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9 marzo 2015 - 29 Adar 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
“"... come pietre a ricordo dei figli d’Israele..." (Shemòt 39, 7). Rabbì Mèir Simchà di Dvinsk, conosciuto come il Mèshekh Chochmà, commenta questo verso dicendo: I nostri Maestri ci hanno detto: nel momento in cui Yosèf era messo alla prova con la moglie di Potifar, gli si presentò dinnanzi il volto di suo padre che gli disse: I nomi dei tuoi fratelli verranno incisi sulle pietre del ‘Efòd - il Pettorale del Cohen Gadol.
 
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Davide
Assael,
ricercatore
Davvero ineguagliabile la faccia tosta del governo turco, che con una mano chiude quotidiani e arresta giornalisti, con l’altra ricatta l’UE sulla questione migranti. Un’ennesima prova dell’inebetimento di un’Europa, che ormai fa sempre più la figura del pugile suonato da tutti. Ma la domanda vera è: come può l’Ue insistere sul dovere di una stampa libera quando in Paesi membri come Ungheria e Polonia non esiste più da tempo?
 
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Israele, torna l’orrore
Il terrorismo palestinese torna a colpire. Un turista americano ucciso, molti feriti gravi in una giornata di sangue segnata da numerosi attacchi. Scrive Davide Frattini (Corriere): “Tre attentati in meno di due ore, quattro in tutta la giornata. E l’intifada dei coltelli — come la chiamano gli analisti dei servizi segreti israeliani — ha colpito per la prima volta a Jaffa, la zona a maggioranza araba di Tel Aviv. Sulla stessa strada dell’attacco era passato pochi minuti prima il convoglio di Joe Biden, il vicepresidente americano in visita nel Paese”. Pochi i giornali che segnalano l’accaduto (la Stampa, tra gli altri).
E l’orrore non è finito. Questa mattina infatti si è verificato un nuovo attacco nei pressi della città vecchia di Gerusalemme. Gravi le condizioni di uno dei due feriti.

Ieri a Venezia il 33esimo vertice Italia-Francia. Al centro dei colloqui i grandi temi di queste settimane. “Italia e Francia – scrive il Messaggero (Marco Conti) – hanno una preoccupazione comune. Ovvero la difesa del confine mediterraneo dell’Europa non solo dai trafficanti di esseri umani ma soprattutto dal rischio terrorismo. La battaglia, hanno sottolineato i due, va però fatta preservando i valori che hanno fatto grande l’Europa e Valeria Solesin, simbolo di questa Europa, ‘unisce i due paesi’ e conferma ‘il nostro desiderio di non darla vinta ai terroristi e di continuare a combattere per le nostre libertà'”. Sulla Libia restano però ancora una certa distanza.

“Da Milano è nato un grande movimento che valorizza il bene. Sono fiducioso che anche la prossima amministrazione sosterrà il giardino per far conoscere questo simbolo nel mondo. Oggi dobbiamo sostenere le donne che lottano contro l’oscurantismo religioso che colpisce prima di tutto loro. Dobbiamo sconfiggere l’integralismo, ma anche chi vuole costruire muri”. Così il presidente di Gariwo Gabriele Nissim intervenendo nel corso dell’annuale cerimonia per la Giornata Europea dei Giusti. Tra i presenti, sottolinea il Corriere Milano (Paola d’Amico), il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo e molti consiglieri, i rappresentanti dell’UCEI, il candidato sindaco del centrosinistra Sala.

Il grande cuore di Gino Bartali continua a lasciare il segno. E torna a farlo a Gerusalemme, dove proprio in queste ore si stanno definendo i contorni di un nuovo omaggio in ricordo delle azioni compiute da Ginettaccio in difesa degli ebrei perseguitati sotto il nazifascismo. Appuntamento il 20 marzo, a Firenze. A presentare l’iniziativa sul Corriere Fiorentino è il giornalista UCEI Adam Smulevich.
Sulla stessa testata (Mauro Bonciani) una cronaca della cerimonia di conferimento del titolo di Giusto tra le Nazioni a monsignor Giacomo Meneghello, protagonista in quei mesi di numerose prove di coraggio.
 
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  davar
qui roma - a confronto con la stampa estera
Venezia, i 500 anni del Ghetto
Città universo, capitale di libertà

Venezia città universale, Venezia capitale della libertà e della cultura. I 500 anni dal primo ghetto, quello istituito dalla Serenissima nel 1516, da allora simbolo di tutte le separazioni, sono stati al centro di una intensa e affollata conferenza stampa che si è svolta a Roma, nella sede dell'Associazione stampa estera, e ha messo a confronto i leader ebraici italiani e gli esponenti degli enti culturali e degli enti locali con i giornalisti italiani e internazionali.
"Voglio rispondere a una domanda prima ancora che qualcuno la faccia: gli ebrei non hanno alcuna nostalgia del ghetto”. Sgombra il campo da ogni equivoco Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, nel dare avvio alla conferenza stampa di presentazione delle iniziative per il Cinquecentenario del Ghetto di Venezia. Nella casa dei giornalisti stranieri, accolti dal loro presidente Tobias Piller, prendono forma i diversi appuntamenti e le diverse sfide di un calendario di eventi che abbraccerà l’intero anno solare.
L’atteso concerto inaugurale al Teatro La Fenice (29 marzo). La mostra “Venezia, gli Ebrei e l’Europa. 1516- 2016” ospitata a Palazzo Ducale. La settimana dedicata al Mercante di Venezia in Ghetto Nuovo. E ancora convegni, seminari, giornate di studio.
“Gli ebrei veneziani hanno subito molte vessazioni, ma non ne sono usciti né umiliati né sconfitti. La loro storia, la loro vitalità, la loro forza sono un esempio altissimo di amore per la vita. Più forte di qualsiasi ostacolo” sottolinea il presidente dell’Unione.
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Comunità ebraica veneziana Paolo Gnignati, che ricorda come la memoria del passato, delle sofferenze subite, ma anche degli straordinari slanci culturali e ideali che non mancarono, delle pagine di storia che furono scritte in quel contesto così difficile, debbano costituire un punto di riferimento imprescindibile. Anche perché, avverte, l’intenzione della Comunità è di lavorare ogni giorno “anche per il futuro”. E di costituire un “esempio di integrazione” anche per nuove e vecchie minoranze.
Donatella Calabi, curatrice della mostra “Venezia, gli Ebrei, l’Europa”, ricorda la “pluralità di nazioni e religioni” di quel contesto storico. E spiega come l’esposizione non si fermerà all’epoca del ghetto ma approfondirà anche cosa accadde dopo l’apertura delle sue porte. “Sarà una mostra multimediale, pronta a viaggiare anche lontano da Venezia se vi sarà la possibilità” dice Calabi. Conferma questo impegno Mariacristina Gribaudi, presidente della Fondazione Musei Civici, che si augura che la stessa possa parlare “ai giovani, a tutti i giovani del mondo”.
Una proiezione internazionale che si basa anche sul fondamentale sostegno (finanziario e non solo) della fondazione Venetian Heritage, partner strategico della Comunità ebraica da oltre tre anni. A fare il punto sulle progettualità avviate è Toto Bergamo Rossi.
“Questo Cinquecentenario deve parlare al nostro presente, costituire uno spunto di riflessione. Perché le nuove manifestazioni di antisemitismo e di negazionismo cui assistiamo ancora oggi sono un fatto inaccettabile” dice il governatore regionale Luca Zaia.
Concorda il sindaco Luigi Brugnaro, che loda la grande capacità di integrazione degli ebrei veneziani e il loro ruolo sociale. “Questa Comunità ha scritto e continua a scrivere la storia di Venezia. E continua a costituire uno straordinario esempio per tutti” sottolinea il primo cittadino.
Conclusi gli interventi, una sfilza di domande dalla platea. La dimostrazione evidente di un interesse sempre più vivo.
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Lo studente americano vittima del terrorismo
Taylor Force (1987-2016)
Il terrorismo palestinese continua a colpire indiscriminatamente. Solo nelle ultime ventiquattro ore, sei aggressioni, con Gerusalemme e Tel Aviv trasformate in teatri di violenza. Atti da condannare con forza, ha dichiarato il vicepresidente Usa John Biden in visita in Israele, denunciando il silenzio del presidente palestinese Mahmoud Abbas di fronte agli attentati. Atti orribili, li ha definiti Nicholas Zeppos, rettore della Vanderbilt University di Nashville, in Tennessee, esprimendo il suo dolore per la vittima dell'attacco terroristico di Jaffa, il ventinovenne Taylor Force. Il giovane è stato accoltellato a morte da un ventiduenne palestinese che ha ferito almeno altre dieci persone. “Ha privato la nostra famiglia della Vanderbilt di una giovane vita piena di speranze e di tutto quello che prometteva per rendere migliore il nostro mondo", le parole del rettore della Vanderbilt, dove Taylor, studente e veterano di guerra americano, era iscritto. L'attentato di cui Force è stato tra le vittime rientra in una spirale di violenza che da ottobre non si è mai fermata e registra in queste ore una nuova ondata di aggressioni. Quello di Jaffa, infatti, era il terzo attacco terroristico della giornata e nelle scorse ore altri due gravi episodi si sono verificati a Gerusalemme, entrambi con scontri a fuoco. Due terroristi palestinesi a bordo di un veicolo hanno aperto il fuoco prima contro un autobus di linea a Ramot, nei pressi di Gerusalemme, senza però riuscire a colpire nessuno. Gli stessi hanno poi gravemente ferito una persona in un'altra sparatoria attuata sempre a bordo dell'auto presso la Porta Nuova della Città Vecchia di Gerusalemme, per poi venire uccisi da agenti delle forze dell'ordine israeliane.
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l'indagine del pew research
Rivlin: "Israele è una democrazia
e saprà dare risposte ai problemi"

È chiara e forte la reazione del presidente Reuven Rivlin ai dati evidenziati da "Mosaico israeliano: identità, società e religione", il sondaggio del Pew Research Center sulla società israeliana presentatogli ieri mattina: "Si tratta di una ricerca con cui devono confrontarsi coloro che in Israele prendono le decisioni, deve essere messa in mano al governo. Indica più che mai una necessità di rispondere ai nostri problemi interni. L'idea che lo stato di Israele non sia democratico che per i suoi cittadini ebrei è inconcepibile, e dobbiamo trovare una risposta a questo dato". Israele è un esempio su molti fronti, è una democrazia solida e vitale, il concetto espresso dal presidente Rivlin, e come tale deve e saprà rispondere alle problematiche che emergono dall'indagine.
La ricerca, portata avanti fra la fine del 2014 e il 2015 su un campione composto da oltre 5600 israeliani appartenenti sia alla maggioranza ebraica - composta da Haredim, Datim, Masortim e Hilonim - che alla componente araba della popolazione che comprende Musulmani, Cristiani e Drusi mostra un paese su alcune questioni diviso, disilluso, in cui è grande la diffidenza nei confronti di chiunque non faccia parte del proprio gruppo.
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pilpul
Ticketless - Petaloso
Alcuni anni fa, durante un dibattito sulla questione mediorientale, finimmo a parlare, chissà perché, di televisione. Nell’elenco di cose israeliane che negli anni Cinquanta colpivano la fantasia ricordo di aver nominato la TV. Nasceva la Rai, i nostri genitori uscivano di casa la sera per andare a vedere in un bar Mike Bongiorno, mentre gli inviati speciali a Tel Aviv rimanevano colpiti dal fatto che il nuovo mezzo là fosse bandito. Alle mie espressioni di giubilo replicò un simpaticissimo lettore di ebraico dell’Università di Pisa, che mi fece osservare quanto sollievo con il suo arrivo in Israele, la televisione – perfino nelle sue forme più sciocche- avesse recato alle persone anziane e sole.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Paesaggi d'Egitto
Nella millenaria storia e memoria del popolo ebraico, com'è noto, nessun Paese è altrettanto gravido di evocazioni, storie, ricordi, al pari dell'Egitto. In Mizrahìm, in Egitto i figli di Giacobbe trovarono scampo dalla carestia che affliggeva la terra di Canaan, e lì i loro discendenti prolificarono e si formarono in tribù; attraverso la fuga dall'Egitto, diventata intanto "casa degli schiavi", gli ebrei trovarono unità e dignità di popolo; nell'età ellenistica e romana, ad Alessandria fiorì per secoli, prima e dopo la distruzione del Tempio del 70, una ricca e potente comunità ebraica, rivale di quella di Giudea, nella quale si formò una tradizione culturale e religiosa, quella del giudaismo ellenizzato, segnata da caratteri di grande autonomia e diversità - basti pensare a Filone Alessandrino - rispetto a quella gerosolimitana; ai tempi dell'Islam, sulle rive del Nilo gli ebrei vissero a lungo tra gli arabi, spesso in pace e anche in condizioni di relativo benessere; lì trovarono rifugio e accoglienza, nel 1140-41, il poeta Yehuda Halevi e il grande Maimonide, esuli dalla Spagna; ancora ad Alessandria, nel 1165, Beniamino de Tudela contò 3000 ebrei, e altri 7000 a Fustāt, l'antica Cairo, riuniti intorno a due grandi sinagoghe, che Beniamino indicò come degli "israeliti" e dei "babilonesi" (a seconda del Talmùd seguito, gerosolimitano o babilonese); numeri che saliranno, nel XIX secolo, fino a raggiungere, forse, le 100.000 unità.

Francesco Lucrezi, storico
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