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9 settembre 2015 - 25 Elul 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
“…circonciderà il tuo cuore… così che tu possa vivere.” (Devarìm 30, 6). In questo modo usava interpretare l’Admòr Rabbì Ytzchak Meir Alter di Gur, conosciuto come Baàl Chidushè Arìm, questo verso: “Per tutta la mia vita non dimenticherò i Tuoi comandamenti poiché in essi ho vissuto. Non potrò mai dimenticare le Tue mitzvòt poiché io so che essi sono la mia vitalità, e una cosa da cui dipende la vita è impossibile dimenticare, cosi come è impossibile che un uomo si dimentichi di mangiare”.
 
David
Assael,
ricercatore
Pur felicemente sorpreso, come molti, resto un po’ scettico rispetto alla reazione dei cittadini tedeschi di fronte all’ingresso di decine di migliaia di migranti all’interno dei propri confini. Anche ultimamente, la Germania ha vissuto numerosi episodi di intolleranza xenofoba e ad Est spadroneggiano partiti e movimenti no Euro di chiare tendenze nazionaliste. Inoltre, va detto che la stessa Merkel aveva usato toni non certo conciliatori solo fino a pochi giorni fa.
 
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Storie di accoglienza
Di ieri la notizia, riportata sulle maggiori testate nazionali, che la Germania si preparerà ad accogliere cinquecentomila migranti all’anno per diversi anni. Una situazione, ha spiegato il vicecancelliere Sigmar Gabriel, che “cambierà il paese radicalmente”. “Da subito – scrive il Corriere della sera – la Germania si propone di creare 150 mila posti letto a prova d’inverno per l’emergenza, assumere tremila poliziotti in tre anni, fornire 400 milioni al ministero degli Esteri per interventi nei Paesi di partenza dei profughi, intensificare la lotta al racket dei migranti, stabilire con chiarezza quali sono i Paesi che producono rifugiati, per sveltire le procedure di asilo”.
Se i tedeschi si mostrano aperti all’accoglienza, casi di solidarietà si registrano anche in Italia. Su Avvenire viene riportata la decisione del presidente della Comunità ebraica di Torino Dario Disegni di mettere a disposizione un appartamento per i profughi: “Gli ebrei – ha dichiarato – hanno sperimentato nei secoli sulla propria pelle le persecuzioni e la necessità di trovare accoglienza in paesi ospitali. Dobbiamo fare quindi tutto il possibile per aiutare le popolazioni che sperimentano l’odio e la guerra”. Un tema, quello dell’accoglienza, ricorda Avvenire, protagonista del discorso del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna durante la Giornata Europea della Cultura Ebraica: “L’ebraismo si basa su solidi principi e profonde radici che contemplano l’obbligo dell’accoglienza e del rispetto del diverso e dello straniero. La storia e le tradizioni ebraiche sono quelle di un popolo che convive da millenni in mezzo ad altri popoli. L’accoglienza e il rispetto di altre fedi e culture risalgono alle origini stesse dell’ebraismo”.
 
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  davar
ISRAELE - le posizioni sui controlli nucleari
Bibi e Rivlin divisi sull'Iran
Più passano i giorni, più l'accordo tra le potenze mondiali e l'Iran diventa realtà. Il presidente degli Stati Uniti ha incassato l'appoggio necessario per evitare che il Congresso americano, a maggioranza repubblicana, possa affossare l'intesa con Teheran.

E ora si guarda sempre più al dopo, a quando le sanzioni contro il regime iraniano verrano sospese ed entreranno in funzione i meccanismi di controllo sul suo programma nucleare.
Ma mentre Obama cerca di tranquillizzare gli alleati mediorientali, Teheran rivela ancora una volta il suo volto peggiore: in queste ore il leader supremo iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei, è tornato a minacciare l'esistenza di Israele.
“Dopo i negoziati, nel regime sionista dicono che per i prossimi venticinque anni non ci sarà da preoccuparsi dell'Iran. Io dico – il lugubre e intimidatorio messaggio di Khamenei – che non vedrete i prossimi venticinque anni. Se Dio vorrà, non ci sarà nulla di simile al regime sionista nei prossimi 25 anni”. Khamenei ha proseguito, attaccando anche gli Stati Uniti, con cui non vuole dialogare se non sulle questioni legate al nucleare.
E intanto in Israele continuano le discussioni tra i vertici politici e militari sulla gestione diplomatica dell'accordo iraniano: intervistato dalla radio dell'esercito, il presidente Reuven Rivlin ha ribadito ancora una volta le sue critiche al Premier Benjamin Netanyahu sulla gestione dei rapporti con gli Stati Uniti riguardo all'intesa. Tra i due uomini del Likud si sta creando un solco sempre più profondo.
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qui milano
Italia-Israele, uniti per la ricerca
Scienza e tecnologia per rafforzare la collaborazione tra Italia e Israele. Nelle scorse ore a Milano, all'interno degli spazi di Expo, si è riunita la Commissione mista Italia-Israele, da anni impegnata a dare seguito all'Accordo di cooperazione siglato nel 2002 da i due paesi. Il risultato di questo legame e della riunione milanese ha portato all'approvazione di sedici progetti co-finanziati in materia scientifica, da realizzare sia in Italia sia in Israele. Fulcro delle iniziative, il water-treatment (processi industriali diretti al trattamento dell'acqua per renderla potabile o comunque utilizzabile), la farmacogenomica (settore di ricerca dedicato allo studio del genoma e diretto alla scoperta e allo sviluppo di nuovi farmaci) e il settore informatico.

(Nell'immagine, Avi Hasson, capo della delegazione israeliana all'interno della Commissione mista Italia-Israele )
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qui roma - il seminario del pitigliani
Educazione ed ebraismo,

il dialogo necessario
Cosa possono dare le religioni all’educazione? Come conciliare la tradizione dello studio tipicamente ebraica con i nuovi modelli educativi; come deve comportarsi un maestro, e viceversa un suo alunno? Sono queste le domande che aprono il seminario di due giorni (9-10 settembre) “Ebraismo e cultura europea. Le religioni come sistemi educativi” dedicato a “L’ebraismo ed i grandi educatori del ‘900" e ospitato dal centro ebraico Il Pitigliani con il patrocino dell’Università la Sapienza, la Comunità ebraica di Roma e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

Organizzato dall’Istituto di psicologia interculturale Onlus e introdotto dalla professoressa dell’Università La Sapienza Antonella Castelnuovo, l’iniziativa vede l’alternarsi di relazioni di rabbini, educatori, professori e psicologi che affrontano diverse aree tematiche: dalla tradizione ai processi dell’apprendimento, fino al gioco e l’applicazione di materie come l’economia e la matematica. Questo pomeriggio, inoltre, verranno avviati dei workshop i cui risultati saranno discussi domani. Ad accogliere gli ospiti della prima sessione, moderata dalla psicologa e pedagogista Clotilde Pontecorvo, Antonella Castelnuovo: “Con la giornata di oggi vogliamo esaminare come le religioni possono apportare un miglioramento nella società, concentrandoci in particolare su quella ebraica. L’ebreo è stato per l’Occidente, l’altro, l’alterità più antica d’Europa; quello che Simmel definì come ‘l’ospite che rimane’. Questo elemento caratterizzante gli ha permesso di vivere sempre in una doppia dimensione e di portare avanti la propria identità, fortemente legata alla dimensione dell’educazione e dello studio”.
Ad aprire i lavori, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni con un intervento dal titolo “Non c’è futuro senza educazione”: “L’educazione – spiega – è un concetto fondante dell’ebraismo e si articola nell’azione dell’accettazione e in quella della trasmissione (essere dunque sia maestro che alunno), che sono entrambi due doveri. In passato il rabbino di Modena Ishmael HaCoen stese un programma di studio ed esso prevedeva per la maggior parte del tempo di dedicarsi alla Torah senza escludere però le altre materie. Uno studio, quello della Torah, che è stato fin troppo ignorato in alcuni momenti della storia dell’ebraismo italiano”. “Il paradosso da segnalare – sottolinea rav Di Segni a Pagine Ebraiche – è che l’obbligo allo studio della Torah, così fondamentale nell’ebraismo, ha creato un popolo in cui lo studio è una parte essenziale ma che non è più uno studio dedicato alla Torah. E sulla scia lunga, l’ebraismo italiano, dopo aver prodotto qualche generazione di grandi studiosi in ogni disciplina, attualmente, almeno da queste parti, non solo non ha creato grandi studiosi di Torah, ma ha smesso di creare anche grandi studiosi in altre discipline”.

(Nell'immagine Riccardo Lancellotti dell'Ufficio scolastico regionale per il Lazio, la professoressa Clotilde Pontecorvo, la professoressa Antonella Castelnuovo e il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni)
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qui roma - festival della letteratura
Il futuro? A portata di mano 
Iniziare l'anno con uno sguardo positivo verso quello che verrà. Questo secondo il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni il valore della serata tutta dedicata al tema del futuro del Festival internazionale di letteratura e cultura ebraica di Roma.
Numerosi gli spunti di riflessione offerti, con due incontri che hanno portato il pubblico in un viaggio tra le epoche, con protagonisti esperti da un lato della conservazione nei prossimi secoli di ciò che è stato prodotto nel passato e dall'altro di quello che nel presente possiamo fare per capire cosa ci aspetta.
Hanno dunque parlato di “Big data vs big memory: la memoria alla prova del futuro tra dati ed emozioni” la direttrice dell'archivio delle Teche Rai Maria Pia Ammirati, Raul Mordenti, insegnante di Teoria della letteratura all'Università di Roma Tor Vergata, e Andrea Bozzi, ex direttore del Consiglio Nazionale delle Ricerche e coordinatore del Comitato scientifico del progetto “Traduzione del Talmud babilonese in lingua italiana”, moderati da Marco Panella, uno degli organizzatori del Festival. Si sono invece chiesti se “Il futuro è già scritto” il futurologo e consulente specializzato in previsioni sugli sviluppi della tecnologia David Passig, professore all'Università di Bar Ilan, e il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni.
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qui roma - la crisi e l'abbandono
Urtisti, il giorno della protesta
“La storia di Roma non si cancella”, “Le promesse di Marino sono il vero degrado”, “Siamo antichi come i monumenti”. Sono questi alcuni degli slogan che campeggiano su striscioni e cartelli esposti al presidio degli urtisti, i venditori di souvenir, convocato oggi in Campidoglio per protestare contro il loro recente allontanamento dalle zone di maggior interesse turistico, inquadrato nelle iniziative anti-degrado varate dal sindaco di Roma Ignazio Marino.

Quello degli urtisti è un mestiere storico della Roma ebraica, adesso considerato a rischio dai rappresentanti della categoria, che da mesi contestano con forza l’intervento. “Oggi siamo in piazza perché speriamo che il sindaco finalmente ci ascolti, dopo averci messo in una situazione che non è accettabile e aver lasciato che invece gli abusivi lavorino indisturbati”, ha detto a Pagine Ebraiche Fabio Gigli, presidente degli urtisti. Una battaglia sostenuta anche dai leader della Comunità ebraica romana, rappresentata al presidio dalla presidente Ruth Dureghello e dal rabbino capo Riccardo Di Segni.
La decisione del Comune, entrata in vigore il 10 luglio, ha coinvolto 22 camion bar, 43 urtisti e altre 11 postazioni, costretti a spostarsi dall’area archeologica centrale e da quella del Tridente, densamente turistiche, verso la più defilata via San Gregorio. Tale cambiamento ha determinato una radicale diminuzione degli incassi, che in estate normalmente sono più elevati dato il maggiore afflusso di turisti, e Gigli ha parlato con Pagine Ebraiche di “piena emergenza sociale”. La manifestazione, ha spiegato, nasce dunque per “sensibilizzare l’opinione pubblica sul nostro destino, di cui è bene che ci sia consapevolezza”. Perché proprio oggi? “Perché il sindaco ci aveva garantito che saremmo rientrati nei luoghi dove abbiamo sempre lavorato entro un paio di settimane, e questo non è avvenuto. Nel frattempo abbiamo fatto proposte alternative all’amministrazione, ma non è servito a niente. Speriamo che ora Marino prenda in considerazione le nostre istanze – l’auspicio di Gigli – e di poterci finalmente sedere a un tavolo per parlare e trovare una soluzione”. Parla di crisi anche Ruth Dureghello: “Quando le promesse non vengono mantenute creano delle situazioni di disagio di fronte alle quali è evidente che noi non possiamo rimanere insensibili tanto meno inermi”, ha dichiarato. “È la prima volta nella storia della comunità - ha continuato - che manifestiamo in questa maniera accanto a una categoria sotto la sede dell’amministrazione. Mai ci saremmo immaginati di doverlo fare. Il nostro percorso è stato sempre a disposizione delle istituzioni, sinergico con le istituzioni e con la città. Oggi questo ci è impedito”.
La categoria degli urtisti, la cui presenza che risale lungo i secoli è stata messa in evidenza anche dal rav Di Segni, è stata istituita con dispensa papalina nell’Ottocento a beneficio di alcuni ambulanti della Comunità ebraica romana e poi trasmessa nelle generazioni attraverso regolare licenza. I suoi rappresentanti sono oggi impegnati anche a respingere l’accostamento con i problemi di degrado della capitale, vantandosi anzi di essere vere e proprie sentinelle contro l’abusivismo che caratterizza le strade e le piazze del centro, come fa notare Gigli mostrando alcune foto che ritraggono venditori abusivi di fronte al Colosseo e gli spazi ridotti concessi agli urtisti. In questo sono supportati, tra gli altri, dal presidente del pd romano Tommaso Giuntella e dalla presidente del Consiglio del Municipio XII Alessia Salmoni.
“Siamo qui per un problema di lavoro e di dignità del lavoro per famiglie che da mesi sono state private dei mezzi di sussistenza”, ha infine sottolineato il rav Di Segni. “Questo ci viene negato – ha continuato – con tutta una serie di promesse e rinvii assolutamente intollerabili. Siamo qui per dare appoggio sociale a una categoria che è gravemente a rischio in questo momento”. Concorda Gigli: “Siamo vittime di un meccanismo spietato”, come aveva già denunciato Pagine Ebraiche. “Ci avevano dato delle garanzie, e queste puntualmente sono state tradite. Calpestare la dignità delle persone è un fatto grave – aveva aggiunto – specie quando di mezzo ci sono prestiti e mutui da pagare”.
ROSH hashanah 5776 - qui livorno
Un anno per la positività
Tra pochi giorni sarà Rosh Hashanah e noi cercheremo di accoglierla con lo spirito giusto: ci prepareremo indossando i vestiti più belli, ci riuniremo nelle nostre sinagoghe, dopo la preghiera ci augureremo l’un l’altro Chag Sameach e buon anno, per poi celebrare nelle nostre case il Seder mangiando cibi simbolici, dolci, per augurare a tutti un inizio di anno positivo.
Anche se sappiamo che Rosh Hashanah è Yom Hadin, il giorno del giudizio, il giorno in cui ci si presenta davanti al giudice Kadosh Baruch Hu che decide del nostro futuro valutando il nostro passato – e non è un giorno di gioia perché non si conosce ancora la sentenza –, ci comportiamo comunque in modo da far vedere che siamo certi che il Signore Iddio giudicherà tutti noi positivamente, garantendoci una vita buona e la pace. Per questo, come già detto, durante il Seder mangiamo prodotti che portano in loro un simbolo positivo.
Che cosa significa? In che modo indossare vestiti eleganti e mangiare cibi dolci diventa simbolo di qualcosa di positivo?


Yair Didi, rabbino capo Comunità ebraica di Livorno
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rosh hashanah 5776 - qui mantova
Un anno per la tolleranza
Durante il seder di Rosh Hashanah noi ebrei siamo soliti sgranare una melagrana offrendone ai commensali alcuni chicchi e augurandoci che le nostre prossime buone azioni siano tante quanto i chicchi di questo frutto. È pure tradizione ebraica offrire e assaggiare uno spicchio di mela intinto nel miele con l’augurio di trascorrere un anno in dolcezza.
Bene: due frutti per due belle simbologie; quest’anno però vorrei che, tra le nostre future buone azioni, ci fossero in primo luogo la tolleranza e l’ospitalità e che la dolcezza dell’anno alle porte comprendesse anche la serenità necessaria per affrontare e vincere, tutti insieme, le prossime gravi sfide.
Shanah tovah umetukah.

Emanuele Colorni, presidente Comunità ebraica di Mantova

rosh hashanah 5776 - qui modena
Un anno per la collaborazione
Shanah tovah umetukah a tutte le Comunità. Auguro che possano prosperare in un clima di serenità e collaborazione, per una vita ebraica sempre attiva.



Tiziana Ferrari,
presidente Comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia

rosh hashanah 5776 - qui ancona
Un anno per la fratellanza
L’anno che volge al termine lascia dietro di sé una scia di guerre, attentati e violenze di ogni genere. Preghiamo il Signore affinché illumini le menti dei malvagi e auguriamoci che il nuovo anno conduca l’umanità a percorrere il sentiero della fratellanza e della pace.

Manfredo Coen, presidente della Comunità ebraica di Ancona

pilpul
Ticketless - Quasi come
Ebraismo e questione sessuale nel Novecento triestino si sono spesso incrociati, fino ai confini della trasgressione. Un provvidenziale recupero archivistico del fondo manoscritti della Biblioteca Cantonale di Lugano, Archivio Prezzolini, ci restituisce il profilo di Guido Almansi (1931-2001), triestino in esilio come tanti suoi coetanei, grande anglista, storico e critico del teatro, collaboratore assiduo di “Repubblica” e massimo studioso di erotismo e letteratura (Belli e Aretino i suoi “maggiori”). Innumerevoli le sue opere, le sue recensioni, i cataloghi per mostre, le antologie. Eros e comico sono due lati della stessa personalità: la sua “L’estetica dell’osceno” (Einaudi, prima ed. 1984, sec. ed. ampliata 1994) fa coppia con “La ragion comica” (Feltrinelli, 1986). Erotismo e comicità, ironia e - soprattutto - la passione infinita per la parodia, condivisa con Guido Fink (a loro si deve la indimenticabile antologia di parodie letterarie, “Quasi come”, Bompiani 1976).

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Immagini
La recente pubblicazione di alcune crude immagini fotografiche relative alla tragedia dei profughi (in particolare, quella raffigurante il piccolo Aylan steso senza vita sulla spiaggia), e la loro esponenziale moltiplicazione sui mezzi di comunicazione, a livello mondiale, ha acceso in diversi Paesi, un utile e, a mio avviso, salutare dibattito su quale debba essere, nell’informazione, il ruolo affidato alle immagini e se sia giusto e opportuno pensare a qualche forma di limite o di regolamentazione nel loro uso. Come è stato detto, se nessuno può pensare, in società liberali, a forme di censura o di divieto, che possano impedire la libera scelta degli operatori riguardo alle immagini da mostrare, nell’odierna era informatica, dominata da un’invasiva e capillare presenza dei media e da un costante effetto di emulazione (per cui la stessa immagine ‘forte’ viene automaticamente ripresa da tutti), si può porre il problema opposto, ossia la libera scelta dell’utente di ‘non’ vedere una certa rappresentazione, ritenuta disturbante o comunque sgradevole, scelta che può legittimamente ritenersi, di fatto, impedita dall’assedio degli agguerriti mass-media.

Francesco Lucrezi, storico
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