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  30 maggio 2016 - 22 Iyar 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Paolo Sciunnach,
insegnante
“Se nelle mie Chukkoth camminerete, e le mie Mitzvoth osserverete, e le metterete in pratica…” (Levitico 26, 3).
“Se procederete nei Miei statuti: È possibile che ciò si riferisca all’adempimento delle mizvot? Ma l’adempimento delle mizvot è detto già in un’altra parte nello stesso verso. Allora come devo intendere ‘Se procederete nei Miei statuti’? Che vi affatichiate nello studio della Torà.” (Rashì in loco) “Se seguirete lo studio dei Miei Statuti e il vostro proposito sarà quello di osservare i Miei Precetti e di metterli in pratica…” Il Talmùd racconta che Rabbi Akiva dovette superare molte difficoltà quando decise di dedicare la sua vita allo studio della Torah.
 
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Anna
Foa,
storica
Due giugno 1946, settant'anni fa. Il mondo sembrava cambiare, si votava per la repubblica o per la monarchia e votavano anche le donne! Sembrava che ci fossero più monarchici, ed è stupefacente vedere come, cacciati i Savoia che avevano accettato la dittatura e firmato le leggi razziali, i monarchici siano in breve spazio di tempo scomparsi dalla scena politica. Quanto alle donne, votavano sorridendo. Ho visto,in una mostra a Velletri, la foto di una donna che era andata a votare stringendo in braccio il neonato appena battezzato, in abito ancora da cerimonia. Tutti e tutte andavano a votare, con speranza di poter fare qualcosa per cambiare il mondo. Sembra una favola, oggi.
 
"Europa, non chiuderti"
I numeri diffusi dalle Nazioni Unite confermano l’entità del dramma: 700 migranti morti nelle acque del Mediterraneo soltanto negli ultimi giorni. Sono molte le voci a levarsi nella politica italiana ed europea. Tra cui quella del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ospite d’onore al vertice di Sarajevo di un vertice tra i capi di Stato balcanici. Bisogna essere consapevoli che gli “atteggiamenti solitari e di chiusura” sono “effimeri e inefficaci”. Al contrario, servono “politiche unitarie e coerenti, azioni coordinate a livello planetario nel campo della solidarietà e accoglienza”. Così Mattarella, le cui parole sono analizzate tra gli altri dal Corriere (Marzio Breda).
Il Testimone della Shoah Piero Terracina racconta a Repubblica (Paolo Di Paolo) il suo 2 giugno: “Ricordo bene l’esultanza alla proclamazione dei risultati del referendum, il timore che potessero esserci disordini e il pensiero di come poter eventualmente reagire, che rientrò con la partenza immediata dell’ormai ex Re Umberto”. Non aveva l’età per votare, Terracina, ma insieme ad amici e a un cugino nei giorni precedenti era andato ad ascoltare i comizi, “in particolare quelli di esponenti del Partito repubblicano italiano”.
“Se il rafforzamento delle misure di prevenzione è indispensabile, l’esempio di convivenza e integrazione di questi 150 anni di storia degli ebrei milanesi è la vera chiave per superare tutti i populismi, ieri come oggi” scrive Sergio Harari sul Corriere Milano nei giorni in cui la città e la Comunità ebraica, insieme, si incontrano in occasione del festival Jewish in the city.
 
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  davar
una grande folla in sinagoga
Genova, gli 80 anni del Tempio "Proiezione costante al futuro"
Le istituzioni ma anche tanti cittadini comuni hanno preso parte a Genova alle celebrazioni organizzate dalla Comunità ebraica nell’ottantesimo anniversario dall’inaugurazione della sinagoga di via Bertora, l’unica in Italia costruita in epoca fascista. Un riuscito momento di incontro e di riflessione nel ricordo di quella che fu una stagione vivace e complessa al tempo stesso: l’inaugurazione del Tempio, nel 1935, avvenne infatti a breve distanza temporale dalla promulgazione delle Leggi Razziste che esclusero gli ebrei italiani dalle scuole, dalle università, dai mestieri.
“Ottanta anni certamente densi di storia con momenti tragici e passaggi epocali. Tuttavia io ritengo che il senso dell’odierna manifestazione sia quello di sollecitare uno sguardo che vada al di là di questo intenso ma pur breve spazio di tempo e di prospettiva per proiettarci in dimensioni temporali e geografiche anche più vaste” ha sottolineato il rabbino capo rav Giuseppe Momigliano nel suo articolato intervento, dedicato alla storia degli ebrei genovesi ma anche al significato del loro impegno, alla volontà di non arrendersi davanti agli ostacoli e alle prove più dure, alle molte sfide di futuro che attendono loro, la città, il paese intero. Anche sul fronte dell’accoglienza, il grande tema di questi giorni.
Ha quindi osservato il presidente della Comunità Ariel Dello Strologo: “Sono stati anni non banali, ci sono stati momenti tragici. Da parte degli italiani ci sono stati atti di solidarietà verso la nostra comunità, ma molti sono stati parte attiva nella tragedia di cui siamo stati protagonisti. Dopo la guerra abbiamo dovuto ricostruire il rapporto di fiducia tra comunità ebraica e italiana”.
Una vicenda che porta con sé una grande lezione. Perché nonostante le difficoltà di quel periodo storico, nonostante l’incertezza, il clima pesante, il costante deterioramento democratico, gli ebrei genovesi continuarono a impegnarsi a fondo per tener viva la loro identità e insieme i loro luoghi di incontro e preghiera.
Concetti che sono stati toccati anche negli interventi tenuti dai nipoti del rabbino Dario Disegni, che da Torino fu invitato a officiare la cerimonia. Entrambi non hanno nascosto una profonda emozione, parlando con alle spalle una grande foto del rav e degli altri notabili protagonisti di quella giornata. Dario, che del nonno porta il nome, è oggi presidente della Comunità ebraica torinese oltre che presidente del Meis di Ferrara e della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia. Giulio ricopre invece l’incarico di vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Per entrambi, un intervento non solo squisitamente istituzionale.
Grande inoltre l’interesse per le relazioni che hanno accompagnato il pubblico nel pomeriggio: un approfondimento dedicato alle sinagoghe italiane da parte dell’architetto David Cassuto e una lezione della storica Anna Foa sul percorso di emancipazione degli ebrei italiani nelle sue diverse e appassionanti tappe.
A concludere la giornata, tra musica e canti, un momento artistico curato da Enrico Fink e Gabriele Coen.


(Nelle immagini, dall'alto in basso, il presidente Ariel Dello Strologo accoglie i presenti nella sinagoga gremita; gli interventi del rav Giuseppe Momigliano e di Dario Disegni e Giulio Disegni)
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qui milano - jewish in the city
La Comunità ricorda i Giusti

Una targa alla sinagoga centrale
“I Giusti delle Nazioni avranno parte nel mondo a venire”. È la frase che la Comunità ebraica di Milano insieme a Gariwo ha voluto dedicare a chi ha salvato la vita di altri uomini a costo della propria. Parole scritte su una targa da ieri affissa fuori dalla sinagoga centrale, svelata nell’ambito del festival culturale Jewish in the City. Un modo per ricordare il passato lungo 150 anni della Comunità ebraica, a cui la rassegna è dedicata, attraverso la consapevolezza che “la memoria di ieri ci deve dare uno stimolo su come comportarci oggi”, come ha sottolineato Gabriele Nissim, presidente di Gariwo. Un monito condiviso anche dal vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, il quale ha evidanziato in particolare l’importanza dell’educazione dei giovani.
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qui milano - jewish in the city 
Le radici e la via del dialogo
Di radici ma anche delle sfide future dell’ebraismo italiano ed europeo si è parlato nella prima giornata di Jewish in the City, il festival di Milano dedicato alla cultura ebraica. Tra gli appuntamenti, l’intervento in sinagoga centrale di rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, che, introdotto dal rabbino capo di Milano Alfonso Arbib, ha dialogato con la giornalista della trasmissione di Rai 3 “Uomini e profeti” Gabriella Caramore, sul tema “Comunità in dialogo”. Temi ulteriormente approfonditi nel corso dell’incontro subito successivo, intitolato “Identità e diaspora”, a cui hanno partecipato il demografo dell’Università Ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola, la storica Ilaria Pinto, e la consigliera della European Union of Jewish Students Talia Bidussa, moderati dal presidente dell’Associazione Medica Ebraica a Milano David Fargion. Una giornata ricca di stimoli poi conclusasi al teatro Franco Parenti con la proiezione del film Mi-Jew di Ruggero Gabbai, sulla storia della Comunità milanese e il suo presente, e lo spettacolo “Qohelet, riflettendo con la Comunità” con letture dell’attore Elia Schilton accompagnate da danze, introdotto da una riflessione del rav Roberto Della Rocca, direttore scientifico del festival.
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qui roma - il convegno 
Fackenheim, vita e pensiero
In corso al Centro Bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane un convegno di studi dedicato alla figura di Emil Frackenheim (1916-2003), insigne filosofo e rabbino riformato che molti studi ha dedicato alla Shoah e all'impegno ebraico per la collettività e di cui ricorre quest'anno il centenario dalla nascita.
"La 614esima mitzvà: non dare una vittoria postuma a Hitler" il titolo dell'evento, curato da Massimo Giuliani e organizzato in collaborazione con il diploma universitario in studi ebraici e il master in cultura ebraica e comunicazione dell'UCEI.
Aperto da un intervento di Miryam Silvera, il convegno ha tra i suoi relatori anche Irene Kajon, Paola Ricci Sindoni, Liliana Picciotto e rav Benedetto Carucci Viterbi.
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qui trieste 
Lavry, le note della Memoria
Un nuovo appuntamento in sinagoga, a Trieste, per il Festival Viktor Ullmann dedicato alla musica concentrazionaria, degenerata e dell’esilio. Terzo dei quindici eventi in programma quest’anno, il concerto-tributo in ricordo compositore Marc Lavry eseguito dall’Orchestra Abimà diretta da Davide Casali ha portato all’attenzione del folto pubblico presente, oltre 500 spettatori, quattro brani in prima esecuzione assoluta.
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qui verona
"Pace, decliniamola insieme"
Si è svolta a Verona la 13esima edizione del festival biblico, che dallo scorso anno ha visto anche il coinvolgimento della Comunità ebraica per l’evento inaugurale e per altri appuntamenti.
Il tema della serata di apertura era “pace in terra”. Si è trattato di uno spettacolo che ha coinvolto leader religiosi e cori ebraici, cristiani e musulmani. Per la nostra Comunità ha parlato rav Meir Luciano Caro, che ha esordito con le parole “Hine Matov umanaim Shevet achim gam yachad”, ecco come è bello e come è piacevole stare tutti insieme come fratelli sottolineando come queste parole possano essere particolarmente vere in tali circostanze. Ma precisando subito che “oggi è di moda parlare di pace, dedicare giornate o settimane alla pace, organizzare marce e fiaccolate per la pace”. Cosa significa quindi pace per il mondo ebraico?

Bruno Carmi, presidente Comunità ebraica di Verona
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informazione - international edition
Venezia, memorie dal ghetto
Un ritratto vivido, quello di una signora dal corpo di uccellino, ma dalla determinazione di una tigre. Così la figura di Virginia Gattegno emerge dal lungo articolo che le ha dedicato negli scorsi giorni il Financial Times, ripreso dall’edizione internazionale di Pagine Ebraiche. La signora Gattegno, 93 anni, vive nella Casa di Riposo ebraica di Venezia, ed è l’ultima sopravvissuta ad Auschwitz a risiedere nell’area dell’antico Ghetto, di cui quest’anno si commemorano i 500 anni dall’istituzione. Originaria di Roma e trasferitasi da bambina a Rodi con la famiglia, Virginia fu deportata ad Auschwitz dove perse la madre, la nonna e due fratellini. Della Shoah non ha parlato fino agli anni Novanta, ma oggi il riaffacciarsi dell’antisemitismo mai sparito la spinge a raccontare, e a sottolineare l’importanza di preservare il luogo e consapevolezza di ciò che il Ghetto è stato a Venezia, un frammento di passato, monito per le generazioni a venire.
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pilpul
 Oltremare - Cervelli
La regola che si impara una cosa nuova ogni giorno (pena la perdita di preziosi neuroni che altrimenti non saprebbero che fare, con le mani in mano) immagino valga a ogni latitudine. In Israele ho sempre avuto l’impressione che questa regola valga al quadrato, a qualunque età si arrivi.
Ieri per esempio, ho imparato una parola nuova che è tutto un mondo: Hackathon. E no, non è ebraico moderno. È qualcosa che sta fra l’inglese e una parola greca anglizzata, “hacker” e “marathon”, ed è una occupazione assolutamente pacifica e non contro la legge, nonostante la prima metà del nome.


Daniela Fubini, Tel Aviv
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