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27 Luglio 2016 - 21 Tammuz 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Haim Korsia,
Gran Rabbino
di Francia
Essere cittadini vuol dire anche avere dei doveri. Vuol dire fare degli sforzi e partecipare alla costruzione della Francia.
 
Davide
Assael,
ricercatore
Panic Europa! Il 18 luglio un giovane afghano attacca con ascia e coltello le persone su un treno regionale a
Heidingsfeld. il 22 un frustrato bullizzato si mette a sparare in un McDonald’s a Monaco e uccide 10 suoi coetanei. Il 24 a Reutlingen, un rifugiato siriano già attenzionato dalla polizia accoltella con un machete una donna incinta di cui era innamorato. Ieri, due ragazzi appena maggiorenni entrano in una chiesa e sgozzano un prete a Rouen inneggiando al Daesh. Squilibri mentali, delitti passionali adatti alle pagine di cronaca locale, autoindottrinamenti alla jihad dell’ultimissimo secondo, problemi di identità sessuale (vedi Orlando e Nizza), cellule, invece, organizzate e rinviate nei propri Paesi dopo essere state addestrate a tecniche di guerriglia, tutto in un unico frullatore, senza alcuna capacità di distinguere fra eventi di origine diversissima. Tutto appare buono per fare un lungo speciale in televisione e ad alimentare il becero dibattito sul web.
 
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Jihad, l'ultimo confine
L’orrenda azione terroristica compiuta ieri in Normandia segna, per molti analisti, la violazione “dell’ultimo confine”.
Scrive Bernardo Valli su Repubblica: “I jihadisti hanno colpito i redattori di Charlie Hebdo giudicati blasfemi e gli ebrei del negozio kasher della Porte de Vincennes; poi hanno aggredito i parigini durante il weekend allo stadio, nei caffè affacciati sulla Senna, al Bataclan dove si suonava il rock; e hanno falciato i cittadini che a Nizza, davanti al Mediterraneo, festeggiavano il 14 luglio. Le chiese non erano state violate”.
“Il Signore ispiri a tutti pensieri di riconciliazione e fraternità in questa nuova prova” dice Bergoglio in un telegramma, a firma del segretario di stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, inviato all’arcivescovo di Rouen, monsignor Dominique Lebrun. “Ancora sangue, sangue su sangue, che si aggiunge a quello versato in molti luoghi, da troppo tempo, ma soprattutto nel Medio e nel Vicino oriente, in Africa, ora anche in Europa, spesso ostentando e dunque profanando apertamente il nome di Dio, comunque offeso e ferito ogni volta che si uccide un essere umano” scrive il direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian.
Spazio sui giornali (Il Sole 24 Ore, tra gli altri) per l’intervento di solidarietà del presidente UCEI Noemi Di Segni a nome di tutti gli ebrei italiani. “Un’azione – le sue parole – che ancora una volta sconvolge per la brutalità e la ferocia e che deve trovarci tutti uniti non solo nella condanna, ma anche nella volontà di non rinunciare a vivere appieno la nostra quotidianità”.
Elevate intanto le misure di sicurezza in molti luoghi e obiettivi sensibili anche in Italia. In Laguna, per il Mercante di Venezia, alla cui rappresentazione in GHetto assisterà oggi anche la presidente dell’Unione, allestito un checkpoint (Corriere del Veneto).
 
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  davar
VENEZIA, GLI EBREI, L'EUROPA - LA VISITA
Noemi Di Segni in Laguna:

"Grandi per storia e speranze"
Punto d’arrivo e orizzonte di nuova coraggiosa partenza, Venezia ebraica è oggi teatro di una straordinaria giornata di lavoro, di incontro e di cultura. La presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, alla sua prima uscita in una delle 21 Comunità ebraiche locali dopo la sua recente elezione alla guida della massima istituzione dell’ebraismo italiano, è oggi al centro di una serrata sequenza che fa in questa stagione di Venezia il baricentro dell’ebraismo mondiale.
Una lunga giornata, che si concluderà, nel quadro delle grandi manifestazioni culturali di rilievo internazionale dedicate ai cinque secoli di storia che ci separano dalla creazione del ghetto che fu il primo della storia.
Accolta al suo arrivo in Laguna dal presidente della Comunità ebraica di Venezia Paolo Gnignati, che era accompagnato dai Consiglieri Enrico Levis e Giuseppe Salvadori, la presidente dell’Unione ha cominciato la sua visita alla città con un colloquio nella sede municipale di Ca’ Farsetti. Ad attenderla sul Canal Grande il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, che ha valutato con Di Segni e Gnignati il grande lavoro intrapreso per offrire da Venezia al mondo, in questa stagione di grandi appuntamenti, la dimensione della storia e della cultura degli ebrei della àcitt, testimoni di cinque secoli di storia tormentata e appassionante.
Potenzialità inestimabili, quelle di Venezia e della sua comunità ebraica, che da molti secoli si intrecciano e continuano a domandare lungimiranza e volontà di progettare il futuro.
Lasciati i saloni del palazzo municipale, la presidente dell’Unione ha subito incontrato il Consiglio comunitario e l’assemblea degli iscritti. Numerosissimi gli interventi che hanno fatto seguito ai discorsi introduttivi del presidente Gnignati, del rabbino capo di Venezia Shalom Bahbout e del Consigliere UCEI Davide Romanin Jacur, che assieme alla Consigliera veneziana dell’Unione Sandra Levis ha partecipato ai lavori.
Tante le voci che hanno voluto testimoniare amicizia e partecipazione alla presidente che assume la guida dell’Unione in una stagione particolarmente difficile per l’ebraismo italiano. E al di là di un senso di festa e di amicizia, per questa giornata fuori dal comune, l’incontro è stato attraversato anche dai tanti interrogativi e dalle tante difficoltà che le istituzioni dell’ebraismo italiano e i diversi singoli iscritti sanno di dover affrontare.
“Siamo contenti – ha esordito il presidente Gnignati – di avere una presidente autorevole che è il frutto della capacità dell’Italia ebraica di pensare assieme.
Le Comunità maggiori non esauriscono l’universo dell’ebraismo italiano. Se siamo quello che siamo è perché esistono le 21 diverse comunità ebraiche italiane. Siamo orgogliosi di questa diversità di centri, che rappresenta una ricchezza per tutto l’ebraismo italiano.
“Siamo molto grati per il lavoro svolto – ha aggiunto il presidente della comunità veneziana – al presidente uscente dell’Unione Renzo Gattegna ed è importante che in questo solco venga coerentemente valorizzato il rapporto fra Unione e Comunità. Ora è necessario prima di tutto assicurare le condizioni per garantire che le nostre città possano restare luoghi di vita ebraica. Ma per sviluppare compiutamente questo progetto è illusorio pensare che possiamo restare ripiegati in noi e isolati dalle grandi mutazioni che attraversano le società in cui viviamo. Ormai noi siamo nella generazione successiva a chi ha provato la tragedia della Shoah, credo che il modo per continuare l’insegnamento che abbiamo ricevuto dalle generazioni che ci hanno preceduto adesso sia l’impegno nei confronti del mondo civile. L’Europa in queste drammatiche settimane in cui la sicurezza viene messa a repentaglio sta vivendo ora in Israele, e capisce che affrontare una serena quotidianità non è del tutto scontato. E l’impegno civile che siamo capaci di testimoniare non è solo un modo di vivere la nostra quotidianità, ma anche un modo di fare politica ebraica. Attraverso il modello del consorzio dobbiamo ora essere capaci di offrire servizi a tutte le comunità”.
“Non siete – ha esordito la presidente Di Segni rispondendo all’accoglienza che gli ebrei di Venezia le hanno tributato – una comunità né piccola, né diversamente grande, ma siete grandi davvero, nella storia e nella potenzialità. La comunità non è solo una misura dell’ampiezza demografica. Per quello che ho potuto conoscere attraverso il lavoro dei Consiglieri e di chi lavora per le comunità devo dire che il fattore decisivo è la forza e la passione di coltivare un patrimonio di idee e di progetti che è posto a garanzia dell’ebraismo italiano. Lo trovo fra voi, non sempre lo si riscontra altrove”.
“Se oggi – ha proseguito Noemi Di Segni – l’ebraismo italiano vuole intervenire con forza e con autorevolezza nella società in cui vive, non può che passare attraverso lo snodo dell’Unione e la volontà di collaborazione fra realtà diverse”.
Per quanto riguarda il problema delle risorse economiche, che si fa sempre più pressante, la presidente Di Segni ha usato parole molto chiare ancorando il suo discorso alle recenti risoluzioni adottate dal Consiglio dell’Unione che si è tenuto a metà luglio.
“Il sensibile calo della raccolta Otto per mille che ci colpisce – ha riferito – può essere interpretato in modo diverso. Ma tutti devono sapere che il Consiglio ha immediatamente deliberato di salvaguardare la componente erogata alle singole Comunità. Gli impegni saranno mantenuti e nessuna Comunità dovrà rinunciare a quanto si attendeva. Detto questo sarà necessario compiere una riflessione su come programmare il 2017, anche facendo i conti sui tanti importanti progetti cui gli ebrei italiani giustamente aspirano”.
“Dobbiamo riflettere – ha concluso la presidente dell’Unione – su quali sono le fonti che sostengono le nostre comunità, ma non possiamo ridurci a pensare solo all’emergenza economica, dobbiamo risalire alle idee e ai valori, perché solo questi beni potranno garantire la continuità dell’ebraismo italiano e risposte chiare alle domande delle nuove generazioni”.
Ha preso poi la parola il Consigliere Ucei Davide Romanin Jacur, che presiede anche la vicina Comunità ebraica di Padova. “L’Unione – ha ricordato – non è l’unione degli ebrei italiani, ma è l’unione delle Comunità ebraiche italiane. Oggi le 21 Comunità ebraiche italiane costituiscono un patrimonio insostituibile. E sicuramente la presidente Noemi Di Segni è stata eletta dalle comunità ebraiche, dalla loro compattezza e dalla loro coerente volontà nel compiere una scelta convinta”.
Il Consigliere ha poi compiuto un’analisi impietosa, ma necessaria, della difficoltà di garantire le risorse alle istituzioni dell’ebraismo italiano. Una chiara analisi degli errori compiuti e delle sfide da raccogliere, una chiara volontà di affrontare i problemi con franchezza, maturità e senso dell’equilibrio, appare determinante per riuscire a superare le difficoltà.
“Le nostre comunità – ha aggiunto Romanin – non hanno solo subito la distruzione delle persecuzioni e delle Shoah, ma con le poche forze residue hanno molto dato alla costruzione dello Stato di Israele. Noemi, che ha studiato ed è cresciuta in Israele, è oggi in Italia anche per restituire all’ebraismo italiano un poco del bene che gli ebrei italiani sono stati capaci di donare”.
La giornata veneziana prosegue con numerosi incontri e appuntamenti. Certo la prestigiosa mostra Venezia, gli ebrei e l’Europa, che sotto la guida della storica dell’urbanistica Donatella Calabi la città di Venezia dedica agli ultimi cinque secoli di storia dei propri ebrei a palazzo Ducale. Ma anche dall’appuntamento con il giudice della Corte suprema statunitense Ruth Bader Ginsburg e degli altri magistrati che danno vita in serata allo straordinario processo figurato che metterà a confronto giuristi ed esperti provenienti da realtà diverse attorno al personaggio shakespeariano di Shylock.
Questa sera, sul campo del Ghetto nuovo, la giornata veneziana della presidente dell’Unione si chiuderà su uno scenario unico al mondo, quando proprio i luoghi che hanno visto cinque secoli di storia ebraica, di sofferenze, di speranze e di successi, di fedele trasmissione di valori e di cultura al servizio dell’intera società, saranno lo scenario unico al mondo in cui Shakespeare andrà in scena con il testo teatrale del Mercante di Venezia ricreato da una troupe di attori venuti da diversi paesi per unire uno dei miti della cultura mondiale con la quotidiana determinazione di vivere, di amare, di essere se stessi. E di continuare a pensare al futuro.


(Servizio fotografico a cura di Giovanni Montenero e Ufficio Stampa Comune di Venezia)

gv

qui venezia - l'editoriale 
Una sola parola: Grazie
Queste giornate di Venezia sono tutte al superlativo. Il mondo intero guarda all’ebraismo italiano, ai cinque secoli che ci separano dal primo Ghetto, alle prestigiose iniziative culturali, alla stupefacente mostra di palazzo Ducale, all’appassionante Shakespeare a cielo aperto in campo di Ghetto, al prestigio delle presenze e degli interventi.
E le giuste lodi fioccano meritatamente per tutti coloro che si sono resi protagonisti di una stagione unica e senza pari.
Ma non dimentichiamo di dire grazie a chi ha lavorato, spesso in silenzio, sempre sena pretese di protagonismo. Grazie. Soprattutto a chi è toccato l’onere di condurre il Consiglio di una comunità unica e difficilissima.
Grazie a chi ha aperto le porte, a chi ha saputo dire a tutti: qui siete a casa.
Grazie a chi ha creduto e ha consentito che Redazione aperta, questo laboratorio di lavoro della redazione giornalistica dell’Unione potesse svolgersi nelle sue ultime giornate, dopo l’esordio a Trieste, proprio a Venezia, al centro di tutto questo.
Grazie a tutti gli ebrei italiani. La presenza a Venezia della presidente dell’Unione Noemi Di Segni è servita anche a questo.
A noi l’onore di ripetere questo ringraziamento e farlo risuonare fra tutti i lettori.
Una sola parola, questa, può racchiudere tutta la forza, tutte le speranze degli ebrei italiani.


(Nell’immagine di Giovanni Montenero la presidente UCEI Noemi Di Segni insieme al presidente della Comunità ebraica di Venezia Paolo Gnignati e ai Consiglieri Enrico Levis e Giuseppe Salvadori)

gv

l'intervista a donna moderna
"Vocazione ebraica al confronto un valore per tutta l'Europa"
Le sfide e i punti salienti del suo mandato, la condivisione dei valori ebraici con l’intera collettività, il modello israeliano come punto di riferimento nella lotta al terrore. Ma anche l’impegno per il dialogo interreligioso e la difesa di una Memoria viva e consapevole.
Tanti i temi che la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni affronta nella grande intervista dedicatale dal settimanale Donna Moderna, oggi in edicola.
“La vocazione a confrontarsi, ad approfondire, al porre sempre domande cercando risposte. L’importanza dell’alfabetizzazione, del saper leggere dalla prima infanzia, della conoscenza. E il valore della vita, che per noi è sacra e va salvata”. Questo, spiega la presidente UCEI, il principale contributo che l’ebraismo è in grado di offrire all’Italia e all’Europa.
Un valore da tutelare anche e soprattutto davanti a nuove terribili minacce. “La nostra vita quotidiana – sottolinea Di Segni – deve andare avanti e a noi genitori e insegnanti tocca spiegare ai giovani quanto il mondo sia cambiato senza però trasmettere la paura. Bisogna insegnare ai bambini l’affettività, la carezza, il rispetto: ognuno di noi ha la propria ricchezza culturale e va apprezzata. Non si può crescere nel timore dell’altro”.
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venezia, gli ebrei, l'europa - l'incontro
"Il mio nome è Shylock"
Ultimo appuntamento pubblico della “Shakespeare in Venice Summer School”. L’incontro con Howard Jacobson ha attirato sull’Isola di San Giorgio, sede della Fondazione Cini, numerosi ospiti d’eccezione. La presentazione di Shylock is my name, ultima opera di uno scrittore britannico noto per lo stile caustico e insieme profondo, ha riempito la Sala Brabantini. Presentato da Shaul Bassi, ideatore e direttore del progetto “The Merchant in Venice” che porta in Ghetto per la prima volta l’ebreo veneziano più famoso di tutti i tempi, Jacobson ha aperto il suo intervento raccontando come da ragazzo abbia letto e anche messo in scena Il mercante di Venezia a scuola – “A me hanno fatto interpretare Shylock, chissà perché”, ha ironizzato – per subito accantonare il testo perché “Mi è parso poco interessante… il monologo di Shylock, quello che citano tutti, a me non aveva colpito particolarmente, in fondo erano cose che a me parevano ovvie! Ovvio che un ebreo ha occhi, e che se lo si ferisce sanguina. Mi pareva banale!”.
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qui venezia - REDAZIONE APERTA
Manuzio e il Rinascimento
È a lui che si deve l’invenzione del libro moderno, così come lo sfogliamo oggi. È a lui che si deve la pubblicazione dei classici greci e latini e la conseguente nascita di una cultura europea con radici comuni. È a lui che si deve anche la stampa di molti testi in volgare, che si affermò così come la nuova lingua d’Italia, ma anche ebraici, grazie a un cosmopolitismo che nella Venezia trovava una delle sue massime espressioni. Si tratta di Aldo Manuzio, protagonista di una mostra alle Gallerie dell’Accademia intitolata “Aldo Manuzio. Il Rinascimento di Venezia”, in corso fino alla fine di luglio. A guidare il gruppo di Redazione Aperta tra i libri antichi e le opere d’arte coeve dell’esposizione è stata Raffaella Di Castro, del Centro bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha sottolineato come il percorso nasca per mostrare come “i libri abbiano influenzato anche le arti figurative, in una stagione culturale straordinaria”.
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italia ebraica agosto 2016
Uno sguardo verso il futuro
La presentazione del numero di agosto del giornale di cronache comunitarie Italia Ebraica, attualmente in distribuzione. A firmarla, Bianca Pandolfi, studentessa del Master di primo livello in Cultura ebraica e Comunicazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e tra i partecipanti al laboratorio giornalistico Redazione Aperta, organizzato a Trieste e Venezia dalla redazione dell'Unione.

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pilpul

Ticketless - Lezione di economia
Da un vecchio libro è saltato fuori un foglio volante. Reca il conto-spese di una piccola comunità di frontiera. Una lezione di economia domestica. Non è datato il documento, né io sono capace di datarlo valutando i costi delle frasche, del vino e dei lumi per quel totale di Lire 40 che il solerte segretario sottopone ai suoi capi. Anzi, al suo capo. L’ultima firma, che concede l’assenso, è illustre: Amadio Momigliano, Barbamadiu, il “maestro” di Arnaldo, consigliere di tanti rabbini italiani di fine Ottocento, guida affettuosa di Rav Dario Disegni nei suoi primi passi “morenici”. Colpisce un dettaglio, per me senza risposta. In che cosa consisteva e da proveniva la “veglia di Kippur”? Usava anche altrove? Non ho saputo trovare una risposta nei libri e nelle persone che ho consultato: se l’ipotesi che ho in mente è giusta (e mistica) sarei per una volta soddisfatto di me stesso. Alla vigilia di un giorno così solenne, il Sacro Tempio è come una persona di altre più delicata, che non deve essere lasciata sola, nemmeno durante le ore notturne. Se così fosse, quella mansione da compiersi in solitudine, non mi sarebbe sgradita. Se poi a chiedermi di vegliare fosse il mistico lettore dello Zohar di Caraglio, Barbamadiu o la sua ombra, direi volentieri di sì, anche gratis.

Alberto Cavaglion 
Periscopio - Guerre sante
In giorni in cui – non senza buone ragioni – si denuncia, in modi sempre più ansiosi e concitati, il pericolo dell’Islam – senza neanche troppo preoccuparsi di cosa, esattamente, si voglia intendere con tale termine – sarebbe utile fermarsi a riflettere su come tale paura non faccia certamente, ai nostri tempi, la prima comparsa nella storia, ma riproponga, in forme certamente mutate, una contrapposizione di civiltà, vera o inventata, che ha segnato per lunghi secoli la storia dell’Europa e del Mediterraneo: basti fermarsi a riflettere un attimo che cosa, per i nostri avi, abbiano significato scontri come quelli di Poitiers, Costantinopoli, Cipro, Vienna, Lepanto, invariabilmente visti come altrettanti snodi epocali dal cui esito sarebbero dipese le future sorti dell’umanità. E molti desidererebbero con trasporto, certamente, che anche oggi la guerra contro il temibile nemico abbia il suo esito finale in una bella battaglia campale, di mare o di terra, nella quale le forze della cristianità, riunite sotto vessilli bianchi mossi dal vento, possano finalmente sgominare gli eserciti nemici, gettando nella polvere, o a mare, le loro bandiere nere. Perché sull’esito dell’Armagheddon non c’è dubbio, è già scritto nel libro del destino. Sarebbe bello, ma purtroppo non avverrà mai.

Francesco Lucrezi
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Il silenzio di Auschwitz
Il quotidiano della Santa Sede L’Osservatore Romano pubblica sul numero che porta la data di stamane, 27 luglio, un intervento del rabbino Avraham Skorka in occasione del viaggio di papa Bergoglio ad Auschwitz. Eccone il testo:

Nella nostra ultima conversazione Papa Francesco mi ha spiegato che nella sua visita ad Auschwitz ha scelto di esprimersi attraverso il silenzio. Forse perché tutto quello che aveva da dire lo ha già detto nel suo messaggio allo Yad Vashem, a Gerusalemme, e nelle parole che ci siamo scambiati nel nostro incontro a Buenos Aires, poi riprese nel libro Il cielo e la terra (2010). L’arcivescovo di Buenos Aires affermava: «La Shoah è un genocidio come gli altri genocidi del XX secolo, ma ha una particolarità. Non intendo dire che è di primaria importanza mentre gli altri sono di secondaria importanza, ma c’è una particolarità, una costruzione idolatrica contro il popolo ebreo. La razza pura e l’essere superiore sono gli idoli sulla cui base si costituì il nazismo. Non è solo un problema geopolitico, ma esiste anche una questione religiosa e culturale. E ogni ebreo che veniva ucciso era uno schiaffo al Dio vivo in nome degli idoli».

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