Paolo Sciunnach,
insegnante
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“Non
contaminerete [profanerete, corromperete, pervertirete, tradirete] il
paese dove sarete, perché il sangue contamina il paese; non si potrà
fare per il paese alcuna espiazione del sangue che vi sarà stato
sparso, se non mediante il sangue di chi l’avrà sparso”. (Numeri 35,
33). Dice Rashi: “Non renderete colpevole [malvagia]”, come traduce il
Targum. Spiega Hirsh: “Non deluderete (vi prenderete gioco) le
aspettative” (rispetto alla Terra). Da questo versetto impariamo un
importante insegnamento: il termine “חנופה” può significare anche
‘deviare’, ‘adulazione’ e ‘ipocrisia’.
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Anna
Foa,
storica
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I
‘cittadini italiani’ che, sotto la guida di forze di estrema destra
come Militia e Casa Pound, si scagliano a Roma come a Treviso contro
dei profughi, danno fuoco alle loro povere cose, cercano di cacciarli
gridando di “non volere i negri”, affermano anche di non essere
razzisti ma di agire ‘per paura’. La giustificazione gira da tempo sui
media: abbiamo paura di loro, per questo non li vogliamo. Ma che cos’è
questa paura e siamo proprio così sicuri che tale paura non abbia
proprio niente a che fare col razzismo?
Perché questi cittadini tanto paurosi non hanno paura di una persona o
di un gruppo di persone determinate, che abbiano fatto loro del male o
minaccino di farlo; hanno paura di coloro che hanno un colore diverso
della pelle, che vengono da un altro continente, che vivono in
condizioni di grande disagio. Hanno cioè paura di chi è diverso da
loro. È la paura dell’altro, non una paura specifica, motivata. È la
paura di perdere il proprio status, le proprie idee. Personalmente, non
provo nessuna pena per queste persone. Tale paura è infatti parte
costitutiva del razzismo, della prepotenza, dell’odio del diverso. Sono
razzisti, e per di più razzisti paurosi.
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Israele, la sfida di Renzi
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Alla
vigilia della missione del primo ministro italiano Matteo Renzi in
Israele, i principali quotidiani riflettono sul significato e sui temi
chiave di questa visita. “La missione di Renzi è rassicurare lo Stato
di Israele” titola il Corriere della sera alludendo alla ferma condanna
arrivata da Gerusalemme dopo l’accordo sul nucleare iraniano. Tre i
macrotemi segnalati dalla Stampa: “Lotta al terrorismo, cooperazione
nell’innovazione tecnologica e possibile rilancio del negoziato
israelo-palestinese”. Sul secondo fronte fitta agenda di incontri per
il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania
Giannini, accompagnata tra gli altri dal presidente dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
“Caro Renzi, fermi le accuse contro Israele” l’invito di Fiamma
Nirenstein sul Giornale. Mentre Pierluigi Battista, nelle sue
Particelle elementari (Corriere), parla della “disfatta morale” legata
all’accordo con Teheran e della minaccia che grava su Israele,
l’ebraismo diasporico, l’intero mondo occidentale.
Sullo stesso tema la Stampa ospita un intervento dello scrittore
Abraham Yehoshua, che dice di accogliere “con favore e speranza” i
frutti del negoziato di Vienna ma al tempo stesso di non sottovalutare
la preoccupazione del governo israeliano. Perché, scrive, “la storia ci
ha insegnato a non sottovalutare le minacce, né quelle provenienti da
regimi democratici né di certo quelle provenienti da regimi
dittatoriali di stampo religioso o laico”.
Suscita inquietudine lo scontro avvenuto a Columbia, capitale della
Carolina del Sud, tra simpatizzanti neonazisti del Ku Klux Klan e
attivisti delle “Nuove pantere nere”. Con l’America che, si legge su
Repubblica, torna ad essere “ostaggio” della sua storia recente.
“Un muro in paese per fermare i rifugiati”. È la proposta shock di Joe
Formaggio, sindaco del Comune di Albettone, provincia di Vicenza, già
indagato per discriminazione razziale a causa di alcuni cartelli
anti-nomadi fatti affiggere all’interno del Comune (Repubblica).
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I LAVORI DEL CONSIGLIO UCEI
I numeri per il futuro
Sono
significativi e tangibili i risultati della raccolta Otto per Mille
relativi alle scelte espresse nel 2012 a favore dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, rilevazione appena diffusa dal ministero
delle Finanze. Da 81457 a 87510 preferenze, una crescita media del
7,43% (con incrementi particolarmente significativi al Sud). Numeri che
possono aprire a molteplici riflessioni e con l'analisi dei quali si è
aperta la riunione del Consiglio dell'Unione convocato ieri a Roma.
Un tema affrontato anche dal presidente Renzo Gattegna nella relazione
introduttiva che ha dato avvio ai lavori. “Dal 2008 – le sue parole –
l'Unione ha deciso di uscire dal silenzio e ha iniziato a creare gli
strumenti idonei che sono serviti ad acquisire una voce autorevole. Ha
rinunciato a costose e inutili campagne pubblicitarie, ha rinunciato a
slogan inefficaci e inadeguati, e si è posta in relazione con tutte le
Istituzioni e l’opinione pubblica italiana per svolgere il suo ruolo di
rappresentante di un ebraismo italiano vivo, moderno, aggiornato, di un
ebraismo che orgogliosamente guarda ai propri principi e valori passati
e presenti, e che intende lavorare per un futuro di libertà e di
progresso”.
La riunione, dedicata ad alcuni temi strategici per il futuro
dell'ebraismo italiano, è proseguita con l'approvazione del Bilancio
2014. Precedentemente illustrato dall'assessore Noemi Di Segni, cui è
andato il plauso di tutto il Consiglio, il bilancio è stato approvato
all'unanimità. Varata inoltre la riforma del sistema di contribuzione
delle 21 comunità all'UCEI. Con l'obiettivo, ha spiegato Di Segni, di
correggere alcune “storture” del passato. I parametri per la
contribuzione sono stati così ripensati per conseguire “sia la
semplificazione sia la più equa e concreta applicazione del principio
di capacità contributiva”. Ad essere prevista una quota fissa da
moltiplicare per il numero degli iscritti, il reddito derivante dagli
immobili di proprietà, eventuali sconti a chi si trova a gestire
determinati servizi di priorità socio-culturale.
Intenso confronto sulle modifiche dello statuto UCEI e sulla
cooptazione per la copertura dei posti rimasti vacanti a causa delle
dimissioni di alcuni consiglieri romani. Clima disteso e cordialità a
segnare l'inizio di una nuova fase nei rapporti tra UCEI e la comunità
della Capitale. La neo presidente Ruth Dureghello, ospite ai lavori, ha
espresso il proprio auspicio per una sempre più stretta e costruttiva
collaborazione.
Per quanto concerne l'erogazione dell'extragettito maturato negli
esercizi precedenti il Consiglio ha approvato la seguente destinazione:
60 per cento dello stesso alle Comunità; 5 per cento agli enti; 25 per
cento di competenza UCEI, 10 per cento delle commissioni. Relativamente
agli ultimi due punti la ripartizione sarà finalizzata alla
valorizzazione delle progettualità locali, al rafforzamento della
presenza ebraica nel Meridione, all'incremento della raccolta Otto per
Mille a livello territoriale, al consolidamento dei servizi resi
dall'UCEI alle comunità.
a.s twitter @asmulevichmoked
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LA PRIMA UDIENZA A DICEMBRE
Stormfront, in 25 a processo
Rinvio
a giudizio per 25 attivisti e simpatizzanti del gruppo di estrema
destra Stormfront. Odio razziale, minacce, violazione della legge
Mancino: questi i reati di cui sono stati accusati dal gup di Roma
Giovanni Giorgianni. Come riferito dal pubblico ministero Luca
Tescaroli, gli imputati avrebbero pubblicato su una pagina del sito
post contro diversi soggetti tra cui rappresentanti delle istituzioni,
esponenti del mondo ebraico e immigrati. Ad essere formalizzato,
inoltre, il patteggiamento per altri sei imputati con pene che vanno
dai sette ai 18 mesi di reclusione. Il processo è stato fissato
al 15 dicembre.
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Oltremare
- Le due città
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Il
17 novembre del 1873 le due città ungheresi di Buda e Pest vennero
unificate e presero il nome di Budapest. In mezzo gorgogliava pacifico
il Danubio, da pochi anni celebrato da Strauss con il suo valzer, ma
chissà se a Buda e Pest si sapeva già di quel che capitava a monte,
sulla scena musicale viennese. Un gran peccato che non ci sia nessuno
in grado di raccontare che effetto abbia fatto, quella unificazione.
Il 19 agosto del 1950 altre due città vennero unificate, in luoghi
molto meno austro-ungarici: Tel Aviv e Yafo. Non suona bene fuso, come
Budapest, ma di fatto è una città sola. Nessun Danubio a dividerle,
nessun fiume in generale; da inizio secolo un mondo nuovo si era fatto
spazio, affondando fino alle ginocchia nella sabbia fuori dalle mura,
al nord del porto antico, popolato in maggioranza da arabi. La città
nuova, la città degli ebrei, nel ’50 era ormai molto più che la strada
modello far west che era stata, con tutte le case in una fila su
Rothschild Boulevard e dietro il nulla. Tel Aviv aveva preso forma e in
fretta, si costruiva a ritmi per nulla mediorientali, si piantavano
alberi, si facevano i bagni al mare.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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