Paolo Sciunnach,
insegnante | “Se
nelle mie Chukkoth camminerete, e le mie Mitzvoth osserverete, e le metterete in pratica…” (Levitico 26, 3).
“Se procederete nei Miei
statuti: È possibile che ciò si riferisca all’adempimento delle mizvot?
Ma l’adempimento delle mizvot è detto già in un’altra parte nello
stesso verso. Allora come devo intendere ‘Se procederete nei Miei
statuti’? Che vi affatichiate nello studio della Torà.” (Rashì in loco)
“Se seguirete lo studio dei Miei Statuti e il vostro proposito sarà
quello di osservare i Miei Precetti e di metterli in pratica…” Il
Talmùd racconta che Rabbi Akiva dovette superare molte difficoltà
quando decise di dedicare la sua vita allo studio della Torah.
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Anna
Foa,
storica | Due
giugno 1946, settant'anni fa. Il mondo sembrava cambiare, si votava per
la repubblica o per la monarchia e votavano anche le donne! Sembrava
che ci fossero più monarchici, ed è stupefacente vedere come, cacciati
i Savoia che avevano accettato la dittatura e firmato le leggi
razziali, i monarchici siano in breve spazio di tempo scomparsi dalla
scena politica. Quanto alle donne, votavano sorridendo. Ho visto,in una
mostra a Velletri, la foto di una donna che era andata a votare
stringendo in braccio il neonato appena battezzato, in abito ancora da
cerimonia. Tutti e tutte andavano a votare, con speranza di poter fare
qualcosa per cambiare il mondo. Sembra una favola, oggi.
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"Europa, non chiuderti"
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I
numeri diffusi dalle Nazioni Unite confermano l’entità del dramma: 700
migranti morti nelle acque del Mediterraneo soltanto negli ultimi
giorni. Sono molte le voci a levarsi nella politica italiana ed
europea. Tra cui quella del presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella, ospite d’onore al vertice di Sarajevo di un vertice tra i
capi di Stato balcanici. Bisogna essere consapevoli che gli
“atteggiamenti solitari e di chiusura” sono “effimeri e inefficaci”. Al
contrario, servono “politiche unitarie e coerenti, azioni coordinate a
livello planetario nel campo della solidarietà e accoglienza”. Così
Mattarella, le cui parole sono analizzate tra gli altri dal Corriere
(Marzio Breda).
Il Testimone della Shoah Piero Terracina racconta a Repubblica (Paolo
Di Paolo) il suo 2 giugno: “Ricordo bene l’esultanza alla proclamazione
dei risultati del referendum, il timore che potessero esserci disordini
e il pensiero di come poter eventualmente reagire, che rientrò con la
partenza immediata dell’ormai ex Re Umberto”. Non aveva l’età per
votare, Terracina, ma insieme ad amici e a un cugino nei giorni
precedenti era andato ad ascoltare i comizi, “in particolare quelli di
esponenti del Partito repubblicano italiano”.
“Se il rafforzamento delle misure di prevenzione è indispensabile,
l’esempio di convivenza e integrazione di questi 150 anni di storia
degli ebrei milanesi è la vera chiave per superare tutti i populismi,
ieri come oggi” scrive Sergio Harari sul Corriere Milano nei giorni in
cui la città e la Comunità ebraica, insieme, si incontrano in occasione
del festival Jewish in the city.
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una grande folla in sinagoga Genova, gli 80 anni del Tempio "Proiezione costante al futuro"
Le
istituzioni ma anche tanti cittadini comuni hanno preso parte a Genova
alle celebrazioni organizzate dalla Comunità ebraica nell’ottantesimo
anniversario dall’inaugurazione della sinagoga di via Bertora, l’unica
in Italia costruita in epoca fascista. Un riuscito momento di incontro
e di riflessione nel ricordo di quella che fu una stagione vivace e
complessa al tempo stesso: l’inaugurazione del Tempio, nel 1935,
avvenne infatti a breve distanza temporale dalla promulgazione delle
Leggi Razziste che esclusero gli ebrei italiani dalle scuole, dalle
università, dai mestieri.
“Ottanta
anni certamente densi di storia con momenti tragici e passaggi epocali.
Tuttavia io ritengo che il senso dell’odierna manifestazione sia quello
di sollecitare uno sguardo che vada al di là di questo intenso ma pur
breve spazio di tempo e di prospettiva per proiettarci in dimensioni
temporali e geografiche anche più vaste” ha sottolineato il rabbino
capo rav Giuseppe Momigliano nel suo articolato intervento, dedicato
alla storia degli ebrei genovesi ma anche al significato del loro
impegno, alla volontà di non arrendersi davanti agli ostacoli e alle
prove più dure, alle molte sfide di futuro che attendono loro, la
città, il paese intero. Anche sul fronte dell’accoglienza, il grande
tema di questi giorni.
Ha quindi osservato il presidente della Comunità Ariel Dello Strologo:
“Sono stati anni non banali, ci sono stati momenti tragici. Da parte
degli italiani ci sono stati atti di solidarietà verso la nostra
comunità, ma molti sono stati parte attiva nella tragedia di cui siamo
stati protagonisti. Dopo la guerra abbiamo dovuto ricostruire il
rapporto di fiducia tra comunità ebraica e italiana”.
Una vicenda che porta con sé una grande lezione. Perché nonostante le
difficoltà di quel periodo storico, nonostante l’incertezza, il clima
pesante, il costante deterioramento democratico, gli ebrei genovesi
continuarono a impegnarsi a fondo per tener viva la loro identità e
insieme i loro luoghi di incontro e preghiera.
Concetti
che sono stati toccati anche negli interventi tenuti dai nipoti del
rabbino Dario Disegni, che da Torino fu invitato a officiare la
cerimonia. Entrambi non hanno nascosto una profonda emozione, parlando
con alle spalle una grande foto del rav e degli altri notabili
protagonisti di quella giornata. Dario, che del nonno porta il nome, è
oggi presidente della Comunità ebraica torinese oltre che presidente
del Meis di Ferrara e della Fondazione Beni Culturali Ebraici in
Italia. Giulio ricopre invece l’incarico di vicepresidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane. Per entrambi, un intervento non solo
squisitamente istituzionale.
Grande
inoltre l’interesse per le relazioni che hanno accompagnato il pubblico
nel pomeriggio: un approfondimento dedicato alle sinagoghe italiane da
parte dell’architetto David Cassuto e una lezione della storica Anna
Foa sul percorso di emancipazione degli ebrei italiani nelle sue
diverse e appassionanti tappe.
A concludere la giornata, tra musica e canti, un momento artistico curato da Enrico Fink e Gabriele Coen.
(Nelle
immagini, dall'alto in basso, il presidente Ariel Dello Strologo accoglie i presenti nella sinagoga gremita; gli interventi del
rav Giuseppe Momigliano e di Dario Disegni e Giulio Disegni) Leggi
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qui milano - jewish in the city
Le radici e la via del dialogo
Di
radici ma anche delle sfide future dell’ebraismo italiano ed europeo si
è parlato nella prima giornata di Jewish in the City, il festival di
Milano dedicato alla cultura ebraica. Tra gli appuntamenti,
l’intervento in sinagoga centrale di rav Riccardo Di Segni, rabbino
capo di Roma, che, introdotto dal rabbino capo di Milano Alfonso Arbib,
ha dialogato con la giornalista della trasmissione di Rai 3 “Uomini e
profeti” Gabriella Caramore, sul tema “Comunità in dialogo”. Temi
ulteriormente approfonditi nel corso dell’incontro subito successivo,
intitolato “Identità e diaspora”, a cui hanno partecipato il demografo
dell’Università Ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola, la storica
Ilaria Pinto, e la consigliera della European Union of Jewish Students
Talia Bidussa, moderati dal presidente dell’Associazione Medica Ebraica
a Milano David Fargion. Una giornata ricca di stimoli poi conclusasi al
teatro Franco Parenti con la proiezione del film Mi-Jew di Ruggero
Gabbai, sulla storia della Comunità milanese e il suo presente, e lo
spettacolo “Qohelet, riflettendo con la Comunità” con letture
dell’attore Elia Schilton accompagnate da danze, introdotto da una
riflessione del rav Roberto Della Rocca, direttore scientifico del
festival. Leggi
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informazione - international edition Venezia, memorie dal ghetto
Un
ritratto vivido, quello di una signora dal corpo di uccellino, ma dalla
determinazione di una tigre. Così la figura di Virginia Gattegno emerge
dal lungo articolo che le ha dedicato negli scorsi giorni il Financial
Times, ripreso dall’edizione internazionale di Pagine Ebraiche. La
signora Gattegno, 93 anni, vive nella Casa di Riposo ebraica di
Venezia, ed è l’ultima sopravvissuta ad Auschwitz a risiedere nell’area
dell’antico Ghetto, di cui quest’anno si commemorano i 500 anni
dall’istituzione. Originaria di Roma e trasferitasi da bambina a Rodi
con la famiglia, Virginia fu deportata ad Auschwitz dove perse la
madre, la nonna e due fratellini. Della Shoah non ha parlato fino agli
anni Novanta, ma oggi il riaffacciarsi dell’antisemitismo mai sparito
la spinge a raccontare, e a sottolineare l’importanza di preservare il
luogo e consapevolezza di ciò che il Ghetto è stato a Venezia, un
frammento di passato, monito per le generazioni a venire. Leggi
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Oltremare
- Cervelli
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La
regola che si impara una cosa nuova ogni giorno (pena la perdita di
preziosi neuroni che altrimenti non saprebbero che fare, con le mani in
mano) immagino valga a ogni latitudine. In Israele ho sempre avuto
l’impressione che questa regola valga al quadrato, a qualunque età si
arrivi.
Ieri per esempio, ho imparato una parola nuova che è tutto un mondo:
Hackathon. E no, non è ebraico moderno. È qualcosa che sta fra
l’inglese e una parola greca anglizzata, “hacker” e “marathon”, ed è
una occupazione assolutamente pacifica e non contro la legge,
nonostante la prima metà del nome.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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