Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Non
ho ancora deciso se adirarmi, ignorare o essere felice della nuova
linea di sciarpe ‘tallitot style’ messe in vendita dalla catena
H&M. Appena ho visto le foto delle nuove sciarpe di lana con frange
e strisce bianche e nere, ho pensato ad un versetto del profeta
Zaccaria 8,23: “Dice il Signore degli eserciti, in quei giorni, dieci
uomini di tutte le lingue delle genti afferreranno un lembo del
mantello di un yehudi (ebreo) e gli diranno: ‘Vogliamo andare con voi,
perché abbiamo udito che Dio è con voi!’. Forse da H&M hanno
ispirazioni profetiche. Ho anche pensato ad alcuni risvolti pratici
della cosa: mettiamo, per esempio, che io mi trovi in Diaspora durante
Shabbat e non potendo trasportare il talled sono costretto ad
indossarlo, al primo che mi urlerà: “Sporco ebreo!”, potrò rispondere
che è vero che sono ebreo, che non è vero che sono sporco, ma che è
verissimo che sono anche trendy, almeno secondo gli standard di
H&M.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Quello
che sembra essere accaduto nella piazza più grande della città di
Colonia (e in altre città tedesche) la notte di capodanno va a toccare
nel profondo le corde sensibili di una società europea impaurita e
disorientata. Questi sono i fatti: alcune decine o forse centinaia di
donne sono state infastidite, derubate, molestate sessualmente,
colpite, forse alcune violentate da bande di maschi ubriachi
organizzati. Si sta indagando e sono stati arrestati una ventina di
giovani, con ogni probabilità profughi mediorientali o maghrebini. La
notizia delle violenze (e molte delle denunce) è emersa in maniera un
po’ anomala con una settimana di ritardo: anche questo è un fatto, e
andrebbe stabilito il perché del tempo trascorso nel silenzio. Ma quel
che colpisce è stata la reazione della società europea. Da una parte si
sono moltiplicate le prese di posizione che sempre giustamente emergono
quando le donne vengono fatte oggetto di violenza. Appelli,
dichiarazioni politiche, condanne, con il ripetersi di espressioni come
“inaccettabile”, “si puniscano i responsabili”, “dov’erano le
autorità?” ecc. Ma alle denunce sono immediatamente seguite le minacce
esplicite di “espulsione dei profughi”, di chiusura dei confini ai
musulmani, di respingimento alle frontiere. A voler leggere i fatti con
freddezza, si è passati dalla constatazione di ignobili atti di
violenza sulle donne, alla generalizzazione contro gli immigrati con
conseguente strumentalizzazione politica in poche ore. Mi pare che ci
troviamo di fronte a un dato allarmante per la tenuta delle basi
democratiche del nostro continente.
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Metamorfosi francese
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Allah
Akbar come un grido di guerra, di nuovo. Di nuovo a Parigi, di nuovo il
7 gennaio, come un anno fa, quando intorno a mezzogiorno i Kouachi
facevano strage da Charlie Hebdo. “Ieri – scrive il Messaggero – è
sembrato ricominciare tutto, alla Goutte d’Or, quadrilatero popolare,
forse il più colorato, il più difficile, il più musulmano e arabo di
Parigi, ai piedi di Montmartre. La gente che correva, le grida, i
poliziotti armi in pugno che gridavano ai negozi di abbassare le
saracinesche, ai passanti di rifugiarsi dentro ai portoni, di chiudere
le finestre. Colpi d’arma da fuoco”.
La metamorfosi di Hollande, sottolinea il Corriere, è intanto completa.
“L’uomo che ha passato i primi due anni all’Eliseo a studiare timide
riforme fiscali e poco incisive scelte economiche, l’evanescente leader
che alcuni accusavano di avere il carisma e il coraggio di un
sottoprefetto di provincia – si legge – affronta oggi l’emergenza
terrorismo con una determinazione che inquieta alcuni del suo stesso
campo”. All’esterno, Hollande ha infatti intensificato i bombardamenti
contro lo Stato islamico in Siria, facendo del ministro della Difesa
Jean-Yves Le Drian il suo uomo di fiducia; all’interno, il presidente
sostenuto dal premier Manuel Valls e dal ministro Bernard Cazeneuve,
presenta in questi giorni un progetto di legge “che dà grandi poteri
alla polizia e ai procuratori, slegati dal controllo giudiziario”.
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JE SUIS PARIS - UN CONFRONTO AL SENATO
Blasfemia, diritti e libertà
Una riflessione necessaria
Blasfemia, diritti e libertà.
Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania
Giannini, il presidente della Rai Monica Maggioni, la giurista Barbara
Randazzo, la teologa battista Lidia Maggi e il direttore della
redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Guido Vitale saranno lunedì al Senato della Repubblica per presentare
la ricerca collettiva coordinata dal professor Alberto Melloni e
pubblicata a un anno di distanza dai massacri nella redazione del
settimanale satirico Charlie Hebdo e dell’Hypercacher di Parigi.
(Nell'immagine un momento della recente preghiera interreligiosa svoltasi davanti al Bataclan di Parigi)
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JE SUIS PARIS - SEGNALIBRO Parigi, quel pretesto dietro l'odio La
copertina di Charlie Hebdo del primo numero dopo l’attentato mostra
un’immagine di Maometto in lacrime che regge un cartello con la scritta
“Je suis Charlie” e il titolo “Tutto è perdonato”. Molti giornali –
come i francesi Libération e Le Monde e la tedesca Frankfurter
Allgemeine Zeitung – hanno pubblicato l’immagine nella sua totalità.
Nel Regno Unito il Guardian ha mostrato la copertina “in quanto ha
valore di notizia, e merita di essere pubblicata”. Negli Stati Uniti
Washington Post, Usa Today e Wall Street Journal hanno mostrato
l’illustrazione, ma il New York Times non lo ha fatto. Il problema,
poi, non riguardava solo la nuova copertina, ma anche le vignette
“colpevoli” di aver scatenato la furia dei terroristi. Le testate che
hanno deciso di non pubblicare le vignette di Charlie Hebdo sono state
criticate ferocemente per le loro scelte, nonostante la difesa più
frequente sostenesse che era importante non essere visti come
disseminatori di contenuti che alcuni lettori potrebbero trovare
offensivi. Il Guardian per esempio ha sostenuto la sua posizione con un
editoriale in cui si leggeva, tra altre cose: “Il punto cruciale è
questo: sostenere l’inalienabile diritto di un giornale di fare le
proprie decisioni editoriali non si traduce automaticamente
nell’amplificare quelle decisioni: difendere il diritto di qualcuno a
dire quello che preferisce, non obbliga a ripetere le sue parole”. Il
problema, però, sorge nel momento stesso in cui si evoca la “blasfemia”
come causa di un’azione terrorista. Come spiega Alberto Melloni nel
testo che introduce il volume Blasfemia, diritti e libertà. Una discussione dopo le stragi di Parigi
(ed. Il Mulino) a cura dello stesso Melloni, Francesca Cadeddu e
Federica Meloni, senza in alcun modo voler avallare le uccisioni in
molti hanno ritenuto che inquadrarle in una logica di azione-reazione
permettesse di capire qualcosa in più. E non sono pochi quelli che
hanno pensato che Charlie Hebdo veramente praticasse la blasfemia,
rendendo quindi non giustificabile ma “comprensibile” una reazione non
espressa per le normali vie giudiziarie – a cui era peraltro abituata,
la redazione del settimanale satirico – ma che ha portato a un
massacro.
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HYPERSHABBAT - MOLTE ADESIONI ANCHE IN ITALIA "Nutrire la speranza, unica via"
L’appello
è degli ebrei di Francia: una giornata da vivere tutti insieme, con
intensità, in ricordo dei “quattro guardiani dello Shabbat” uccisi un
anno fa all’Hypercasher di Porte de Vincennes, a Parigi, dove si
trovavano per gli ultimi acquisti in vista del riposo sabbatico. Una
chiamata cui hanno risposto molte Comunità ebraiche d’Italia. A partire
da quella romana, che ha dato appuntamento al Portico d’Ottavia per una
simbolica chiusura dei locali casher del quartiere. Protagonisti anche
i bambini della scuola ebraica, che hanno preparato delle challot, il
pane dello Shabbat, distribuito poi a diversi nuclei familiari.
“L’unica via è nutrire la speranza, celebrare l’esistenza oltre la
morte. Vincendo la rabbia e il dolore, aprendosi al futuro con forza e
determinazione” hanno spiegato la presidente della Comunità Ruth
Dureghello e il rabbino capo Riccardo Di Segni, presenti entrambi alla
chiusura dei negozi. Nella delegazione comunitaria, tra gli altri,
anche il vicepresidente Ruben Della Rocca e i Consiglieri Giorgia Calò,
Giordana Moscati, Daniel Funaro e Alberto Ouazana. Molteplici le
adesioni all’HyperShabbat francese. “Una risposta a questo brutale
attacco, attraverso un momento di ritrovo comunitario, preghiera e
attaccamento alle nostre origini e tradizioni con gioia e fierezza”,
sottolinea il rabbino capo di Verona Yosef Labi.
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FU MOLTO VICINO AL MONDO EBRAICO Valerio Zanone (1936-2016)
Dopo
la scomparsa di Renato Altissimo, avvenuta nell’aprile 2015, un altro
liberale e un altro amico vicino al mondo ebraico e alle ragioni
d’Israele si è congedato dal mondo terreno. Valerio Zanone avrebbe
compiuto 80 anni il 22 di questo mese e, in particolare da un anno,
combatteva contro una malattia che ha poi prevalso.
Uomo di raffinata cultura, ha ricoperto numerosi incarichi partitici,
parlamentari, governativi, alla guida di prestigiose fondazioni
passando anche dall’esperienza di sindaco di Torino. Apparentemente
pacioccone, era in realtà persona sì pacata e riflessiva ma anche ben
determinata nelle sue scelte, guadagnandosi a volte l'”accusa” di
cocciutaggine. Anche i suoi intensi rapporti con il mondo ebraico e con
Israele, alla pari di tutto il suo agire in politica e nella vita in
genere e coerentemente al suo carattere, non sono mai stati eclatanti,
ostentati o interpretati strumentalmente ma vissuti bensì
“naturalmente” come si addice a un vero liberale e in ossequio a una
genuina interpretazione della laicità, mai interpretata in chiave
antagonista rispetto al sentimento religioso.
Gadi Polacco
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Politica
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Da
quando l’aggettivo “politico” è diventato una parolaccia? Non occorre
scomodare Aristotele per ricordare che non sempre è stato così. Ancora
pochi decenni fa attribuire a una determinata questione un risvolto
politico significava nobilitarla, segnalare che non erano in gioco
interessi personali ma grandi temi etici che riguardavano, o potevano
riguardare, l’intera collettività. In questi ultimi anni la diffidenza
verso la politica è arrivata a un punto tale che persino gli interessi
personali sono considerati con maggiore benevolenza. Quante volte, per
esempio, è capitato di sentir definire (con una nota di disprezzo)
“politico” uno sciopero degli insegnanti; come se astenersi dal lavoro
e scendere in piazza per il proprio stipendio o per il proprio orario
fosse una cosa legittima mentre porsi problemi più generali sulla
qualità della scuola italiana o sul diritto allo studio per tutti fosse
un’indebita ingerenza in campi che non ci appartengono. Anche nelle
nostre Comunità c’è spesso una gara a chiamarsi fuori dalla politica,
persino in vista delle elezioni, come se fosse più nobile contrapporsi
sulla base di dicerie o amicizie e inimicizie personali (non mi è
ancora capitato, infatti, di vedere competizioni elettorali fondate su
dibattiti filosofici o discussioni talmudiche). Quando leggo o sento
che i nostri dirigenti comunitari sono accusati di fare politica mi
chiedo: ma non è proprio per questo che li abbiamo eletti?
Anna Segre, insegnante Leggi
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Al supermercato
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Qualche
giorno fa passando da Nizza, mi sono trovato a fare compere in un
supermercato casher, uno dei tanti di una città che da sola conta
inaspettatamente una popolazione ebraica di trentamila abitanti, quasi
il totale di quella della nostra penisola! Entrare in un supermercato,
è una situazione quotidiana e ‘normale’ che capita a chiunque di noi,
ma entrare in un supermercato esclusivamente casher in Europa
rappresenta probabilmente un rischio, o almeno così lo è stato un anno
fa per gli avventori dell’Hypercacher di Porte de Vincennes a Parigi.
Gli sguardi rimangono comunque inizialmente un po’ sospettosi e
diffidenti, solo quando arrivi alla cassa e metti insieme due parole
tra il francese e l’ebraico, si dilegua definitivamente ogni timore.
Francesco Moises Bassano, studente Leggi
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Saggi gli israeliani
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Ho
trascorso qualche giorno a Tel Aviv, complici le vacanze natalizie che
mi hanno permesso di assentarmi dal lavoro per qualche giorno di ferie.
Questo prima del tragico attentato che mi ha lasciato sconvolta,
accaduto vicino alla casa che avevo preso in affitto, in quel negozio
dove ero entrata qualche giorno prima, ora teatro di tanto orrore. Al
posto di quei giovani ragazzi sarei potuta esserci io. La verità è che
mai, in quei giorni, ho fatto i conti con questa possibilità. Mai ho
percepito paura e tensione. Tutt’altro. Avevo attorno a me solo un’aria
leggera e serena dettata dalla temperatura primaverile. Con un
sentimento che credo sia comune a molti, a chiunque abbia nel cuore
Israele, ho trascorso quattro giorni a chiedermi come sarebbe, in
futuro, la mia vita lì. Un pensiero ricorrente. Tante le domande, le
valutazioni, i pro, i contro.
Claudia
Sermoneta
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L'etica del conflitto
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Nella
parashà di Vaerà del libro di Shemot per bambini che Anna Coen e Mirna
Dell’Ariccia hanno curato, viene riportato un commento dei maestri che
in questi giorni, come in altre occasioni, risuona particolarmente:
“L’uomo quando medita di far male a un nemico sta in agguato in attesa
di coglierlo di sorpresa; il Signore invece si premura di avvertire il
faraone ogni volta che l’Egitto sta per essere colpito da una piaga;
per tre intere settimane Moshè annunciava la sciagura e questa durava
poi una settimana”. Stupisce che tra tanti commenti le autrici scelgano
di riportare proprio questo. Forse perchè un’etica del conflitto va
insegnata sin da bambini e perchè il rispetto per il nemico non va
dimenticato, ma radicato. Sarebbe bello poterlo insegnarlo a tutti.
Ilana Bahbout
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