Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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"Voglio
libera la Chiesa e rispettata la religione. Ma non riguardo la Chiesa
come una società di strade ferrate e non la credo libera quando il
clero minore resta abbandonato al dispotismo del clero maggiore e molto
meno poi quando gli uni e gli altri si uniscono a formare un partito
politico, che non ha patria, ma combatte in tutto e per tutto la patria
di ogni popolo. Voglio che lo Stato di fronte alla Chiesa faccia valere
i suoi diritti e li faccia rispettare senza debolezze e senza rancori.”
Da un discorso tenuto dal patriota napoletano Pasquale Villari ai suoi
elettori il 27 settembre 1876.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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La mia città, si dice, è stata fondata da un profugo troiano (per la verità ora lì è Turchia), tale Antènore.
La mia città ha un santo venerato, che era un naufrago portoghese, sant’Antonio, ossia Fernando Martins de Bulhões.
La mia città ha un’università rinomata, fondata da studenti ribelli
bolognesi, ai quali si aggiungono altri organizzati in diverse
Nationes, in Transalpini e Cisalpini, e molti, molti ebrei.
La mia città ha una cappella splendidamente affrescata, da un pittore toscano, tale Giotto.
La mia città ha altri grandi tesori d’arte, per lo più realizzati da
artisti ‘foresti’ come i fiorentini Giusto de Menabuoi e Donatello, ma
anche del contado come Guariento, Mantegna e Jacopo. Mai proprio nativi.
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La partita diplomatica
tra Israele, Usa e Iran
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Una
disfatta diplomatica per il premier Benjamin Netanyahu. Così diversi
quotidiani israeliani, riporta oggi Repubblica, hanno definito la firma
a Vienna degli accordi sul nucleare tra le potenze occidentali e
l'Iran. Tra i più critici della gestione di Netanyahu delle trattative
sull'accordo iraniano, il leader dell'opposizione Isaac Herzog a cui il
primo ministro ha però offerto un posto all'interno dell'esecutivo,
proponendo un governo di unità nazionale. “Facce nuove in grado di
ritessere il filo di quell'alleanza con gli Usa – scrive Repubblica per
spiegare la mossa di Netanyahu di aprire ai laburisti di Herzog - mai
messa in discussione, ma che dopo la firma di Vienna appare agli
israeliani sfilacciata e semina insicurezza nel futuro strategico della
regione”. Un futuro che secondo Washington sarà più sicuro per il Medio
Oriente grazie all'accordo siglato con l'Iran e la sfida sarà
convincere di questo gli alleati dell'area, a partire da Gerusalemme.
Barack Obama, che come spiega Avvenire ha dalla sua anche la Russia, ha
offerto a Netanyahu rassicurazioni e maggiori aiuti per la difesa di
Israele.
Il trattato con l'Iran è la cosa giusta? Furio Colombo risponde sul
Fatto Quotidiano sulla bontà dell'accordo siglato con Teheran dal
gruppo dei 5+1. “Si direbbe che tutte le luci dell'intelligenza
occidentale siano puntate su un lato solo (l'Iran moderno che
assomiglia all'Occidente, vuole rientrare nelle grandi relazioni
internazionali e mostra moderazione)- scrive Colombo - trascurando la
ramificazione di rapporti territoriali e religiosi che l'Iran
raggiunge, e da cui viene raggiunto, in tutta quella parte del mondo”.
Per Gianni Riotta (La Stampa) la scommessa - un azzardo, secondo
l'analista Klein Halevi (il Foglio) - di Obama è quella di evitare che
quelle ramificazioni, come accade oggi, vengano usate dall'Iran per
destabilizzare l'area. L'accordo e la riaffermazione degli Stati Uniti
come prima potenza a livello internazionale dovrebbero rappresentare
l'argine per il regime di Teheran. In una lettera al Corriere, Riccardo
Pacifici esprime la sua contrarietà all'intesa affermando che non
fermerà “l'egemonia sciita guidata dall'Iran nella regione” ma che
mette in pericolo Israele e l'Europa.
La Terra e l'etica ebraica. Sul Corriere Sette Aldo Grasso riflette, a
partire da un seminario organizzato dal Keren Kayemet Le Israel
al Padiglione Israele, sull'etica della terra. Grasso parla
dell'osservanza nell'ebraismo della Shmitah, l'anno di riposo che ogni
sette anni viene dato ai campi destinati alla coltivazione, come
simbolo di rispetto della terra e contro l'attuale sfruttamento
intensivo che ha determinato “spesso la perdita di biodiversità,
l'inquinamento delle acque, dei terreni e dell'aria”.
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MATTARELLA-GATTEGNA, INCONTRO IN QUIRINALE
Ebrei italiani al servizio del paese
Cordiale
scambio di vedute questa mattina tra il Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella e il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Renzo Gattegna.
Nel corso dell'incontro il Presidente Gattegna ha ringraziato il Capo
dello Stato per i gesti e le parole che hanno segnato i primi mesi del
suo mandato, tra cui la visita alle Fosse Ardeatine e l'impegno per
ricordare Stefano Gaj Taché, il bambino ebreo assassinato dai
terroristi palestinesi nell'attacco alla sinagoga di Roma del 1982.
Ripercorrendo la storia bimillenaria della comunità ebraica in Italia,
il Presidente Gattegna ha posto in evidenza le peculiari
caratteristiche di una minoranza che ha sempre contribuito alla civiltà
e alla cultura del paese. Un particolare accento è stato posto sul
grande significato che ha avuto l'entrata in vigore della Costituzione
repubblicana, che ha sancito i principi della parità dei diritti e
della libertà di pensiero, e infine al preciso ed esemplare impegno che
le comunità ebraiche continuano a fornire con la loro scrupolosa e
attenta osservanza della legislazione vigente.
Tra i tanti temi toccati nel corso del colloquio la minaccia del
terrorismo, la lotta alle intolleranze, la sfida della Memoria viva, la
diffusione della cultura e dei valori ebraici, la salda collaborazione
tra istituzioni dello Stato e istituzioni ebraiche su diversi fronti,
non ultimo quello della sicurezza.
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israele - il dibattito sul nucleare iraniano
"Il miglior accordo possibile"
Sull'accordo
iraniano, la voce della politica israeliana è piuttosto chiara. Le
posizioni del Primo ministro Benjamin Netanyahu sono rumorosamente
contrarie all'intesa, così come quelle di tutta la destra israeliana.
Anche la sinistra in realtà non si è detta favorevole all'accordo
siglato a Vienna da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia,
Germania e, ovviamente, Iran. Il leader laburista Isaac Herzog,
intervistato dall'americano Atlantic, ha parlato di “un patto che
porterà il caos nel Medio Oriente”. Ma in Israele non tutti hanno
posizioni critiche o scettiche rispetto all'accordo strenuamente difeso
in queste ore dal presidente Usa Barack Obama. “Non viviamo in un mondo
ideale e non esistono accordi ideali. E non esiste nemmeno un Medio
Oriente ideale”, ha dichiarato in un'intervista Amy Ayalon, ex
direttore dei servizi di Intelligence d'Israele (lo Shin Bet), secondo
cui l'intesa di Vienna “non è stata un errore ma la scelta migliore tra
le alternative possibili”.
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emmy awards
Gli Oscar del piccolo schermo,
l’ora del “jewish pride”
Si
indossa il vestito buono, ci si mette seduti accanto ai più stretti
collaboratori e si attende il proprio destino. Gli Emmy Awards, i
prestigiosi premi della televisione Usa, sono una cosa dannatamente
seria. Persino più degli Oscar e dei festival indie, perché, come
dimostra ogni buon sociologo dei nostri tempi, ne uccide più un
telefilm del cinema. Sarà anche per questo che la nuova affettazione
snobistica dei pesi massimi di Hollywood è quella di debuttare sul
piccolo schermo come fosse un teatro off Broadway.
Annunciate ieri, le nomination degli Emmy non deludono i supporters
dello jewish pride, facendo intendere che il Nokia Theatre, sede della
premiazione, diventerà un piccolo shtetl alla moda il prossimo 20
settembre.
A partire dal presentatore: a fare gli onori di casa sarà infatti Andy
Samberg, comico, attore e rapper giunto alla ribalta con la band dei
Lonely Island. Con gli Island ha realizzato video musicali improbabili
che facevano picchi di ascolti al Saturday Night Live e nei quali
apparivano Lady Gaga, Justin Timberlake e persino la sofisticata
Natalie Portman, in una inedita versione cafona. Nato in California da
una famiglia ebraica, Samberg è il nipote di Alfred Marrow, ex
presidente dell’American Jewish Congress.
Passando oltre e dando uno sguardo ai telefilm in gara: a fare da
capofila, ritroviamo l’impareggiabile Game of Thrones (nell'immagine,
alcuni dei suoi protagonisti), Trono di Spade la serie fantasy ispirata
alla saga di George R.R. Martin che strappa 24 nomination, confermando
il suo successo globale. Una ennesima conferma per i suoi creatori
David Benioff e D.B. Weiss.
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Poco preoccupati? Troppo?
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Personalmente
considero i confronti e la ricerca (per quanto forzata) di analogie tra
diverse epoche storiche interessanti, utili, istruttivi. Del resto
nessuno può fare a meno di guardare al passato con gli occhi della
propria epoca. Ancora più inevitabile per noi ebrei guardare con
particolare attenzione agli anni che hanno preceduto la Shoah, pronti a
lanciare più che legittimi segnali di allarme di fronte a qualunque
somiglianza tra gli eventi di oggi e quelli di allora. Il fatto è che
la storia è vasta e complessa e non è sempre facile capire quali tra le
infinite somiglianze e analogie possibili sia rilevante in un
determinato contesto.
Anna Segre, insegnante
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I mostri normali |
La
vicenda, più volte riportata sui media nazionali, di Fatima Az Zahra
(Maria Giulia Sergio), la ragazza italiana convertita all’Islam e
partita per la Siria controllata dallo Stato Islamico, non avrebbe in
sé niente di atipico, sono numerosi del resto coloro che, convertiti o
no all’Islam, abbracciano il jihadismo.
Ciò che invece, dovrebbe portare ancora a una riflessione, è quella
‘banalità del male’ che si riscontra soprattutto attraverso l’ascolto
delle conversazioni intercettate tra la ragazza e i famigliari.
Francesco Moises Bassano, studente
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Città rifugio |
Domani
leggiamo la parashah di Maasé che accenna alle città rifugio, assegnate
ai Leviti “perché ivi trovi rifugio l’omicida involontario..” (Numeri
35, 6). “Vi sono città rifugio, perché noi abbiamo abbastanza coscienza
per nutrire buone intenzioni, ma non abbastanza per non tradirle con i
nostri atti (…) La città-rifugio è la città di una civiltà o di
un’umanità che protegge l’innocenza soggettiva e perdona la
colpevolezza oggettiva e tutte le smentite inflitte dagli atti alle
intenzioni.” (Emmanuel Lévinas).
Ilana Bahbout
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