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Elia Richetti,
rabbino
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Quando
Ha-Qadòsh Barùkh Hu invia Moshè ad annunciare la futura liberazione
dall’Egitto, Moshè chiede quale sia il Nome di D.o. È evidente che
Moshè conosce sicuramente chi è Ha-Qadòsh Barùkh Hu. Ciò che vuole
capire, e soprattutto spiegare al popolo, è quale caratteristica abbia
l’azione divina della liberazione. Non a caso i Maestri si domandano
chi sia l’angelo del roveto, se sia Mikhaèl o Gavrièl, ossia se
nell’uscita dall’Egitto prevalga l’esigenza della punizione degli Egizi
o quella della promessa divina ad Avrahàm. La risposta di D.o è, come è
noto, “Ehyè ashèr ehyè”. I Maestri interpretano quest’espressione nel
senso della promessa di costante attenzione, nel passato come nel
futuro. Il Rebbe di Gur spiega il perché di questa interpretazione:
l’espressione “Ehyè” è una forma del verbo essere; “Ehyè ashèr ehyè”
sarebbe una forma di essere “al quadrato”. Questa costanza, questa
presenza costante di D.o, è la garanzia della verità della Sua
promessa. E non a caso, dice il Rebbe di Gur, il quadrato del valore
numerico di “Ehyè” (21) è 441, come il valore numerico della parola
“emèth” (verità), che è anch’esso 441.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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All’annuale
Limmud in Inghilterra, quest’anno a Birmingham, partecipano 2900
persone con la presenza di oltre 500 conferenzieri e esperti di tutte
le cose che possono interessare chi si vuole sentire ebreo – dal Talmud
allo yoga, dalla cucina alla politica, dalla mistica ebraica alla danza
yemenita. Vi partecipano e hanno occasione di incontrarsi per un’intera
settimana donne, uomini, vecchi e bambini, ebrei ortodossi,
conservativi, riformati, secolari. I partecipanti arrivano da molte
parti del mondo ed è presente anche un piccolo contingente di giovani
dall’Italia, ma si nota anche che una buona parte di questi non vivono
più in Italia: Inghilterra, Svizzera, Francia, Israele… Limmud oltre
che nella sua sede principale si svolge ogni anno in altre 80 località
in molti paesi. È probabilmente oggi il più importante evento
spontaneo, volontaristico e pluralista di cultura ebraica a livello
globale. Dimostra la ricchezza di idee e di interessi spirituali e
culturali che esiste ancora oggi nel mondo ebraico, ma anche una grande
disponibilità al dialogo fra persone differenti per orientamento e
convinzioni, che è una delle cose che maggiormente mancano nel discorso
quotidiano. La sfida utimativa per il mondo ebraico contemporaneo
consiste nella capacità di saper mantenere non solamente una mera
comunità di presenza – guidata e dipendente da favorevoli forze di
mercato, ma una comunità di creatività – in grado di coltivare e di
trasmettere la propria dinamica demografica e un’identità culturale che
sia rilevante per le giovani generazioni. Limmud dimostra che ciò è
possibile.
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Washington spiava Bibi
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Fanno
il giro del mondo le rivelazioni del Wall Street Journal secondo cui il
premier israeliano Benjamin Netanyahu sarebbe stato intercettato dalla
Casa Bianca in ogni sua conversazione, incluse quelle con membri del
Congresso quando cercava di influire contro l’accordo sul nucleare
iraniano. “Restare al buio su Bibi? Questo, ovviamente, non lo faremo”.
Così si sarebbe espresso un alto funzionario dell’amministrazione Obama
secondo una delle fonti dell’autorevole quotidiano statunitense. La
dichiarazione è riportata da Repubblica.
Seimila le pagine di verbali, intercettazioni e testimonianze messe
insieme dagli inquirenti sulle azioni terroristiche compiute in
novembre a Parigi. Un passo alla volta – spiega il Corriere – 850
professionisti stanno ricostruendo gli attacchi (prima e durante) e
stanno facendo luce sulle vite e sulla rete di contatti degli
attentatori. Dalle carte sembrerebbero emergere anche sviluppi in
direzione del Belgio, Paese da cui arrivavano alcuni dei nove
terroristi in azione nella capitale francese.
All’apertura degli archivi sugli orrori di Vichy è dedicato un ampio
intervento di Anna Foa sull’Osservatore Romano. “È un gran passo avanti
nella ricostruzione della storia e della memoria di un periodo assai
nero della storia francese, a lungo rimosso nella memoria collettiva
del Paese come una parentesi, uno stato di necessità. Qualcosa – scrive
la storica – che poteva essere cancellato dalla gloria della
Resistenza”.
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UN SILENZIO INACCETTABILE
Mondiali di vela, Israele escluso Una vergogna anche italiana
C’è
un’Italia che combatte una battaglia di giustizia, per far sì che lo
sport non sia nuovamente inquinato da disvalori. Ma c’è anche
un’Italia, quella che per prima dovrebbe svolgere questa funzione, che
sembra piuttosto interessata ad altro.
Ferma
in questo senso la denuncia del circolo velico Ventotene, che sta
promuovendo un appello per protestare contro la decisione di imporre
delle condizioni inaccettabili a due surfisti israeliani, Yoav Omer e
Noy Drihan (nell’immagine), che avrebbero dovuto gareggiare ai mondiali
giovanili apertisi due giorni fa in Malesia, tra cui il mancato
riconoscimento del diritto a competere con i colori dello Stato ebraico
e la stella di Davide e il rifiuto a eseguire l’inno nazionale in caso
di vittoria. Una imposizione rigettata con forza da Israele (che ha
scelto di non partecipare) ma che scarse reazioni ha suscitato nei
vertici della federazione internazionale, l’ente cui compete
l’organizzazione del torneo.
Cosa
c’entra l’Italia? C’entra, eccome. Perché presidente della
International Sailing Federation è il genovese Carlo Croce, 70 anni, da
7 alla guida del movimento velistico nazionale.
“Ancora
ieri il presidente della Federazione Mondiale e italiana, Carlo Croce,
ripeteva: ‘Aspettiamo una presa di posizione del Cio in materia dei
fatti accaduti in Malesia’. Peccato che anche in questo caso dall’Asia
arrivi una pronta risposta che smentisce il numero 1 di World Sailing e
della Fiv” ha scritto ieri Gian Luca Pasini sulla Gazzetta dello Sport.
Secondo i malesi infatti Croce era stato informato da tempo delle loro
richieste.
"Per
la World Sailing la realpolitik è più importante della carte dei
diritti sportivi" denuncia Fare Vela, tra le più importanti riviste di
settore.
“Il
silenzio e l’ipocrisia che avvolgono questa ingiustizia è
intollerabile” dice invece Rosa Magiar del circolo Ventotene, tra le
prime a tentare un raccordo con altri circoli e personalità.
“È
una situazione inqualificabile – prosegue – che esula da tutto quello
che dovrebbe essere un incontro tra giovani di tutto il mondo nel segno
dello sport, della passione e del divertimento. Per alcune ore abbiamo
pensato a una soluzione estrema. E cioè il ritiro di due nostri atleti,
convocati in nazionale e in Malesia già da alcuni giorni assieme alle
loro famiglie”. Alla fine si è deciso di non scaricare su due 15enni
“contraddizioni molto più grandi di loro”. Ma l’indignazione resta
forte.
“Chi
pensava che tutto passasse sotto traccia ha fatto male i suoi conti. E
lo sdegno che si sta levando nei nostri ambienti, e a tutti i livelli -
afferma Magiar - rappresenta un chiaro segnale in questo senso".
Tra
le molte voci a levarsi anche quella di Max Sirena, ex skipper di Luna
Rossa, che sul proprio profilo Facebook ha scritto: “È il momento di
mettere da parte gli interessi che vanno al di là dello sport, chiedo a
chi di dovere di darsi da fare”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
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SEGNALIBRO - ANNA FRANK
Il Diario e la contesa sui diritti
Il dibattito è ancora aperto
Il
primo gennaio 2016 è una data che per il mondo dell’editoria significa
molto più di un semplice capodanno. Domani infatti scadranno i diritti
d’autore sulle opere di alcuni autori la cui morte è avvenuta 70 anni
fa. Tra questi Adolf Hitler, il cui Mein Kampf tornerà per la prima
volta nelle librerie tedesche accompagnato da un poderoso apparato
critico, ma anche Anna Frank, sul cui Diario, a poche ore dal giorno
fatidico, due nuovi episodi riaccendono un dibattito inconcluso in
corso da vari mesi.
La disputa vede coinvolti il Fondo Anne Frank, nato nel 1963 per
volontà del padre di Anna e detentore dei diritti sull’opera, e
l’accademico francese Olivier Ertzscheid, che in ottobre aveva
illegalmente pubblicato online due versioni francesi del Diario, per
poi ritirarle dopo l’intervento per vie legali del Fondo con la
promessa di riproporle alla fine del 2015 allo scadere dei diritti. Il
Fondo tuttavia ritiene inoltre non solo che la versione integrale del
Diario pubblicata negli anni Ottanta sia un’opera nuova, che beneficia
quindi dei diritti connessi alle opere postume vincolandone la
pubblicazione fino almeno al 2030, ma anche che la versione pubblicata
nel 1947, da cui Otto Frank aveva eliminato i passaggi considerati
“troppo intimi”, sia da considerare opera di più coautori, portando la
scadenza dei diritti ancora oltre, nel 2051. Così ora ha indirizzato
una nuova lettera a Ertzscheid ripubblicata poi da lui stesso sul suo
blog Affordance, in cui invita lo studioso non solo a rinunciare ai
suoi propositi, ma anche a informarne tutti i media, spiegare
pubblicamente di non aver compreso a fondo i pro e i contro del caso, e
al pagamento di una multa di mille euro al giorno per mancata
osservanza di un decreto ingiuntivo.
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LUTTO NELL'ITALIA EBRAICA Rav Emanuele Weiss Levi
(1927-2015)
Profondo cordoglio in tutta l’Italia ebraica per la scomparsa di rav Emanuele Weiss Levi.
Nato a Biella nel 1927, formatosi sotto la guida di rav Dario Disegni e
successivamente al Collegio Rabbinico Italiano, rav Weiss Levi aveva
conseguito il titolo di maskil nel 1946. Per 35 anni, dal 1952 al 1987,
è stato rabbino capo di Verona e tra gli ultimi custodi del minhag
locale.
Dopo il pensionamento si è quindi trasferito a Torino, dove ha
continuato a offrire il proprio contributo collaborando attivamente
alle ufficiature all’interno della sinagoga cittadina e dove è stato
apprezzato ospite della casa di riposo ebraica.
Proprio
nell'ambito delle strutture comunitarie torinesi rav Weiss Levi si era
fatto particolarmente apprezzare per il calore umano che riusciva a
trasmettere anche nei rapporti con i piccoli che frequentano gli asili
ebraici e che spesso visitano gli anziani ospiti della struttura.
A testimoniare la loro vicinanza ai familiari, tra gli altri, il
presidente della Comunità torinese Dario Disegni, cui si sono unite
molte voci. A cominciare dal presidente della Comunità ebraica di
Verona Bruno Carmi, dalla presidente della Comunità ebraica di Vercelli
Rossella Bottini Treves, dal vicepresidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Giulio Disegni e dal rav Elia Richetti, già alla
testa dell'Assemblea Rabbinica Italiana.
La redazione si unisce commossa al cordoglio dei familiari e degli amici. Che il ricordo di rav Weiss Levi sia di benedizione.
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USA - utilizzabile solo per fini terapeutici
Marijuana casher, l'ok dei rabbini
La
Orthodox Union, l’ente più autorevole che determina la casherut dei
prodotti (alimentari, ma non solo), ha dato il beneplacito per apporre
il proprio marchio sulle medicine a base di marijuana dell’azienda
farmaceutica Vireo Health di New York. Uno storico traguardo che
renderà per la prima volta possibile l’acquisto, solo per fini
terapeutici, di marijuana riconosciuta come casher, ossia conforme alle
regole ebraiche. La Vireo Health fa parte delle cinque aziende
farmaceutiche selezionate e autorizzate dopo l’emanazione della
Compassionate Care Act, la legge portata avanti dal governatore dello
Stato di New York Andrew Cuomo per sponsorizzare e riconoscere
l’utilità dell’uso di questa specifica droga leggera per i pazienti
affetti da malattie come l’HIV, il cancro o l’epilessia. “Questo
annuncio – ha dichiarato l’amministratore delegato della Vireo, Ari
Hoffnung – manda un messaggio importante ai newyorkesi di tutte le fedi
e riconosce che usare la marijuana per scopi medici non ha alcun legame
con la ‘cultura delle canne’. I pazienti non si devono sentirsi
minimamente in colpa o vergognarsi se a prescriverlo sono i loro
dottori”. Il marchio verrà apposto sulle cartucce che fanno da ricambio
per il vaporizzatore, l’olio e le capsule (dunque ben lontano
dall’immaginario comune della canna da fumare) e già da gennaio,
secondo il comunicato rilasciato ieri, sarà possibile acquistare i
prodotti presso i rivenditori autorizzati che apriranno a White Plains,
Queens, Binghamton e Albany, presentando la ricetta.
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SPOTLIGHT
JCiak - Dieci film da non perdere
Sarà poco originale, ma niente è meglio di una lista per fare ordine.
Anche perché, a scorrerlo in prospettiva, l’anno cinematografico
riserva parecchie belle sorprese. Eccoli dunque (in ordine sparso) i
magnifici dieci del 2015. Alcuni sono già arrivati nelle sale italiane,
per gli altri servirà ancora un po’ di pazienza.
Il figlio di Saul
Rigoroso
e claustrofobico, il film di Làsló Nemes, ci immerge nell’inferno di
Auschwitz attraverso la storia di Saul Auslander, Sonderkommando che
tenta disperatamente di dare una sepoltura al corpo del figlio. Il tema
è potente, la regia notevole come l’interpretazione di Geza Rohrig,
attore e poeta ungherese che, come il regista ha perso parte della
famiglia durante le persecuzioni naziste. Vincitore del gran Prix
speciale della giuria a Cannes, è candidato dall’Ungheria all’Oscar.
Sarà in Italia a metà gennaio.
Tikkun
Uno
dei film più belli dell’anno. Diretto da Avishai Sivan, racconta la
storia di Haim-Aron (Aharon Treitel), studente di yeshiva brillante e
destinato a un grande futuro. Una sera sviene durante un digiuno, è
dato per morto, ma il padre riuscirà a rianimarlo. Da quel momento le
cose però cambieranno e il padre in una crisi di coscienza chiedendosi
se è stato giusto forzare il volere divino nella disperata notte in cui
il figlio stava per andarsene. Onirico e poetico, ha vinto il Jerusalem
Film Festival e il Premio speciale della giuria a Locarno.
Il labirinto del silenzio
Storia
vera di Johann Radmann, giovane e determinato procuratore che nella
Germania degli anni Cinquanta riesce, fra mille battaglie, a portare in
tribunale alcuni dei responsabili dei crimini di Auschwitz. Il processo
riporta il genocidio nazista all’attenzione pubblica, negli anni in cui
i tedeschi cercano di dimenticare. Diretto da Giulio Ricciarelli,
italiano che da sempre vive in Germania, e candidato dalla Germania
all’Oscar.
Felix e Meira
Diretto
da Maxime Giroux è una delicata storia d’amore che nasce e cresce nel
gelo di un inverno a Montreal. Lei, interpretata dall’israeliana Hadas
Yaron, già apprezzata in “La sposa promessa”, appartiene alla comunità
hassidica, è sposata con Shulem (Luzer Twersky, che nella realtà è nato
e cresciuto nella comunità Satmar) e ha una bambina. Lui, che non è
ebreo e vive alla giornata grazie ai soldi del padre, non dovrebbe
nemmeno sfiorarla con gli occhi.
Il figlio di Hamas – The Green Prince
Quella
di Mosad Hassan Yousef sembra una storia da film. Invece il figlio del
fondatore e leader di Hamas nel West Bank ha davvero scelto di cambiare
campo e di collaborare con Israele e lo Shin Bet. Nadav Schirman
esplora le sue motivazioni e ci racconta cosa accade nella sua vita e
nelle sue relazioni in un film notevole, da vedere per capirne di più
di quanto accade in Medio Oriente.
Amy – The Girl Behind the Name
Dedicato
alla struggente parabola di Amy Winehouse, cantante di talento
strepitoso, morta a soli 27 anni, è uno dei documentari più belli
dell’anno. Il regista Asif Kapadia riesce non cede al sentimentalismo
né al gossip e lascia che a parlare siano le immagini.
Il grande quaderno
Tratto
dall’omonimo romanzo del 1986 di Agota Kristof e diretto da János
Szász, narra di due gemelli di 13 anni costretti, negli anni della
seconda guerra mondiale, a lasciare la famiglia per rifugiarsi in uno
sperduto villaggio, in casa di una nonna alcolista e crudele che pare
uscita da una favola dei fratelli Grimm. Arrivato in Italia a gennaio,
ma candidato all’Oscar, due anni fa, dall’Ungheria che quest’anno
schiera un altro film dedicato alla Shoah, Il figlio di Saul.
In Jackson Heights
Il
maestro del documentario Frederick Wiseman porta sul grande schermo i
difficili equilibri e le strepitose possibili armonie del vivere
insieme. Nel suo nuovo lavoro il regista ebreo-americano ci racconta il
quartiere più multiculturale che c’è, Jackson Heights, Queens, New
York. Qui si parlano 167 lingue e si vive assieme, grazie a un lavoro
di comunità che in altre parti d’America è pura utopia.
The woman in Gold
Storia
mozzafiato di uno dei quadri più celebri del mondo, il magnifico
ritratto in cui Gustav Klimt immortalò, nel 1907, Adele Bloch Bauer.
Confiscato dai nazisti, torna in possesso della nipote Maria Altmann
solo dopo una lunga battaglia legale. Diretto da Simon Curtis e
interpretato da una meravigliosa Helen Mirren affiancata da Ryan
Gosling, non è un gran film. Da vedere per saperne di più sul tema,
ancora scottante, della restituzione dei beni confiscati durante le
persecuzioni.
Un disastro di ragazza
Giovane,
bionda e in carne, Amy Schumer ribalta molti luoghi comuni, in questa
commedia diretta dal regista ebreo americano Judd Apatow. Un po’
sboccata, un po’ greve, Amy è portabandiera di una comicità agli
antipodi di Woody Allen. Negli Stati Uniti è stato uno dei campioni
della stagione al box office.
Daniela Gross |
Setirot
- Mendel dei libri
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Un
piccolo/grande racconto che suggella la fine di un’epoca. Una storia il
cui significato è probabilmente eterno. Una morale che, concepita nel
1929, oggi è più cogente che mai. Vien da dire un antidoto alla
barbarie delle parole che, anche tra “noi”, vengono buttate lì, buttate
via, sui social media. Sono stato fortunato a terminare l’anno civile
in corso leggendo questa vecchia meraviglia di Stefan Zweig che porta
il titolo di Mendel dei libri (Adelphi). Fatevi un regalo, ne vale la
pena. Con l’augurio di imbarbarirci tutti un po’ meno.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Yiddish a Friburgo
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Friburgo
in Brisgovia, nel cuore della Foresta Nera, è una bella cittadina dai
palazzi in tinta pastello, che nel periodo natalizio si anima di luci,
mercatini e musicisti di strada. Ci vengo spesso per motivi di famiglia
e conosco la nuova sinagoga, un edificio in cemento piuttosto anonimo,
costruito dopo la guerra per desiderio di quei quindici ebrei che erano
riusciti a fare ritorno in città. Oggi la comunità conta circa 700
membri e la koiné è il russo, come succede in altre città tedesche tipo
Norimberga, in cui la vita ebraica è cresciuta soprattutto grazie alle
immigrazioni dalla Russia a seguito della caduta del Muro. Friburgo non
è certo una meta gettonata nei Jewish Tours, perché almeno in apparenza
i punti di interesse sono pochi, a parte la nuova comunità:
l’università, memoria di emeriti studiosi come Emanuel Lévinas e la
targa in bronzo in ricordo di quella sinagoga, figlia
dell’Emancipazione, distrutta con la Kristallnacht.
Maria Teresa Milano
Leggi
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Time Out - Espulsioni
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Mi
sembra incomprensibile la logica dell’espulsione per le persone
accusate di terrorismo. Insomma, se una persona è pericolosa dovrebbe
restare in carcere piuttosto che essere rimandata indietro in un paese
del nord Africa. Tra l’altro il rischio è che se l’accusa è reale
l’accusato finisca solo per accrescere le fila dei combattenti
dell’Isis. Per questo, seppur costoso, forse sarebbe meglio tenere in
carcere queste persone piuttosto che pagargli un biglietto aereo per
tornare a casa. Non sconfiggeremo il terrorismo in questa maniera, ma
magari preverremo un problema futuro più grande
Daniel Funaro
Madri d'Israele - Angelica |
E
poi la incontri, quando meno te lo aspetti, quando ormai avevi perso le
speranze. E lei è lì. Ti sorride, con quegli occhi limpidi che riflettono
alla perfezione l’essenza del suo nome, incorniciati da una cascata di
ricci corvini. Ti accoglie danzando, raggiante. E quella musica
proveniente dalla stanza alle sue spalle, d’un tratto, ti sorprende, ti
travolge e stravolge, ti contagia. Ti incoraggia ad entrare.
David Zebuloni
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La signorina Levi
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I
portacandele di Shabbat. La brocca per la Netillat Yadaim. Il calice
d’argento per il Kiddush. La tovaglia gialla ricamata, e la
sopratovaglia bianca. Suppellettili davanti alle quali decine di
persone passano quasi ogni giorno visitando il Museo Ebraico di
Firenze, chi distrattamente, chi soffermandosi ad osservare la tavola
apparecchiata per lo Shabbat. Alcuni di questi oggetti rituali
appartenevano alla signorina Levi, cui è dedicato nella Stanza della
Memoria il pannello sull’assunzione della falsa identità dall’inizio di
quella che Michele Sarfatti ha definito ‘persecuzione delle vite’ dopo
quella dei diritti: dalle leggi razziste all’essere braccati, costretti
a nascondersi per sottrarsi alle deportazioni, e altrimenti inviati
perlopiù direttamente a Birkenau. Trovo la signorina Levi
un’affascinante figura d’altri tempi. Intanto, si unì ai partigiani. Si
innamorò di un altro resistente, ma la famiglia di lei ne osteggiò
l’unione. Era tutta d’un pezzo, la signorina Levi: o lui o nessuno.
Quindi nessuno. Morì molto anziana e sempre battagliera.
Sara Valentina Di Palma
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