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Elia Richetti,
rabbino
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La
Torah ci vieta l’autolesionismo – pratica di lutto presso le
popolazioni pagane – in quanto siamo “’am qadòsh”, un popolo
consacrato. Ma l’espressione usata dalla Torah, “lo tithgodedù”, viene
interpretata dai Maestri “non fatevi in gruppuscoli” (agudòth agudòth),
un appello all’unità del popolo ebraico.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Quanta
acqua è passata sotto i ponti dei fiumi, e tragicamente quanti
terremoti ci sono stati, mentre si attuavano i principali provvedimenti
che avrebbero segnato il destino degli ebrei in Italia. Dal ghetto di
Venezia alla Livornina, dall’Editto di tolleranza al Sinedrio
napoleonico, dalla Legge Falco alle leggi razziali, dalla Costituzione
italiana fino allo Statuto e all’Intesa. Il cui articolo 18.1 dice: “Le
Comunità ebraiche, in quanto istituzioni tradizionali dell’ebraismo in
Italia, sono formazioni sociali originarie che provvedono, ai sensi
dello Statuto dell’ebraismo italiano, al soddisfacimento delle esigenze
religiose degli ebrei secondo la legge e la tradizione ebraiche”.
Prima, durante e dopo ognuna di queste tappe si svolgevano discussioni,
emergevano dissensi, e si raggiungevano compromessi. Nella lunga mutua
relazione fra stato e ebrei, l’attore forte – lo stato – ha attuato di
volta in volta politiche fluttuanti fra la massima vessazione e la
massima tolleranza; l’attore debole – l’ebreo – ha invariabilmente solo
potuto e a volte voluto adattarsi alle circostanze esistenti. La storia
dell’integrazione degli ebrei nella società italiana è stata raccontata
a lungo e in profondità e, si spera, è stata meditata.
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In Siria e Iraq l'Isis arretra,
dietro di sé lascia l'orrore
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Sono
tra le 5mila e le 15mila le vittime che, secondo l'Associated Press,
sono state gettate dai miliziani dell'Isis in 72 fosse comuni tra
l'Iraq e la Siria, nelle aree sottratte al dominio del Califfato in
ritirata o in quelle dove ancora si combatte. Tante le testimonianze
dell'orrore lasciato dietro di sé dai jihadisti, di cui racconta oggi
il Corriere della Sera, ricordando, tra gli altri, il massacro massacro
di Camp Speicher: 1.700 soldati iracheni costretti a stendersi con la
faccia per terra e falcidiati. La Stampa intanto sottolinea come il
movimento terroristico islamista sia in difficoltà, in particolare dopo
l'uccisione del suo portavoce Al-Adnani, eliminato da un blitz delle
forze speciali americane al confine fra Siria e Iraq. La morte di
Al-Adnani però, scrive Alberto Negri sul Sole 24 Ore, non può essere
considerata come una sconfitta reale della propaganda jihadista,
“un'ideologia che si è difusa negli ultimi decenni dall'Afghanistan
all'Iraq, dal Medio Oriente all'Asia centrale, all'Africa, fino a
entrare mortalmente dentro l'Europa”.
Ferrara nel segno della Festa del Libro ebraico. Sul Corriere della
Sera Paolo Salom annuncia il programma della Festa del Libro ebraico
che si svolgerà a Ferrara il 3 e 4 settembre. “L'evento, organizzato
dalla Fondazione Meis, avrà il duplice scopo di presentare il
costituendo Museo nazionale dell'Ebraismo italiano e della Shoah (Meis)
e regalare due giorni all'insegna della lettura e del dialogo”, scrive
Salom, ricordando tra gli appuntamenti la presentazione del Progetto
Talmud – con la presenza del presidente del progetto rav Riccardo Di
Segni e il direttore Clelia Piperno, assieme all'editore Shulim
Vogelmann -, e “ il dialogo sugli stampatori ebrei a Ferrara tra il
rabbino capo Luciano Caro e il direttore della testata Pagine Ebraiche,
Guido Vitale”. Spazio anche alla tavola rotonda sulla partecipazione
ebraica alla Prima guerra mondiale, con il confronto tra gli
storici Alberto Cavaglion, Carlotta Ferrara degli Uberti, Gadi
Luzzatto Voghera e Anna Quarzi.
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pagine ebraiche - il dossier di settembre
Il grande cantiere del Meis
“La
grande differenza rispetto al passato è il più forte collegamento tra
la Festa del Libro ebraico e il Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano
e della Shoah (Meis). La Festa di Ferrara sarà il momento per
annunciare l’apertura del museo, che avverrà nel settembre 2017, con
una grande mostra a cui sta lavorando un gruppo di esperti”. A
dichiararlo, durante la conferenza stampa di presentazione della Festa
del Libro ebraico di Ferrara (3 e 4 settembre), il presidente della
Fondazione Meis Dario Disegni, sottolineando che “i lavori al cantiere
procedono spediti sotto la guida dell’architetto Carla Di Francesco e
grazie al generosissimo contributo del ministero dei Beni Culturali
che, nell’ambito del piano approvato lo scorso maggio dal Cipe, ha
stanziato 25 milioni di euro per finanziare il completamento del
progetto, previsto nel 2020”. I lavori, dunque, vanno avanti senza
sosta e a raccontare il dietro le quinte del grande cantiere del Meis
(visitabile nei giorni della Festa), il dossier "Musei", curato da Ada
Treves e pubblicato sul numero di settembre del giornale
dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche in distribuzione. Un cantiere
reale ma anche di idee, quello del Meis, come ha spiegato il direttore
Simonetta Della Seta.
Erano celle e inferriate, ora circolano le idee
C’è polvere, all’ingresso di via Rampari di San Paolo, a Ferrara,
davanti al massiccio complesso architettonico di primo Novecento che fu
il carcere della città fino al ‘92 e dal 2007 è sede del Meis, il museo
nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah. L’architetto Carla Di
Francesco è responsabile unico del procedimento dei lavori di
realizzazione del nuovo Meis e componente del Cda dell’omonima
fondazione, presieduta da Dario Disegni e diretta da Simonetta Della
Seta. Prima di entrare nel cantiere del museo la mia guida mi aggiorna
sullo sviluppo dei lavori nei prossimi anni, mostrando la gigantografia
del prospetto progettuale, affissa sul muro dell’ex carcere. Nel
cantiere ora si vedono solo mattoni, ma ci saranno trasparenze d’acqua
e di vetro, la luce riflessa dall’acciaio e alte mura con le parole
della Torah, ben visibili da ogni angolazione dell’ex recinto
carcerario e a loro volta generatrici di luce. Qui c’era il carcere di
Ferrara e a ricordarcelo è la facciata del museo in via Piangipane,
rimasta originale a tutela del bene architettonico.
Al primo piano dell’edificio c’era l’ex braccio maschile, con la
classica struttura a ballatoio adatta a mantenere tutto sotto
controllo. Qui i lavori sono a buon punto, e tra ponteggi, tramezzi,
rumore di attrezzi, prove di colore sui muri e l’odore dei materiali da
costruzione, tutti sono impegnati a trasformare il brutto in bello e il
malevolo in buono. Brutta è l’estetica claustrofobica e severa
dell’architettura carceraria. Malevolo è il suo fine segregante. Bello
e buono è il museo in costruzione. Serve una visione etica
dell’esistenza, l’idea che il mondo si possa migliorare, per
trasformare ciò che fu prigione in spazio espositivo, senza insultare
la memoria di chi vi ha scontato una pena tante volte ingiusta. Negli
ultimi anni del fascismo qui furono internati tutti gli ebrei di
Ferrara poi deportati nei campi di sterminio e colpevoli solo di essere
ebrei. Ora, le pareti tra una cella e l’altra sono state abbattute, le
inferriate eliminate, e giocando con la luce e i volumi delle alte
volte il ricordo del carcere resta, ma è riscattato. Una liberazione
che porta verso il concetto di redenzione, anch’esso fondamentale nella
cultura ebraica. Due donne, un ingegnere e un architetto, della
direzione tecnica e artistica del cantiere, fanno da guida. Sarà di
sicuro frutto del caso se il Meis e il suo cantiere sono molto al
femminile. Ma la circostanza porta alla celebrazione della creazione e
all’accensione del lume sabbatico affidata alla donna, nella tradizione
ebraica.
Nunzia Bonifati
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pagine ebraiche - il dossier di settembre
Il lavoro delle guide nei musei,
una risposta alla volta
Cosa
cerca un visitatore in un museo ebraico o in una sinagoga? Quali sono
le curiosità e le domande del pubblico ebraico e di quello non ebraico?
E quale grado di consapevolezza ha un cittadino italiano della presenza
ebraica nel Bel Paese? Sono alcune delle domande che Pagine Ebraiche ha
posto a chi vive e lavora quotidianamente a stretto contatto con il
pubblico e si confronta ogni giorno proprio su questi temi: le guide
che per professione e passione lavorano da Roma a Torino, da Firenze a
Venezia, raccontando a decine di migliaia di turisti l’anno la storia
delle diverse realtà ebraiche italiane e le loro peculiarità. “In pochi
sanno che la Comunità ebraica romana è la più antica della Diaspora con
la sua presenza che risale al 161 e.v. – spiega Sara Pavoncello, guida
del Museo ebraico di Roma da sei anni (nell’immagine in alto assieme a
Walter Kohn, premio Nobel per la chimica nel 1998, ebreo austriaco
sopravvissuto alla Shoah grazie all’operazione Kindertransport) – Il
fatto che sia così antica stupisce sia il pubblico italiano sia quello
internazionale, che a Roma è molto presente”. Il museo ebraico della
Capitale attira infatti migliaia di turisti, molti americani e
israeliani, così come accade a Firenze per il Tempio maggiore e museo. “Dal 2002 – racconta Matteo Comincini
(a sinistra), cui è affidato il coordinamento delle guide di
Coopculture per quanto riguarda le visite alla Firenze ebraica – il
numero dei visitatori è in constante crescita. Questo nonostante
attentati e momenti di tensione”. Una crescita di interesse che tocca
anche altre aree geografiche dell’Italia ebraica, come il Piemonte e
Torino nello specifico. “Da quando ho iniziato a fare il volontario –
racconta Baruch Lampronti (immagine in basso), architetto, iscritto
alla Comunità ebraica torinese e da tempo coinvolto nelle attività
culturali di quest’ultima – sono passati 10 anni. All’inizio avevamo
per lo più scolaresche e pochi adulti. Poi progressivamente sono
arrivati anche gruppi organizzati di adulti, ad esempio legati ad altre
confessioni religiose, curiosi di conoscere l’impronta ebraica sulla
città e avere nozion i
generali sull’ebraismo”. Tutti e tre spiegano come inevitabilmente le
guide siano modulate rispetto al pubblico: con i più piccoli si cerca
di raccontare in modo semplice e diretto gli elementi
cardine dell’ebraismo, con gli adulti si approfondiscono invece
tematiche diverse su aspetti di vita come ad esempio lo Shabbat: “molti
mi chiedono – racconta Baruch – come facciamo noi ebrei a coniugare il
rispetto del sabato con i ritmi di oggi o altre domande simili. Io sono
abituato a spiegare queste cose perché sin da piccolo, visto che il mio
nome non lascia spazio a dubbi le persone incuriosite mi chiedevano
informazioni”.
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Israele
Da Eilat a Haifa, si torna a scuola
Sono
oltre 2 milioni i ragazzi israeliani che questa mattina, zaino in
spalla, sono tornati a scuola per iniziare il nuovo anno. 159mila i
bambini che hanno iniziato nelle scorse ore la prima elementare mentre
123mila sono gli studenti che quest'anno dovranno affrontare l'ultimo
anno scolastico.
Un giorno di festa che apre un nuovo ciclo, ha affermato il ministro
dell'Istruzione Naftali Bennet, del partito HaBayt HaYehudi, sostenendo
che mai come quest'anno il “programma didattico israeliano è stato
pianificato e personalizzato” per le esigenze degli studenti. Bennet ha
poi parlato del limite introdotto rispetto al numero di ragazzi nelle
classi: “Dalla fondazione dello Stato, lo standard era di avere 40
studenti per classe. Ora abbiamo posto un limite di 34, 32 nelle realtà
considerate più deboli”, ha affermato il ministro, in visita insieme al
Premier Benjamin Netanyahu presso la scuola elementare di Tamra, città
araba nel nord del paese (nell'immagine).
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jciak
Michal cerca uno sposo
Lui
la lascia sul più bello, mentre assaggiano il menu per le nozze. Ma
lei, 32 anni, ultraortodossa da quando ne ha venti, non si rassegna.
Certa di incontrare la sua anima gemella prima del fatidico giorno,
mette sottosopra l’intera comunita haredi, da Gerusalemme a New York.
Come darle torto, del resto? In fondo Michal ha tutto quel che serve:
l’abito, il posto, perfino il catering. Le manca solo un marito.
In Laavor Et Hakir - Through the Wall in
proiezione questa sera al Festival del Cinema di Venezia - Rama
Burshtein torna sul tema del matrimonio che già aveva esplorato nel
bellissimo La sposa promessa
(2013), storia dolce amara di un matrimonio combinato. Questa volta
però aggiusta il tiro e vira sui toni romantici della commedia,
colmando così un vuoto nella filmografia sull’universo haredi di solito
incline a indulgere sul dramma.
Il risultato è di sicuro impatto. Anche per storia personale Rama
Burshtein è abilissima a decodificare il mondo ultra-ortodosso. Nata a
New York e cresciuta in Israele, dove si è diplomata alla Sam Spiegel
Film and Television School di Gerusalemme, si è unita alla comunita
haredi a vent’anni, proprio come la sua Michal.
Daniela Gross
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Qui Venezia – Al via la Mostra del cinema
Leone d’Oro a Skolimowski:
“Mio pensiero va ai migranti"
"Nella
maggior parte dei miei film mi sono occupato di outsider, le persone ai
margini della società, chi viene definito perdente, chi non trova posto
nel mondo. Anche io sono stato migrante, so come ci si sente quando si
è costretti a lasciare il proprio paese. Quello dei migranti è uno dei
problemi più importanti dei nostri tempi: queste persone meritano di
essere guardate con empatia”. Con queste parole il regista polacco
Jerzy Skolimowski ha accettato il Leone d’oro alla carriera della
73esima Mostra del cinema di Venezia, la cui consegna ha aperto ieri
sera la manifestazione, che andrà avanti fino al 10 settembre. Nato a
Lodz nel 1938, migrante Skolimowski lo è stato molte volte, la prima
delle quali quando seguì sua madre a Praga dopo l’uccisione di suo
padre, membro della Resistenza polacca, per mano dei nazisti. Il
regista racconta di ricordare bene gli anni della guerra, quando fu
estratto dalle macerie di una casa bombardata a Varsavia e finse per
molto tempo di accettare caramelle dai nazisti per mantenere le
apparenze mentre sua madre teneva nascosta in casa una famiglia
ebraica. Skolimowski ha affermato che l’aver assistito ancora bambino
alle brutalità del conflitto ha profondamente influenzato la sua opera.
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qualificazioni ai MONDIALI DI CALCIO
Israele-Italia, parla l'esperto:
"Gap ampio, vittoria azzurra"
Temo
una disfatta, anche se ovviamente non me la auguro. Ma l’Italia, anche
se all’inizio di un nuovo ciclo, anche se ben distante dalla qualità
delle passate generazioni, è troppo più forte di Israele: una nazionale
giovane, in costruzione, con tanti elementi acerbi. Prevedo un 3 a 0
per gli Azzurri”.
L’intermediario e talent scout Israel Maoz non ha dubbi: l’incontro
inaugurale del girone di qualificazione ai Mondiali del 2018, in
programma lunedì a Haifa, finirà con una netta affermazione dell’undici
di Ventura. “Spero di no, ma andrà così” dice Israel, che vive da molti
anni in Italia pur occupandosi prevalentemente dei mercati dell’Est
Europa. Nel passato transazioni importanti con la Serie A, come
l’arrivo dei brasiliani Cafu, Zago e Marcos Asuncao alla Roma. O come
il fallito trasferimento di Ronny Rosenthal all’Udinese per via delle
ben note vicende di odio antisemita. Leggi
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Setirot
- Gene Wilder |
Jerome
Silberman in qualche modo mi mancherà. Il mondo struggente, profondo,
intelligente, straniante di Gene Wilder credo ci abbia dato molto. Il
suo rabbinetto in missione nel Far West era reale e fantastico insieme.
Diciamolo: chi nella vita non ha detto a se stesso almeno una volta,
più o meno scherzando: “Miracolo!, dappertutto è sabato ma proprio qui
è venerdì!”? Eppoi quel suo “Chi che t’ha chiesto?”… Che la terra ti
sia lieve Gene.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Safran Foer in note
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Il
grande protagonista di questa settimana è Jonathan Safran Foer,
presente in alcune città italiane per parlare del suo ultimo libro, Eccomi, sicuramente destinato al successo che ha già toccato le sue due opere precedenti: Molto forte, incredibilmente vicino e Ogni cosa è illuminata. Entrambi i romanzi sono diventati film ed entrambi i film hanno colonne sonore interessanti.
Le composizioni di Molto forte incredibilmente vicino
sono firmate dal francese Alexandre Desplat, che nel corso della sua
carriera ha avuto ben quattro nomination all’Oscar e ha lavorato per
diversi film tra cui The Queen, Il curioso caso di Benjamin Button, Il
discorso del re e The Tree of Life.
Maria Teresa Milano
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I capitoli di vita di Maugham
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Ci
sono autori che funzionano sempre. Sono rari, specialmente se hanno
scritto molto, perché è tutt’altro che facile mantenere un buon
costante livello di qualità. Come credo di avervi già scritto, sono
poco incline a dire ‘mi piace Pinco’ o ‘non mi piace Palla’, perché
anche il primo qualche libro (o film, o quadro) meno riuscito l’avrà
pure scritto, e Palla il contrario: forse qualcosa di suo merita
leggerlo. Simenon e Nabokov sono i primi cognomi che mi vengono in
mente se vado a cercare di buttar giù un elenco di scrittori che hanno
molto pubblicato e non mi hanno mai deluso. E Maugham, naturalmente.
Valerio Fiandra
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Villa dei Cedri |
In
questo rimasuglio d’estate, sul lago di Garda devono aver spostato un
paio di kibbutzim almeno: qui l’ebraico è la seconda lingua che si
sente parlare, dopo il tedesco. Insegne e cartelli ovunque sono
bilingui in italiano e tedesco, anche se in alcuni casi si possono fare
eccezioni, soprattutto se si tratta di intimare ai turisti di non
toccare i beni esposti sulle bancarelle: allora i divieti sono espressi
in inglese, francese ed ebraico, chissà perché.
A Villa dei Cedri, i bambini si schizzano nell’acqua calda del lago
termale, ma quando provano a tuffarsi dalla fontana vengono
immediatamente redarguiti dal bagnino, che pur non parlando ebraico ha
un fischietto dal significato internazionale..
Sara Valentina Di Palma
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