
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Gli
italkim che fanno parte della Comunità di Gerusalemme hanno ricevuto
una lettera nella quale si offrivano alcune opzioni temporali per l’uso
della lingua italiana negli spazi ufficiali della vita comunitaria
dello Shabbat, all’interno delle derashot o lezioni sulla parashà.
Le opzioni offrivano: 7 o 10 minuti per l’ebraico, 3 o 4 per
l’italiano, tenendo però presente che in casi eccezionali o di bisogno
o di tempi concisi la traduzione italiana verrebbe sacrificata.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Non
riesco ad appassionarmi allo sterile dibattito fra chi sostiene che le
comunità si occupano troppo di rapporti con la società non ebraica e
chi accusa di eccessiva chiusura chi si dedica a scuole, educazione,
culto. In entrambi i casi – datemi pure del cerchiobottista – trovo che
gli argomenti usati siano pretestuosi e restituiscano un’immagine
falsata delle comunità ebraiche e del loro ruolo nella società civile.
La riflessione storica che si è avviata sul concetto di ghettizzazione
dovrebbe in questo senso esserci particolarmente utile. Neppure
all’epoca in cui le autorità governative avevano stabilito per legge
una separazione fisica fra ebrei e società cristiana, questi
provvedimenti avevano generato una chiusura definitiva e la fine dei
rapporti fra i due gruppi umani.
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Euro 2016 al via
Francia blindata
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Prendono
oggi il via, tra misure di sicurezza imponenti, gli Europei di calcio.
È blindata Parigi, ed è blindato tutto il paese. Ma c’è comunque voglia
di normalità. “Il paese vuole solo calcio”, titola il Corriere della
sera. “Quasi 100mila addetti alla sicurezza (tra forze dell’ordine,
soldati, guardie private) – scrive Stefano Montefiori – cercheranno di
evitare l’attentato terroristico che molti, compresi i servizi, temono.
Ma se gli stadi sembrano più facili da controllare, le preoccupazioni
riguardano soprattutto le fan zone e i bar: ieri è arrivato il divieto
ai gestori di mettere schermi tra i tavolini dei caffé, perché i tifosi
radunati all’aperto sarebbero un bersaglio troppo comodo”. La Francia
sembra in bilico. Se tutto andasse liscio, si legge ancora, “il calcio
potrebbe dare lo slancio per ripartire”.
“L’assassinio di persone innocenti in un bar a Tel Aviv è paragonabile
a quello in Europa, è una minaccia contro i valori occidentali, contro
il diritto di vivere, contro la libertà”. A ricordarlo, sul Sole 24
Ore, è l’ambasciatore israeliano in Italia Naor Gilon. “Un brutale atto
terroristico – spiega ancora il diplomatico – compiuto da terroristi
palestinesi che subiscono quotidianamente il lavaggio del cervello e
l’incitamento alla violenza contro lo Stato d’Israele e il suo popolo.
Incitamento che inizia dai libri di testo scolastici palestinesi e che
continua con le trasmissioni tv, le radio ufficiali ed è presente
costantemente anche sui social network”.
Si annuncia per oggi una giornata complessa, ma a colpire ancora una
volta è la risposta di Israele. Cultura della vita contrapposta
all’ideologia della morte.
“Tel Aviv la forte, la coraggiosa, la solare casa della Israele laica è
stata colpita al cuore, ed è magnifico vedere come torna a vibrare di
vita, di lavoro, di bambini che vanno a scuola dopo la strage” scrive
Fiamma Nirenstein sul Giornale.
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il mein kampf in edicola - il commento
Non può essere un amico sincero chi smercia la morbosità
Non
è solo la qualità, ma anche la tiratura dei giornali italiani a far
registrare un ulteriore, preoccupante fenomeno di regressione. Un
fenomeno che dovrebbe inquietare tutti i cittadini, e in particolare
gli ebrei italiani. Perché ogni indicatore dimostra inequivocabilmente
che dove la stampa libera e professionale regredisce, dove i
giornalisti professionisti sono minacciati, dove la professionalità
giornalistica è sostituita da un arrembaggio di affaristi e faccendieri
che agiscono nell’ombra sotto la copertura del polverone suscitato dal
mondo dei social network, c’è un pericolo. È proprio lì che le garanzie
democratiche e le qualità delle società aperte, plurali e capaci di
fare delle culture minoritarie una ricchezza, rischiano di essere
pericolosamente erosa.
Per questo gli sforzi di sostenere la tiratura dei giornali in crisi,
anche quando si ricorre a qualche operazione commerciale di dubbio
gusto, dovrebbero essere visti con favore.
Ma ci sono chiari limiti. E l’operazione di smerciare in edicola e di
disseminare nelle case di milioni di italiani disinformati, impreparati
e inconsapevoli migliaia di copie del Mein Kampf di Adolf Hitler non è
solo un’azione becera, e volgare. Rappresenta anche un gesto cinico e
irresponsabile.
Certo, si dirà che recentemente proprio in Germania è andata
recentemente in libreria un’edizione di questo testo chiave dell’odio
che ha insanguinato il Novecento e distrutto l’onore dell’Europa. Ma
non lasciamoci ingannare. Nelle librerie specializzate tedesche è
andata una poderosa edizione critica, riccamente commentata, annotata,
contestualizzata, destinata agli esperti, agli studiosi. Un contributo
importante per capire.
Da noi viene distribuita a piene mani dai giornalai una ristampa
anastatica della prima traduzione italiana imposta da Mussolini
sostenuta appena con la foglia di fico di una affrettata premessa
affidata a un unico storico. Un contributo di segno contrario,
finalizzato piuttosto a suscitare morbosità, a confondere le acque.
Per questo si tratta di un’operazione da condannare senza mezzi
termini, proprio nel nome della libertà di stampa, d’espressione e di
ricerca. Che sono valori seri e fondamentali e che non possono essere
ceduti a mercanti senza scrupoli, disposti a solleticare i peggiori
influssi presenti nella società contemporanea.
Ma c’è di più, e non può essere taciuto.
È venuto il momento in cui chi ha dedicato tante energie a stilare le
pagelle dei giornali buoni e dei giornali cattivi, dei giornali amici e
dei giornali nemici, apra gli occhi davanti alla realtà e chiami le
cose con il proprio nome.
Di amici come questi né gli ebrei né lo Stato di Israele sanno che farsene.
Solo il giornalismo professionale ed equilibrato, da qualunque parte
provenga, può essere davvero considerato, da tutte le sponde del
Mediterraneo, un amico sincero dei valori ebraici e dei valori
costituzionali, una reale tutela dell’unica democrazia del Medio
Oriente e un affidabile punto di riferimento per affrontare i tempi
difficili che stiamo attraversando.
Guido Vitale
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il mein kampf in edicola - gli storici "Un libro che va studiato,
non utilizzato per altri fini"
L’iniziativa
del Giornale non convince affatto gli storici. Il quotidiano domani
uscirà in edicola con il libro Storia del Terzo Reich di William Shirer
(al costo di 11,90 euro) e allegherà in omaggio (se compri il primo hai
in omaggio il secondo) il Mein Kampf di Adolf Hitler. Per il direttore
del Giornale si tratta di un’operazione culturale ma questa ha tutta
l’aria di essere un’iniziativa solamente commerciale. A sottolinearlo a
Pagine Ebraiche, il giudizio unanime degli storici Gadi Luzzatto
Voghera, Liliana Picciotto Schermata 2016-06-10 alle 15.02.43e Michele
Sarfatti, voci dell’istituzione punto di riferimento in Italia per lo
studio della storia dell’ebraismo moderno, il Centro di Documentazione
Ebraica Contemporanea di Milano (Cdec). Valutazione che trova d’accordo
anche Giorgio Fabre, storico e giornalista, autore de Il contratto.
Mussolini editore di Hitler (edizioni Dedalo), dedicato alla prima
traduzione in italiano del Mein Kampf, ovvero La mia battaglia
(pubblicato da Bompiani nel 1934).
“Non sono per nulla negativo sulla pubblicazione del Mein Kampf, è un
testo che si deve conoscere ma deve essere inquadrato in un’analisi
critica ben strutturata. Non capisco il senso dell’operazione del
Giornale che mi sembra più commerciale che altro”, sottolinea Gadi
Luzzatto Voghera (nell'immagine), docente di storia nella sede di
Padova della Boston University e dal prossimo settembre nuovo direttore
del Cdec.
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IL MEIN KAMPF IN EDICOLA Perfetti, uno storico in lotta
contro il "gramsci-azionismo"
Giorgio
Dell’Arti, il curatore della monumentale enciclopedia online
Cinquantamila giorni, lo descrive “fiero avversario di quello che lui
chiama ‘gramsci-azionismo’, cioè l’egemonia culturale di sinistra”. Il
lui in questione è Francesco Perfetti, lo storico romano 72enne che si
è prestato a coprire l’operazione commerciale del Giornale ponendo la
sua firma sulla prefazione critica del Mein Kampf.
Nato nella Capitale nel 1943, per molti anni allievo di Renzo De
Felice, Perfetti è professore ordinario di Storia contemporanea presso
la facoltà di Scienze politiche della LUISS Guido Carli di Roma. Tra i
vari incarichi ricoperti in passato quello di capo del Servizio
storico, archivi e documentazione del Ministero degli Affari Esteri, la
direzione dell’Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e
Contemporanea, la presidenza della Fondazione “Il Vittoriale degli
Italiani” e della Fondazione Ugo Spirito. Molteplici gli studi e le
pubblicazioni dedicati al fascismo e ai nazionalismi.
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qui firenze
Balagan Cafè, bene la prima
Un
grande successo ha segnato l'avvio, ieri sera nei giardini del Tempio,
di una nuova edizione del Balagan Cafè. Il festival culturale
organizzato dalla Comunità ebraica fiorentina ha infatti richiamato un
folto pubblico di fedelissimi e non. Ad accogliere i numerosi
visitatori, oltre 300 le presenze stimate, nonostante le previsioni
(poi fortunatamente rientrate) di perturbazioni atmosferiche, la
presidente della Comunità Sara Cividalli e l'assessore alla Cultura
Enrico Fink, che del festival è direttore artistico. "Una grande festa
per la Comunità e per tutta la cittadinanza. Un nuovo inizio che prende
il testimone dalla conclusione di un mandato, quello del Consiglio in
carica, cui si deve l'ideazione del Balagan" dicono in coro Cividalli e
Fink.
Tra i temi della prima serata del Balagan un confronto sulla traduzione
del Talmud in italiano con Clelia Piperno, Gadi Piperno e Shulim
Vogelmann e un momento musicale dedicato al Cinquecentenario del Ghetto
di Venezia.
Numerosi i rappresentanti delle istituzioni presenti. Tra gli altri gli
assessori comunali Titta Meucci, Sara Funaro, Andrea Vannucci e Alessio
Rossi.
(Foto di Sergio Servi)
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GRAPHIC NOVEL
G
Se Hillary vendica Jackie
Due
poli opposti dell’immaginario femminile della Casa Bianca. La colta e
sexy Jackie e la solida e ingombrante Hillary. Entrambe segnate dal
tradimento. L’una trionfante ma sconfitta come donna e l’altra la prima
che paga, soprattutto tra le donne, il prezzo della sua volontà di
vincere.
Sul Corriere della sera
una gustosa graphic novel di Cinzia Leone, amica e collaboratrice della
redazione di Pagine Ebraiche e del portale dell'ebraismo italiano
www.moked.it
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Discriminazione e violenza
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Ieri,
ultimo giorno di scuola, abbiamo portato gli allievi del ginnasio a
vedere il film Race, Il colore della vittoria, la storia dell’atleta
nero americano Jesse Owens che conquistò quattro medaglie d’oro alle
olimpiadi di Berlino del 1936. Il film è ben costruito e corre
piacevolmente verso il suo immancabile lieto fine, e nella logica della
storia l’esclusione dalla staffetta dei due atleti ebrei passa quasi in
secondo piano (spero di non aver rovinato la visione a nessuno
rivelando fatti che sono comunque abbastanza noti). Eppure
quell’esclusione, e ancora di più l’indifferenza che la circonda e la
rende possibile, è in un certo senso un’anticipazione della Shoah.
Anna Segre, insegnante
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Cancellare l'altro
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Continuerò
a non capire come una lotta nazionale per la propria autodeterminazione
– o di rivendicazione di un territorio – la quale mira prevalentemente
ad annientare l’altro, e a considerarlo in toto (chiunque esso sia, e
di qualunque età o colore) come un usurpatore e un nemico, possa
trovare così ampio e pieno consenso nel mondo e soprattutto nella
sinistra internazionale. Senza se e senza ma. La “resistenza”
palestinese è assurta a simbolo di lotta, ed in ogni manifestazione
anche semplicemente contro la riforma del lavoro in Francia, non
mancano bandiere e simboli palestinesi. Poco importa, se all’inverso,
il mondo arabo sia privo totalmente di una vera tradizione di sinistra,
e anche il tanto elogiato FPLP vanti stretti rapporti con Hamas e con
il terrorismo.
Francesco Moises Bassano
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Serenità |
Due
cose ci rendono sereni: la consapevolezza di poter affrontare le
difficoltà e la netta sensazione di essere dove dovremmo essere.
Ilana Bahbout
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Diario di un soldato - Vivere |
 Quando
ci fu il terribile attentato a Parigi, la Torre Eiffel venne spenta in
segno di lutto. Niente più selfie con il colosso che fece sognare
migliaia di giovani innamorati, niente più visite dal panorama
mozzafiato. Quando ci fu il terribile attentato a Parigi, il mondo si
spense insieme alla Torre Eiffel, il mondo pianse le vittime innocenti
e condannò chi osava prediligere l’odio all’amore, la morte alla vita.
Quando
ci fu la strage all’aeroporto di Bruxelles, il mondo rinnovò le sue più
sentite condoglianze. Facebook si tinse per l’occasione di rosso-giallo-nero,
i giornalisti si armarono di carta e penna per partecipare alla guerra
in corso. Quando ci fu la strage all’aeroporto di Bruxelles, per una
manciata di settimane persino i più impavidi turisti non varcarono la
soglia di quel corridoio, non si avventurarono sulla
scena del delitto, eppure ciò non impedì loro di definirsi
“ambasciatori della pace”; dispensori di banalità e luoghi comuni,
piuttosto.
Quando il terrorismo ha bussato alle porte di Tel Aviv, per la seconda volta in meno di un anno, il mondo ha taciuto.
David Zebuloni
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