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6 Marzo 2016 -  26 Adar 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
"Ogni mitzvah ha bisogno della giusta intenzione, ad eccezione dell'umiltà. Una umiltà intenzionale non è valida" (Menachem Mendel, rebbe di Kotzk)
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
Nella parashà che abbiamo letto ieri [Es. 35 e sgg.] c’è una lunga descrizione di come si costruisce il santuario. La parte più importante, mi sembra, è che per quanto sia nominato chiunque contribuisca all’edificazione di ciascun pezzo, non ci sia poi una firma del “puzzle”. Come tutti gli atti costituzionali fondativi di un gruppo umano, la firma ce la mettono tutti, ciascuno con le competenze che ha e “con ciò che può dare”. Solo se quel prodotto rimane anonimo, allora chiunque può sentire che quel risultato lo riguarda e che è anche suo.
"Nessuna guerra lampo"
“Deve essere chiaro che non ci sono scorciatoie illusorie, esibizioni muscolari. È vero, il tempo stringe, ma non c’è alle porte nessuna guerra lampo”. Così il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni in una intervista al Sole 24 Ore. “Il governo – afferma ancora – è consapevole degli errori del passato e sta lavorando per creare le condizioni di stabilizzazione in Libia. È un’operazione politica prima che militare ed è questa la grande sfida della comunità internazionale che vede l’Italia in prima fila”.
Numerose le opinioni pubblicate oggi sui principali quotidiani. Scrive Maurizio Molinari sulla Stampa: “Il dramma attraversato dai quattro tecnici di Bonatti evidenzia la dissoluzione della Libia, suggerisce l’entità dei pericoli che ne conseguono per l’Italia e impone la necessità di una nuova dottrina sulla sicurezza nazionale”. Osserva Paolo Mieli sul Corriere: “Assumere il controllo della coalizione è un grande onore. Ma non guasterebbe anche una coraggiosa valutazione delle conseguenze che ne possono derivare”.
Per l’ex capo di Stato maggiore della Difesa Vincenzo Camporini, intervistato dal Corriere, nessun intervento sarebbe possibile in Libia “senza la richiesta esplicita e circostanziata di un governo, di un’autorità locale che abbia il controllo del territorio”.

Potrebbe essere il summit della svolta sui migranti. Almeno così, riporta Repubblica, “sperano nelle istituzioni europee e nelle grandi cancellerie del continente alla vigilia del vertice dei Capi di Stato e di governo dell’Unione”. Domani si ritroveranno a Bruxelles per un summit in due tappe: prima l’incontro con il premier turco Davutoglu, poi una riunione a ventotto. “Con il clima politico tra partner Ue, segnalano gli sherpa, che sta cambiando: per i più ottimisti dopo mesi di litigi il vertice può segnare l’inizio della fine della crisi dei migranti”.

“Hanno sfidato la morte, il fondamentalismo, l’oppressione. In nome della propria dignità, ma ancor prima di quella dell’umanità”. Sono le sei figure femminili a cui Gariwo ha deciso di dedicare un albero e un cippo, nella data simbolica dell’8 marzo, in occasione della Giornata dei Giusti, che si celebra oggi in tutta Europa con il sostegno tra gli altri dell’UCEI (Repubblica).
 
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  davar
QUI BIELLA - EMOZIONI IN SINAGOGA
Il ritorno dell'antico Sefer Torah "Uno Shabbat per la storia"
"Uno shabbat assolutamente straordinario, che resterà nella storia della comunità di Biella, sicuramente, ma anche nella storia dell'ebraismo italiano". Risponde così Dario Disegni, presidente della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia, alle parole di rav Elia Richetti che alla fine della cerimonia che ha visto il sefer casher più antico del mondo rientrare nella sua sinagoga aveva commentato "È stato uno shabbat davvero straordinario, mi spiace per chi non c'è stato".
La commozione è stata davvero tanta, a Biella, a partire dallo scorso venerdì, quando per la prima volta dopo una trentina d'anni la piccola sinagoga di vicolo del Bellone ha visto un minian che raccoglieva oltre alle famiglie di rav Richetti, referente della
comunità, di rav Alberto Somekh, il sofer Amedeo Spagnoletto che ha restaurato l'antico sefer, i rappresentanti di quasi tutte le famiglie biellesi, ritrovatesi per l'occasione. L'antica sinagoga, i cui restauri sono stati completati nel 2012, ha visto oggi una grande folla premere alla sua piccola porta, e non ha potuto accogliere tutti quelli che avrebbero voluto condividere con la comunità la grande gioia del ritorno del suo sefer. A portarlo, visibilmente emozionato, è stato il biellese Alberto Calò, giunto appositamente da Israele, nipote di quel Gustavo Calò che è stato l'ultimo rabbino della comunità, ricordato da rav Somekh insieme a rav Emanuele Weiss Levi, rabbino biellese da poco scomparso.
A stringersi intorno agli ebrei biellesi e a Rossella Bottini Treves - presidente della comunità di Biella e Vercelli senza cui non sarebbero stati possibili né il restauro della sinagoga né il recupero dell'antico sefer - sono accorsi in molti, dai vicepresidenti dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni e Roberto Jarach al consigliere UCEI Claudia De Benedetti, mentre un intero pullman proveniente da Torino ha portato il rabbino capo rav Ariel Di Porto insieme a una numerosa rappresentanza comunitaria. Ospite della comunità anche Maurizio Molinari, direttore de La Stampa, presente insieme alla Rai, a giornali e televisioni locali, ma anche insieme a una troupe della radiotelevisione pubblica tedesca.
Dopo l'emozione dell'Haknasat Sefer Torah la giornata è continuata a Palazzo Gromo Losa, messo a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, che da sempre sostiene la comunità, dove dopo il saluto della presidente Bottini Treves e di Dario Disegni è stata la volta di un altro gesto di grande valore simbolico: il sindaco della città, Marco Cavicchioli, ha infatti consegnato nelle mani del rabbino Richetti un altro doumento di valore eccezionale, un'antica Meghillat Esther ritrovata nella Biblioteca Civica, che torna oggi nelle mani della Comunità.
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conferenza stampa - i 500 anni del ghetto
Venezia, quando la Storia

vale una presa di coscienza
“I cinque secoli del primo ghetto del mondo. Dai diritti negati all’emancipazione”.
È una riflessione di ampio respiro e a più voci quella che sarà sviluppata mercoledì 9 marzo alle 11.30, presso la sede dell’Associazione Stampa Estera a Roma, nel corso della conferenza organizzata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per far conoscere e divulgare il ricco programma di iniziative che si svolgeranno a Venezia in occasione del Cinquecentenario del Ghetto lagunare.
Interverranno nel corso della conferenza stampa Renzo Gattegna, presidente UCEI; Luca Zaia, presidente Regione Veneto; Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia; Shaul Bassi, coordinatore scientifico comitato per i 500 anni del Ghetto; Donatella Calabi, curatrice della mostra “Venezia, gli Ebrei, l’Europa”; Toto Bergamo Rossi, fondazione Venetian Heritage Onlus; Cristiano Chiarot, sovrintendente della Fondazione Teatro La Fenice; Mariacristina Gribaudi, presidente Fondazione Musei Civici; Paolo Gnignati, presidente Comunità ebraica di Venezia.
L’incontro costituirà inoltre l’occasione per presentare i numerosi servizi e approfondimenti che appaiono sul numero di marzo del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche. A partire dal dossier “Venezia – I 500 anni del ghetto”, curato da Ada Treves, che costituisce un prezioso riferimento per meglio cogliere il significato di questo impegno attraverso approfondimenti e pagine ricche di memoria ma anche di futuro.

(La foto è di Paolo Della Corte)

Il Ghetto di Venezia ha una storia molto particolare rispetto ad altre Comunità che, nella lunga diaspora ebraica, hanno vissuto un’esperienza analoga di segregazione coatta. Nonostante Venezia detenga il copyright del Ghetto, diversamente da Roma dove le condizioni di miseria e vessazioni perpetrate dalla Chiesa determinarono anche arretratezza sociale e culturale, nella Comunità lagunare, malgrado la segregazione fisica, persisteva una ricca vita culturale caratterizzata da una forte interazione fra ebrei e ambiente esterno. Quella del Ghetto di Venezia è una storia di presa di coscienza di sé anche in relazione all’altro. La condizione delicata degli ebrei veneziani è la metafora di un bivio che obbligava a compiere scelte forti e a prendere decisioni ferme ed al tempo stesso aperte al mondo circostante.

Rav Roberto Della Rocca, Pagine Ebraiche marzo 2016

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qui firenze 
Don Meneghello tra i Giusti
Sono passati poco più di tre anni dal giorno dell’attribuzione del titolo di Giusto tra le Nazioni in ricordo di Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze negli anni più duri che contribuì, a rischio della propria vita, a mettere in sicurezza molte centinaia di perseguitati (ebrei e non) sotto il nazifascismo. Da allora altri protagonisti della rete di assistenza clandestina che si trovò a coordinare dall’autunno del ’43 hanno ottenuto analogo riconoscimento da parte dello Yad Vashem. In primis il ciclista Gino Bartali, tra i Giusti dal 2013. Quindi don Mario Tirapani, che lo ha seguito due anni dopo. Un nuovo ingresso nel Memoriale, festeggiato proprio in queste ore, contribuisce a gettare ulteriore luce su quella grande azione di soccorso collettiva che vide al fianco esponenti del clero, leader ebraici, cittadini comuni.
Martedì mattina, nel palazzo arcivescovile di Firenze, le massime autorità religiose e civili si incontreranno infatti per rendere omaggio alla figura di monsignor Giacomo Meneghello (nell’immagine), il primo segretario di Dalla Costa. Parleranno tra gli altri l’arcivescovo Giuseppe Betori, l’ambasciatore israeliano Naor Gilon, la presidente della Comunità ebraica Sara Cividalli.

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ISRAELE - SAPORI
Duello all'ultima portata
Abbondante talento, lacrime a profusione, il luccichio delle celebrities, competizione, fantasia e un pizzico di cattiveria. E il lato fashion del cibo, certo. È la ricetta ormai molto ben rodata del format del talent show culinario, una delle proposte televisive più apprezzate dagli israeliani. E dopo un anno di grande attesa è ora tornato alla sua seconda stagione Game of Chefs – in ebraico Mischakei Hachef – il programma in onda sul canale Reshet che tiene testa a Masterchef facendo restare gli israeliani incollati al piccolo schermo. Basato su una formula statunitense, tre famosi e stellati chef valutano i piatti dei concorrenti senza però sapere chi li ha cucinati, componendo mano a mano ognuno la sua squadra dalla quale dovrà emergere alla fine un unico vincitore.
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sorgente di vita
L'Italia e i conti col passato
Finalmente accessibili in rete migliaia di documenti riguardanti le stragi nazifasciste in Italia sul sito dell’Archivio Storico della Camera dei Deputati. Grazie alla decisione della presidente Laura Boldrini si aprono così definitivamente le ante del cosiddetto “armadio della vergogna” che ha nascosto per decenni la verità sulle stragi e sui colpevoli. Ne parlano la storica Isabella Insolvibile e il procuratore militare Marco De Paolis, che ha istruito molti processi, nella puntata di Sorgente di vita di domenica 6 marzo.
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pilpul
Il fantasma all'opera
"È vero che i nostri nemici comuni sono la Gran Bretagna e i sovietici, i cui principi sono opposti ai nostri. Ma dietro di essi si nasconde l’ebraismo che guida entrambi e che, in questi due paesi, ha un solo obiettivo. Contro queste due nazioni siamo attualmente impegnati in una battaglia per la vita o per la morte, che non determinerà solo l’esito della lotta tra nazionalsocialismo ed ebraismo; infatti, l’intera condotta di questa guerra vittoriosa sarà di grande e concreto aiuto agli arabi impegnati nella stessa lotta”. Così Hitler a un signore dall’aspetto misurato e dai toni gentili, vestito integralmente con un elegante caffettano nero e un turbante chiaro. Sono le parole che il secondo attribuisce al primo. Chi era Muhammad Husayni-al Amin (o anche Haj Amin-al Husseini e altro ancora, a seconda di come lo si traslitteri e lo si qualifichi)?

Claudio Vercelli
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Il settimanAle – Indignate
“Noi giovani ebrei americani non ci siamo allontanati da Israele, anzi: siamo molto attenti a quanto sta accadendo, e siamo arrabbiati” scrive da New York su Ha’aretz del 29 febbraio Simone Zimmermann. “Non abbiamo bisogno di finanziamenti milionari per mettere in moto iniziative come questi ‘Peace Corps ebraici’ di cui va parlando ora Ari Shavit. Abbiamo solo bisogno che la comunità si svegli".

Alessandro Treves, neuroscienziato
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