David
Sciunnach,
rabbino
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“"...
come pietre a ricordo dei figli d’Israele..." (Shemòt 39, 7). Rabbì
Mèir Simchà di Dvinsk, conosciuto come il Mèshekh Chochmà, commenta
questo verso dicendo: I nostri Maestri ci hanno detto: nel momento in
cui Yosèf era messo alla prova con la moglie di Potifar, gli si
presentò dinnanzi il volto di suo padre che gli disse: I nomi dei tuoi
fratelli verranno incisi sulle pietre del ‘Efòd - il Pettorale del
Cohen Gadol.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Davvero
ineguagliabile la faccia tosta del governo turco, che con una mano
chiude quotidiani e arresta giornalisti, con l’altra ricatta l’UE sulla
questione migranti. Un’ennesima prova dell’inebetimento di un’Europa,
che ormai fa sempre più la figura del pugile suonato da tutti. Ma la
domanda vera è: come può l’Ue insistere sul dovere di una stampa libera
quando in Paesi membri come Ungheria e Polonia non esiste più da tempo?
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Israele, torna l’orrore
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Il
terrorismo palestinese torna a colpire. Un turista americano ucciso,
molti feriti gravi in una giornata di sangue segnata da numerosi
attacchi. Scrive Davide Frattini (Corriere): “Tre attentati in meno di
due ore, quattro in tutta la giornata. E l’intifada dei coltelli — come
la chiamano gli analisti dei servizi segreti israeliani — ha colpito
per la prima volta a Jaffa, la zona a maggioranza araba di Tel Aviv.
Sulla stessa strada dell’attacco era passato pochi minuti prima il
convoglio di Joe Biden, il vicepresidente americano in visita nel
Paese”. Pochi i giornali che segnalano l’accaduto (la Stampa, tra gli
altri).
E l’orrore non è finito. Questa mattina infatti si è verificato un
nuovo attacco nei pressi della città vecchia di Gerusalemme. Gravi le
condizioni di uno dei due feriti.
Ieri a Venezia il 33esimo vertice Italia-Francia. Al centro dei
colloqui i grandi temi di queste settimane. “Italia e Francia – scrive
il Messaggero (Marco Conti) – hanno una preoccupazione comune. Ovvero
la difesa del confine mediterraneo dell’Europa non solo dai trafficanti
di esseri umani ma soprattutto dal rischio terrorismo. La battaglia,
hanno sottolineato i due, va però fatta preservando i valori che hanno
fatto grande l’Europa e Valeria Solesin, simbolo di questa Europa,
‘unisce i due paesi’ e conferma ‘il nostro desiderio di non darla vinta
ai terroristi e di continuare a combattere per le nostre libertà'”.
Sulla Libia restano però ancora una certa distanza.
“Da Milano è nato un grande movimento che valorizza il bene. Sono
fiducioso che anche la prossima amministrazione sosterrà il giardino
per far conoscere questo simbolo nel mondo. Oggi dobbiamo sostenere le
donne che lottano contro l’oscurantismo religioso che colpisce prima di
tutto loro. Dobbiamo sconfiggere l’integralismo, ma anche chi vuole
costruire muri”. Così il presidente di Gariwo Gabriele Nissim
intervenendo nel corso dell’annuale cerimonia per la Giornata Europea
dei Giusti. Tra i presenti, sottolinea il Corriere Milano (Paola
d’Amico), il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo e molti
consiglieri, i rappresentanti dell’UCEI, il candidato sindaco del
centrosinistra Sala.
Il grande cuore di Gino Bartali continua a lasciare il segno. E torna a
farlo a Gerusalemme, dove proprio in queste ore si stanno definendo i
contorni di un nuovo omaggio in ricordo delle azioni compiute da
Ginettaccio in difesa degli ebrei perseguitati sotto il nazifascismo.
Appuntamento il 20 marzo, a Firenze. A presentare l’iniziativa sul
Corriere Fiorentino è il giornalista UCEI Adam Smulevich.
Sulla stessa testata (Mauro Bonciani) una cronaca della cerimonia di
conferimento del titolo di Giusto tra le Nazioni a monsignor Giacomo
Meneghello, protagonista in quei mesi di numerose prove di coraggio.
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qui roma - a confronto con la stampa estera Venezia, i 500 anni del Ghetto
Città universo, capitale di libertà
Venezia
città universale, Venezia capitale della libertà e della cultura. I 500
anni dal primo ghetto, quello istituito dalla Serenissima nel 1516, da
allora simbolo di tutte le separazioni, sono stati al centro di una
intensa e affollata conferenza stampa che si è svolta a Roma, nella
sede dell'Associazione stampa estera, e ha messo a confronto i leader
ebraici italiani e gli esponenti degli enti culturali e degli enti
locali con i giornalisti italiani e internazionali.
"Voglio rispondere a una domanda prima ancora che qualcuno la faccia:
gli ebrei non hanno alcuna nostalgia del ghetto”. Sgombra il campo da
ogni equivoco Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane, nel dare avvio alla conferenza stampa di
presentazione delle iniziative per il Cinquecentenario del Ghetto di
Venezia. Nella casa dei giornalisti stranieri, accolti dal loro
presidente Tobias Piller, prendono forma i diversi appuntamenti e le
diverse sfide di un calendario di eventi che abbraccerà l’intero anno
solare.
L’atteso concerto inaugurale al Teatro La Fenice (29 marzo). La mostra
“Venezia, gli Ebrei e l’Europa. 1516- 2016” ospitata a Palazzo Ducale.
La settimana dedicata al Mercante di Venezia in Ghetto Nuovo. E ancora
convegni, seminari, giornate di studio.
“Gli ebrei veneziani hanno subito molte vessazioni, ma non ne sono
usciti né umiliati né sconfitti. La loro storia, la loro vitalità, la
loro forza sono un esempio altissimo di amore per la vita. Più forte di
qualsiasi ostacolo” sottolinea il presidente dell’Unione.
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Comunità ebraica
veneziana Paolo Gnignati, che ricorda come la memoria del passato,
delle sofferenze subite, ma anche degli straordinari slanci culturali e
ideali che non mancarono, delle pagine di storia che furono scritte in
quel contesto così difficile, debbano costituire un punto di
riferimento imprescindibile. Anche perché, avverte, l’intenzione della
Comunità è di lavorare ogni giorno “anche per il futuro”. E di
costituire un “esempio di integrazione” anche per nuove e vecchie
minoranze.
Donatella Calabi, curatrice della mostra “Venezia, gli Ebrei,
l’Europa”, ricorda la “pluralità di nazioni e religioni” di quel
contesto storico. E spiega come l’esposizione non si fermerà all’epoca
del ghetto ma approfondirà anche cosa accadde dopo l’apertura delle sue
porte. “Sarà una mostra multimediale, pronta a viaggiare anche lontano
da Venezia se vi sarà la possibilità” dice Calabi. Conferma questo
impegno Mariacristina Gribaudi, presidente della Fondazione Musei
Civici, che si augura che la stessa possa parlare “ai giovani, a tutti
i giovani del mondo”.
Una proiezione internazionale che si basa anche sul fondamentale
sostegno (finanziario e non solo) della fondazione Venetian Heritage,
partner strategico della Comunità ebraica da oltre tre anni. A fare il
punto sulle progettualità avviate è Toto Bergamo Rossi.
“Questo Cinquecentenario deve parlare al nostro presente, costituire
uno spunto di riflessione. Perché le nuove manifestazioni di
antisemitismo e di negazionismo cui assistiamo ancora oggi sono un
fatto inaccettabile” dice il governatore regionale Luca Zaia.
Concorda il sindaco Luigi Brugnaro, che loda la grande capacità di
integrazione degli ebrei veneziani e il loro ruolo sociale. “Questa
Comunità ha scritto e continua a scrivere la storia di Venezia. E
continua a costituire uno straordinario esempio per tutti” sottolinea
il primo cittadino.
Conclusi gli interventi, una sfilza di domande dalla platea. La dimostrazione evidente di un interesse sempre più vivo. Leggi
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Lo studente americano vittima del terrorismo
Taylor Force (1987-2016)
Il
terrorismo palestinese continua a colpire indiscriminatamente. Solo
nelle ultime ventiquattro ore, sei aggressioni, con Gerusalemme e Tel
Aviv trasformate in teatri di violenza. Atti da condannare con forza,
ha dichiarato il vicepresidente Usa John Biden in visita in Israele,
denunciando il silenzio del presidente palestinese Mahmoud Abbas di
fronte agli attentati. Atti orribili, li ha definiti Nicholas Zeppos,
rettore della Vanderbilt University di Nashville, in Tennessee,
esprimendo il suo dolore per la vittima dell'attacco terroristico di
Jaffa, il ventinovenne Taylor Force. Il giovane è stato accoltellato a
morte da un ventiduenne palestinese che ha ferito almeno altre dieci
persone. “Ha privato la nostra famiglia della Vanderbilt di una giovane
vita piena di speranze e di tutto quello che prometteva per rendere
migliore il nostro mondo", le parole del rettore della Vanderbilt, dove
Taylor, studente e veterano di guerra americano, era iscritto.
L'attentato di cui Force è stato tra le vittime rientra in una spirale
di violenza che da ottobre non si è mai fermata e registra in queste
ore una nuova ondata di aggressioni. Quello di Jaffa, infatti, era il
terzo attacco terroristico della giornata e nelle scorse ore altri due
gravi episodi si sono verificati a Gerusalemme, entrambi con scontri a
fuoco. Due terroristi palestinesi a bordo di un veicolo hanno aperto il
fuoco prima contro un autobus di linea a Ramot, nei pressi di
Gerusalemme, senza però riuscire a colpire nessuno. Gli stessi hanno
poi gravemente ferito una persona in un'altra sparatoria attuata sempre
a bordo dell'auto presso la Porta Nuova della Città Vecchia di
Gerusalemme, per poi venire uccisi da agenti delle forze dell'ordine
israeliane. Leggi
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l'indagine del pew research
Rivlin: "Israele è una democrazia
e saprà dare risposte ai problemi"
È
chiara e forte la reazione del presidente Reuven Rivlin ai dati
evidenziati da "Mosaico israeliano: identità, società e religione", il
sondaggio del Pew Research Center sulla società israeliana
presentatogli ieri mattina: "Si tratta di una ricerca con cui devono
confrontarsi coloro che in Israele prendono le decisioni, deve essere
messa in mano al governo. Indica più che mai una necessità di
rispondere ai nostri problemi interni. L'idea che lo stato di Israele
non sia democratico che per i suoi cittadini ebrei è inconcepibile, e
dobbiamo trovare una risposta a questo dato". Israele è un esempio su
molti fronti, è una democrazia solida e vitale, il concetto espresso
dal presidente Rivlin, e come tale deve e saprà rispondere alle
problematiche che emergono dall'indagine.
La ricerca, portata avanti fra la fine del 2014 e il 2015 su un
campione composto da oltre 5600 israeliani appartenenti sia alla
maggioranza ebraica - composta da Haredim, Datim, Masortim e Hilonim -
che alla componente araba della popolazione che comprende Musulmani,
Cristiani e Drusi mostra un paese su alcune questioni diviso,
disilluso, in cui è grande la diffidenza nei confronti di chiunque non
faccia parte del proprio gruppo. Leggi
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Ticketless
- Petaloso |
Alcuni
anni fa, durante un dibattito sulla questione mediorientale, finimmo a
parlare, chissà perché, di televisione. Nell’elenco di cose israeliane
che negli anni Cinquanta colpivano la fantasia ricordo di aver nominato
la TV. Nasceva la Rai, i nostri genitori uscivano di casa la sera per
andare a vedere in un bar Mike Bongiorno, mentre gli inviati speciali a
Tel Aviv rimanevano colpiti dal fatto che il nuovo mezzo là fosse
bandito. Alle mie espressioni di giubilo replicò un simpaticissimo
lettore di ebraico dell’Università di Pisa, che mi fece osservare
quanto sollievo con il suo arrivo in Israele, la televisione – perfino
nelle sue forme più sciocche- avesse recato alle persone anziane e
sole.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Paesaggi d'Egitto
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Nella
millenaria storia e memoria del popolo ebraico, com'è noto, nessun
Paese è altrettanto gravido di evocazioni, storie, ricordi, al pari
dell'Egitto. In Mizrahìm, in Egitto i figli di Giacobbe trovarono
scampo dalla carestia che affliggeva la terra di Canaan, e lì i loro
discendenti prolificarono e si formarono in tribù; attraverso la fuga
dall'Egitto, diventata intanto "casa degli schiavi", gli ebrei
trovarono unità e dignità di popolo; nell'età ellenistica e romana, ad
Alessandria fiorì per secoli, prima e dopo la distruzione del Tempio
del 70, una ricca e potente comunità ebraica, rivale di quella di
Giudea, nella quale si formò una tradizione culturale e religiosa,
quella del giudaismo ellenizzato, segnata da caratteri di grande
autonomia e diversità - basti pensare a Filone Alessandrino - rispetto
a quella gerosolimitana; ai tempi dell'Islam, sulle rive del Nilo gli
ebrei vissero a lungo tra gli arabi, spesso in pace e anche in
condizioni di relativo benessere; lì trovarono rifugio e accoglienza,
nel 1140-41, il poeta Yehuda Halevi e il grande Maimonide, esuli dalla
Spagna; ancora ad Alessandria, nel 1165, Beniamino de Tudela contò 3000
ebrei, e altri 7000 a Fustāt, l'antica Cairo, riuniti intorno a due
grandi sinagoghe, che Beniamino indicò come degli "israeliti" e dei
"babilonesi" (a seconda del Talmùd seguito, gerosolimitano o
babilonese); numeri che saliranno, nel XIX secolo, fino a raggiungere,
forse, le 100.000 unità.
Francesco Lucrezi, storico
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