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Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Tra
l’11 e il 12 febbraio del 1979 la guardia imperiale dello scià di
Persia, Mohammad Reza Pahalavi, si arrese ai seguaci dell’ayatollah
Ruhollah Khomeini che presero il potere e instaurarono una governo
islamico in tutto il paese. In poche ore, fuggito ormai lo scià da
quasi un mese, il paese iniziò a vivere un’esperienza senza precedenti
per tutto il mondo islamico, una esperienza di facile e terribile
emulazione: il “Consiglio di giurisperiti” cui era affidato ogni potere
di veto sulle norme non ritenute in linea con gli assunti dell’Islam
sciita (vilāyet-e faqih) decretò il pieno allineamento del paese alla
Sharīʿa islamica sciita, reintroducendo la pena di morte per
l’adulterio e la bestemmia e imponendo l’obbligo del velo muliebre.
Fino ad allora il mondo non aveva sperimentato l’idea di uno Stato
islamico, non aveva ancora visto le donne coperte per legge, le
lapidazioni, le impiccagioni in nome della Sharīʿa. Da allora ad oggi
le nostre abitudini sono nettamente migliorate: sappiamo vedere le
stragi dell’Isis senza scomporci, né tantomeno tentare un seppur minimo
segno di indignazione, che sia politico o sociale. Resta il monito del
profeta Nachum 1,6: “Chi può reggere davanti alla sua indignazione?” Il
profeta parlava di Dio, ma a me piace pensare ad uno sdegno umano: come
speranza, come appiglio, come ultimo segno di una empatia che diventa
rabbia di fronte al male.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Nel
1976, quando ho fatto il mio Bar Mitzva a Venezia, in Italia c’era il
terrorismo (un morto al giorno), ci si dibatteva nella crisi economica
(inflazione media al 16,5%), si discuteva di leggi sulla famiglia (si
andava verso il referendum che avrebbe abolito il reato penale in caso
di aborto, ma il presidente Leone preferì sciogliere le Camere…),
c’erano forti preoccupazioni per l’inquinamento (disastro di Seveso) e
per la tenuta del territorio (terremoto in Friuli). La piccola comunità
ebraica lagunare aveva circa 700 iscritti, c’era ancora un macellaio
casher (il mitico “De Sanzuane”, a Rialto), si tenevano corsi di Talmud
Torà a Venezia e a Mestre. La mia preparazione consisteva nel saper
leggere la mia chiamata a Sefer (pochissime righe) e superare un
esamino con rav Emanuele Menachem Artom z”l. Non ricordo di aver messo
i Tefillin, né che qualcuno me l’abbia insegnato, all’epoca. Comunque
sia allora si trattava di scatolette piccole, secondo lo stile
italiano. Un oggetto rituale discreto. A Venezia si faceva fatica a
raggiungere il numero di 10 uomini il venerdì sera e il sabato mattina.
Non sapevo nulla di ebraismo, ma la tradizione familiare accompagnava
una formazione di base che nel tempo si è rivelata radicata e forte.
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Peres: "Io, un ottimista"
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“Ogni
negoziato parte da una situazione di conflitto, non esistono guerre che
durino per sempre. Trent’anni fa con Egitto e Giordania eravamo in una
condizione oscura. Per trovare la pace bisogna essere creativi. In
fondo è semplice, dobbiamo arrivare ad avere due Stati, non ci sono
altre soluzioni”. È quanto sostiene l’ex presidente israeliano Shimon
Peres in una intervista a La Stampa (Massimo Russo). Nell’occasione
Peres ribadisce il proprio motto: “Ottimisti e pessimisti muoiono
entrambi, per questo preferisco essere ottimista”.
Il Venerdì di Repubblica racconta la sfida dell’Unità 9900, reparto di
intelligence dell’esercito israeliano che sta inserendo alcuni giovani
autistici nelle proprie fila. Fino al 2008, la legge prevedeva per loro
l’esenzione dal servizio militare. Otto anni fa, viene spiegato,
“l’esercito ha iniziato a valutare caso per caso l’inserimento di
persone autistiche nei segretariati o come volontari civili presso
scuole e ospedali”.
La scoperta delle onde gravitazionali teorizzate un secolo fa da Albert
Einstein fa il giro del mondo ed emoziona la comunità scientifica. “C’è
anche la ricerca italiana nella storica scoperta delle onde
gravitazionali. Bravissimi i ricercatori di Cascina e dell’INFN” il
tweet del premier Matteo Renzi.
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scienza Einstein e le onde gravitazionali, l'orgoglio di Gerusalemme E
“Un giorno speciale, un giorno di festa”.
L’emozione della comunità scientifica per la scoperta delle onde
gravitazionali teorizzate un secolo fa da Albert Einstein raggiunge
anche Gerusalemme, dove il grande scienziato tedesco ha lasciato in
dono all’Università ebraica (di cui è stato tra i fondatori) il suo
carteggio personale e i diritti intellettuali relativi, così come il
permesso di usare la propria immagine per fini divulgativi.
“Se
fosse con noi, Einstein sarebbe felice e orgoglioso di scoprire come
scienziati a Gerusalemme e in tutto il mondo continuino la sua
missione” ha rilevato il fisico israeliano Barak Kol nel corso di una
conferenza stampa. Nella stessa occasione il curatore del monumentale
archivio Einstein custodito dall’ateneo, Roni Grosz, ha mostrato ai
fotografi due manoscritti originali. In uno si enuncia la teoria della
relatività, nell’altro lo scienziato predice l’esistenza delle famose
onde.
“Einstein
ha ci ha lasciato queste intuizioni, scritte a mano su carta.
All’umanità c’è voluto un secolo per sviluppare gli strumenti adeguati
per trovare una conferma a tutto ciò” ha osservato Grosz. Per il
curatore l’annuncio dato ieri a Washington costituisce un “momento
commovente” e “un sorriso dal cielo”.
Una emozione condivisa dall’addetto scientifico dell’ambasciata
italiana a Tel Aviv, Stefano Boccaletti, che a Pagine Ebraiche spiega:
“La straordinaria scoperta di ieri ha un valore aggiunto. Ed è quello
rappresentato da tanti ‘orgogli’ che si incontrano. L’orgoglio ebraico
e di Israele per la figura di Einstein. L’orgoglio degli Stati Uniti,
perché è a Washington e in Louisiana che è stata captata l’onda.
L’orgoglio dell’Italia, perché è da Pisa che è stata accesa la
scintilla. L’orgoglio di tutti quei popoli, e sono molti, che possono
vantare dei propri rappresentanti tra coloro che hanno partecipato a
questo impegno. La scienza travalica i confini, unendoci oltre ogni
appartenenza. Un messaggio davvero positivo e prezioso”.
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SALUZZO - LA CITTADINANZA ONORARIA A LIA LEVI "Maestra di delicatezza" Consiglio
straordinario, nella sede aulica dell’Antico Palazzo Comunale, immerso
nella magia della città rinascimentale, con sala gremita, presenti
tutte le autorità cittadine, in prima fila Lia Levi, e al suo fianco il
vescovo monsignor Giuseppe Guerrini, per una serata eccezionale, di
grande commozione.
Il Consiglio comunale ha conferito all’unanimità la cittadinanza
onoraria alla scrittrice e giornalista, i cui nonni
risiedevano a Saluzzo, per le tantissime delicate storie che ha creato
per adulti e ragazzi, per la delicatezza con cui racconta cose profonde
e terribili in modo comprensibile per i bambini, per il suo impegno di
testimone.
Ripercorrendo la carriera letteraria della scrittrice, gli interventi
dei consiglieri comunali hanno avuto modo di ricordare la storia della
comunità ebraica di Saluzzo, straziata dalla Shoah, e, per passare
all’attualità, di ragionare sulla responsabilità della scuola ad
educare al rispetto delle diversità ed alla civile convivenza.
Ai libri
di rara sensibilità di Lia Levi, bambina di dodici anni in fuga con la
sua famiglia, che trovò rifugio in conventi di suore, è stato
accostato, per stile letterario e per il tema trattato, il libro Don Cirillo e il nipotino,
in cui Giulio Segre, medico saluzzese scomparso l’estate scorsa,
racconta la sua vicenda di bambino di sette anni, protetto e salvato da
un parroco di montagna. Si tratta dunque di un altro elemento che
collega Lia Levi alla città di Saluzzo.
Beppe Segre
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qui roma - la mostra
Amos, dipingere l'inferno
Raccontare
l’impossibile, fermare sul foglio il trauma di un’epoca. È stata
inaugurata ieri all’Accademia d’Ungheria di Roma la mostra “Imre Ámos,
pittore dell’Apocalisse” che sarà possibile visitare fino al prossimo
13 marzo. Tre sale espositive raccontano l’universo di Ámos: definito
lo Chagall ungherese, fu legato da ammirazione e stima nei confronti
del suo collega russo. Nato a Nagykálló, Ungheria, nel 1907, l’artista
trascorrerà la sua infanzia insieme al nonno talmudista Adolf Liszer.
Svilupperà da subito una forte passione per le arti figurative
partecipando a diverse mostre fino all’inizio del Secondo conflitto
mondiale, che aprirà la strada a terribili sofferenze. Per anni il
pittore verrà mandato al servizio di lavoro obbligatorio a causa della
sua appartenenza alla religione ebraica e nel 1944 morirà nel campo di
concentramento di Ohrdruf. Particolarmente importante, nell’ultimo
periodo della sua esistenza, la produzione dell’Apocalisse, una serie
in 12 fogli che racconta la crudeltà subita.
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QUI ROMA Israelitico, prestazioni agevolate
Prestazioni
radiologiche a tariffe agevolate. È l'iniziativa promossa dall'Ospedale
Israelitico di Roma per la giornata di domenica. La prima di una serie
di iniziative, si legge in una nota diffusa dall'ufficio stampa della
struttura, "che si snoderanno fino alla prossima primavera e che
caratterizzeranno la fase di riapertura del nosocomio". Nelle stesse
ore saranno inoltre aperti gli ambulatori di odontoiatria, ecografia,
otorinolaringoiatria, urologia, neurologia, ortopedia, ecocolordoppler,
cardiologia, ginecologia, oculistica, dermatologia e il laboratorio
analisi. Sempre l'ufficio stampa fa sapere che è previsto per marzo il
lancio del progetto 'La salute è rosa', specificamente rivolto alle
donne. E che l'ospedale prossimamente entrerà nelle scuole, iniziando
da quelle ebraiche, per offrire uno screening della malattia celiaca.
Nei prossimi mesi, infine, "si metterà a disposizione di alcune
comunità per offrire cure specifiche ai rifugiati".
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Coppie, bambini, diritti
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In
queste settimane di discussioni e mobilitazioni sulle unioni civili, e
in particolare sulla stepchild adoption, provo un disagio crescente di
fronte all’approccio totalmente astratto e ideologico con cui molti
affrontano il tema. Come se non si trattasse di problemi reali di
persone reali. Come se si potesse decidere a tavolino che determinate
categorie di persone non esistono semplicemente perché qualcuno ritiene
che non dovrebbero esistere. Si è sentito dissertare, per esempio, sul
“diritto dei bambini ad avere un papà e una mamma”. Come si potrebbe
realizzare, concretamente, un simile obiettivo? Mi vengono i brividi a
immaginarlo, ma fortunatamente nessuno si è posto il problema. I
bambini con due padri o due madri esistono già, che lo si voglia o no,
e il tema di cui si dovrebbe discutere non è se e come farli sparire
magicamente dalla faccia della terra, ma quali siano gli strumenti più
adatti a tutelarli.
L’interesse prevalente dei bambini era anche, a quanto ricordo, uno dei
temi principali trattati in una lezione rabbinica che avevo ascoltato
alcuni anni fa; come accade quando si tratta di questi temi dal punto
di vista ebraico, tutte le riflessioni e tutti i pareri halakhici che
ci venivano esposti prendevano le mosse da casi concreti, in
particolare riguardanti la realtà israeliana (in Israele arrivano ebrei
da tutto il mondo, da Paesi estremamente diversi l’uno dall’altro per
quanto riguarda il diritto di famiglia: coppie di fatto, coppie
omosessuali regolarmente sposate, coppie con bambini adottati, ecc.).
Accade spesso che situazioni e comportamenti in contrasto con
l’halakhah producano conseguenze che devono comunque essere regolate
secondo l’halakhah; in alcuni tra i casi che ci erano stati esposti mi
aveva colpito l’approccio pragmatico, che prendeva atto della
situazione esistente e cercava in qualche modo di trovare soluzioni
appropriate. Certo, l’iter di una legge nel Parlamento italiano è una
cosa ben diversa da una discussione halakhica. Ma forse se c’è un
contributo che il mondo ebraico italiano può dare al dibattito odierno
a mio parere è proprio questo: ricordare che si sta discutendo di casi
concreti di persone in carne ed ossa, e soprattutto di bambini in carne
e ossa.
Anna Segre, insegnante
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La potenza dell'arte
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“Il
cinema iraniano mi ha tolto la capacità di disumanizzare un’intera
nazione e mi ha costretto a considerare gli iraniani persone come me. È
forse la maggiore potenza dell’arte: ti impedisce di continuare a
percepire l’altro come altro e ti obbliga a capire che, pur con
religioni e nazionalità diverse, siamo tutti uguali”. Così Etgar Keret
insieme allo scrittore iraniano Aziz Hakimi, spiega in un articolo
tradotto sul Corriere della Sera come si è avvicinato attraverso il
cinema e la letteratura alla comprensione di un popolo considerato
“nemico”. L’arte come ponte tra le culture è una tautologia, ed invece
anche alla luce dei noti boicottaggi accademici che creano nuove
barriere, traspare come le persone, in un mondo globalizzato e sempre
più “social”, si conoscano così poco ed approssimativamente. Il nuovo
razzismo – perché pur di questo si tratta – è come sostiene
Pierre-André Taguieff, “essenzialista”, riduce l’individuo allo statuto
di un qualsiasi rappresentante del suo gruppo di appartenenza o della
sua comunità d’origine (o stato-nazione) elevata a comunità di natura o
d’essenza, fissa ed insormontabile.
Francesco Moises Bassano, studente
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Universalismo rabbinico |
Al
di là dei facili usi – e spesso abusi – dei termini “particolarismo” e
“universalismo”, la domanda rimane lecita: il messaggio della Torà è
universale? Yair Furstenberg nel suo intervento al convegno
“Universalismo o particolarismo” in onore di rav Joseph Levi, ha
raccontato quanto la Scuola di Rabbi Ishmael fosse realmente impegnata
nel sostenere la partecipazione alla Torà anche da parte di chi non è
ebreo. Due sono le fonti che lo mostrerebbero.
Ilana Bahbout
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