David
Sciunnach,
rabbino
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“Mi
faranno un Santuario ed Io risiederò in loro ” (Shemòt 25, 8). I
Maestri ci fanno notare che il termine usato dalla Torah in questo
verso sarebbe dovuto essere betochò – in esso, e non betocham – in
loro. Da questo ci viene insegnato dai Maestri che quando un’ebreo
consacra la sua vita con lo studio della Torah e con l’osservanza delle
mitzvòt, egli stesso diviene un “Santuario” ed il Santo Benedetto Egli
Sia risiede in lui, come è scritto betocham – in loro.
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David
Assael,
ricercatore
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In
questi giorni si dibatte la legge sulle unioni civili e sui media
compaiono a ripetizione coppie gay di entrambi i sessi con figli
concepiti in altri Paesi. Devo dire che in questo dibattito si alimenta
quella sindrome da bunker culturale che sempre si respira in Italia.
Così, mentre noi dibattiamo su irreparabili ferite alla morale
pubblica, di declini inesorabili della nostra civiltà, di danni alla
psicologia delle bambine e dei bambini, in tutto, e dico tutto, il
mondo sviluppato vivono bellamente in quello che per noi appare come un
tetro futuro. Un film che si ripete di fronte ad ogni possibile
cambiamento, dalle questioni sul fine vita, fino alla liberalizzazione
della canapa. Mi viene in mente un aneddotto raccontatomi da un amico
cresciuto in Italia, poi emigrato negli Stati Uniti e tornato anni dopo
a lavorare in Svizzera. Venuta a trovarlo sua madre dall’America, ha
voluto andare a fare una gita a Milano, dove, appunto, aveva abitato
anni prima. Tornata da lui gli ha detto: “Mimì, hanno ancora
Andreotti!”.
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Israele, soccorso ai
feriti siriani |
Quasi
seicento siriani, per lo più combattenti delle milizie anti Assad, ma
anche civili, uomini, donne e bambini, rimasti feriti sotto un
bombardamento o dopo aver calpestato una mina. A curarli, medici e
infermieri israeliani, a cui li hanno portati dal confine i soldati di
Tzahal con le ambulanze militari. Succede all’ospedale Rivka Ziv di
Safed, in Galilea, nel nord di Israele, che nonostante i difficili
rapporti con la Siria accoglie i feriti della guerra fratricida che sta
dilaniando il paese, la cui storia è raccontata oggi da diversi
giornali italiani. “Per noi sono pazienti. Non domandiamo da che parte
stanno”, la testimonianza del chirurgo Khassis Shokry riportata dal
Corriere della sera.
All’ospedale di Gaza.
“Hamas accoglie i terroristi di Isis a casa sua a Gaza per sottoporli,
nei suoi ospedali, alle cure mediche di cui necessitano”, riporta
Fiamma Nirenstein sul Giornale. “I guerrieri più feroci del mondo –
scrive Nirenstein – vengono introdotti nella Striscia in cambio di
denaro, di armi, di beni vari, provengono naturalmente dal Sinai
attraverso i tunnel costruiti da Hamas lungo il suo confine, e vengono
condotti poi all’ospedale Nasser nella città di Khan Yunis”. Il tutto
mentre Hamas continua ad istigare i palestinesi a colpire Israele con
attacchi suicidi e cerca di ricucire i rapporti con Fatah incontrandone
i vertici a Doha.
Giulio Regeni, la Comunità ebraica al funerale.
Una cerimonia semplice, informale, libera, “come Giulio”. Questo il
desiderio della famiglia per i funerali di Regeni, il ricercatore
italiano ucciso al Cairo. Non ci saranno dunque funerali di Stato e
nessuna autorità sarà presente a Fiumicello, il paese d’origine di
Giulio in provincia di Udine, ma “una cerimonia cattolica, celebrata
venerdì nella palestra comunale, aperta alle comunità musulmana ed
ebraica”, riporta il Corriere. “Chiederò al nostro referente udinese di
andare”, sottolinea Alessandro Salonichio, presidente della Comunità
ebraica di Trieste, responsabile dell’intera regione. Proseguono
intanto le indagini sulla morte di Regeni, ma restano ancora molti
misteri. Per gli inquirenti l’ultima chiamata del giovane è stata fatta
“a un docente universitario italiano”: quel giorno doveva stare in
casa, ma il telefonino è ora introvabile.
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qui milano - sami incontra i giovani
Modiano: "La scuola è un diritto,
il nazifascismo me lo portò via"
Sono
centinaia gli studenti che affollano il Conservatorio Verdi di Milano.
In silenzio ascoltano le parole di Sami Modiano mentre con coraggio
ripercorre ancora una volta l’infamia delle leggi razziste del ’38, le
persecuzioni, il disumano viaggio da Rodi fino ad Auschwitz, l’ultimo
saluto alla sorella e poi al padre nel lager. “Eravamo una grande
famiglia. Vivevamo in pace con le altre comunità – ha ricordato Sami ai
tantissimi ragazzi presenti – Io era un bambino a cui piaceva andare a
scuola. Volevo sempre portare a casa buoni voti e con mia sorella
facevamo a gara per essere i più bravi”.
Poi, a otto anni la felice quotidianità di Rodi, allora sotto controllo
italiano, si spezza con l’avvento delle leggi razziste. “Ricordo
perfettamente quel giorno. Il maestro mi chiamo alla cattedra e io
andai contento. Pensavo volesse interrogarmi e invece scuro in volto e
mortificato mi disse: Sami sei espulso dalla scuola. E io non capivo,
perché? Perché sono diverso? Io non potevo accettare questa cosa”.
“Dovete pensare che l’esclusione dalla scuola è il più grande torto che
si possa fare a un bambino”, ha sottolineato lo storico e direttore del
Museo della Shoah di Roma Marcello Pezzetti, al fianco di Sami, assieme
alla moglie Selma, nel corso dell’incontro organizzato
dall’Associazione figli della Shoah. Un tributo particolare è stato poi
dedicato a Modiano dal Conservatorio milanese, con la dedica al
Testimone di alcune canzoni da parte del suo giovane coro.
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qui roma - sapori
La notte della cucina casher
“Un
programma fatto dalle persone che hanno aperto le loro case e i loro
cuori, dai ricordi, dalle battute e dai percorsi”. Così la chef Laura
Ravaioli ha descritto il suo nuovo programma sulla cucina casher in
onda su Gambero Rosso Channel, sei puntate dedicate ai più amati piatti
della cucina giudaico romanesca ma anche alle tradizioni, alla vita e
alla storia degli ebrei della Capitale, presentato ieri sera con una
cena, intitolata “Kasher per una notte” al ristorante Bellacarne a
Roma. E mentre la concia e i carciofi alla giudia si trasformavano in
elegante finger food accompagnato da lunghi bicchieri di bollicine, su
uno schermo passavano le immagini di Ravaioli a spasso per le strade
del ghetto dove, come ha raccontato, la chef è “andata a scuola
imparando direttamente dagli ebrei romani”. Dedicare un intero
programma alla cucina casher è per il rabbino capo di Roma Riccardo Di
Segni “quasi un evento epocale”, in quanto fino a poco temo fa “si
trattava di un argomento di nicchia, e anche solo dedicarvi un libro
sembrava qualcosa di astruso”. A presentare il programma insieme a lui
anche il presidente di Gambero Rosso Paolo Cuccia, il vicepresidente
della Comunità ebraica di Roma Ruben Della Rocca e l’assessore alla
Cultura Giorgia Calò, introdotti dal presidente del Benè Berith Roma
Sandro Di Castro.
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qui torino - segnalibro Grecia, la vita ebraica spezzata
Giannina,
cittadina nell’Epiro. È il 25 marzo 1944, giorno di festa nazionale in
Grecia, quando si consuma la tragedia: a sei mesi dall’armistizio,
soldati tedeschi fanno irruzione nel ghetto della città, intimando agli
ebrei di andare in piazza, ognuno con un bagaglio di massimo 40 chili.
Vi trasferiremo in nuovi insediamenti ad Est, l’infame bugia dei
tedeschi al presidente della Comunità per evitare proteste. Quasi
duemila persone furono deportate nei lager nazisti e pochissime
sopravvissero. A raccontare la storia poco conosciuta di Giannina,
Christoph U. Schminck Gustavus, docente di diritto all’università di
Brema, che ha presentato nelle sale della Comunità ebraica di Torino il
suo lavoro Inverno in Grecia. Guerra, occupazione, Shoah. 1940 – 1944
(Golem Edizioni, 2015). Nell’imponente opera di ricerca storiografica
viene ricostruita, tramite documenti e fotografie, la tragica vicenda
che colpì la Comunità ebraica greca dell’Epiro, formata per lo più da
ebrei romanioti. A dialogare con l’autore, Moysis Elisaf, presidente
della Comunità ebraica di Giannina (di cui compare un testo in
appendice al libro), Davide Shiffer, neurologo e curatore del testo. A
moderare la serate, Giovanni Perona, docente di Storia Contemporanea.
Alice Fubini Leggi
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Nella cronaca dedicata ai 150 anni della keillah milanese apparsa su questo notiziario, è stato indicato il nome di Sally Mayer
quale uno dei fondatori della scuola di Milano, mentre intendevamo fare
riferimento al dottor Astorre Mayer, padre della professoressa Maria
Mayer Modena. Ce ne scusiamo con i lettori.
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Ticketless - Vendere o comprare |
Un
fantasma s’aggira in Europa, nelle acque tempestose dei mercati
finanziari. Il fantasma della zia Regina, la leggendaria antenata che
insegnò a Saba i rudimenti del commercio, prima il poeta acquistasse la
Libreria Antiquaria di via San Nicolò con i soldi avuti in eredità
proprio da lei. Sua l’aurea massima: “ È più difficile comperare che
vendere”. “Ho camminato più che non creda sulle sue orme”, ammetterà
Saba nei Ricordi, racconti. Letteratura e commercio nell’800 e ‘900
ebraico: ecco un bel tema per una ricerca nuova. In questi giorni mi è
capitata per le mani una bellissima tesi di dottorato, discussa una
decina di giorni fa all’Università di Ginevra da una abilissima
studiosa di Saba, Marzia Minutelli (mi auguro possa essere pubblicata
presto, perché, dopo tante crudeltà e malevolenze che, complice lo
stesso Giacomino Debenedetti, abbiamo ascoltato sul presunto
antisemitismo semita del poeta triestino, rende finalmente giustizia
del ruolo fondamentale che l’ebraismo ha avuto in positivo, intorno al
1910, quando furono pensati e scritti i racconti ebraici e composte le
liriche a Lina per “Casa e campagna”). “Preferisco vendere apparati
elettrici a deformare le mie idee, i miei sentimenti e pensieri in
articoli di giornale o prose da commercio”, così si confidava Saba con
un amico, alla vigilia del periodo più biblico della sua formazione:
“L’artista può anche essere un bottegaio, ma non del proprio ideale!”.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Azioni e reazioni
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Qual
è il comportamento umanamente giusto, ragionevole, corretto, da
apprezzare o, almeno, da comprendere, di fronte a un’offesa subita? E
qual è invece la reazione sbagliata, irrazionale, violenta, da
biasimare o condannare? Bisogna giustificare, dimenticare, perdonare,
porgere evangelicamente l’altra guancia, o si può rispondere, in
qualche modo, all’offesa? E, nel secondo caso, fino a che punto si può
reagire, in che misura, con che modi, con quale spirito? Giustizia o
vendetta? Reazione proporzionale (“occhio per occhio…”) o moltiplicata
(due volte, tre volte tanto…)? E si può reagire solo alle offese subite
direttamente, o anche a quelle portate ai propri genitori, nonni,
antenati, o, in genere, al proprio gruppo di appartenenza? E fino a
quando, nel ricordare e vendicare le offese subite, è lecito risalire
indietro nel tempo?
Un personaggio molto famoso, e molto pacifico, di recente, ha detto
pubblicamente che, se qualcuno offende sua madre, “gli spetta un
pugno”, ed è noto come il dibattito, in materia, sia antico quanto
l’umanità, la cui storia ci offre un’infinita gamma di possibili
reazioni, squadernandoci innumerevoli casi di ingiurie, anche
gravissime, rimaste senza alcuna riparazione (in genere perché la parte
offesa non aveva la capacità di reagire) e un altrettanto nutrito
elenco di vicende nelle quali a un’offesa, grave o anche lieve, sono
seguite spietate vendette, stragi cruente, guerre sterminatrici, in
grado di moltiplicare il male originario per dieci, cento, un milione
di volte.
Francesco Lucrezi, storico
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