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31 dicembre  2015 - 19 Tevet 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Quando Ha-Qadòsh Barùkh Hu invia Moshè ad annunciare la futura liberazione dall’Egitto, Moshè chiede quale sia il Nome di D.o. È evidente che Moshè conosce sicuramente chi è Ha-Qadòsh Barùkh Hu. Ciò che vuole capire, e soprattutto spiegare al popolo, è quale caratteristica abbia l’azione divina della liberazione. Non a caso i Maestri si domandano chi sia l’angelo del roveto, se sia Mikhaèl o Gavrièl, ossia se nell’uscita dall’Egitto prevalga l’esigenza della punizione degli Egizi o quella della promessa divina ad Avrahàm. La risposta di D.o è, come è noto, “Ehyè ashèr ehyè”. I Maestri interpretano quest’espressione nel senso della promessa di costante attenzione, nel passato come nel futuro. Il Rebbe di Gur spiega il perché di questa interpretazione: l’espressione “Ehyè” è una forma del verbo essere; “Ehyè ashèr ehyè” sarebbe una forma di essere “al quadrato”. Questa costanza, questa presenza costante di D.o, è la garanzia della verità della Sua promessa. E non a caso, dice il Rebbe di Gur, il quadrato del valore numerico di “Ehyè” (21) è 441, come il valore numerico della parola “emèth” (verità), che è anch’esso 441.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
All’annuale Limmud in Inghilterra, quest’anno a Birmingham, partecipano 2900 persone con la presenza di oltre 500 conferenzieri e esperti di tutte le cose che possono interessare chi si vuole sentire ebreo – dal Talmud allo yoga, dalla cucina alla politica, dalla mistica ebraica alla danza yemenita. Vi partecipano e hanno occasione di incontrarsi per un’intera settimana donne, uomini, vecchi e bambini, ebrei ortodossi, conservativi, riformati, secolari. I partecipanti arrivano da molte parti del mondo ed è presente anche un piccolo contingente di giovani dall’Italia, ma si nota anche che una buona parte di questi non vivono più in Italia: Inghilterra, Svizzera, Francia, Israele… Limmud oltre che nella sua sede principale si svolge ogni anno in altre 80 località in molti paesi. È probabilmente oggi il più importante evento spontaneo, volontaristico e pluralista di cultura ebraica a livello globale. Dimostra la ricchezza di idee e di interessi spirituali e culturali che esiste ancora oggi nel mondo ebraico, ma anche una grande disponibilità al dialogo fra persone differenti per orientamento e convinzioni, che è una delle cose che maggiormente mancano nel discorso quotidiano. La sfida utimativa per il mondo ebraico contemporaneo consiste nella capacità di saper mantenere non solamente una mera comunità di presenza – guidata e dipendente da favorevoli forze di mercato, ma una comunità di creatività – in grado di coltivare e di trasmettere la propria dinamica demografica e un’identità culturale che sia rilevante per le giovani generazioni. Limmud dimostra che ciò è possibile.
 
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Washington spiava Bibi
Fanno il giro del mondo le rivelazioni del Wall Street Journal secondo cui il premier israeliano Benjamin Netanyahu sarebbe stato intercettato dalla Casa Bianca in ogni sua conversazione, incluse quelle con membri del Congresso quando cercava di influire contro l’accordo sul nucleare iraniano. “Restare al buio su Bibi? Questo, ovviamente, non lo faremo”. Così si sarebbe espresso un alto funzionario dell’amministrazione Obama secondo una delle fonti dell’autorevole quotidiano statunitense. La dichiarazione è riportata da Repubblica.

Seimila le pagine di verbali, intercettazioni e testimonianze messe insieme dagli inquirenti sulle azioni terroristiche compiute in novembre a Parigi. Un passo alla volta – spiega il Corriere – 850 professionisti stanno ricostruendo gli attacchi (prima e durante) e stanno facendo luce sulle vite e sulla rete di contatti degli attentatori. Dalle carte sembrerebbero emergere anche sviluppi in direzione del Belgio, Paese da cui arrivavano alcuni dei nove terroristi in azione nella capitale francese.

All’apertura degli archivi sugli orrori di Vichy è dedicato un ampio intervento di Anna Foa sull’Osservatore Romano. “È un gran passo avanti nella ricostruzione della storia e della memoria di un periodo assai nero della storia francese, a lungo rimosso nella memoria collettiva del Paese come una parentesi, uno stato di necessità. Qualcosa – scrive la storica – che poteva essere cancellato dalla gloria della Resistenza”.
 
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  davar
UN SILENZIO INACCETTABILE
Mondiali di vela, Israele escluso Una vergogna anche italiana
C’è un’Italia che combatte una battaglia di giustizia, per far sì che lo sport non sia nuovamente inquinato da disvalori. Ma c’è anche un’Italia, quella che per prima dovrebbe svolgere questa funzione, che sembra piuttosto interessata ad altro.

Ferma in questo senso la denuncia del circolo velico Ventotene, che sta promuovendo un appello per protestare contro la decisione di imporre delle condizioni inaccettabili a due surfisti israeliani, Yoav Omer e Noy Drihan (nell’immagine), che avrebbero dovuto gareggiare ai mondiali giovanili apertisi due giorni fa in Malesia, tra cui il mancato riconoscimento del diritto a competere con i colori dello Stato ebraico e la stella di Davide e il rifiuto a eseguire l’inno nazionale in caso di vittoria. Una imposizione rigettata con forza da Israele (che ha scelto di non partecipare) ma che scarse reazioni ha suscitato nei vertici della federazione internazionale, l’ente cui compete l’organizzazione del torneo.
Cosa c’entra l’Italia? C’entra, eccome. Perché presidente della International Sailing Federation è il genovese Carlo Croce, 70 anni, da 7 alla guida del movimento velistico nazionale.
“Ancora ieri il presidente della Federazione Mondiale e italiana, Carlo Croce, ripeteva: ‘Aspettiamo una presa di posizione del Cio in materia dei fatti accaduti in Malesia’. Peccato che anche in questo caso dall’Asia arrivi una pronta risposta che smentisce il numero 1 di World Sailing e della Fiv” ha scritto ieri Gian Luca Pasini sulla Gazzetta dello Sport. Secondo i malesi infatti Croce era stato informato da tempo delle loro richieste.
"Per la World Sailing la realpolitik è più importante della carte dei diritti sportivi" denuncia Fare Vela, tra le più importanti riviste di settore.
“Il silenzio e l’ipocrisia che avvolgono questa ingiustizia è intollerabile” dice invece Rosa Magiar del circolo Ventotene, tra le prime a tentare un raccordo con altri circoli e personalità.
“È una situazione inqualificabile – prosegue – che esula da tutto quello che dovrebbe essere un incontro tra giovani di tutto il mondo nel segno dello sport, della passione e del divertimento. Per alcune ore abbiamo pensato a una soluzione estrema. E cioè il ritiro di due nostri atleti, convocati in nazionale e in Malesia già da alcuni giorni assieme alle loro famiglie”. Alla fine si è deciso di non scaricare su due 15enni “contraddizioni molto più grandi di loro”. Ma l’indignazione resta forte.
“Chi pensava che tutto passasse sotto traccia ha fatto male i suoi conti. E lo sdegno che si sta levando nei nostri ambienti, e a tutti i livelli - afferma Magiar - rappresenta un chiaro segnale in questo senso".
Tra le molte voci a levarsi anche quella di Max Sirena, ex skipper di Luna Rossa, che sul proprio profilo Facebook ha scritto: “È il momento di mettere da parte gli interessi che vanno al di là dello sport, chiedo a chi di dovere di darsi da fare”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
iSRAELE - voto unanime alla knesset
Integrazione, una sfida possibile Un piano per i cittadini arabi
Un miglioramento concreto delle infrastrutture e dei trasporti. Un investimento sostanzioso per l’educazione. La Knesset, il parlamento israeliano, ha votato ieri all’unanimità il piano che prevede lo stanziamento di 15 miliardi di shekel (circa 3 miliardi e mezzo di euro), spalmati su 5 anni, da destinare unicamente la municipalità arabe del paese. Un progetto messo a punto dal premier Benjamin Netanyahu in collaborazione con il ministro delle Finanze Moshe Kahlon e il ministro per le Pari opportunità Gila Gamliel e approvato con qualche ritardo dopo le obiezioni di alcuni ministri appartenenti al partito Likud che volevano estendere il budget anche alle municipalità nelle quali vivono sia cittadini ebrei che arabi. Le rimostranze non hanno sortito effetto e l’intera cifra sarà stanziata unicamente per le zone arabe.
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SEGNALIBRO - ANNA FRANK
Il Diario e la contesa sui diritti

Il dibattito è ancora aperto
Il primo gennaio 2016 è una data che per il mondo dell’editoria significa molto più di un semplice capodanno. Domani infatti scadranno i diritti d’autore sulle opere di alcuni autori la cui morte è avvenuta 70 anni fa. Tra questi Adolf Hitler, il cui Mein Kampf tornerà per la prima volta nelle librerie tedesche accompagnato da un poderoso apparato critico, ma anche Anna Frank, sul cui Diario, a poche ore dal giorno fatidico, due nuovi episodi riaccendono un dibattito inconcluso in corso da vari mesi.
La disputa vede coinvolti il Fondo Anne Frank, nato nel 1963 per volontà del padre di Anna e detentore dei diritti sull’opera, e l’accademico francese Olivier Ertzscheid, che in ottobre aveva illegalmente pubblicato online due versioni francesi del Diario, per poi ritirarle dopo l’intervento per vie legali del Fondo con la promessa di riproporle alla fine del 2015 allo scadere dei diritti. Il Fondo tuttavia ritiene inoltre non solo che la versione integrale del Diario pubblicata negli anni Ottanta sia un’opera nuova, che beneficia quindi dei diritti connessi alle opere postume vincolandone la pubblicazione fino almeno al 2030, ma anche che la versione pubblicata nel 1947, da cui Otto Frank aveva eliminato i passaggi considerati “troppo intimi”, sia da considerare opera di più coautori, portando la scadenza dei diritti ancora oltre, nel 2051. Così ora ha indirizzato una nuova lettera a Ertzscheid ripubblicata poi da lui stesso sul suo blog Affordance, in cui invita lo studioso non solo a rinunciare ai suoi propositi, ma anche a informarne tutti i media, spiegare pubblicamente di non aver compreso a fondo i pro e i contro del caso, e al pagamento di una multa di mille euro al giorno per mancata osservanza di un decreto ingiuntivo.

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LUTTO NELL'ITALIA EBRAICA 
Rav Emanuele Weiss Levi

(1927-2015)
Profondo cordoglio in tutta l’Italia ebraica per la scomparsa di rav Emanuele Weiss Levi.
Nato a Biella nel 1927, formatosi sotto la guida di rav Dario Disegni e successivamente al Collegio Rabbinico Italiano, rav Weiss Levi aveva conseguito il titolo di maskil nel 1946. Per 35 anni, dal 1952 al 1987, è stato rabbino capo di Verona e tra gli ultimi custodi del minhag locale.
Dopo il pensionamento si è quindi trasferito a Torino, dove ha continuato a offrire il proprio contributo collaborando attivamente alle ufficiature all’interno della sinagoga cittadina e dove è stato apprezzato ospite della casa di riposo ebraica.

Proprio nell'ambito delle strutture comunitarie torinesi rav Weiss Levi si era fatto particolarmente apprezzare per il calore umano che riusciva a trasmettere anche nei rapporti con i piccoli che frequentano gli asili ebraici e che spesso visitano gli anziani ospiti della struttura.
A testimoniare la loro vicinanza ai familiari, tra gli altri, il presidente della Comunità torinese Dario Disegni, cui si sono unite molte voci. A cominciare dal presidente della Comunità ebraica di Verona Bruno Carmi, dalla presidente della Comunità ebraica di Vercelli Rossella Bottini Treves, dal vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni e dal rav Elia Richetti, già alla testa dell'Assemblea Rabbinica Italiana.
La redazione si unisce commossa al cordoglio dei familiari e degli amici. Che il ricordo di rav Weiss Levi sia di benedizione.
USA - utilizzabile solo per fini terapeutici 
Marijuana casher, l'ok dei rabbini
La Orthodox Union, l’ente più autorevole che determina la casherut dei prodotti (alimentari, ma non solo), ha dato il beneplacito per apporre il proprio marchio sulle medicine a base di marijuana dell’azienda farmaceutica Vireo Health di New York. Uno storico traguardo che renderà per la prima volta possibile l’acquisto, solo per fini terapeutici, di marijuana riconosciuta come casher, ossia conforme alle regole ebraiche. La Vireo Health fa parte delle cinque aziende farmaceutiche selezionate e autorizzate dopo l’emanazione della Compassionate Care Act, la legge portata avanti dal governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo per sponsorizzare e riconoscere l’utilità dell’uso di questa specifica droga leggera per i pazienti affetti da malattie come l’HIV, il cancro o l’epilessia. “Questo annuncio – ha dichiarato l’amministratore delegato della Vireo, Ari Hoffnung – manda un messaggio importante ai newyorkesi di tutte le fedi e riconosce che usare la marijuana per scopi medici non ha alcun legame con la ‘cultura delle canne’. I pazienti non si devono sentirsi minimamente in colpa o vergognarsi se a prescriverlo sono i loro dottori”. Il marchio verrà apposto sulle cartucce che fanno da ricambio per il vaporizzatore, l’olio e le capsule (dunque ben lontano dall’immaginario comune della canna da fumare) e già da gennaio, secondo il comunicato rilasciato ieri, sarà possibile acquistare i prodotti presso i rivenditori autorizzati che apriranno a White Plains, Queens, Binghamton e Albany, presentando la ricetta.
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SPOTLIGHT
JCiak - Dieci film da non perdere
 

Sarà poco originale, ma niente è meglio di una lista per fare ordine. Anche perché, a scorrerlo in prospettiva, l’anno cinematografico riserva parecchie belle sorprese. Eccoli dunque (in ordine sparso) i magnifici dieci del 2015. Alcuni sono già arrivati nelle sale italiane, per gli altri servirà ancora un po’ di pazienza.

Il figlio di Saul
Rigoroso e claustrofobico, il film di Làsló Nemes, ci immerge nell’inferno di Auschwitz attraverso la storia di Saul Auslander, Sonderkommando che tenta disperatamente di dare una sepoltura al corpo del figlio. Il tema è potente, la regia notevole come l’interpretazione di Geza Rohrig, attore e poeta ungherese che, come il regista ha perso parte della famiglia durante le persecuzioni naziste. Vincitore del gran Prix speciale della giuria a Cannes, è candidato dall’Ungheria all’Oscar. Sarà in Italia a metà gennaio.

Tikkun
Uno dei film più belli dell’anno. Diretto da Avishai Sivan, racconta la storia di Haim-Aron (Aharon Treitel), studente di yeshiva brillante e destinato a un grande futuro. Una sera sviene durante un digiuno, è dato per morto, ma il padre riuscirà a rianimarlo. Da quel momento le cose però cambieranno e il padre in una crisi di coscienza chiedendosi se è stato giusto forzare il volere divino nella disperata notte in cui il figlio stava per andarsene. Onirico e poetico, ha vinto il Jerusalem Film Festival e il Premio speciale della giuria a Locarno.

Il labirinto del silenzio
Storia vera di Johann Radmann, giovane e determinato procuratore che nella Germania degli anni Cinquanta riesce, fra mille battaglie, a portare in tribunale alcuni dei responsabili dei crimini di Auschwitz. Il processo riporta il genocidio nazista all’attenzione pubblica, negli anni in cui i tedeschi cercano di dimenticare. Diretto da Giulio Ricciarelli, italiano che da sempre vive in Germania, e candidato dalla Germania all’Oscar.

Felix e Meira
Diretto da Maxime Giroux è una delicata storia d’amore che nasce e cresce nel gelo di un inverno a Montreal. Lei, interpretata dall’israeliana Hadas Yaron, già apprezzata in “La sposa promessa”, appartiene alla comunità hassidica, è sposata con Shulem (Luzer Twersky, che nella realtà è nato e cresciuto nella comunità Satmar) e ha una bambina. Lui, che non è ebreo e vive alla giornata grazie ai soldi del padre, non dovrebbe nemmeno sfiorarla con gli occhi.

Il figlio di Hamas – The Green Prince
Quella di Mosad Hassan Yousef sembra una storia da film. Invece il figlio del fondatore e leader di Hamas nel West Bank ha davvero scelto di cambiare campo e di collaborare con Israele e lo Shin Bet. Nadav Schirman esplora le sue motivazioni e ci racconta cosa accade nella sua vita e nelle sue relazioni in un film notevole, da vedere per capirne di più di quanto accade in Medio Oriente.

Amy – The Girl Behind the Name
Dedicato alla struggente parabola di Amy Winehouse, cantante di talento strepitoso, morta a soli 27 anni, è uno dei documentari più belli dell’anno. Il regista Asif Kapadia riesce non cede al sentimentalismo né al gossip e lascia che a parlare siano le immagini.

Il grande quaderno
Tratto dall’omonimo romanzo del 1986 di Agota Kristof e diretto da János Szász, narra di due gemelli di 13 anni costretti, negli anni della seconda guerra mondiale, a lasciare la famiglia per rifugiarsi in uno sperduto villaggio, in casa di una nonna alcolista e crudele che pare uscita da una favola dei fratelli Grimm. Arrivato in Italia a gennaio, ma candidato all’Oscar, due anni fa, dall’Ungheria che quest’anno schiera un altro film dedicato alla Shoah, Il figlio di Saul.

In Jackson Heights
Il maestro del documentario Frederick Wiseman porta sul grande schermo i difficili equilibri e le strepitose possibili armonie del vivere insieme. Nel suo nuovo lavoro il regista ebreo-americano ci racconta il quartiere più multiculturale che c’è, Jackson Heights, Queens, New York. Qui si parlano 167 lingue e si vive assieme, grazie a un lavoro di comunità che in altre parti d’America è pura utopia.

The woman in Gold
Storia mozzafiato di uno dei quadri più celebri del mondo, il magnifico ritratto in cui Gustav Klimt immortalò, nel 1907, Adele Bloch Bauer. Confiscato dai nazisti, torna in possesso della nipote Maria Altmann solo dopo una lunga battaglia legale. Diretto da Simon Curtis e interpretato da una meravigliosa Helen Mirren affiancata da Ryan Gosling, non è un gran film. Da vedere per saperne di più sul tema, ancora scottante, della restituzione dei beni confiscati durante le persecuzioni.

Un disastro di ragazza
Giovane, bionda e in carne, Amy Schumer ribalta molti luoghi comuni, in questa commedia diretta dal regista ebreo americano Judd Apatow. Un po’ sboccata, un po’ greve, Amy è portabandiera di una comicità agli antipodi di Woody Allen. Negli Stati Uniti è stato uno dei campioni della stagione al box office.

Daniela Gross
  pilpul
Setirot - Mendel dei libri
Un piccolo/grande racconto che suggella la fine di un’epoca. Una storia il cui significato è probabilmente eterno. Una morale che, concepita nel 1929, oggi è più cogente che mai. Vien da dire un antidoto alla barbarie delle parole che, anche tra “noi”, vengono buttate lì, buttate via, sui social media. Sono stato fortunato a terminare l’anno civile in corso leggendo questa vecchia meraviglia di Stefan Zweig che porta il titolo di Mendel dei libri (Adelphi). Fatevi un regalo, ne vale la pena. Con l’augurio di imbarbarirci tutti un po’ meno.  

Stefano Jesurum, giornalista 
In ascolto - Yiddish a Friburgo
Friburgo in Brisgovia, nel cuore della Foresta Nera, è una bella cittadina dai palazzi in tinta pastello, che nel periodo natalizio si anima di luci, mercatini e musicisti di strada. Ci vengo spesso per motivi di famiglia e conosco la nuova sinagoga, un edificio in cemento piuttosto anonimo, costruito dopo la guerra per desiderio di quei quindici ebrei che erano riusciti a fare ritorno in città. Oggi la comunità conta circa 700 membri e la koiné è il russo, come succede in altre città tedesche tipo Norimberga, in cui la vita ebraica è cresciuta soprattutto grazie alle immigrazioni dalla Russia a seguito della caduta del Muro. Friburgo non è certo una meta gettonata nei Jewish Tours, perché almeno in apparenza i punti di interesse sono pochi, a parte la nuova comunità: l’università, memoria di emeriti studiosi come Emanuel Lévinas e la targa in bronzo in ricordo di quella sinagoga, figlia dell’Emancipazione, distrutta con la Kristallnacht.

Maria Teresa Milano
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Time Out - Espulsioni
Mi sembra incomprensibile la logica dell’espulsione per le persone accusate di terrorismo. Insomma, se una persona è pericolosa dovrebbe restare in carcere piuttosto che essere rimandata indietro in un paese del nord Africa. Tra l’altro il rischio è che se l’accusa è reale l’accusato finisca solo per accrescere le fila dei combattenti dell’Isis. Per questo, seppur costoso, forse sarebbe meglio tenere in carcere queste persone piuttosto che pagargli un biglietto aereo per tornare a casa. Non sconfiggeremo il terrorismo in questa maniera, ma magari preverremo un problema futuro più grande

Daniel Funaro
Madri d'Israele - Angelica
E poi la incontri, quando meno te lo aspetti, quando ormai avevi perso le speranze. E lei è lì. Ti sorride, con quegli occhi limpidi che riflettono alla perfezione l’essenza del suo nome, incorniciati da una cascata di ricci corvini. Ti accoglie danzando, raggiante. E quella musica proveniente dalla stanza alle sue spalle, d’un tratto, ti sorprende, ti travolge e stravolge, ti contagia. Ti incoraggia ad entrare.

David Zebuloni
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La signorina Levi
I portacandele di Shabbat. La brocca per la Netillat Yadaim. Il calice d’argento per il Kiddush. La tovaglia gialla ricamata, e la sopratovaglia bianca. Suppellettili davanti alle quali decine di persone passano quasi ogni giorno visitando il Museo Ebraico di Firenze, chi distrattamente, chi soffermandosi ad osservare la tavola apparecchiata per lo Shabbat. Alcuni di questi oggetti rituali appartenevano alla signorina Levi, cui è dedicato nella Stanza della Memoria il pannello sull’assunzione della falsa identità dall’inizio di quella che Michele Sarfatti ha definito ‘persecuzione delle vite’ dopo quella dei diritti: dalle leggi razziste all’essere braccati, costretti a nascondersi per sottrarsi alle deportazioni, e altrimenti inviati perlopiù direttamente a Birkenau. Trovo la signorina Levi un’affascinante figura d’altri tempi. Intanto, si unì ai partigiani. Si innamorò di un altro resistente, ma la famiglia di lei ne osteggiò l’unione. Era tutta d’un pezzo, la signorina Levi: o lui o nessuno. Quindi nessuno. Morì molto anziana e sempre battagliera.

Sara Valentina Di Palma
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