Haim Korsia,
Gran Rabbino
di Francia
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Essere cittadini vuol dire anche avere dei doveri. Vuol dire fare degli sforzi e partecipare alla costruzione della Francia.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Panic Europa! Il 18 luglio un giovane afghano attacca con ascia e coltello le persone su un treno regionale a
Heidingsfeld. il 22 un frustrato bullizzato si mette a sparare in un
McDonald’s a Monaco e uccide 10 suoi coetanei. Il 24 a Reutlingen, un
rifugiato siriano già attenzionato dalla polizia accoltella con un
machete una donna incinta di cui era innamorato. Ieri, due ragazzi
appena maggiorenni entrano in una chiesa e sgozzano un prete a Rouen
inneggiando al Daesh. Squilibri mentali, delitti passionali adatti alle
pagine di cronaca locale, autoindottrinamenti alla jihad
dell’ultimissimo secondo, problemi di identità sessuale (vedi Orlando e
Nizza), cellule, invece, organizzate e rinviate nei propri Paesi dopo
essere state addestrate a tecniche di guerriglia, tutto in un unico
frullatore, senza alcuna capacità di distinguere fra eventi di origine
diversissima. Tutto appare buono per fare un lungo speciale in
televisione e ad alimentare il becero dibattito sul web.
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Jihad, l'ultimo confine
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L’orrenda azione terroristica compiuta ieri in Normandia segna, per molti analisti, la violazione “dell’ultimo confine”.
Scrive Bernardo Valli su Repubblica: “I jihadisti hanno colpito i
redattori di Charlie Hebdo giudicati blasfemi e gli ebrei del negozio
kasher della Porte de Vincennes; poi hanno aggredito i parigini durante
il weekend allo stadio, nei caffè affacciati sulla Senna, al Bataclan
dove si suonava il rock; e hanno falciato i cittadini che a Nizza,
davanti al Mediterraneo, festeggiavano il 14 luglio. Le chiese non
erano state violate”.
“Il Signore ispiri a tutti pensieri di riconciliazione e fraternità in
questa nuova prova” dice Bergoglio in un telegramma, a firma del
segretario di stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, inviato
all’arcivescovo di Rouen, monsignor Dominique Lebrun. “Ancora sangue,
sangue su sangue, che si aggiunge a quello versato in molti luoghi, da
troppo tempo, ma soprattutto nel Medio e nel Vicino oriente, in Africa,
ora anche in Europa, spesso ostentando e dunque profanando apertamente
il nome di Dio, comunque offeso e ferito ogni volta che si uccide un
essere umano” scrive il direttore dell’Osservatore Romano Giovanni
Maria Vian.
Spazio sui giornali (Il Sole 24 Ore, tra gli altri) per l’intervento di
solidarietà del presidente UCEI Noemi Di Segni a nome di tutti gli
ebrei italiani. “Un’azione – le sue parole – che ancora una volta
sconvolge per la brutalità e la ferocia e che deve trovarci tutti uniti
non solo nella condanna, ma anche nella volontà di non rinunciare a
vivere appieno la nostra quotidianità”.
Elevate intanto le misure di sicurezza in molti luoghi e obiettivi
sensibili anche in Italia. In Laguna, per il Mercante di Venezia, alla
cui rappresentazione in GHetto assisterà oggi anche la presidente
dell’Unione, allestito un checkpoint (Corriere del Veneto).
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VENEZIA, GLI EBREI, L'EUROPA - LA VISITA Noemi Di Segni in Laguna:
"Grandi per storia e speranze"
Punto
d’arrivo e orizzonte di nuova coraggiosa partenza, Venezia ebraica è
oggi teatro di una straordinaria giornata di lavoro, di incontro e di
cultura. La presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Noemi Di Segni, alla sua prima uscita in una delle 21 Comunità ebraiche
locali dopo la sua recente elezione alla guida della massima
istituzione dell’ebraismo italiano, è oggi al centro di una serrata
sequenza che fa in questa stagione di Venezia il baricentro
dell’ebraismo mondiale.
Una lunga giornata, che si concluderà, nel quadro delle grandi
manifestazioni culturali di rilievo internazionale dedicate ai cinque
secoli di storia che ci separano dalla creazione del ghetto che fu il
primo della storia.
Accolta al suo arrivo in Laguna dal presidente della Comunità ebraica
di Venezia Paolo Gnignati, che era accompagnato dai Consiglieri Enrico
Levis e Giuseppe Salvadori, la presidente dell’Unione ha cominciato la
sua visita alla città con un colloquio nella sede municipale di Ca’
Farsetti. Ad attenderla sul Canal Grande il sindaco di Venezia Luigi
Brugnaro, che ha valutato con Di Segni e Gnignati il grande lavoro
intrapreso per offrire da Venezia al mondo, in questa stagione di
grandi appuntamenti, la dimensione della storia e della cultura degli
ebrei della àcitt, testimoni di cinque secoli di storia tormentata e
appassionante.
Potenzialità inestimabili, quelle di Venezia e della sua comunità
ebraica, che da molti secoli si intrecciano e continuano a domandare
lungimiranza e volontà di progettare il futuro.
Lasciati i saloni del palazzo municipale, la presidente dell’Unione ha
subito incontrato il Consiglio comunitario e l’assemblea degli
iscritti. Numerosissimi gli interventi che hanno fatto seguito ai
discorsi introduttivi del presidente Gnignati, del rabbino capo di
Venezia Shalom Bahbout e del Consigliere UCEI Davide Romanin Jacur, che
assieme alla Consigliera veneziana dell’Unione Sandra Levis ha
partecipato ai lavori.
Tante
le voci che hanno voluto testimoniare amicizia e partecipazione alla
presidente che assume la guida dell’Unione in una stagione
particolarmente difficile per l’ebraismo italiano. E al di là di un
senso di festa e di amicizia, per questa giornata fuori dal comune,
l’incontro è stato attraversato anche dai tanti interrogativi e dalle
tante difficoltà che le istituzioni dell’ebraismo italiano e i diversi
singoli iscritti sanno di dover affrontare.
“Siamo contenti – ha esordito il presidente Gnignati – di avere una
presidente autorevole che è il frutto della capacità dell’Italia
ebraica di pensare assieme.
Le Comunità maggiori non esauriscono l’universo dell’ebraismo italiano.
Se siamo quello che siamo è perché esistono le 21 diverse comunità
ebraiche italiane. Siamo orgogliosi di questa diversità di centri, che
rappresenta una ricchezza per tutto l’ebraismo italiano.
“Siamo molto grati per il lavoro svolto – ha aggiunto il presidente
della comunità veneziana – al presidente uscente dell’Unione Renzo
Gattegna ed è importante che in questo solco venga coerentemente
valorizzato il rapporto fra Unione e Comunità. Ora è necessario prima
di tutto assicurare le condizioni per garantire che le nostre città
possano restare luoghi di vita ebraica. Ma per sviluppare compiutamente
questo progetto è illusorio pensare che possiamo restare ripiegati in
noi e isolati dalle grandi mutazioni che attraversano le società in cui
viviamo. Ormai noi siamo nella generazione successiva a chi ha provato
la tragedia della Shoah, credo che il modo per continuare
l’insegnamento che abbiamo ricevuto dalle generazioni che ci hanno
preceduto adesso sia l’impegno nei confronti del mondo civile. L’Europa
in queste drammatiche settimane in cui la sicurezza viene messa a
repentaglio sta vivendo ora in Israele, e capisce che affrontare una
serena quotidianità non è del tutto scontato. E l’impegno civile che
siamo capaci di testimoniare non è solo un modo di vivere la nostra
quotidianità, ma anche un modo di fare politica ebraica. Attraverso il
modello del consorzio dobbiamo ora essere capaci di offrire servizi a
tutte le comunità”.
“Non siete – ha esordito la presidente Di Segni rispondendo
all’accoglienza che gli ebrei di Venezia le hanno tributato – una
comunità né piccola, né diversamente grande, ma siete grandi davvero,
nella storia e nella potenzialità. La comunità non è solo una misura
dell’ampiezza demografica. Per quello che ho potuto conoscere
attraverso il lavoro dei Consiglieri e di chi lavora per le comunità
devo dire che il fattore decisivo è la forza e la passione di coltivare
un patrimonio di idee e di progetti che è posto a garanzia
dell’ebraismo italiano. Lo trovo fra voi, non sempre lo si riscontra
altrove”.
“Se
oggi – ha proseguito Noemi Di Segni – l’ebraismo italiano vuole
intervenire con forza e con autorevolezza nella società in cui vive,
non può che passare attraverso lo snodo dell’Unione e la volontà di
collaborazione fra realtà diverse”.
Per quanto riguarda il problema delle risorse economiche, che si fa
sempre più pressante, la presidente Di Segni ha usato parole molto
chiare ancorando il suo discorso alle recenti risoluzioni adottate dal
Consiglio dell’Unione che si è tenuto a metà luglio.
“Il sensibile calo della raccolta Otto per mille che ci colpisce – ha
riferito – può essere interpretato in modo diverso. Ma tutti devono
sapere che il Consiglio ha immediatamente deliberato di salvaguardare
la componente erogata alle singole Comunità. Gli impegni saranno
mantenuti e nessuna Comunità dovrà rinunciare a quanto si attendeva.
Detto questo sarà necessario compiere una riflessione su come
programmare il 2017, anche facendo i conti sui tanti importanti
progetti cui gli ebrei italiani giustamente aspirano”.
“Dobbiamo riflettere – ha concluso la presidente dell’Unione – su quali
sono le fonti che sostengono le nostre comunità, ma non possiamo
ridurci a pensare solo all’emergenza economica, dobbiamo risalire alle
idee e ai valori, perché solo questi beni potranno garantire la
continuità dell’ebraismo italiano e risposte chiare alle domande delle
nuove generazioni”.
Ha preso poi la parola il Consigliere Ucei Davide Romanin Jacur, che
presiede anche la vicina Comunità ebraica di Padova. “L’Unione – ha
ricordato – non è l’unione degli ebrei italiani, ma è l’unione delle
Comunità ebraiche italiane. Oggi le 21 Comunità ebraiche italiane
costituiscono un patrimonio insostituibile. E sicuramente la presidente
Noemi Di Segni è stata eletta dalle comunità ebraiche, dalla loro
compattezza e dalla loro coerente volontà nel compiere una scelta
convinta”.
Il Consigliere ha poi compiuto un’analisi impietosa, ma necessaria,
della difficoltà di garantire le risorse alle istituzioni dell’ebraismo
italiano. Una chiara analisi degli errori compiuti e delle sfide da
raccogliere, una chiara volontà di affrontare i problemi con
franchezza, maturità e senso dell’equilibrio, appare determinante per
riuscire a superare le difficoltà.
“Le nostre comunità – ha aggiunto Romanin – non hanno solo subito la
distruzione delle persecuzioni e delle Shoah, ma con le poche forze
residue hanno molto dato alla costruzione dello Stato di Israele.
Noemi, che ha studiato ed è cresciuta in Israele, è oggi in Italia
anche per restituire all’ebraismo italiano un poco del bene che gli
ebrei italiani sono stati capaci di donare”.
La giornata veneziana prosegue con numerosi incontri e appuntamenti.
Certo la prestigiosa mostra Venezia, gli ebrei e l’Europa, che sotto la
guida della storica dell’urbanistica Donatella Calabi la città di
Venezia dedica agli ultimi cinque secoli di storia dei propri ebrei a
palazzo Ducale. Ma anche dall’appuntamento con il giudice della Corte
suprema statunitense Ruth Bader Ginsburg e degli altri magistrati che
danno vita in serata allo straordinario processo figurato che metterà a
confronto giuristi ed esperti provenienti da realtà diverse attorno al
personaggio shakespeariano di Shylock.
Questa sera, sul campo del Ghetto nuovo, la giornata veneziana della
presidente dell’Unione si chiuderà su uno scenario unico al mondo,
quando proprio i luoghi che hanno visto cinque secoli di storia
ebraica, di sofferenze, di speranze e di successi, di fedele
trasmissione di valori e di cultura al servizio dell’intera società,
saranno lo scenario unico al mondo in cui Shakespeare andrà in scena
con il testo teatrale del Mercante di Venezia ricreato da una troupe di
attori venuti da diversi paesi per unire uno dei miti della cultura
mondiale con la quotidiana determinazione di vivere, di amare, di
essere se stessi. E di continuare a pensare al futuro.
(Servizio fotografico a cura di Giovanni Montenero e Ufficio Stampa Comune di Venezia)
gv
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qui venezia - l'editoriale
Una sola parola: Grazie
Queste
giornate di Venezia sono tutte al superlativo. Il mondo intero guarda
all’ebraismo italiano, ai cinque secoli che ci separano dal primo
Ghetto, alle prestigiose iniziative culturali, alla stupefacente mostra
di palazzo Ducale, all’appassionante Shakespeare a cielo aperto in
campo di Ghetto, al prestigio delle presenze e degli interventi.
E le giuste lodi fioccano meritatamente per tutti coloro che si sono resi protagonisti di una stagione unica e senza pari.
Ma non dimentichiamo di dire grazie a chi ha lavorato, spesso in
silenzio, sempre sena pretese di protagonismo. Grazie. Soprattutto a
chi è toccato l’onere di condurre il Consiglio di una comunità unica e
difficilissima.
Grazie a chi ha aperto le porte, a chi ha saputo dire a tutti: qui siete a casa.
Grazie a chi ha creduto e ha consentito che Redazione aperta, questo
laboratorio di lavoro della redazione giornalistica dell’Unione potesse
svolgersi nelle sue ultime giornate, dopo l’esordio a Trieste, proprio
a Venezia, al centro di tutto questo.
Grazie a tutti gli ebrei italiani. La presenza a Venezia della presidente dell’Unione Noemi Di Segni è servita anche a questo.
A noi l’onore di ripetere questo ringraziamento e farlo risuonare fra tutti i lettori.
Una sola parola, questa, può racchiudere tutta la forza, tutte le speranze degli ebrei italiani.
(Nell’immagine
di Giovanni Montenero la presidente UCEI Noemi Di Segni insieme al
presidente della Comunità ebraica di Venezia Paolo Gnignati e ai
Consiglieri Enrico Levis e Giuseppe Salvadori)
gv
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l'intervista a donna moderna "Vocazione ebraica al confronto un valore per tutta l'Europa"
Le
sfide e i punti salienti del suo mandato, la condivisione dei valori
ebraici con l’intera collettività, il modello israeliano come punto di
riferimento nella lotta al terrore. Ma anche l’impegno per il dialogo
interreligioso e la difesa di una Memoria viva e consapevole.
Tanti i temi che la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Noemi Di Segni affronta nella grande intervista dedicatale dal
settimanale Donna Moderna, oggi in edicola.
“La vocazione a confrontarsi, ad approfondire, al porre sempre domande
cercando risposte. L’importanza dell’alfabetizzazione, del saper
leggere dalla prima infanzia, della conoscenza. E il valore della vita,
che per noi è sacra e va salvata”. Questo, spiega la presidente UCEI,
il principale contributo che l’ebraismo è in grado di offrire
all’Italia e all’Europa.
Un valore da tutelare anche e soprattutto davanti a nuove terribili
minacce. “La nostra vita quotidiana – sottolinea Di Segni – deve andare
avanti e a noi genitori e insegnanti tocca spiegare ai giovani quanto
il mondo sia cambiato senza però trasmettere la paura. Bisogna
insegnare ai bambini l’affettività, la carezza, il rispetto: ognuno di
noi ha la propria ricchezza culturale e va apprezzata. Non si può
crescere nel timore dell’altro”. Leggi
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venezia, gli ebrei, l'europa - l'incontro "Il mio nome è Shylock"
Ultimo
appuntamento pubblico della “Shakespeare in Venice Summer School”.
L’incontro con Howard Jacobson ha attirato sull’Isola di San Giorgio,
sede della Fondazione Cini, numerosi ospiti d’eccezione. La
presentazione di Shylock is my name, ultima opera di uno scrittore
britannico noto per lo stile caustico e insieme profondo, ha riempito
la Sala Brabantini. Presentato da Shaul Bassi, ideatore e direttore del
progetto “The Merchant in Venice” che porta in Ghetto per la prima
volta l’ebreo veneziano più famoso di tutti i tempi, Jacobson ha aperto
il suo intervento raccontando come da ragazzo abbia letto e anche messo
in scena Il mercante di Venezia a scuola – “A me hanno fatto
interpretare Shylock, chissà perché”, ha ironizzato – per subito
accantonare il testo perché “Mi è parso poco interessante… il monologo
di Shylock, quello che citano tutti, a me non aveva colpito
particolarmente, in fondo erano cose che a me parevano ovvie! Ovvio che
un ebreo ha occhi, e che se lo si ferisce sanguina. Mi pareva banale!”. Leggi
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Ticketless
- Lezione di economia
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Da
un vecchio libro è saltato fuori un foglio volante. Reca il conto-spese
di una piccola comunità di frontiera. Una lezione di economia
domestica. Non è datato il documento, né io sono capace di datarlo
valutando i costi delle frasche, del vino e dei lumi per quel totale di
Lire 40 che il solerte segretario sottopone ai suoi capi. Anzi, al suo
capo. L’ultima firma, che concede
l’assenso, è illustre: Amadio Momigliano, Barbamadiu, il “maestro” di
Arnaldo, consigliere di tanti rabbini italiani di fine Ottocento, guida
affettuosa di Rav Dario Disegni nei suoi primi passi “morenici”.
Colpisce un dettaglio, per me senza risposta. In che cosa consisteva e
da proveniva la “veglia di Kippur”? Usava anche altrove? Non ho saputo
trovare una risposta nei libri e nelle persone che ho consultato: se
l’ipotesi che ho in mente è giusta (e mistica) sarei per una volta
soddisfatto di me stesso. Alla vigilia di un giorno così solenne, il
Sacro Tempio è come una persona di altre più delicata, che non deve
essere lasciata sola, nemmeno durante le ore notturne. Se così fosse,
quella mansione da compiersi in solitudine, non mi sarebbe sgradita. Se
poi a chiedermi di vegliare fosse il mistico lettore dello Zohar di
Caraglio, Barbamadiu o la sua ombra, direi volentieri di sì, anche
gratis.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Guerre sante
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In
giorni in cui – non senza buone ragioni – si denuncia, in modi sempre
più ansiosi e concitati, il pericolo dell’Islam – senza neanche troppo
preoccuparsi di cosa, esattamente, si voglia intendere con tale termine
– sarebbe utile fermarsi a riflettere su come tale paura non faccia
certamente, ai nostri tempi, la prima comparsa nella storia, ma
riproponga, in forme certamente mutate, una contrapposizione di
civiltà, vera o inventata, che ha segnato per lunghi secoli la storia
dell’Europa e del Mediterraneo: basti fermarsi a riflettere un attimo
che cosa, per i nostri avi, abbiano significato scontri come quelli di
Poitiers, Costantinopoli, Cipro, Vienna, Lepanto, invariabilmente visti
come altrettanti snodi epocali dal cui esito sarebbero dipese le future
sorti dell’umanità. E molti desidererebbero con trasporto, certamente,
che anche oggi la guerra contro il temibile nemico abbia il suo esito
finale in una bella battaglia campale, di mare o di terra, nella quale
le forze della cristianità, riunite sotto vessilli bianchi mossi dal
vento, possano finalmente sgominare gli eserciti nemici, gettando nella
polvere, o a mare, le loro bandiere nere. Perché sull’esito
dell’Armagheddon non c’è dubbio, è già scritto nel libro del destino.
Sarebbe bello, ma purtroppo non avverrà mai.
Francesco Lucrezi
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Il silenzio di Auschwitz
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Il
quotidiano della Santa Sede L’Osservatore Romano pubblica sul numero
che porta la data di stamane, 27 luglio, un intervento del rabbino
Avraham Skorka in occasione del viaggio di papa Bergoglio ad Auschwitz.
Eccone il testo:
Nella nostra ultima conversazione Papa Francesco mi ha spiegato che
nella sua visita ad Auschwitz ha scelto di esprimersi attraverso il
silenzio. Forse perché tutto quello che aveva da dire lo ha già detto
nel suo messaggio allo Yad Vashem, a Gerusalemme, e nelle parole che ci
siamo scambiati nel nostro incontro a Buenos Aires, poi riprese nel
libro Il cielo e la terra (2010). L’arcivescovo di Buenos Aires
affermava: «La Shoah è un genocidio come gli altri genocidi del XX
secolo, ma ha una particolarità. Non intendo dire che è di primaria
importanza mentre gli altri sono di secondaria importanza, ma c’è una
particolarità, una costruzione idolatrica contro il popolo ebreo. La
razza pura e l’essere superiore sono gli idoli sulla cui base si
costituì il nazismo. Non è solo un problema geopolitico, ma esiste
anche una questione religiosa e culturale. E ogni ebreo che veniva
ucciso era uno schiaffo al Dio vivo in nome degli idoli».
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