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11 Marzo 2016 - 1 Adar 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Anche io, dilettante lettore illetterato, sento di voler celebrare la memoria di Giorgio Bassani in questi giorni che ricordano la sua nascita a Bologna il 4 Marzo del 1916. Celebro le pagine di racconti identitari di un piccolo mondo, quello ebraico e non ebraico di Ferrara, così minimo eppure splendido ed eterno, forse proprio perché minimo, di provincia ma non provinciale, accogliente e spietato, come solo i piccoli luoghi umani sanno essere. Ed essendo nato e cresciuto in un piccolo mondo, una Napoli ebraica e non ebraica di un salotto culturale, sociale ed economico dai confini molto definiti, seppur non angusti, ho trovato da sempre tra le parole di Giorgio Bassani l’eterna e dolcissima dannazione dell’apolide di un mondo piccolo, colui che ovunque andrà, saprà sempre essere parte delle società locale, pur restando contemporaneamente estraneo ovunque sia e sempre figlio di poche strade, di poche mura: di un porticato, un caffè, una strada di un ex ghetto o un lungomare, una collina al Vomero e una piazza con qualche leone. E su questa condizione così ebraicamente italiana dovremmo forse riflettere più a fondo, per valorizzare, per pensare, per avere uno sguardo più consapevole sulle nostre strade, le nostre mura, la nostra cultura e la nostra identità, sia essa poesia inventata come negli scritti di Bassani, sia essa storia o fede. “Me lo chiedono in molti: ma è esistita veramente Micòl? Non è mai esistita. Però naturalmente, Micòl è esistita in quanto che sono esistito io, esisto io, è una forma del mio sentimento, è una parte di me.” Così scriveva Giorgio Bassani nel 1984. Ed anche da quel sentimento, così signore, così ebraico, così alto e, per certi aspetti così halto, dovremmo far ripartire il motore morale della nostra ebraicità d’Italia.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Commemorare/Celebrare. Dal Dizionario Treccani: Commemorare v. tr. [dal lat. commemorare, comp. di con- e memorare «ricordare»] (io commèmoro, ecc.). Ricordare qualcuno o qualcosa parlandone in forma solenne, celebrare: c. un personaggio illustre, una data, un avvenimento storico; c. un defunto. Nel linguaggio della Chiesa, celebrare una ricorrenza religiosa (per es., c. la festa di tutti i santi), o anche farne la commemorazione (v.) nell’ufficio divino e nella messa. Celebrare v. tr. [dal lat. celebrare, propr. «frequentare, rendere frequentato», quindi «solennizzare, onorare, celebrare»; v. celebre] (io cèlebro, ecc.). – Lodare, esaltare, glorificare, a voce o in iscritto, persona o cosa: c. un eroe, un martire; c. le imprese, le gesta di qualcuno. Festeggiare solennemente con cerimonie varie: c. una festa, un onomastico, un anniversario; in partic., c. le feste, nel linguaggio eccles., astenersi dal lavoro nei giorni festivi, e assistere alla messa; ant., c. le ferie, osservare il divieto di amministrare la giustizia in giorni determinati. Per comunicare sui media il programma degli eventi legati ai 500 anni del Ghetto di Venezia gli organi nazionali e internazionali di stampa hanno scelto due verbi profondamente sbagliati, che non descrivono in modo corretto il significato di quello che sta avvenendo a Venezia. Di sicuro si tratta di una sorta di reazione automatica, pavloviana, legata a tutto quello che riguarda gli ebrei e al concetto stesso di Ghetto.
 
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"Bibi, non ti sopporto"
Gli alleati europei? “Parassiti e scrocconi”. Netanyahu insopportabile per la sua “condiscendenza”. La guerra in Libia “un fallimento”.
“Sono confessioni che un presidente di solito riserva al suo primo libro di memorie, appena lasciata la Casa Bianca. Barack Obama invece vuota il sacco in anticipo. Ha ancora dieci mesi al potere ma evidentemente non vede l’ora di regolare i conti. Con nemici e alleati. Lo fa in una lunga serie di interviste al magazine TheAtlantic” (Federico Rampini, Repubblica).

Ci sono almeno due uomini vissuti in Italia tra i 122 aspiranti kamikaze registrati nella lista di 22mila jihadisti dello Stato islamico rivelata dal sito siriano di opposizione Zaman Al Wasl. Uno dovrebbe essere Anas El Abboubi, un marocchino del 1992 finito in un’inchiesta a Brescia sul reclutamento di jihadisti. L’altro “è un 39enne tunisino che ha vissuto in Italia, Francia, Germania, Olanda e Belgio” (Francesco Semprini, La Stampa).

L’Italia dovrebbe partecipare a una missione militare in Libia? Risponde di no il 49% degli italiani, secondo un sondaggio pubblicato oggi dall’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) e realizzato dall’Ipsos. Il 20% degli intervistati (un campione di mille persone) risponde “non so”. Tra la minoranza interventista (il 31% del totale), il 23% ritiene utile mandare forze di terra (Corriere della sera).
 
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  davar
QUI ROMA 
Israelitico, la Regione dà l'ok Ripristinato l'accreditamento
“Oggi affermiamo due principi fondamentali. La difesa della legalità a fronte dei gravissimi illeciti compiuti. E inoltre la salvaguardia del valore delle eccellenze, del diritto al lavoro”. Così il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, nell’annunciare questa mattina in conferenza stampa la firma di due decreti che segnano il ripristino dell’accreditamento all’Ospedale Israelitico di Roma dopo lo stop imposto in ottobre per via della nota vicenda giudiziaria che ha riguardato i vertici della struttura e i cui drammatici effetti sono stati chiaramente evidenziati anche in questa circostanza.
Intervenendo nello stesso contesto il prefetto Franco Gabrielli ha sottolineato come questo atto segni l’inizio di un percorso in cui ci si confronterà “con fatti e prestazioni”.
E quindi, ha detto, “può rappresentare una svolta”. Soddisfazione è stata espressa anche dal commissario straordinario dell’Israelitico Narciso Mostarda, che ha richiamato l’importanza di tutelare una forza lavoro composta da “grandi professionisti”.
A fare il punto sulla situazione anche il subcomissario regionale Giovanni Bissoni e il responsabile sanitario regionale Alessio D’Amato. 

rav momigliano: contributo importante
I Vangeli e l'accusa del deicidio Quel pregiudizio da smontare
Un contributo significativo e apprezzabile sotto molti punti di vista, “a partire da quello umano”. Così il presidente dei rabbini italiani rav Giuseppe Momigliano commenta un ampio intervento apparso oggi sull’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, in cui Lucetta Scaraffia riflette sull’accusa di deicidio nei confronti del popolo ebraico che per secoli ha prodotto il peggior antisemitismo di matrice cattolica, riconoscendo come la radice dell’odio vada ricondotta a una originaria mistificazione operata da alcuni apostoli. “Considerazioni che colpiscono, soprattutto per la peculiare identità della testata che le ospita. La conferma di una nuova sensibilità che va radicandosi nel mondo cattolico a tutti i livelli” sottolinea rav Momigliano. La strada da fare è ancora molta, osserva il rav. E il pericolo di un dialogo impostato su uno scivoloso piano teologico è sempre dietro l’angolo. “Ma segnali come questo – afferma – sono importanti da registrare”. A stimolare la riflessione della Scaraffia è in particolare la lettura del saggio di Aldo Schiavone, Ponzio Pilato. Un enigma tra storia e memoria (ed. Einaudi), presentato ieri nei locali dell’ambasciata di Spagna presso la Santa Sede (a intervenire tra gli altri il direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian e la storica Anna Foa), in cui vengono smontate da un punto di vista giuridico asserzioni che, tramandate nelle generazioni, hanno innescato crimini, violenze, lutti. Come i riferimenti alla “folla” che avrebbe spinto il governatore romano a liberare Barabba piuttosto che Gesù, con il chiaro intento degli autori di far ricadere su una collettività il peso di quella decisione. La folla però non poteva esserci, scrive Scaraffia, sia perché non ci sarebbero stati né il tempo né i motivi per convocarla, sia perché la guarnigione non avrebbe tollerato grandi concentrazioni in sostegno di un arrestato. Quindi, secondo Schiavone, Marco e Matteo non sarebbero stati tanto attenti alla verità storica, quanto all’esigenza di spiegare come la responsabilità della morte di Gesù “fosse da attribuire all’intero popolo ebraico”.
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qui roma - associazione hans jonas
Ebrei d'Europa, quale futuro? Voci e opinioni a confronto
C’è un futuro per gli ebrei in Europa? È la domanda da cui è partito il dibattito organizzato ieri a Roma, presso il Centro Il Pitigliani, dall’Associazione di cultura ebraica Hans Jonas. “Un titolo apparentemente provocatorio, che allo stesso tempo però rappresenta il cuore del sentimento che vive nelle comunità ebraiche”, ha sottolineato il presidente di Hans Jonas Tobia Zevi, che ha moderato l’incontro.

A tentare di dare una risposta da vari punti di vista diversi, il demografo dell’Università Ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola, la demografa dell’Istat Linda Laura Sabbadini, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo.
“La situazione è caratterizzata da una grande fluidità, e se pochi anni fa avevamo delle certezze, oggi ne abbiamo molte meno”, la considerazione di partenza presentata da Della Pergola. Il demografo ha quindi messo in evidenza i principali fattori che influenzano la demografia degli ebrei europei, facendovi emergere tre principali problemi: il decremento demografico – fenomeno legato in primo luogo all’invecchiamento della popolazione ma in cui si inscrive anche quello sempre più massiccio delle migrazioni, “non più legate alla concezione a volte spregiativa dell’ebreo errante, ma alla destabilizzazione del rapporto fra il territorio e l’identità ebraica”; l’atteggiamento della società generale nei confronti della minoranza ebraica, con un aumento dell’antisemitismo che secondo vari sondaggi inquieta sempre di più gli ebrei; una generale crisi del concetto di Europa, che influenza anche il modo in cui le singole Comunità ebraiche percepiscono se stesse.
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i lavori di ye'ud
"Leadership è anche ascolto"
Oltre cinquanta persone si sono ritrovate mercoledì sera al Bet Haknesset italiano di Tel Aviv in rehov Ben Yehuda, in occasione della lezione di rav Roberto Della Rocca sul tema della leadership nell’ebraismo. La lezione, parte del seminario di Ye’ud promosso da UCEI e WZO, ha visto la partecipazione di numerosi giovani italiani residenti a Tel Aviv, molti dei quali membri della neonata organizzazione Giovane Kehilà.
“L’ebraismo non è una religione elitaria”, ha esordito rav Della Rocca. “I maestri ci insegnano che con un gruppo di nove tzaddikim non possiamo fare minian, mentre con un gruppo di dieci reshaim sì”. Si è poi analizzato il versetto della Torà in cui Mosè chiede a Dio di dargli un successore. “Un leader dev’essere tollerante, sicuro di sé e pronto a cambiare opinione”. 


Simone Somekh
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LE CARTE DIFFUSE DALL'ARCHIVIO DI STATO
Milano e le leggi razziste del '38 Le storie della persecuzione
Una pagina di storia di Milano e dell'Italia, della sua realtà ebraica e di come fu colpita dal tradimento delle leggi razziste del 1938. Sono tante le storie che emergono dai documenti per la prima volta messi a disposizione degli studiosi e di tutti i milanesi dall'Archivio di Stato della città. Carte – presenti nel fondo della Prefettura di Milano, relativi ai provvedimenti presi dal Ministero dell'Interno e conservati nei fascicoli delle Provvidenze Generali, nei Fascicoli personali e in quelli delle Confische dei beni ebraici - che ricostruiscono il periodo della persecuzione antiebraica e che danno al contempo un quadro di uno spaccato sociale. Un'iniziativa dal grande valore storico, ha sottolineato ieri il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, intervenendo all'inaugurazione della mostra “Gli ebrei a Milano. Le leggi razziali nei documenti conservati all’Archivio di Stato di Milano (1938-1945)”, esposta proprio nelle sale dell'archivio. Ad intervenire, al fianco del ministro, il neodirettore dell'Archivio Benedetto Luigi Compagnoni, l'assessore alla cultura di Milano Filippo Del Corno, la curatrice della mostra Alba Osimo, il sovrintendente archivistico per la Lombardia Maurizio Savoja, il direttore del Cdec Michele Sarfatti, oltre a Ezio Baribieri, docente dell'Università di Pavia.
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qui venezia 
Valeria, un ricordo che vive
Avrà un profilo sobrio e informale e sarà accompagnata dalla lettura di versi poetici e dal suono di un flauto la cerimonia di piantumazione di un albero di rose alla memoria di Valeria Solesin che si svolgerà questa domenica a Venezia. L’omaggio alla giovane vittima italiana dell’attentato jihadista al Bataclan di Parigi, che avrà inizio alle 11 nel Giardino della memoria di Villa Heriot, è frutto dell’iniziativa congiunta dell’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Iveser), della Comunità ebraica cittadina, dell’associazione rEsistenze e della famiglia di Valeria.
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segnalibro
Premio letterario Adei Wizo,
designata la terna finalista

La Giuria selezionatrice ha votato i libri che si contenderanno la sedicesima edizione del Premio Letterario Adei-Wizo intitolato alla memoria di Adelina Della Pergola. I tre volumi finalisti, che verranno sottoposti al giudizio di una giuria popolare, sono I traditori di Davi Bezmozgis (ed. Guanda); Una notte soltanto, Markovitch di Ayelet Gundar-Goshen (ed. Giuntina); Sette anni di felicità di Etgar Keret (ed. Feltrinelli).

Nelle scorse ore la giuria selezionatrice ha inoltre indicato i due volumi che si contenderanno il Premio ragazzi, su cui saranno chiamati ad esprimersi studenti di quindici scuole superiori italiane. In lizza È questa la terra promessa? di Eli Amir e Una vita qualunque di Yigal Leykin, entrambi pubblicati da Giuntina.
La cerimonia conclusiva di questa edizione si svolgerà a Firenze il 14 novembre.
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qui milano - dialogo
Quelle fonti da conoscere
Perché vi sia cultura ebraica bisogna conoscere bene le fonti, la tradizione. A sottolinearlo ieri sera nell’aula magna della Scuola della Comunità ebraica di Milano, il rabbino capo della città Alfonso Arbib, protagonista dell’appuntamento promosso dal Duomo di Milano, assieme alla Keillah e all’Amicizia Ebraico Cristiana Carlo Maria Martini. Una lezione tenuta dal rav nel quadro degli appuntamenti dell’edizione di quest’anno dei “Dialoghi di Quaresima”, e basata su una complessa analisi e riflessione del doloroso testo di Zvi Kolitz Yossl Rakover Si Rivolge A Dio.
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qui torino - segnalibro
Una storia di salvezza
Salire sulle montagne per nascondersi dai rastrellamenti e dalla persecuzione mentre la tua Torino è ferita dai continui bombardamenti. Rendersi invisibili all’occhio nazifascista per riuscire a salvarsi la vita. È quanto fu costretto a fare Sergio Valabrega, assieme alla sua famiglia negli anni della guerra. Alla sua memoria l’Asset, Associazione ex allievi e amici della Scuola di Torino, ha voluto dedicare una serata, nel corso della quale è stato presentato il libro Tra i denti dello squalo, scritto dal figlio di Sergio, Alessandro.

Alice Fubini
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  pilpul
L'importanza dei piccoli
A quanto pare, neppure una notizia così straordinaria come la scoperta del più antico Sefer Torah esistente utilizzabile e in possesso di una Comunità ebraica è riuscita del tutto a sfuggire al tritacarne delle polemiche nostrane. E francamente ho l’impressione che ci sia finita in modo un po’ strumentale. I soldi usati per il restauro avrebbero potuto essere spesi diversamente? Certamente: c’è sempre un modo migliore per usare i soldi, a meno che non siano impiegati per salvare vite umane. Ma seguendo fino in fondo argomentazioni come queste si giungerebbe alla logica conclusione che l’arte, l’archeologia, la ricerca storica e tante altre cose non dovrebbero esistere e non avrebbero mai dovuto esistere in tutti questi millenni. Del resto, cosa sarebbe successo se il sefer più antico del mondo, anziché a Biella, si fosse trovato in Patagonia o in Nuova Zelanda? Non riesco a sottrarmi alla convinzione che in quei casi tutti gli ebrei italiani sarebbero stati entusiasti della notizia e nessuno avrebbe sollevato dubbi di alcun genere.

Anna Segre, insegnante
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Linguaggi
“A minha patria é a lingua portuguesa” scriveva Fernando Pessoa. Una frase che ben si adatta alla storia ebraica perché per molti secoli, oltre alla Torah, la lingua (o le lingue) del popolo ebraico è stata una sorta di patria spirituale, anche per gli ebrei non religiosi. In attesa della prossima Giornata Europea della Cultura Ebraica, che avrà proprio come tema le lingue dell’ebraismo, è interessante ricordare come prima della creazione dello stato di Israele vi sia stato un animato dibattito tra i sostenitori dell’ebraico e coloro che ritenevano invece che la lingua nazionale degli ebrei sarebbe dovuta diventare l’yiddish.

Francesco Moises Bassano, studente
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Israele, sfumature di grigio
Proprio in questi giorni di ennesime tensioni in Israele si sta svolgendo Ye'ud, il consueto seminario di leadership per i giovani delle comunità ebraiche italiane organizzato dall'UCEI.
"La cosa più ricca di questo seminario" spiegano i partecipanti insieme a rav Roberto Della Rocca, direttore del seminario "è l'aver ascoltato la quantità di voci differenti, i loro punti di vista che ci raccontano quanto la realtà sia complessa: dal politico di sinistra al colono, dal cabalista della città vecchia all'intellettuale filosofo o demografo. Un ventaglio ricchissimo che ci dice che non c'è un bianco e un nero, ma che bisogna interrogarsi, ascoltare e conoscere, senza restare nella comodità delle proprie certezze e autoconvinzioni".
Esistono dei fatti, complessi, e diversi punti di vista. Chi vuole farsi un'idea di questa realtà decide se preferisce semplificare o approfondire e capire, magari rischiando di sospendere alcune risposte. Questi ragazzi hanno apprezzato la complessità e la possibilità di entrare in contatto con chi onestamente racconta la propria visione.


Ilana Bahbout




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