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29 Gennaio 2016 - 19 Shevat 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Certo che se si valuta il mondo attraverso la lente dell’omnia munda mundis, tutto è puro per i puri, motto latino contenuto nell’epistola di S.Paolo a Tito, non stupisce il fatto che nel giro di una settimana si può stringere la mano di chi rappresenta un popolo che, esistendo, dimostra il livello di civiltà della società nella quale vive e la mano di chi nega ogni senso di civiltà condivisa e minaccia l’annientamento del primo popolo o la negazione della sua storia. In una sola settimana, se si è convinti di essere puri, si può benedire il popolo della Torà usando le parole della Torà e si può accettare la richiesta di preghiera di chi è solito, in nome di Dio, impiccare omosessuali, lapidare donne e torturare dissidenti. In una sola settimana, se si è certi che ciò che è puro è decisamente nostro, si può dire di essere contrari ad ogni forma di antisemitismo e si può invitare in casa propria un antisemita. Perché se ciò che faccio è intrinsecamente puro, dato che io sono puro, la morale diventa un mio personale mezzo di espressione e non un monito, un dettame al quale sono sottomesso, indipendentemente se io sia Re, Papa, Presidente o Ciabattino. E così siamo lontanissimi dal messaggio biblico che voleva il Re, il Profeta, il Sommo Sacerdote sottomesso alla Legge morale come e più di tutti, senza purezze personali da sfoggiare come medaglie.
 
Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Il nuovo memoriale della Shoah realizzato nei pressi della stazione centrale di Bologna è importante, è nuovo, è utile. Si tratta di una novità per l’Italia, che finalmente mette a tema un buco nero della sua storia e invita i suoi cittadini che si affrettano verso i binari per prendere un treno, che quel mezzo è servito anche a portare ai campi di lavoro e di morte milioni di persone. L’unico altro monumento pubblico nella Penisola che gli si può associare è quello realizzato fra il 1985 e il 1993 nel Ghetto nuovo a Venezia. Che si sappia non ci sono altri esempi, se escludiamo i musei realizzati o in via di realizzazione (Milano al Binario 21, Roma e Ferrara). La rappresentazione in maniera astratta – come fa questa interessante opera realizzata da un gruppo di giovani architetti creativi – dell’evento indicibile della Shoah, è un ulteriore segno della maturazione di un percorso di riflessione che continuo a pensare sia positivo. “La memoria – ha sottolineato di recente in maniera molto efficace David Bidussa – non è un fatto. È un atto. Un atto che si compie tra vivi, volto a legare tra loro individui in relazione alla costruzione di una coscienza pubblica, un atto che dice oggi che del passato si è trattenuto qualcosa, e che quel qualcosa ha arricchito la nostra capacità di agire in relazione a un domani che si intende costruire”.
 
Parigi, lo show di Rouhani
"Diritti umani, ci siamo"
“Erano diciassette anni che un capo di Stato iraniano non veniva in Francia” ha ricordato il presidente francese Hollande accogliendo il leader sciita Rouhani a Parigi e annunciando contestualmente l’impegno per “riportare il livello di cooperazione bilaterale all’altezza del potenziale e della storia dei due Paesi”. Rouhani ha detto invece che è necessario “andare oltre gli antichi rancori per scrivere una nuova pagina nelle relazioni tra la Francia e l’Iran”. Sollecitato dal suo interlocutore, Rouhani ha inoltre risposto che “per l’Iran i diritti umani contano molto”. Affermazioni curiose, anche alla luce dei numeri raccolti da Amnesty International, oggi riportati dal Sole 24 Ore: l’Iran sarebbe infatti il secondo Paese al mondo, dietro alla Cina, per numero di condanne a morte eseguite: mille solo nel 2015, in gran parte legate ai traffici di droga ma anche decise per atti ostili verso Dio, oltraggio al Profeta e omosessualità.

Panico a Euro Disney, dove un 28enne islamico (incensurato e con nazionalità francese) è stato fermato con due pistole in valigia, oltre a una copia del Corano. “Mi servivano soltanto per difendermi” ha detto l’uomo subito dopo l’arresto. Una strana vicenda, che non fa altro che alimentare il clima di terrore e di sospetto latente che si respira a Parigi (la Stampa).

Il regista Claude Lanzmann interviene in difesa di Salafistes, documentario che racconta con estrema crudezza l’ideologia e la violenza dei salafiti del Sahel e la loro aspirazione al martirio. A suscitare perplessità è l’intervento del governo francese, che ha limitato la visione dell’opera. “Mani amputate per obbedire alla sharia, un altro uomo viene decapitato. Bisogna saperlo. Quella gente taglia le mani, ma come? Senza anestesia, ovviamente. Non è un colpo netto, usano un coltello che è come una sega, perché ci sono delle ossa, è difficile. E anche quando tagliano la testa è complicato. Trovo che sia qualcosa di una crudeltà, di una barbarie indicibile. Perché non si dovrebbe mostrarlo, se è la verità? Ed è la verità” dice Lanzmann al Corriere.
 
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  davar  
QUI MILANO - LAUREA HONORIS CAUSA AD AMOS OZ
"Scrivere? È come respirare"
“Voi oggi date un riconoscimento a uno scrittore per aver scritto dei libri, ma in realtà si tratta di qualcosa di naturale, come respirare. Non potrei smettere di respirare nemmeno se lo volessi, e lo stesso vale per il raccontare storie”. Così lo scrittore israeliano Amos Oz nell’accogliere la laurea honoris causa attribuitagli dall’Università Statale di Milano nel corso dell’inaugurazione del nuovo anno accademico. A ritirare il diploma dalle mani del rettore Gianluca Vago al posto del celebre intellettuale, che impossibilitato a presenziare per motivi di salute ha inviato un video messaggio, è stata la figlia Fania Oz-Salzberger.

“Quando di fronte all’attribuzione di grandi meriti Amos Oz si schermisce parlando di una vocazione e un impulso naturale, sostenendo di non avere meriti particolari, noi naturalmente non gli crediamo” ha affermato Gianni Turchetta, direttore del Dipartimento di Scienze della mediazione linguistica e di studi interculturali, che ha proposto l’attribuzione della laurea. “Perché la scrittura – ha aggiunto – quella vera, è figlia di un lavoro severo, faticoso, pazientissimo, di cui pure Oz ci ha parlato e che non sarebbe giusto dimenticare”.
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GERMANIA - SPOTLIGHT
Anne, il diario parla tedesco
Riappropriarsi della Storia, dei suoi segreti e delle responsabilità, passa anche attraverso la cinepresa. A dimostrarlo concretamente la Germania, che sceglie ancora una volta il grande schermo per riflettere sulla Shoah, aprendo armadi e cassetti. Dopo “Il labirinto del silenzio” di Giulio Ricciarelli, in corsa per l’Oscar 2016 e “Der Staat gegen Fritz Bauer” di Lars Kraume, premiato a Locarno; al Berlinale – il Festival Internazionale del Cinema di Berlino (11-21 febbraio 2016) verrà presentata una nuova trasposizione del “Diario di Anne Frank”; la prima mai realizzata dalla Germania.
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demenza digitale - twitter 
Cinguettii senza cervello
Cosa unisce l’IHRA, organizzazione internazionale intergovernativa presidio della Memoria, alla passione per le macchine da corsa? Verrebbe da riderne, se non ci si trovasse di fronte a un esempio di quali effetti indesiderati e comici possa produrre la demenza digitale. Il messaggio è consueto, per lo meno per gli utenti attivi su twitter, il social network più amato da chi vuole essere sempre aggiornato sul mondo: “CargoPal-MaryLola ha ritwittato il tuo Tweet”. Un utente dal nome singolare, con più di 19 mila follower. Quanto basta a incuriosire, anche perché l’argomento del tweet non era dei più “social”. C’erano hashtag, menzioni, un link all’articolo e un’immagine, tutte cose che funzionano su twitter, dove non ci sono invasioni periodiche di gattini o citazioni ad effetto, e dove sono rari l’acredine e il livore di molti gruppi su facebook, dove ormai le discussioni interessanti, che pur ci sono, tendono a sparire, fra gli insulti e i panda. Ma perché un articolo su Kathrin Meyer, Executive Secretary della International Holocaust Remembrance Alliance raccoglie l’interesse della CargoPal, produttore di accessori da usare sui trailer per le auto da corsa basato a Timpson, Texas?


(Immagine tratta dal libro Demenza digitale di Manfred Spitzer, ed. Corbaccio, 2013)

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qui roma - spotlight
Il lungo viaggio di Marina
Domenica 31 gennaio alle 16.30 alla Casa del Cinema di Roma si presenta “Tracce d’amore”, il nuovo film della produttrice Marina Piperno. Dopo una lunga carriera dietro la cinepresa, Piperno torna da protagonista e appare sulla scena per narrare la turbolenta storia della sua famiglia che, a partire dall’emanazione delle leggi razziste in poi, sarà costretta a prendere scelte inaspettate e dolorose. “La famiglia – afferma – è uno specchio paziente nel quale ci si riconosce condividendo insieme le strade percorrere”.
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QUI TORINO
Sei artisti, una matrice comune
Allo Spazio Don Chisciotte nel cuore di Torino si inaugura la mostra Identità Ebraica promossa dalla Fondazione Bottari Lattes.  Un’esposizione di dipinti che mette insieme sei importanti pittori italiani del Novecento, ognuno caratterizzato da una propria sensibilità e da un personale percorso stilistico, oltre che esperienziale. Ciò che li accomuna però è una certa identità ebraica, alcuni si definiscono ebrei laici, altri non si definiscono. Ulteriore punto d’incontro è sicuramente la città di Torino, luogo di vita oltre che di nascita.


Alice Fubini
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QUI VENEZIA - MEMORIA
Testimonianze da Urbisaglia
La storia di Carlo Alberto Viterbo raccontata attraverso l’intensa corrispondenza che ebbe con la moglie e il figlio tredicenne durante i mesi trascorsi nel campo di Urbisaglia, raccolta ora dal figlio Giuseppe nel volume Il giorno di ritorno che verrà, è stata presentata ieri pomeriggio all’Ateneo Veneto dall’autore insieme alla storica Giulia Albanese e con l’introduzione di Renato Jona Giornalista e avvocato, Carlo Alberto Viterbo nacque a Firenze il 23 gennaio 1889.
Fu presidente della Federazione Sionistica Italiana dal 1921 e ricoprì la stessa carica ancora nel 1931, nel 1933 e nel 1935. A seguito della conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia, su incarico dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane e d’intesa con il governo fascista, si recò in missione presso la comunità dei falascià. Venne arrestato, insieme a molti altri anti-fascisti italiani, la mattina nel giugno 1940, trattenuto per 17 giorni nel carcere di Regina Coeli e infine trasferito nel campo di concentramento di Urbisaglia, in provincia di Macerata.
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la riunione dei leader religiosi islamici
Marrakech, segnali incoraggianti Ma anche punti interrogativi
Segnali incoraggianti dalla conferenza internazionale di Marrakech che ha riunito per alcuni giorni 300 religiosi islamici. Ferma condanna del terrorismo, rispetto della dignità umana, rispetto della libertà di culto, principio di giustizia e di non discriminazione: questi i principali temi condivisi dai protagonisti. Un risultato significativo, anche se alcune questioni spinose sono state evase.
Come ricorda oggi Zouhir Louassini (nella foto) sull’Osservatore Romano: “Ebrei e cristiani devono essere salvaguardati in quanto cittadini nel quadro dello stato di diritto oppure come minoranze religiose protette da parte della maggioranza musulmana? La dichiarazione di Marrakech accenna all’argomento quando parla del significato della cittadinanza, ma non offre alcuna risposta chiara. Così come è mancata una posizione definita sullo spinoso tema della libertà del credo: i musulmani possono scegliere altre religioni? Sono liberi di convertirsi a un’altra fede? Non c’è dubbio: siamo di fronte, con la conferenza di Marrakech, a un importantissimo passo in avanti. Si dovrebbe essere però ancora più coraggiosi, giungendo finalmente ad affrontare problematiche che risultano dannose per lo stesso islam”.
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sheva-melamed
Un modello di interculturalità
È con le parole di Sonia Brunetti che apre oggi la newsletter settimanale sheva – melamed, dedicata al mondo della scuola e dell’educazione. Le istituzioni che dirige, le scuole della comunità ebraica di Torino, sono nate successivamente alla promulgazione delle Leggi sulla razza del 1938, che portarono all’espulsione degli alunni e dei professori ebrei dalle scuole dell’Italia fascista. Sono una risposta all’assenza di democrazia e alla negazione dei diritti fondamentali. E i principi e gli obiettivi di una formazione democratica sono stati mantenuti e fortemente valorizzati negli anni, portando anche progressivamente all’apertura ai non ebrei. Le scuole ebraiche si pongono quindi come un possibile modello di espressione di rapporti interculturali, a patto che ci si interroghi su come tenere centrale la specificità ebraica all’interno di una simile realtà, e sia costante il lavoro su spazi e strumenti che consentono il rispetto delle differenti declinazioni identitarie di cui sono portatori allievi e famiglie.
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pilpul
Kippah e laicità
Dato che la scuola chiamata in causa due giorni fa da Simone Somekh nel suo articolo “L’Italia e il rispetto per la kippah” è la stessa in cui insegno non ho potuto fare a meno di sentirmi coinvolta dal problema che pone. Nei primi anni in cui Simone era lì anche io ero arrivata da poco e non tutti i miei colleghi sapevano che sono ebrea; dunque ho effettivamente avuto occasione di cogliere tra gli insegnanti qualche commento sulla kippah. Non credo però (e del resto neanche Simone afferma questo) che ci fosse una particolare malevolenza nei confronti degli ebrei: in generale tutti i comportamenti difformi da quelli della maggioranza suscitano un certo grado di diffidenza, specialmente tra gli adolescenti e gli insegnanti, che a volte danno fin troppo peso alla coesione del gruppo classe.
Mi permetto inoltre di aggiungere un elemento al quadro tracciato da Simone.


Anna Segre, insegnante
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La pagliacciata di Rouhani
"Che io possa aver sempre in cuore passione per Belle d’angeliche forme, / E liquido d’uva purissimo possa aver sempre in mia mano” canta il poeta e filosofo persiano Omar Khayyam, vissuto a cavallo del XI secolo, in una di quelle quartine che hanno sempre come oggetto l’amore e il buon vino, così come quelle di Hafen, altro poeta “nazionale”. Chissà allora quale lezione di pudore e buon costume voglia dare l’Italia al resto del mondo, se a quanto pare di propria spontanea volontà, arriva a coprire e ad “inscatolare” le proprie statue, e quindi la propria cultura, per non scandalizzare il presidente iraniano Rouhani.
Sarà contento Houllebecq quando parla di soumission, se in un eccesso di relativismo culturale, il nostro paese invece di denunciare la negazione di alcuni fondamentali diritti in cui versa lo stato iraniano, cerca di esaudirlo ad ogni costo, finendo quindi inversamente per legittimare la sua condotta. Pecunia non olet lo sappiamo, il business e gli affari, vero scopo di questi incontri, vengono sempre prima di qualunque lezione morale. Così è sempre stato con i peggiori dittatori da Pinochet, fino agli odierni Gheddafi ed Erdogan, accolti sempre in pompa magna. Ma ancora più triste, che tutta questa pagliacciata abbia luogo proprio nel Giorno della Memoria.


Francesco Moises Bassano, studente
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L'identità da difendere
Quello che mi turba nella brutta storia delle statue inscatolate è la mancanza di difesa del valore della nostra cultura e della nostra identità. Il nudo in arte è parte della nostra storia, fin dai tempi dei greci che vedevano nella bellezza fisica una componente etica di bontà – kalòs kai agathòs – ripresa poi dal Rinascimento. E persino l’iconografia cattolica ha accettato il nudo – purché allegorico – come somma espressione artistica. Coprire i nudi per non offendere un visitatore straniero – per quanto importante a livello commerciale – è come ammettere che i nostri valori storici e culturali possono essere messi in discussione e che siamo pronti a vergognarcene.
A questo punto come condannare chi, accampando motivi religiosi, li vuole distruggere? E come condannare chi si sente in diritto di abusare delle donne che vanno in giro scollate o con la minigonna?


Viviana Kasam
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Memoria per il futuro
Frequentavo un corso di lingua ebraica a Gerusalemme, anni fa, quando per caso ho scoperto che metà della mia classe, composta da giovani di Ramallah e altri villaggi arabi vicini, non sapeva cosa fosse la Shoah. Credevo fosse uno scherzo. Mi chiesi come fosse possibile. Mi si aprì un mondo con mille domande: cosa conoscono questi ragazzi della storia dello Stato di Israele e della sua gente? Come possono comprendere fino in fondo la realtà in cui vivono? Quanti equivoci e quanta incomprensione nasconde questa omissione? Memore di questo episodio e della mia inquietudine, a distanza di tempo, ho potuto ancora più apprezzare la testimonianza di Sarah Benomar, segretario generale dell’associazione studentesca marocchina Mimouna, la quale al convegno “Antisemitismo, paura del diverso, incitamento all’odio: ieri e oggi” (organizzato a Roma dall’UCEI e dalla presidenza del Consiglio dei ministri per il Giorno della Memoria 2016) ha raccontato come la sua associazione si muova tra diffusione della conoscenza della Shoah e l’incontro tra ebrei e musulmani attraverso diverse iniziative culturali e ricreative.

Ilana Bahbout
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Realpolitik
Lunedì sera ero in sinagoga al Tempio di Via Guastalla (Milano), c’era un incontro molto interessante sulla Shoah, il genocidio armeno e il dialogo cristiano ebraico. Negli stessi momenti Renzi e Mattarella ricevevano il presidente di uno Stato che vuole cancellare Israele dalle carte geografiche e che ogni anno, nel Giorno della Memoria, organizza un concorso per la migliore vignetta che infama e beffeggia la Shoah. Il governo italiano è accorso ai piedi di questi assassini oscurantisti, ha tolto il vino dalla cena e ha coperto le statue del museo per non offendere l’ospite pagante. Abbiamo cancellato la nostra Storia e conquiste civili per arraffare la pseudobenevolenza di uno Stato che vuole cancellare Israele, una teocrazia oscurantista che conosce l’impiccagione dei dissidenti, la falsificazione della storia, l’odio assassino nei confronti di una democrazia, l’appoggio concreto e incondizionato a terroristi sanguinari e l’oppressione della libertà di parola.

Paolo Barbanti
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