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1 settembre 2016 - 28 Av 5776
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
La Torah ci vieta l’autolesionismo – pratica di lutto presso le popolazioni pagane – in quanto siamo “’am qadòsh”, un popolo consacrato. Ma l’espressione usata dalla Torah, “lo tithgodedù”, viene interpretata dai Maestri “non fatevi in gruppuscoli” (agudòth agudòth), un appello all’unità del popolo ebraico.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
Quanta acqua è passata sotto i ponti dei fiumi, e tragicamente quanti terremoti ci sono stati, mentre si attuavano i principali provvedimenti che avrebbero segnato il destino degli ebrei in Italia. Dal ghetto di Venezia alla Livornina, dall’Editto di tolleranza al Sinedrio napoleonico, dalla Legge Falco alle leggi razziali, dalla Costituzione italiana fino allo Statuto e all’Intesa. Il cui articolo 18.1 dice: “Le Comunità ebraiche, in quanto istituzioni tradizionali dell’ebraismo in Italia, sono formazioni sociali originarie che provvedono, ai sensi dello Statuto dell’ebraismo italiano, al soddisfacimento delle esigenze religiose degli ebrei secondo la legge e la tradizione ebraiche”. Prima, durante e dopo ognuna di queste tappe si svolgevano discussioni, emergevano dissensi, e si raggiungevano compromessi. Nella lunga mutua relazione fra stato e ebrei, l’attore forte – lo stato – ha attuato di volta in volta politiche fluttuanti fra la massima vessazione e la massima tolleranza; l’attore debole – l’ebreo – ha invariabilmente solo potuto e a volte voluto adattarsi alle circostanze esistenti. La storia dell’integrazione degli ebrei nella società italiana è stata raccontata a lungo e in profondità e, si spera, è stata meditata.
 
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In Siria e Iraq l'Isis arretra,
dietro di sé lascia l'orrore
Sono tra le 5mila e le 15mila le vittime che, secondo l'Associated Press, sono state gettate dai miliziani dell'Isis in 72 fosse comuni tra l'Iraq e la Siria, nelle aree sottratte al dominio del Califfato in ritirata o in quelle dove ancora si combatte. Tante le testimonianze dell'orrore lasciato dietro di sé dai jihadisti, di cui racconta oggi il Corriere della Sera, ricordando, tra gli altri, il massacro massacro di Camp Speicher: 1.700 soldati iracheni costretti a stendersi con la faccia per terra e falcidiati. La Stampa intanto sottolinea come il movimento terroristico islamista sia in difficoltà, in particolare dopo l'uccisione del suo portavoce Al-Adnani, eliminato da un blitz delle forze speciali americane al confine fra Siria e Iraq. La morte di Al-Adnani però, scrive Alberto Negri sul Sole 24 Ore, non può essere considerata come una sconfitta reale della propaganda jihadista, “un'ideologia che si è difusa negli ultimi decenni dall'Afghanistan all'Iraq, dal Medio Oriente all'Asia centrale, all'Africa, fino a entrare mortalmente dentro l'Europa”.

Ferrara nel segno della Festa del Libro ebraico. Sul Corriere della Sera Paolo Salom annuncia il programma della Festa del Libro ebraico che si svolgerà a Ferrara il 3 e 4 settembre. “L'evento, organizzato dalla Fondazione Meis, avrà il duplice scopo di presentare il costituendo Museo nazionale dell'Ebraismo italiano e della Shoah (Meis) e regalare due giorni all'insegna della lettura e del dialogo”, scrive Salom, ricordando tra gli appuntamenti la presentazione del Progetto Talmud – con la presenza del presidente del progetto rav Riccardo Di Segni e il direttore Clelia Piperno, assieme all'editore Shulim Vogelmann -, e “ il dialogo sugli stampatori ebrei a Ferrara tra il rabbino capo Luciano Caro e il direttore della testata Pagine Ebraiche, Guido Vitale”. Spazio anche alla tavola rotonda sulla partecipazione ebraica alla Prima guerra mondiale, con il confronto tra gli storici  Alberto Cavaglion, Carlotta Ferrara degli Uberti, Gadi Luzzatto Voghera e Anna Quarzi.
 
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  davar
pagine ebraiche - il dossier di settembre
Il grande cantiere del Meis 
“La grande differenza rispetto al passato è il più forte collegamento tra la Festa del Libro ebraico e il Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah (Meis). La Festa di Ferrara sarà il momento per annunciare l’apertura del museo, che avverrà nel settembre 2017, con una grande mostra a cui sta lavorando un gruppo di esperti”. A dichiararlo, durante la conferenza stampa di presentazione della Festa del Libro ebraico di Ferrara (3 e 4 settembre), il presidente della Fondazione Meis Dario Disegni, sottolineando che “i lavori al cantiere procedono spediti sotto la guida dell’architetto Carla Di Francesco e grazie al generosissimo contributo del ministero dei Beni Culturali che, nell’ambito del piano approvato lo scorso maggio dal Cipe, ha stanziato 25 milioni di euro per finanziare il completamento del progetto, previsto nel 2020”. I lavori, dunque, vanno avanti senza sosta e a raccontare il dietro le quinte del grande cantiere del Meis (visitabile nei giorni della Festa), il dossier "Musei", curato da Ada Treves e pubblicato sul numero di settembre del giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche in distribuzione. Un cantiere reale ma anche di idee, quello del Meis, come ha spiegato il direttore Simonetta Della Seta.

Erano celle e inferriate, ora circolano le idee

C’è polvere, all’ingresso di via Rampari di San Paolo, a Ferrara, davanti al massiccio complesso architettonico di primo Novecento che fu il carcere della città fino al ‘92 e dal 2007 è sede del Meis, il museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah. L’architetto Carla Di Francesco è responsabile unico del procedimento dei lavori di realizzazione del nuovo Meis e componente del Cda dell’omonima fondazione, presieduta da Dario Disegni e diretta da Simonetta Della Seta. Prima di entrare nel cantiere del museo la mia guida mi aggiorna sullo sviluppo dei lavori nei prossimi anni, mostrando la gigantografia del prospetto progettuale, affissa sul muro dell’ex carcere. Nel cantiere ora si vedono solo mattoni, ma ci saranno trasparenze d’acqua e di vetro, la luce riflessa dall’acciaio e alte mura con le parole della Torah, ben visibili da ogni angolazione dell’ex recinto carcerario e a loro volta generatrici di luce. Qui c’era il carcere di Ferrara e a ricordarcelo è la facciata del museo in via Piangipane, rimasta originale a tutela del bene architettonico.
Al primo piano dell’edificio c’era l’ex braccio maschile, con la classica struttura a ballatoio adatta a mantenere tutto sotto controllo. Qui i lavori sono a buon punto, e tra ponteggi, tramezzi, rumore di attrezzi, prove di colore sui muri e l’odore dei materiali da costruzione, tutti sono impegnati a trasformare il brutto in bello e il malevolo in buono. Brutta è l’estetica claustrofobica e severa dell’architettura carceraria. Malevolo è il suo fine segregante. Bello e buono è il museo in costruzione. Serve una visione etica dell’esistenza, l’idea che il mondo si possa migliorare, per trasformare ciò che fu prigione in spazio espositivo, senza insultare la memoria di chi vi ha scontato una pena tante volte ingiusta. Negli ultimi anni del fascismo qui furono internati tutti gli ebrei di Ferrara poi deportati nei campi di sterminio e colpevoli solo di essere ebrei. Ora, le pareti tra una cella e l’altra sono state abbattute, le inferriate eliminate, e giocando con la luce e i volumi delle alte volte il ricordo del carcere resta, ma è riscattato. Una liberazione che porta verso il concetto di redenzione, anch’esso fondamentale nella cultura ebraica. Due donne, un ingegnere e un architetto, della direzione tecnica e artistica del cantiere, fanno da guida. Sarà di sicuro frutto del caso se il Meis e il suo cantiere sono molto al femminile. Ma la circostanza porta alla celebrazione della creazione e all’accensione del lume sabbatico affidata alla donna, nella tradizione ebraica.

Nunzia Bonifati
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pagine ebraiche - il dossier di settembre
Il lavoro delle guide nei musei,
una risposta alla volta

Cosa cerca un visitatore in un museo ebraico o in una sinagoga? Quali sono le curiosità e le domande del pubblico ebraico e di quello non ebraico? E quale grado di consapevolezza ha un cittadino italiano della presenza ebraica nel Bel Paese? Sono alcune delle domande che Pagine Ebraiche ha posto a chi vive e lavora quotidianamente a stretto contatto con il pubblico e si confronta ogni giorno proprio su questi temi: le guide che per professione e passione lavorano da Roma a Torino, da Firenze a Venezia, raccontando a decine di migliaia di turisti l’anno la storia delle diverse realtà ebraiche italiane e le loro peculiarità. “In pochi sanno che la Comunità ebraica romana è la più antica della Diaspora con la sua presenza che risale al 161 e.v. – spiega Sara Pavoncello, guida del Museo ebraico di Roma da sei anni (nell’immagine in alto assieme a Walter Kohn, premio Nobel per la chimica nel 1998, ebreo austriaco sopravvissuto alla Shoah grazie all’operazione Kindertransport) – Il fatto che sia così antica stupisce sia il pubblico italiano sia quello internazionale, che a Roma è molto presente”. Il museo ebraico della Capitale attira infatti migliaia di turisti, molti americani e israeliani, così come accade a Firenze per
il Tempio maggiore e museo. “Dal 2002 – racconta Matteo Comincini (a sinistra), cui è affidato il coordinamento delle guide di Coopculture per quanto riguarda le visite alla Firenze ebraica – il numero dei visitatori è in constante crescita. Questo nonostante attentati e momenti di tensione”. Una crescita di interesse che tocca anche altre aree geografiche dell’Italia ebraica, come il Piemonte e Torino nello specifico. “Da quando ho iniziato a fare il volontario – racconta Baruch Lampronti (immagine in basso), architetto, iscritto alla Comunità ebraica torinese e da tempo coinvolto nelle attività culturali di quest’ultima – sono passati 10 anni. All’inizio avevamo per lo più scolaresche e pochi adulti. Poi progressivamente sono arrivati anche gruppi organizzati di adulti, ad esempio legati ad altre confessioni religiose, curiosi di conoscere l’impronta ebraica sulla città e avere nozioni generali sull’ebraismo”. Tutti e tre spiegano come inevitabilmente le guide siano modulate rispetto al pubblico: con i più piccoli si cerca di raccontare in modo semplice e diretto gli elementi cardine dell’ebraismo, con gli adulti si approfondiscono invece tematiche diverse su aspetti di vita come ad esempio lo Shabbat: “molti mi chiedono – racconta Baruch – come facciamo noi ebrei a coniugare il rispetto del sabato con i ritmi di oggi o altre domande simili. Io sono abituato a spiegare queste cose perché sin da piccolo, visto che il mio nome non lascia spazio a dubbi le persone incuriosite mi chiedevano informazioni”.
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Israele 
Da Eilat a Haifa, si torna a scuola
Sono oltre 2 milioni i ragazzi israeliani che questa mattina, zaino in spalla, sono tornati a scuola per iniziare il nuovo anno. 159mila i bambini che hanno iniziato nelle scorse ore la prima elementare mentre 123mila sono gli studenti che quest'anno dovranno affrontare l'ultimo anno scolastico.
Un giorno di festa che apre un nuovo ciclo, ha affermato il ministro dell'Istruzione Naftali Bennet, del partito HaBayt HaYehudi, sostenendo che mai come quest'anno il “programma didattico israeliano è stato pianificato e personalizzato” per le esigenze degli studenti. Bennet ha poi parlato del limite introdotto rispetto al numero di ragazzi nelle classi: “Dalla fondazione dello Stato, lo standard era di avere 40 studenti per classe. Ora abbiamo posto un limite di 34, 32 nelle realtà considerate più deboli”, ha affermato il ministro, in visita insieme al Premier Benjamin Netanyahu presso la scuola elementare di Tamra, città araba nel nord del paese (nell'immagine).
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jciak
Michal cerca uno sposo
Lui la lascia sul più bello, mentre assaggiano il menu per le nozze. Ma lei, 32 anni, ultraortodossa da quando ne ha venti, non si rassegna. Certa di incontrare la sua anima gemella prima del fatidico giorno, mette sottosopra l’intera comunita haredi, da Gerusalemme a New York. Come darle torto, del resto? In fondo Michal ha tutto quel che serve: l’abito, il posto, perfino il catering. Le manca solo un marito.
In Laavor Et Hakir - Through the Wall in proiezione questa sera al Festival del Cinema di Venezia - Rama Burshtein torna sul tema del matrimonio che già aveva esplorato nel bellissimo La sposa promessa (2013), storia dolce amara di un matrimonio combinato. Questa volta però aggiusta il tiro e vira sui toni romantici della commedia, colmando così un vuoto nella filmografia sull’universo haredi di solito incline a indulgere sul dramma.
Il risultato è di sicuro impatto. Anche per storia personale Rama Burshtein è abilissima a decodificare il mondo ultra-ortodosso. Nata a New York e cresciuta in Israele, dove si è diplomata alla Sam Spiegel Film and Television School di Gerusalemme, si è unita alla comunita haredi a vent’anni, proprio come la sua Michal.

Daniela Gross
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Qui Venezia – Al via la Mostra del cinema 
Leone d’Oro a Skolimowski:
“Mio pensiero va ai migranti"

"Nella maggior parte dei miei film mi sono occupato di outsider, le persone ai margini della società, chi viene definito perdente, chi non trova posto nel mondo. Anche io sono stato migrante, so come ci si sente quando si è costretti a lasciare il proprio paese. Quello dei migranti è uno dei problemi più importanti dei nostri tempi: queste persone meritano di essere guardate con empatia”. Con queste parole il regista polacco Jerzy Skolimowski ha accettato il Leone d’oro alla carriera della 73esima Mostra del cinema di Venezia, la cui consegna ha aperto ieri sera la manifestazione, che andrà avanti fino al 10 settembre. Nato a Lodz nel 1938, migrante Skolimowski lo è stato molte volte, la prima delle quali quando seguì sua madre a Praga dopo l’uccisione di suo padre, membro della Resistenza polacca, per mano dei nazisti. Il regista racconta di ricordare bene gli anni della guerra, quando fu estratto dalle macerie di una casa bombardata a Varsavia e finse per molto tempo di accettare caramelle dai nazisti per mantenere le apparenze mentre sua madre teneva nascosta in casa una famiglia ebraica. Skolimowski ha affermato che l’aver assistito ancora bambino alle brutalità del conflitto ha profondamente influenzato la sua opera.
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qualificazioni ai MONDIALI DI CALCIO
Israele-Italia, parla l'esperto:
"Gap ampio, vittoria azzurra"

Temo una disfatta, anche se ovviamente non me la auguro. Ma l’Italia, anche se all’inizio di un nuovo ciclo, anche se ben distante dalla qualità delle passate generazioni, è troppo più forte di Israele: una nazionale giovane, in costruzione, con tanti elementi acerbi. Prevedo un 3 a 0 per gli Azzurri”.
L’intermediario e talent scout Israel Maoz non ha dubbi: l’incontro inaugurale del girone di qualificazione ai Mondiali del 2018, in programma lunedì a Haifa, finirà con una netta affermazione dell’undici di Ventura. “Spero di no, ma andrà così” dice Israel, che vive da molti anni in Italia pur occupandosi prevalentemente dei mercati dell’Est Europa. Nel passato transazioni importanti con la Serie A, come l’arrivo dei brasiliani Cafu, Zago e Marcos Asuncao alla Roma. O come il fallito trasferimento di Ronny Rosenthal all’Udinese per via delle ben note vicende di odio antisemita.
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  pilpul
Setirot - Gene Wilder
Jerome Silberman in qualche modo mi mancherà. Il mondo struggente, profondo, intelligente, straniante di Gene Wilder credo ci abbia dato molto. Il suo rabbinetto in missione nel Far West era reale e fantastico insieme. Diciamolo: chi nella vita non ha detto a se stesso almeno una volta, più o meno scherzando: “Miracolo!, dappertutto è sabato ma proprio qui è venerdì!”? Eppoi quel suo “Chi che t’ha chiesto?”… Che la terra ti sia lieve Gene.

Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Safran Foer in note
Il grande protagonista di questa settimana è Jonathan Safran Foer, presente in alcune città italiane per parlare del suo ultimo libro, Eccomi, sicuramente destinato al successo che ha già toccato le sue due opere precedenti: Molto forte, incredibilmente vicino e Ogni cosa è illuminata. Entrambi i romanzi sono diventati film ed entrambi i film hanno colonne sonore interessanti.
Le composizioni di Molto forte incredibilmente vicino sono firmate dal francese Alexandre Desplat, che nel corso della sua carriera ha avuto ben quattro nomination all’Oscar e ha lavorato per diversi film tra cui The Queen, Il curioso caso di Benjamin Button, Il discorso del re e The Tree of Life
.

Maria Teresa Milano
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I capitoli di vita di Maugham
Ci sono autori che funzionano sempre. Sono rari, specialmente se hanno scritto molto, perché è tutt’altro che facile mantenere un buon costante livello di qualità. Come credo di avervi già scritto, sono poco incline a dire ‘mi piace Pinco’ o ‘non mi piace Palla’, perché anche il primo qualche libro (o film, o quadro) meno riuscito l’avrà pure scritto, e Palla il contrario: forse qualcosa di suo merita leggerlo. Simenon e Nabokov sono i primi cognomi che mi vengono in mente se vado a cercare di buttar giù un elenco di scrittori che hanno molto pubblicato e non mi hanno mai deluso. E Maugham, naturalmente.

Valerio Fiandra
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Villa dei Cedri
In questo rimasuglio d’estate, sul lago di Garda devono aver spostato un paio di kibbutzim almeno: qui l’ebraico è la seconda lingua che si sente parlare, dopo il tedesco. Insegne e cartelli ovunque sono bilingui in italiano e tedesco, anche se in alcuni casi si possono fare eccezioni, soprattutto se si tratta di intimare ai turisti di non toccare i beni esposti sulle bancarelle: allora i divieti sono espressi in inglese, francese ed ebraico, chissà perché.
A Villa dei Cedri, i bambini si schizzano nell’acqua calda del lago termale, ma quando provano a tuffarsi dalla fontana vengono immediatamente redarguiti dal bagnino, che pur non parlando ebraico ha un fischietto dal significato internazionale..


Sara Valentina Di Palma
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