la nostra razza” grida l’ex leghista
presidente della provincia di Treviso, e dobbiamo anche ringraziare che
non abbia deciso, come l’assassino di Charleston, di porvi
personalmente rimedio. “Che ho detto, razza non è una parolaccia”, ha
poi detto. No, ‘razza’ non è una parolaccia, è peggio che una
parolaccia, è un errata interpretazione dell’umanità che ha prevalso
per più di un secolo portando infinite ingiustizie, sopraffazioni,
morti, fino all’idea di razza ariana fatta propria dai nazisti e allo
sterminio nei campi della ‘razza’ ebraica. ‘Razza’ non è una
parolaccia, ma è un termine che dovrebbe essere cancellato dal nostro
dizionario. Ma quanti sanno che le razze non esistono?
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Pisa, in sinagoga
la festa di tutti
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Grande
festa ieri a Pisa per la riapertura, dopo otto anni, della sinagoga di
via Palestro. L’edificio era inagibile dal 2007, quando una tempesta di
fulmini danneggiò gravemente il tetto, costringendo i membri della
comunità ebraica della città a riunirsi e pregare nel vano scala. “Il
restauro di una sinagoga – ha dichiarato il presidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, riportato dai media –
è importante perché è un luogo di culto e di cultura che protegge e
difende i nostri valori soprattutto in tempi difficili come questi dove
sempre più spesso assistiamo a episodi razzisti in Italia e nel resto
del mondo”. A riportare la notizia è tra gli altri l’edizione
fiorentina di Repubblica (che sceglie un’immagine pubblicata ieri sul
portale dell’ebraismo italiano www.moked.it), che sottolinea la volontà
del rabbino capo Luciano Caro di invitare l’imam di Pisa Mohammed
Khalil, accolto come “un nostro confratello”. I fondi necessari per il
restauro della sinagoga, viene ricordato, sono arrivati per il 40%
dallo Stato e per il resto dalla Fondazione Pisa e dalla Fondazione
Cassa di Risparmio di San Miniato, per un totale di 1,3 milioni di euro.
Hamas esalta gli attacchi anti-israeliani. Ieri alla Porta di Damasco
un giovane palestinese ha ferito in modo grave un poliziotto israeliano
in un attacco esaltato da Hamas e definito come “eroico e audace”.
Un’azione, a pochi giorni di distanza dall’uccisione, a colpi di
pistola, del 25enne israeliano Danny Gonen nella città di Dolev. “Ci
sono sempre tentativi di attacchi terroristici – ha dichiarato il
premier Benjamin Netanyahu – e sfortunatamente alcuni di questi hanno
successo” (ll Giornale).
Memoria e migranti. Sul Corriere della sera Liliana Segre, Testimone
della Shoah sopravvissuta ad Auschwitz, riflette sulla situazione dei
migranti accampati alla Stazione Centrale di Milano in relazione alla
propria esperienza: “Le similitudini ci sono. L’abbandono della propria
terra, molte persecuzioni politiche… Ma la situazione è diversa. Non
c’è certo la stessa indifferenza che circondò noi ebrei in quel
periodo. Vedo, per fortuna, molti atti di solidarietà”. Segre sarà
protagonista domani alle 16 dell’incontro “Il peccato dell’indifferenza
/ L’Europa e i perseguitati di oggi e di ieri” al Binario 21, il
Memoriale della Shoah di Milano, con Ferruccio De Bortoli (presidente
della Fondazione Memoriale della Shoah), Gad Lerner, Luigi Manconi e
Seble Woldeghiorghis.
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spini sullo storico incontro al tempio valdese
"La Chiesa e le persecuzioni,
da Bergoglio parole sincere"
“Le
scuse per le persecuzioni perpetrate dalla Chiesa nei confronti dei
valdesi un po’ ce le aspettavamo, però il modo solenne e sincero in cui
è stata posta la richiesta di perdono ha dato tutto il senso
dell’autenticità di questo momento. Un momento storico, che è a sua
volta il presupposto per un cammino sempre più proficuo”. Economista,
docente universitario, ex ministro e protagonista della stagione delle
Intese che hanno regolato il rapporto tra Stato e minoranze religiose,
Valdo Spini commenta a Pagine Ebraiche – da testimone oculare – la
visita di Bergoglio alla chiesa valdese di Torino, la sua richiesta di
perdono “per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino
non umani” dei secoli passati, il suo incontro con il moderatore della
Tavola Eugenio Bernardini. Un incontro che ha posto al centro i temi
del dialogo e del reciproco rispetto oltre le differenze ideologiche e
culturali.
Temi che lo stesso Bernardini aveva toccato in una recente intervista a
Pagine Ebraiche, sottolineando l’amicizia (“straordinaria e profonda”)
che lega comunità valdese e comunità ebraica e la potenza del messaggio
che arriva dal loro impegno a presidio dei valori della laicità e della
libertà di coscienza. “Penso ad esempio alla stagione che portò alla
stipulazione delle Intese, che ci vide al fianco nel segno del rispetto
delle istituzioni che accomuna le nostre comunità, ma anche nel
richiamo all’esigenza imprescindibile che lo Stato si faccia garante
del pluralismo e della diversità di vedute. Temi di grande attualità –
sottolineava il moderatore – anche guardando all’incontro con
Bergoglio”.
Spini, che di quella stagione è stato uno degli artefici, riconosce
l’importanza di questo percorso e le molte conquiste ottenute insieme
da ebrei e valdesi. “Le somiglianze sono significative: secoli di
persecuzione, entusiastica partecipazione all’Unità d’Italia e al
Risorgimento, emancipazione e conquista di libertà sconosciute,
battaglie per la difesa dei propri diritti. E, venendo ad anni più
recenti, lo sforzo per far approvare dal Parlamento una legge per
tutelare a fondo la libertà religiosa. Ebrei e valdesi, con la loro
collaborazione, rappresentano un modello”.
Un modello che viene messo in relazione con l’incontro odierno.
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dopo le parole di bergoglio su auschwitz
La Shoah e l'indifferenza Le
scelte influiscono sul corso della storia. Gli Alleati “avevano le foto
delle linee che portavano i treni ai lager come Auschwitz per uccidere
gli ebrei e anche i cristiani, i rom, gli omosessuali. Perché non hanno
bombardato?”. L'interrogativo lanciato da Torino da papa Bergoglio. E
ancora: “Perché le grandi potenze non fermarono le uccisioni degli
armeni, più di un milione di persone?”. “Non agirono per interesse”, la
risposta di Bergoglio che attraverso l’esempio delle più grandi
tragedie del passato, ha voluto sottolineare la necessità di non
voltare le spalle alla sofferenza altrui. Parole importanti e positive,
concordano gli storici Anna Foa, Marcello Pezzetti e Michele Sarfatti a
cui Pagine Ebraiche ha chiesto una valutazione sulle affermazioni di
Bergoglio. “Quando autorità di questo livello si esprimono così forte
contro quanto è accaduto durante la Shoah, citando la persecuzione
degli ebrei, dei rom, degli omosessuali,
e ricordando il genocidio armeno, è sicuramente un fatto positivo”, il
commento di Anna Foa (foto in alto) che ha ricordato come Bergoglio
abbia detto parole chiare contro la persecuzione degli ebrei così come
sulla tragedia armena. “È come se fosse esplosa una
bolla”, sottolinea la storica. “Volendo si potrebbe aggiungere una
postilla – la riflessione di Michele Sarfatti (foto al centro),
direttore del Centro di documentazione ebraica di Milano (Cdec),
d’accordo nel ritenere importanti le dichiarazioni torinesi del
pontefice – se parliamo non di chi fu responsabile o connivente
rispetto alla Shoah ma di chi aveva il compito di assistere le vittime,
possiamo fare una considerazione: anche la Santa Sede, durante la
Shoah, non lanciò un grido pubblico di allarme. Anche Pio XII è stato
frenato da considerazioni contingenti e pubblicamente, per evitare
ritorsioni sulla Chiesa, non fece suonare nessun campanello contro le
persecuzioni”. Un punto, quest’ultimo su cui si concentra l’analisi di
Marcello Pezzetti (foto in basso), direttore scientifico del Museo
della Shoah di Roma, che precisa: “Bergoglio ha ragione a lamentarsi
dell’inazione degli Alleati di fronte a quanto succedeva nei campi di concentramento
ma parlare di interesse mi sembra una semplificazione: per quanto per
noi non sia possibile comprenderlo, per le forze alleate allora
l’obiettivo primario era sconfiggere i nazifascisti in battaglia e non
liberare le vittime della persecuzione. E in merito alle vittime non
posso non pensare alla riflessione autocritica che dovrebbe fare la
Chiesa: non fece nulla pubblicamente per evitare l’emarginazione degli
ebrei e delle minoranze. Non ci fu una voce chiara contro la
promulgazione delle leggi razziste che spalancarono le porte alla
Shoah”.
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qui berlino "Pari diritti per i diversi"
L’ambasciatore
di Gerusalemme nella Repubblica Federale Tedesca Yakov Hadas-Handelsman
inaugura, con il leader socialdemocratico ed ex borgomastro della
capitale tedesca Klaus Wowereit, lo stand ufficiale dello Stato di
Israele al Gay Pride di Berlino. Con loro, nell’immagine Chris
Hartung-Juedische Allgemeine, hanno sfilato le drag queen israeliane
Mazy Mazeltov e Oshri.
“Il nostro paese – ha affermato il rappresentante israeliano – è nel mondo fra
le realtà più avanzate nella tutela delle minoranze sessuali. Nella
nostra società pluralistica e aperta i diritti degli omosessuali sono
saldamente ancorati”.
L’immensa manifestazione berlinese, che vede durante un’intera
settimana la presenza di centinaia di migliaia di partecipanti da tutto
il mondo, si svolge sotto lo slogan “Gleiche Rechte fuer Unglieche” (Pari diritti per i diversi).
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Oltremare
- Passaporti
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Nel
palazzo in cui lavoro, un grattacielo di tutto rispetto (almeno per
altezza) in centro a Tel Aviv, fra i molti uffici c’è quello
dell’ambasciata di Spagna. Me lo dice la bandiera spagnola che sventola
fra le altre – e le altre mi dicono che ci sono anche ambasciate di
altri paesi, meno interessanti per il momento. Me lo dicono gli
elegantissimi funzionari che incontro sempre sulla scalinata di accesso
alla lobby. E suppongo che in un prossimo futuro me lo dirà anche il
traffico intenso che si produrrà al loro piano, quando cominceranno ad
arrivare veramente almeno una parte degli oltre due milioni di
discendenti degli ebrei di Spagna che possono adesso far richiesta di
passaporto spagnolo.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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