Paolo Sciunnach,
insegnante
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Ama
il lavoro, odia la rabbanut (grandezza) e non desiderare l’amicizia
delle autorità (Pirkei Avoth I, 10). Siate cauti con le autorità
politiche, perché non vi si avvicinano se non quando hanno bisogno di
voi, vi mostrano amicizia quando fa loro comodo, ma non vi assistono
nel momento del bisogno (Pirkei Avoth II, 3). Maestri, state attenti
alle vostre parole, perché potreste essere condannati alla pena
dell’esilio, emigrare in un luogo di acque cattive, da cui potrebbero
bere i discepoli che vengono dietro di voi e morirne, e così il nome di
D-o verrebbe profanato (Pirkei Avoth I, 11).
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Anna
Foa,
storica
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Cade
l’11 luglio, tra pochi giorni, il ventesimo anniversario della strage
di Srebrenica, che il Tribunale Internazionale Penale dell’Aja ha
definito nel 2007 come genocidio. In questi giorni, l’Observer ha
rivelato che l’Onu fornì a Mladić, il generale autore del massacro, 30
mila litri di benzina per portare le vittime sul luogo del massacro e
per alimentare i bulldozer destinati a nascondere le fosse comuni. Non
poche furono anche le responsabilità dei governi europei, tanto che si
può dire che Srebrenica fu il primo atto del fallimento di questa
Europa.
In occasione di questo anniversario, vorrei ricordare però anche
l’intensa attività di organizzazioni, ong, volontari. Una di queste
organizzazioni, Adopt, è nata nel 2005 a Srebrenica su impulso della
Fondazione Alexander Langer e di Tuzlanska Amica, la ong fondata dalla
psichiatra Irfanka Pašagić per l'assistenza alle donne e ai bambini
vittime di violenze.
È formata da ragazzi di tutte le etnie che si spendono con passione per
organizzare iniziative memoriali, raccogliere testimonianze, insegnare
ai giovani figli e nipoti delle vittime a guardare al futuro con
speranza. Un’attività tutta di volontari, importante e significativa.
Adopt ha ottenuto quest’anno un importante riconoscimento, il premio
Alex Langer 2015, conferitole in una circostanza particolare, il
ventesimo anniversario della scomparsa dello stesso Langer, avvenuta il
3 luglio 1995.
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Iran, negoziato nucleare Kerry: "Progressi enormi"
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“Ancora
non siamo arrivati là dove dobbiamo arrivare, anche se negli ultimi
giorni sono stati fatti enormi progressi”. Così il segretario di Stato
americano John Kerry intervenendo a margine dei negoziati sul nucleare
iraniano. La Stampa riporta anche le dichiarazioni dell'alto
rappresentante per la politica estera della Ue Federica Mogherini, che
ha affermato: “È arrivato il momento, siamo nell’ultimo miglio della
maratona”.
Ponte Galeria, immigrati tentano la fuga.
Nuova rivolta nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di
Ponte Galeria. Scrive Repubblica Roma: “Due notti fa tra le 2 e le 3.30
una trentina di immigrati nordafricani ha tentato la fuga forzando i
cancelli dopo aver bruciato qualche materasso e aperto due varchi in un
tramezzo con le reti dei letti usate a mo' di ariete. A far scattare la
protesta nella sezione maschile, secondo quanto riportato dal blog
www.mortidicie.org, “l'ennesimo rifiuto di curare un ragazzo diabetico
in sciopero della fame da due giorni contro l'attesa infinita di una
risposta alla sua richiesta di asilo politico”.
Gli ebrei italiani e la Grande Guerra.
Rispondendo a un lettore che ricorda con ammirazione la figura del
matematico ebreo Vito Volterra, ma che si dice sorpreso per la sua
adesione al movimento interventista allo scoppio della prima guerra
mondiale, Sergio Romano scrive: “L'atteggiamento di Volterra nel 1915
fu quello della grande maggioranza degli ebrei italiani. Erano grati ai
Savoia per la cancellazione delle interdizioni israelitiche nel 1848.
Avevano vissuto con forte partecipazione l'epopea risorgimentale.
Amavano la cultura del Paese in cui avevano trovato una patria”.
Conclude Romano: “Le ricordo che il Comando supremo, durante il
conflitto, autorizzò, per quanto possibile, una celebrazione collegiale
della Pasqua ebraica”.
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ROMA - entro venerdì il trasferimento Urtisti, parla il presidente Gigli:
"Anche noi vittime del degrado"
“Oggi
è un giorno importante, non solo per Roma, ma per il mondo intero.
Stiamo riportando l’area archeologica centrale allo splendore che
merita” scriveva pochi giorni fa sul proprio sito il sindaco di Roma
Ignazio Marino annunciando lo spostamento, entro venerdì 10 luglio, di
“22 camion bar, 43 urtisti e altre 11 postazioni” dall'area
archeologica centrale e da quella del Tridente. Inquadrato nelle
iniziative anti-degrado varate dall'amministrazione cittadina,
l'intervento è contestato con forza dai rappresentanti della categoria,
istituita con dispensa papalina nell'Ottocento a beneficio di alcuni
ambulanti della comunità ebraica romana e poi trasmessa, nelle
generazioni, attraverso regolare licenza.
“Serve un ritorno alla legalità. Facciamo una fotografia d’insieme,
sradichiamo il vero abusivismo e poi quello che c’è da sistemare lo
sistemiamo. Ma seguendo questo filo logico, senza soluzioni di
facciata”, il commento a Pagine Ebraiche del presidente di categoria
Fabio Gigli (nell'immagine). Che oggi, tornando sull'argomento, tiene a
sottolineare come quelle che vengono presentate siano soluzioni
“mediatiche, senza alcun beneficio concreto”. E a ricordare come gli
urtisti “niente abbiano a che fare con il degrado della città, che ha
matrici e ragioni ben diverse”.
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DAL HASSIDISMO ALLA MUSICA POP
Ballare a passo di Lipa
“L’Elvis
Presley ebreo” scrive qualcuno. “No il Lady Gaga” c’è chi ribatte.
Anzi, con quel suo gusto spiccato per la moda forse è un po’ come Kanye
West, commenta piccato un terzo. Che assomigli a un re della musica
generalista o a un altro, la sostanza è la stessa: Lipa Schmeltzer,
hassid trentasettenne cresciuto nei sobborghi di New York, è un
fenomeno pop. Pur allontanandosi dall’educazione di famiglia
appartenente alla celebre dinastia ucraina degli Skver, non ha
rinunciato all’ebraismo ortodosso e incide canzoni che mirano a
risvegliare l’unità nel popolo ebraico. “Lipa piace a tutti – riportano
i media – non importa il genere, le posizioni politiche e il livello di
osservanza religiosa”. Sì, Lipa piace proprio a tutti, tanto da
ottenere l’inserimento tra i cinquanta ebrei americani più influenti
insieme alla comica Sarah Silverman e al presentatore Jon Stewart. La
carriera musicale di Schmeltzer si avvia dopo la celebrazione del suo
matrimonio e l’annosa ricerca di un cantante adatto alla festa. Proprio
dopo questo episodio, decide di iniziare a cantare a feste religiose
come bar e bar mitzvah anche senza aver ricevuto una formazione
professionale. Una volta saggiato il successo tra tredicenni, vero e
proprio banco prova in qualsiasi comunità (compresa quella hassidica),
comincia a registrare video musicali che lo portano alla ribalta come
la nuova stella dell’ebraismo ultraortodosso. Un successo che non manca
di generare critiche e attacchi per le sue influenze mutuate dagli
stili moderni e per l’apertura al grande pubblico. Nel 2008, per
esempio, un gruppo di rabbini si è mobilitato, pubblicando una pagina
di protesta su Hamodia (il giornale religioso fondato un secolo fa in
Europa dell’Est) per impedire The Big Event, il grande concerto che
doveva tenersi a Madison Square Garden e al quale doveva partecipare
anche il cantante che decise poi di rinunciare, cancellando anche la
sua tappa a Londra.
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informazione - international edition
La realtà di Israele
“L’Italia
mai con chi boicotta” ha affermato il ministro degli Esteri Paolo
Gentiloni in visita a Gerusalemme la scorsa settimana. Come raccontato
al pubblico internazionale di Pagine Ebraiche, il titolare della
Farnesina, che ha tra l’altro incontrato il premier dello Stato ebraico
Bibi Netanyahu e il presidente Reuven Rivlin, ha assicurato che il suo
governo si opporrà a ogni tentativo di delegittimazione, anche
attraverso l’arena internazionale.
Ma come si comprende, e difende, Israele? Nella sua rubrica It Happened
Tomorrow il direttore della redazione giornalistica dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Guido Vitale presenta il nuovo spazio
“Realtà di Israele” aperto sul numero di luglio del giornale
dell’ebraismo italiano.
“Realtà di Israele, lo dice il nome, è un nuovo spazio per comprendere
cosa Israele sia davvero. Difficile? Noioso? Troppo complicato per chi
è ormai abituato a sorbirsi solo slogan? Forse. Eppure, qualcuno
conosce forse un modo migliore per capire e difendere Israele?”.
Ancora su Pagine Ebraiche International Edition, la presentazione del
nuovo centro ebraico che verrà costruito a Parigi, la miglior risposta
contro l’antisemitismo che minaccia la vita degli ebrei d’Oltralpe.
Estate, tempo di colori e di diari delle vacanze, come sottolineato
dalla presentazione del nuovo numero di DafDaf, il giornale ebraico dei
bambini.
Estate, tempo di libri: parte questa settimana una serie speciale della
rubrica Italics, a firma di Daniela Gross, dedicata ai consigli di
lettura. Si inizia con “Forse Esther” di Katja Petrowskaja, che
dovrebbe essere tradotto in inglese nel maggio 2016.
Nella sezione Bechol Lashon, in lingua portoghese, il rabbino capo di
Trieste Eliezer Di Martino riflette sulla condizione particolare del
popolo ebraico nella storia.
“Lo contemplo dall’alto delle rupi, e dei colli, ecco, il popolo
abiterà da solo, e tra le nazioni non sarà contato” i versi (Numeri
23-9) da cui il rav prende spunto per le sue riflessioni.
Le parole di un altro rabbino, rav Benedetto Carucci Viterbi, sono
raccolte nel Pilpul settimanale, riprendendo un verso dei Pirkei Avot.
“L'invidia, il desiderio e la ricerca di onore portano l'uomo fuori dal
mondo”.
Rossella Tercatin
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Oltremare
- La penisola accanto
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La
crisi greca ha esposto uno dei classici vizi israeliani: il sospiro di
solievo in diretta televisiva quando qualcuno se la passa peggio di
noi. Fanno quasi tenerezza i giornalisti che hanno vissuto da adulti la
crisi di metà anni Ottanta, quando l'inflazione aveva tre cifre
percentuali, e alla sera si andava a dormire senza sapere quanto
sarebbero valsi il giorno dopo i soldi che si avevano in banca. I
telegiornali trasmettono servizi che celebrano l'uscita dalla crisi del
1984 (450% l'inflazione annuale, e impallidite pure) come esempio di
ottima condotta del governo in tempi di gravi pericoli per una volta
nella storia non militari.
Tutta questa attenzione per la Grecia, e soprattutto per le sue spiagge
e zone turistiche - si potrà ancora andare in vacanza? Alberghi,
ristoranti e stabilimenti rimarranno aperti nonostante il "No" di ieri?
Interviste a chiunque parli ebraico e si trovi in Grecia, vacanzieri in
costume da bagno che tranquillizzano il pubblico a casa: qui è tutto
normale, i turisti se la spassano come ogni estate, noi la crisi non la
sentiamo, e via edificando. Ma noi israeliani, che facciamo le stesse
identiche dichiarazioni quando parte una offensiva locale al nord o al
sud, leggiamo in filigrana. È lo stesso copione, anche se la minaccia
sulle spiagge greche non sono i missili di Hezbollah o di Hamas, ma il
buco nero della possibile uscita dall'Europa.
Quindi ci caschiamo, e quest'estate andremo lo stesso in Grecia a
goderci il mare, mentre intorno il paese rischia il collasso?
Probabilmente sì, se non altro perchè l'epoca d'oro delle vacanze in
massa degli israeliani in Turchia è finita quando la Marmara (turca) è
arrivata al largo di Gaza. Gli albergatori turchi ancora si leccano le
ferite, perchè improvvisamente gli israeliani hanno cercato altri lidi,
e li hanno trovati. E siccome siamo un popolo tendente agli esodi,
compatto verso una destinazione preferita, se il popolo ha parlato ed è
Grecia, si va comunque.
Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini
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