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20 ottobre 2015 - 7 Cheshvan 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
Michele Serra, autore di molti bei libri tra cui “Gli Sdraiati “, e della pungente rubrica “L’amaca” su Repubblica del 18 ottobre, torna a rimestare nel conflitto israelo-palestinese, ponendo sullo stesso piano vittime e aggressori e riconducendo a un sedicente fanatismo religioso i motivi di ciò che non è altro che terrorismo antiebraico. Questa volta, per farlo Serra si inerpica, con abborracciata disinvoltura, sui sentieri della storia ebraica, discettando sulla figura biblica di Giuseppe e sulla sua sepoltura. Come se l’inequivocabile evocazione storica del Colosseo, monumento e simbolo della Roma antica, potesse essere destituita, dopo che, dal diciassettesimo secolo, assunse il carattere di luogo sacro in memoria dei molti martiri cristiani ivi condannati al supplizio. Sebbene sia vero che la maggior parte delle vittime ebree degli atti terroristici palestinesi di questi ultimi giorni in Israele, uomini, donne, bambini, indossavano divise militari o un copricapo religioso (la kippà per i maschi e turbanti per le donne), solo perché più facilmente identificabili come bersagli, Serra dovrebbe sapere che lo Stato di Israele è popolato per la sua maggioranza da “laici” e da “miscredenti”, ce ne sono anche tra i cosiddetti “coloni”. Si tratta poi di capire cosa significhi “laicità” (si può essere credenti e laici, come osservanti e non credenti) di cui Serra auspica un’ epidemia salvifica. La storia di Israele è da sempre una storia complessa e la distinzione tra ciò che è “laico” e ciò che è “sacro” , sfugge a quelle convenzionali schematizzazioni preconfezionate evocate surrettiziamente dal nostro graffiante opinionista, in questo caso, un po’ troppo ‘sdraiato’ e spiaggiato sulla sua “amaca” del pregiudizio e del luogo comune.
Dario
Calimani,
anglista
Non mi sono mai interessati i risvolti positivi della sofferenza e del male, perché quel male, a suo tempo, qualcuno lo ha pagato caro, magari con la vita. Le grandi crisi, tuttavia, possono servire almeno a riflettere sulle cose, e a rivedere posizioni.
Le minacce di Hamas
“L’Intifada proseguirà fino alla liberazione di Gerusalemme, della Cisgiordania e della Palestina”. È la minaccia di Hamas – così titola Repubblica – che tenta dunque di prendere il controllo politico della spirale di attentati sulla popolazione ebraica da parte di palestinesi e arabi israeliani che fino a questo momento sono stati definiti solo “lupi solitari”. L’organizzazione avrebbe anche attivato le sue cellule “in sonno” in Cisgiordania.
Per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è quindi “necessaria” la presenza di check-point agli ingressi e alle uscite dei quartieri arabi di Gerusalemme. Stop invece alle nuove barriere di cemento erette come provvedimento temporaneo per isolare le zone da cui proviene la maggior parte dei terroristi responsabili degli attacchi degli ultimi giorni.
Al lavoro anche le diplomazie. Il ministero degli Esteri israeliano, riporta il Corriere, ha convocato l’ambasciatore francese Patrick Maissonave per esprimere la “decisa opposizione” alla proposta di Parigi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di istituire osservatori internazionali sul Monte del Tempio. Oggi a Berlino invece incontro tra Netanyahu e il segretario di Stato americano John Kerry, che incontrerà anche il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen e il re giordano Abdullah II e ieri da Madrid ha sottolineato il diritto di Israele a difendersi, come riporta tra gli altri Avvenire. Il Giornale cita inoltre le parole dell’ex premier italiano Silvio Berlusconi, che ha criticato la “inaccettabile equidistanza” della comunità internazionale “tra aggressori e aggrediti”.

Parzialità mediatica. Sul Foglio Giulio Meotti denuncia la parzialità dei mezzi d’informazione internazionali nel raccontare la realtà delle tensioni di questi giorni tra israeliani e palestinesi. Ad essere riportate le parole rivolte dall’ex presidente della rete inglese Bbc Michael Grade ai vertici dell’azienda. “Devo oppormi – ha affermato Grade – al fatto che promuovete l’equivalenza fra gli israeliani vittime del terrorismo e i palestinesi che sono stati uccisi dalle forze di sicurezza israeliane nell’atto di compiere attacchi terroristici”.
 
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  davar
medioriente
"Per la pace occorre una svolta"
La missione di Ban Ki-Moon

Viaggiava nei pressi della città di Hebron, il cinquantenne israeliano di Kiryat Arba rimasto vittima nelle scorse ore del lancio di sassi da parte di dimostranti palestinesi. L'uomo dopo che una sassaiola aveva colpito la sua auto si era accostato al lato della strada e mentre stava ispezionando i danni è stato investito e ucciso da un veicolo guidato da un palestinese. Secondo i media israeliani, non è chiaro se si tratti di un attentato o di un incidente. Dopo essere inizialmente scappato, il guidatore si è costituito alla polizia palestinese che a sua volta ha consegnato l'uomo alle autorità israeliane. Secondo Canale 1, rivoltosi palestinesi hanno lanciato sassi contro le forze dell'ordine e i medici intervenuti per salvare la vittima dell'accaduto. A Gerusalemme intanto la polizia israeliana ha annunciato imminenti arresti nella zona Est della città contro i responsabili del lancio di massi e molotov nelle recenti manifestazioni di protesta. Sarebbero “centinaia” le persone individuate dalla autorità israeliane. “Nelle scorse due settimane siamo riusciti a riportare la calma sul Monte del Tempio in parte grazie all'allontanamento di chi istigava la violenza”, ha dichiarato il capo della polizia israeliana Bentzi Sau a Ynet, affermando inoltre che la diminuzione degli scontri è stata possibile grazie “all'impegno a dialogare con la leadership e le comunità locali”. Chi vuole riportare il dialogo tra le parti, ovvero tra i vertici israeliani e palestinesi, è il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon che ha annunciato a sorpresa una visita in queste ore in Medio Oriente per incontrare il Primo ministro Benjamin Netayahu e il leader dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen.

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israele
#Eatifada, cibo per la vita
La risposta più forte al terrore? Andare a cena fuori, fare acquisti nei luoghi affollati, servirsi dei mezzi pubblici. Andare avanti normalmente. Come se niente sia accaduto o stia accadendo. Una lezione che – come dimostrano i molti video diffusi in rete – pervade la quotidianità israeliana e il comportamento di molti suoi cittadini. E così, dove la sera prima vittime innocenti cadevano al suolo, oggi centinaia di giovani cantano stretti in un unico abbraccio testimoniando al mondo la propria voglia di vivere e il proprio disprezzo della violenza. Il confine appare così inequivocabile, davanti a occhi sinceri: da una parte chi arma o si immola per l’Intifada, dall’altra chi crede in una assai più pacifica #Eatifada. Lo ricorda ad esempio il titolo di una iniziativa, lanciata attraverso i social network, che chiama a raccolta questo straordinario serbatoio di coraggio, dinamismo, speranza. “Andate nei negozi e nei ristoranti delle città colpite dal terrorismo. Fate un video e mandatecelo. Incoraggiate i vostri amici a fare lo stesso” l’invito formulato dagli animatori di #Eatifada.
Sempre il cibo, e l'idea di consumarlo in amicizia e senza paure, ha spinto un ristoratore di Netanya a farsi avanti con una simbolica proposta: sconto del cinquanta per cento su tutte le portate del suo hummus bar ai clienti arabi ed ebrei che scelgono di condividere il pasto allo stesso tavolo. “Hai paura degli arabi? Hai paura degli ebrei? Non ti devi preoccupare, qua non ci sono. Né arabi, né ebrei. Soltanto esseri umani” recita un cartello posto all’ingresso.

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premio letterario adei - katja petrowskaja
"Scrivo per colmare un vuoto"
Far conoscere la multiforme realtà ebraica contemporanea attraverso il potere della letteratura: questo la sfida che ha caratterizzato, 15 anni, fa l’istituzione del premio letterario dell’Adei Wizo, l’associazione donne ebree d’Italia. Un ampio lasso di tempo in cui la giuria del concorso (intitolato oggi alla memoria di Adelina Della Pergola) ha vagliato oltre 500 titoli, scegliendo di premiare per il 2015 “Forse Esther” (ed. Adelphi), il caso letterario firmato dalla scrittrice Katja Petrowskaja. Già protagonista di una grande intervista sul giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, Petrowskaja ha accolto il riconoscimento nel corso di un affollato evento svoltosi presso i Musei Capitolini. A Lia Levi, autrice de “Il braccialetto” (ed. e/0), è andato invece il Premio Ragazzi. La duplice premiazione è stata inquadrata nella rassegna di più ampio respiro “Immagini e parole” proposta dall’Adei per permettere al pubblico di conoscere attività e obiettivi dell’associazione attraverso mostre, spettacoli e incontri culturali (la tre giorni romana, realizzata con il sostegno dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha avuto una medaglia dal Quirinale).

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Qui bari - l'iniziativa miur/ucei
Nuovi sguardi sulla Memoria 
C'è bisogno di una Memoria che abbia uno sguardo al presente e al domani, non solo ai tragici fatti del passato. È l'impegno rilanciato dalla mostra itinerante sul tema del ricordo realizzata dal ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca in collaborazione con l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
All'interno della mostra, inaugurata ieri a Bari presso la Biblioteca Nazionale Sagarriga Visconti Volpi e visitabile fino al prossimo 5 novembre, si espongono i migliori lavori realizzati negli ultimi 14 anni dai ragazzi che hanno preso parte al concorso nazionale “I giovani ricordano la Shoah”. Grande il merito - è stato ricordato - di esportare discorsi, idee, testimonianze e Memoria fuori dai soliti confini a cui siamo abituati, ottenendo un riscontro estremamente positivo tra scuole, alunni e società civile.

Enrico Campelli
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i rapporti tra ottawa e gerusalemme
Elezioni, il Canada alla sinistra
Forte sintonia con Israele

La svolta a sinistra del Canada, dove è stata rilevante l’affermazione del Partito Liberale, non sembrerebbe rimettere in questione la salda amicizia che ha caratterizzato in questi anni i rapporti diplomatici con Gerusalemme. Una conferma arriva ad esempio dall’inchiesta pubblicata negli scorsi giorni dal giornale ebraico The Canadian Jewish News, che ha intervistato i principali candidati alle elezioni. Come si evince, le posizioni sul Medio Oriente del leader liberale Justin Trudeau, il futuro primo ministro, sembrano infatti combaciare con quelle di chi l’ha preceduto, il conservatore Stephen Harper, dimostratosi uno dei più forti partner di Israele nel mondo.

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qui milano - le attività kesher
Cosa vuol dire essere Comunità 
Perché una comunità sia effettivamente tale è necessario che ciascuno agisca per la comunità stessa, si impegni, condivida sofferenze e gioie degli altri, metta a confronto idee e pensieri, anche litigando, anche scontrandosi. “Il sistema delle deleghe nell'ebraismo non funziona, ognuno ha le sue responsabilità come singolo e nei confronti degli altri”, ricordava ieri rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano nel corso della serata inaugurale della nuova edizione di Kesher, progetto guidato da rav Roberto Della Rocca, responsabile dell'area Cultura ed educazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Tema centrale di questo primo e molto partecipato appuntamento di Kesher, il significato di comunità attraverso diverse prospettive ebraiche. A discutere e confrontarsi sul tema, oltre ai rabbanim Arbib e Della Rocca, i Consiglieri UCEI Claudia De Benedetti e Victor Magiar assieme a Vittorio Bendaud e Claudia Shammah. A condurre la serata il giornalista Enrico Mentana.

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pilpul
Cosa è cambiato
Due mesi fa, il 20 agosto, a quest’ora stavo terminando il mio test settimanale all’Ulpan (scuola intensiva di ebraico) dell’Università di Tel Aviv. Il pomeriggio – in agenda non ho segnato nulla – credo di essere andato al mare, poi essere passato per il mercato comprando qualcosa e infine aver preso un aperitivo in omaggio al weekend incipiente. Oggi non sarebbe stato lo stesso. Alla fermata del 13, il mio autobus di riferimento, non si può essere stralunati come chi si è svegliato troppo presto: bisogna fare molta attenzione a chi si avvicina, nel timore che nasconda un coltello in tasca. E poi si scrutano gli altri passeggeri, immaginando chi di loro può essere armato e reagire nell’emergenza.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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