David
Sciunnach,
rabbino
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“Queste
sono le tappe dei figli d’Israele …” (Bemidbàr 33, 1). I Maestri ci
insegnano che questa Parashà viene letta sempre nel periodo dei Ben
ha-Metzarìm, i giorni che vanno dal 17 di Tamuz fino al 9 di Av. Sono
questi infatti giorni di lutto per il popolo d’Israele che ricordano il
Ghalùt – l’esilio.
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David
Assael,
ricercatore
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Misteri
della mente umana. Secondo logica i rapporti con il mondo islamico
dovrebbero essere più difficoltosi in Israele, ma, mentre a Milano c’è
chi rivendica il pagamento dell’Imu (o Tasi che sia) per non essere
svegliato dal muezzin nel giorno in cui si conclude il Ramadan (un
unico giorno l’anno), qui a Tel Aviv grande festa per le strade e
muezzin di Yafo che cantano a più non posso. Ed ancora, mentre in
Europa si costruiscono muri per proteggersi dai migranti che sfuggono
alla morte (ne ha annunciato uno anche il sindaco del comune vicentino
di Albettone, notoriamente un obiettivo strategico dell’Isis), si è
prodotta un’intera letteratura contro il muro israeliano costruito a
seguito di più di 1000 morti per attentati.
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Renzi a Netanyahu:
"Qui sono a casa" |
La
difesa di Israele, la lotta all’antisemitismo e la sfida dell’Occidente
dopo l’accordo sul nucleare in Iran: questi i principali temi toccati
dal premier italiano Matteo Renzi in visita in Israele, dove ha anche
incontrato il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Renzo Gattegna. “Venire qui per me e per ogni europeo è come tornare a
casa” ha spiegato Renzi durante il vertice con il primo ministro
israeliano Benjamin Netanyahu. D’altro canto Netanyahu non si è
sottratto dal criticare l’accordo steso dai Paesi del 5+1 per il
nucleare in Iran: “È un errore storico – ha detto – e metterà l’Iran in
condizione di avere decine di armi atomiche entro dieci anni”. Al che
Renzi ha dichiarato: “La sicurezza di Israele è anche la sicurezza
dell’Italia e dell’Europa, abbiamo un destino comune da condividere”.
Oggi il premier interverrà alla Knesset, il Parlamento, incontrerà il
presidente israeliano Reuven Rivlin e il presidente dell’Autorità
palestinese Abu Mazen. Netanyahu, riporta tra gli altri il Corriere, ha
intanto annunciato che verrà in visita a Milano il prossimo agosto.
(Corriere della Sera)
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gerusalemme - la missione del premier renzi
"Italia e Israele, destino comune"
Un
intervento improntato a sottolineare il solido rapporto con Israele, il
legame con l'ebraismo italiano e con la Memoria. Dagli scranni della
Knesset il Primo ministro italiano Matteo Renzi ha ricevuto un lungo e
sentito applauso per il discorso tenuto nelle scorse ore all'emiciclo
israeliano, toccando molti aspetti di questa decennale amicizia.
“Israele non esiste a causa della Shoah ma nonostante la Shoah. Israele
non ha solo il diritto di esistere ma il dovere di esistere. Anche per
i miei figli”, ha affermato in uno dei passaggi il Premier, ricordando
poi che, "il vostro destino è il nostro destino, la vostra sicurezza è
la nostra sicurezza, insieme costruiremo un mondo migliore”. Renzi ha
più volte sottolineato come Italia e Israele abbiano un destino comune
e come sia indissolubile il loro legame. Così come indissolubile è
quello tra l'Italia e il suo mondo ebraico, di cui il Primo ministro ha
ricordato l'importanza, salutando il presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, presente alla Knesset e
parte della delegazione del Capo del governo in Israele. Ma diverse
sono state le suggestioni provenienti dall'ebraismo italiano richiamate
da Renzi, che nelle scorse ore ha incontrato il Primo ministro
israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Reuven Rivlin.
(Nell'immagine
il premier italiano Matteo Renzi, il ministro dell'Educazione
israeliano Naftali Bennett e il presidente dell'UCEI Renzo Gattegna in
visita allo Yad Vashem).
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qui trieste - redazione aperta Numeri, i segnali da interpretare
“L’ultima
raccolta Otto per mille? La lettura non può che essere positiva, anche
guardando alle potenzialità del Sud. Si tratta di numeri confortanti
che è fondamentale interpretare e mettere a frutto nel migliore dei
modi per dare continuità alle scelte strategiche intraprese in questi
anni”. Noemi Di Segni, assessore al Bilancio dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane, commenta a Redazione Aperta i dati relativi alle
scelte espresse nel 2012 a favore dell’UCEI, rilevazione diffusa in
questi giorni dal ministero delle Finanze e che fa segnare un
significativo aumento di preferenze a beneficio dell’Unione (da 81457 a
87510, incremento del 7,43%). Accompagnata dal segretario generale
Gloria Arbib, l’assessore Di Segni si è lungamente confrontata con la
redazione e con i vertici della Comunità ebraica di Trieste nelle
figure del presidente Alessandro Salonichio e dei consiglieri Davide
Belleli, Mauro Tabor e Alessandro Treves.
Numerosi i temi oggetto di discussione, con particolare riferimento ai
lavori dell’ultimo Consiglio dell’Unione svoltosi domenica a Roma nel
corso del quale sono stati analizzati i risultati della raccolta, è
stato approvato (all’unanimità) il bilancio per il 2014, sono stati
discussi il progetto di revisione e semplificazione dei contributi
comunitari, i correttivi statutari, i meccanismi di cooptazione per la
copertura dei posti rimasti vacanti all’interno dell’organo a causa
delle dimissioni di alcuni consiglieri romani.
Sulla riforma della contribuzione delle singole Comunità all’UCEI,
iniziativa che segue quella varata in senso opposto due anni fa,
proficuo scambio di vedute tra l’assessore Di Segni e la dirigenza
triestina. Nata con l’intento di correggere alcune “storture” del
passato, la riforma ha infatti ricevuto alcune contestazioni da parte
dei rappresentanti comunitari, che vedono nell’incremento del
contributo assegnato a Trieste una penalizzazione rispetto a quelle che
sono le prerogative della Comunità e il suo impegno sul territorio,
premiato tra l’altro con un esito della raccolta Otto per mille che
conferma la kehillah in testa alla classifica relativa delle
preferenze.
(Nell'immagine Gloria Arbib, Noemi Di Segni, Alessandro Salonichio, Alessandro Treves, Ada Treves e Mauro Tabor).
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melamed Scuola e pluralismo religioso,
la nuova sfida del Miur
Giornalista
nella redazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, esperta
di problemi dell’educazione e della scuola, coordinatrice del giornale
ebraico per bambini DafDaf, Ada Treves è fra i nove componenti della
nuova Commissione per il pluralismo religioso nella scuola pubblica.
Un
riconoscimento importante per il lavoro della redazione che in questi
anni ha messo in campo strumenti innovativi e autorevoli. L’importanza
dello studio e dell’educazione, l’attenzione alle trasformazioni in
corso nella società e la valorizzazione delle minoranze. La conoscenza
dell’altro, l’interesse per il confronto e l’interazione fra culture e
tradizioni differenti. E il futuro. Questi sono alcuni fra i principi
cui la redazione presta una particolare attenzione sin dalla sua
nascita, sette anni addietro, anche con progetti specifici come DafDaf,
il giornale ebraico dei bambini, e il notiziario settimanale Melamed,
dedicato proprio al mondo della scuola e all’educazione.
Un
interesse e un impegno ormai riconosciuti anche dal ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. L’annuncio del
ministro Giannini a inizio maggio in occasione del convegno “Europa e
cultura europea. Le religioni come sistemi educativi”, patrocinato
dall’UCEI, dalla Comunità ebraica di Roma, dall’Università La Sapienza
e dal Centro ebraico Pitigliani: “Nel ministero ho costituito una
commissione sul pluralismo religioso nella quale non ho nominato dei
rappresentanti delle comunità di fede e delle appartenenze, ma degli
esperti di diversa estrazione, sette su nove donne, per fornire
proposte e dar voce a iniziative come questa”.
Già
nel decreto di nomina il ministero riconosce che i cambiamenti sociali,
culturali ed economici che caratterizzano la società hanno determinato
processi di innovazione e di trasformazione significativi sul sistema
educativo, processi che rendono necessaria una ridefinizione dei
concetti di cittadinanza, di legalità e di democrazia. Le scuole e le
università italiane sono luoghi di aggregazione e di socializzazione
riconosciuti come fondamentali per una percezione concreta dei valori
della solidarietà, della democrazia, del rispetto delle regole e dei
diritti altrui. E per questi motivi per la prima volta è stata formata
una commissione, coordinata dal professor Alberto Melloni, direttore a
Bologna della Fondazione per le scienze religiose, accademico e
consulente del Miur, che proporrà direttamente al ministro orientamenti
e suggerimenti per atti normativi e decreti necessari a combattere le
discriminazioni con l’obiettivo di educare attraverso il sapere al
rispetto dei principi costituzionali di libertà e di eguaglianza.
Pagine Ebraiche agosto 2015
(Nell'immagine la redattrice di Pagine Ebraiche Ada Treves durante una visita guidata alla Bologna Children’s Book Fair 2014)
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ADDIO AL “VIOLINISTA SUL TETTO”
Theodore Bikel (1924-2015)
“If
I were a rich man, Ya ha deedle deedle, bubba bubba deedle deedle dum.
All day long I’d biddy biddy bum”. “Se fossi un uomo ricco” canta un
signore imberrettato, trascinando in un ritmo incalzante un pubblico
sognante. “Se fossi un uomo ricco”, cantava Theodore Meir Bikel,
protagonista per ben 2000 volte a Broadway dell’immortale musical “Il
violinista sul tetto”. Scomparso ieri all’età di 91 anni, Bikel, ebreo
di Vienna, è stato attore, compositore, cantante folk e uno degli
ultimi eredi dell’epoca d’oro dell’yiddish, la lingua preziosa
mescolanza tra tedesco ed ebraico. Figlio di un fervente sionista,
Theodore Bikel venne chiamato così in onore dell’omonimo ideologo
Herzl. Con l’avvento della persecuzione emigrò con i genitori
nell’allora Palestina mandataria lavorando e vivendo in un kibbutz.
Fece il suo primo ingresso sulla scena all’Habima Theater di Tel Aviv
nel 1943 e, dopo una esperienza alla Royal Academy of Dramatic Art di
Londra, si trasferì in America.
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Ticketless - Da tradurre |
Questa
settimana vorrei segnalare un libro (Michael A. Livingston, The
Fascists and the Jews of Italy. Mussolini’s Race Laws 1938-1945,
Cambridge University Press). Al culmine di un’impressionante stagione
storiografica, che ha mutato in modo radicale le nostre conoscenze sul
razzismo mussoliniano, è curioso notare come gli ultimi a parlare siano
gli storici della magistratura. Dopo una strana e prolungata soggezione
verso gli studi, ad esempio, sul mondo accademico, tali studi si
moltiplicano (Falconieri, 2005; De Napoli, 2006; De Cristofaro, 2008;
Speciale, 2013). Livingston ha riservato attenzione ad alcuni
ambivalenti casi locali (Ferrara e Torino nello specifico). Se è vero,
spiega, che il sistema repressivo non è comparabile a quello tedesco,
per l’assenza di fanatismo demoniaco, ciò non vuol dire che si debba
tirare un respiro di sollievo.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Il saluto dal trono
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Francamente,
non credo che la famiglia reale britannica abbia fondate ragioni per
protestare contro il giornale di Rupert Murdoch The Sun, che ha reso
visibile al pubblico un breve filmato del 1933, nel quale si vede la
futura regina Elizabeth – all’epoca una bimba di sette anni -, insieme
alla futura regina madre e alla sorella Margaret, intenta a imparare
dallo zio Edward – che, com’è noto, divenne poi re nel 1936, per
abdicare dopo meno di un anno – come fare il saluto nazista. La Gran
Bretagna, a Dio piacendo, è un Paese democratico, nel quale la libertà
di informazione è pienamente tutelata, e sono passati i tempi in cui la
persona del sovrano era ammantata di sacralità, e la sua immagine non
era accessibile ai sudditi se non nelle forme e nei limiti stabiliti
dalla stessa istituzione monarchica. Nessuna persona di buon senso
accuserebbe Elizabeth per quel suo gesto di bambina, e lo stesso
Edward, in considerazione della data dell’episodio, potrebbe essere
perdonato per quella discutibile lezione, se non avesse avuto modo, in
seguito, di dare ampia prova delle sue simpatie naziste, che
conferiscono invece al filmato un significato inquietante.
Francesco Lucrezi, storico
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