
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Come
comportarsi ebraicamente nel caso in cui ci si trovi di fronte a una
difficoltà halachica o a una difficoltà legale? Una possibile risposta
la suggerisce la parashà di questa settimana, al capitolo 17 versetti
8-11, dove insegna: “Ti alzerai e salirai al luogo che l’Eterno, il tuo
Dio, avrà scelto; andrai dai sacerdoti e dai leviti e dal giudice in
carica a quel tempo; li consulterai, ed essi ti faranno conoscere ciò
che dice il diritto; e tu ti conformerai a quello che ti dichiareranno
nel luogo che l’Eterno avrà scelto, e avrai cura di fare tutto quello
che ti insegneranno.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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È
venuto in visita in Italia nei giorni scorsi il fondatore e
proprietario di Facebook Mark Zuckerberg. Veniva per il matrimonio di
un suo amico e ne ha approfittato per "fare un salto" a Roma e visitare
il papa e Matteo Renzi. Ha poi fatto una lezione alla Luiss e
incontrato alcuni manager di Start-up italiane che gli interessano.
Zuckerberg è l'incarnazione del nuovo feudatario medievale, che fonda
il suo potere sul denaro (tanto denaro, il suo patrimonio è valutato 58
miliardi di dollari) e si muove nella direzione di un ulteriore
accrescimento delle sue sostanze ipotizzando un mondo sterilizzato dai
conflitti. In effetti la sua invenzione è semplice e geniale, tutti noi
la utilizziamo e sta rapidamente mutando le nostre dinamiche
relazionali. In meglio o in peggio non sono in grado di giudicare, ma è
un fatto.
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Elezioni palestinesi
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Rinviato
il momento della verità a Gaza e in Cisgiordania, dove l’8 ottobre
dovevano tenersi le elezioni, ferme al voto del 2006 che aveva sancito
l’affermazione nella Striscia del movimento terroristico di Hamas. A
seguito di un ricorso per l’esclusione di alcuni candidati, riporta la
Stampa, la Corte suprema palestinese ha deciso di sospendere le
elezioni e ora si attende l’ultima parola dalla Commissione elettorale
centrale (21 settembre). Secondo Mahmud Abbas, leader dell’Autorità
nazionale palestinese, quella della Corte è una decisione politica che
andrebbe a danneggiarlo: Abbas infatti, spiega il quotidiano, confidava
di riuscire ad ottenere buoni risultati alle urne, seppur il suo indice
di gradimento tra i palestinesi sia decisamente basso. Del leader
dell’Anp parla anche Fiamma Nirenstein sul Giornale, raccontando della
notizia rivelata da giornalisti israeliani sul suo passato: Abbas
sarebbe stato negli anni Ottanta un agente del Kgb. Nessun commento da
Mosca che potrebbe però essere il luogo da cui far ripartire i
negoziati tra israeliani e palestinesi: la Russia è “disponibile” a
ospitare un vertice tra il Premier israeliano Benjamin Netanyahu e
Mazen, con il “consenso di massima” dei due. “Dietro lo spiraglio
negoziale – spiega La Stampa – c’è il crescente ruolo strategico di
Mosca nella regione, grazie ai rapporti maturati con Arabia Saudita,
Turchia ed Israele ovvero tutti Stati alleati degli Usa ma reduci da
forti tensioni con l’amministrazione Obama”.
Il muro contro i tunnel di Gaza. In una breve, il Fatto Quotidiano
riporta la notizia del via ai lavori a una nuova barriera sotterranea,
costruita da Israele lungo i suoi confini con la Striscia di Gaza. Lo
scopo, bloccare i tunnel del terrore di Hamas, costruiti per
infiltrarsi in Israele e colpire civili e soldati. II ministero della
Difesa ha approvato il piano a luglio che ha un costo di 530 milioni di
dollari.
Venezia, la Memoria sul grande schermo con Paradise. “Parlare della
Shoah e del delirio di onnipotenza nazista senza ripercorrere strade
già battute è uno dei meriti di Paradise (Paradiso) del russo Andrei
Konchalovsky, che racconta il tragico destino di una nobildonna russa,
arrestata a Parigi per aver nascosto due piccoli ebrei e poi mandata in
un lager tedesco, dal più improbabile dei punti di vista: quello delle
anime trapassate”. Il commento positivo del Corriere al film in
rassegna a Venezia. Per il regista, Paradise ha un valore anche
formativo:“i giovani – denuncia Konchalovsky dalle pagine del Corriere
– non sanno nulla del passato, non conoscono nemmeno Mussolini” e poi
ricorda come “Umberto Eco scrisse una lettera al figlio e al nipote sui
danni nella perdita della memoria”.
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terremoto - l'inziativa con l'ong israeliana
L'Unione in campo con IsraAid
e la Comunità ebraica di Roma
Continua
l'impegno dell'ebraismo italiano a sostegno della popolazione colpita
dal terremoto nel Centro Italia. L'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane in queste ore ha avviato un progetto assieme
all'organizzazione IsraAID, no profit israeliana specializzata nel
prestare soccorso nei luoghi colpiti da guerre e calamità naturali, per
la formazione di piccoli nuclei di volontariato (gruppi di 5 persone
per volta) in grado di fornire assistenza ai terremotati. I gruppi
opereranno – per un periodo di cinque giorni – nei territori colpiti,
affiancati dai volontari ed esperti di IsraAID già presenti sul campo.
Nelle scorse ore inoltre una delegazione partita da Roma, di cui facevano parte l'assessore UCEI al Personale e affari legali Franca Formiggini
Anav e il presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello
(nella foto assieme al segretario generale della Keillah Emanuele Di
Porto), si è recata in visita al campo di accoglienza di Scai, frazione
di Amatrice.
“Ci hanno chiesto una mano”, la testimonianza dell'assessore
Formiggini, che ha spiegato come nel campo di accoglienza vivano
persone di tutte le età, da bambini piccoli con i genitori fino ad
anziani. La protezione civile, ha proseguito, sta allestendo una tenda
per i bambini dove poterli far giocare e trascorrere il tempo. “Sono
persone che non vogliono e non possono andarsene da qui”, ha continuato
l'assessore, che ha poi riportato delle richieste ricevute dalle
persone incontrate, preoccupate tra le altre cose di avere un posto
caldo dove poter passare l'inverno e di riuscire
a mandare i propri figli a scuola ad Amatrice. L'intenzione è quella di
procedere a una analisi dei residenti nel campo in modo da capire età
ed esigenze e poter intervenire per rispondere alle loro necessità.
“Vedere case distrutte e famiglie che piangono i propri cari è
difficile da accettare – la testimonianza di Dureghello - ma noi
abbiamo imparato dalla nostra storia cosa voglia dire ripartire dalle
macerie, è difficile, ma possibile. Per questo vogliamo dare il nostro
aiuto affinché queste persone possano tornare a vivere sicure e con il
sorriso come meritano”.
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al festivaletteratura con pagine ebraiche
Mantova, sguardi al femminile
per raccontare il mondo ebraico
Entusiasmo.
E frustrazione. Oscillano fra queste due sensazioni le migliaia persone
che in queste ore affollano sempre più le vie e le piazze di Mantova e
i tanti luoghi del Festivaletteratura. Entusiasmo per le parole
ascoltate, per le presentazioni, per gli incontri casuali, cifra di un
festival che raccoglie in una città che si attraversa a piedi in meno
di mezz’ora scrittori, lettori, critici, editori e giornalisti, e tutti
coloro che amano i libri, la lettura e la letteratura. La frustrazione
è invece più impalpabile, ma emerge da molti discorsi, nei tanti “avrei
voluto seguire anche…”, o nei “non riesco a essere in due posti alla
stessa ora!” segno in realtà positivo di un festival che nonostante
tutto continua a crescere, e che in questa sua ventesima edizione offre
un programma più ricco che mai. Affollati tutti gli incontri, code agli
ingressi, pubblico seduto per terra ovunque, anche al cinema Oberdan,
anche per gli incontri più specialistici, o meno “di richiamo”. Mentre
ci si avvia al gran pienone del fine settimana, con le magliette
azzurre dei volontari che sfrecciano sempre più freneticamente da un
luogo all’altro senza mai smettere di essere sorridenti, disponibili,
gentili e fondamentali per la buona riuscita del festival, continua
anche l’interesse per gli incontri che presentano a un pubblico sempre
più vasto i tanti messaggeri della cultura ebraica presenti a Mantova.
Da Jami Attenberg, intervistata da Wlodek Goldkorn, che ha parlato di
scrittura, della sua idea di letteratura e dei tanti personaggi
femminili presenti nelle sue storie, di grande successo e – caso raro –
anche osannate dai critici letterari, si è passati all’israeliana Dorit
Rabinyan che, in dialogo con Elena Loewenthal, ha attirato un pubblico
numeroso per l’incontro “Un muro tra noi”. L’autrice, presente
all’incontro imperniato sui circa sessanta chilometri di muro che
dividono Tel Aviv da Ramallah, distanza breve e allo stesso tempo
infinita, è stata al centro di grandi polemiche all’uscita del suo
romanzo su una storia d’amore che quel confine attraversa, diventato un
caso politico. Pubblico seduto per terra al cinema Oberdan per “Vita
activa”, di Ada Ushpiz, documentario intenso e toccante su Hannah
Arendt, e folla anche questa mattina per Jenny Erpenbeck, scrittrice
berlinese tradotta in italiano da Ada Vigliani, mentre l’incontro con
Viviane Lamarque ha dimostrato – ma durante il Festivaletteratura non
sarebbe necessario – come la poesia sappia toccare i cuori e il suo
successo sia intramontabile.
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al festivaletteratura con pagine ebraiche
Vita Activa. Una nuova luce
si accende su Hannah Arendt
Documentario
a tratti più spettacolare di un thriller e racconto cinematografico più
profondo di molte lezioni di filosofia, il molto atteso “Vita Activa,
lo spirito di Hannah Arendt”, una coproduzione israelo-canadese
destinata a lasciare il segno che il festival di Mantova ha presentato
in anteprima, restituisce la parola alla filosofa ebrea tedesca
perennemente al centro del dibattito culturale.
Con il suo reportage dal processo Eichmann scatenò un putiferio negli
anni '60 coniando il sovversivo concetto di "banalità del male". E la
sua vita privata non è stata meno controversa, a partire dalla
relazione giovanile con il filosofo Martin Heidegger, simpatizzante del
regime nazista. Il film offre un ritratto intimo e straordinariamente
documentato della vita privata e intellettuale della Arendt, attraverso
i luoghi dove ha vissuto, lavorato, amato e sofferto, mentre scriveva
delle ferite ancora aperte del suo tempo.
Si resta per oltre due ore in compagnia del pensiero immenso della
Arendt con il fiato sospeso. La regista Ada Ushpiz alterna con estrema
chiarezza una lettura del complesso lavoro della filosofa con l’analisi
di materiale visivo e documentario di estremo valore e in molti casi
ancora sconosciuto e inedito.
Un vortice di riflessioni e di emozioni che stringono l’attenzione
dello spettatore catturandolo inesorabilmente. E una proiezione che non
getta luce solo sull’opera fondamentale e controversa della Arendt, ma
anche sulle ferite del Novecento, l’identità ebraica contemporanea fra
Diaspora e Israele, la Memoria e la responsabilità. Il futuro possibile.
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qui milano - l'iniziativa del piccolo teatro
Binario 21, racconti di Memoria
Una
grande partecipazione con oltre 300 persone presenti per lo spettacolo
I luoghi della Memoria, organizzato dagli attori del Piccolo Teatro
nelle sale del Memoriale della Shoah di Milano – Binario 21. “Come lo
scorso anno, sono state tantissime le persone che hanno voluto
partecipare; anche oltre il numero limite previsto per ciascuno
spettacolo”, spiega Roberto Jarach, vicepresidente della Fondazione del
Memoriale. Quattro infatti gli spettacoli riproposti nel corso della
serata di ieri ad altrettanti gruppi di visitatori con una replica
prevista per domenica sera. L'iniziativa, al suo secondo anno, è nata
da un'idea di Stefania Consenti (a partire dal libro Luoghi della
Memoria di Milano della stessa autrice, Edizioni Guerini e
Associati) ed è stata portata in scena da Castagna Ravelli, con la
regia di Paolo Castagna. Si tratta di uno spettacolo itinerante che
conduce il pubblico negli ambienti della Stazione Centrale, dove
centinaia di persone furono caricate su vagoni merci e stipate in spazi
ristretti e, dal binario 21, furono mandate a morire nei campi di
concentramento e sterminio.
Tra gli attori che hanno letto le testimonianze dei sopravvissuti,
Franca Nuti, che ha proposto al pubblico le dure e preziose parole di
Primo Levi in Se questo è un uomo. Durante la serata è stato inoltre
suonato un violino appartenuto a un'ebrea piemontese, vittima della
deportazione nazifascista.
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Musei, storie e idee |
Molti
gli spunti interessanti offerti dalla tavola rotonda sui musei ebraici
che si è svolta domenica scorsa a Ferrara. Pur tra le inevitabili
somiglianze (per esempio le esigenze di sicurezza, che peraltro, come è
stato detto, riguardano ormai tutti i luoghi pubblici, non solo quelli
ebraici), sono emerse anche specificità legate al luogo, al contesto,
alla sede, alle risorse, al rapporto con le istituzioni e a molto
altro. Variano molto tra un museo e l’altro le percentuali di
visitatori ebrei. Naturalmente tutti i direttori hanno sottolineato
come i musei vogliano e debbano essere luoghi di cultura viva e non
solo di memoria, e mostrare una storia ebraica che non è stata soltanto
sofferenza e persecuzioni. Tuttavia tutti hanno riconosciuto che non si
può fare a meno di parlare della Shoah, perché, se si vuole raccontare
la storia degli ebrei in un certo luogo, non si può tacere cosa è
successo. I musei ebraici si pongono l’obiettivo di far comprendere che
la storia degli ebrei è parte integrante della storia dei vari Paesi in
cui hanno vissuto e vivono, ma anche di educare, in particolare i
giovani, all’accettazione delle diversità e al rispetto
reciproco.
Anna Segre, insegnante
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L'unico confine del mondo |
Chissà
se qualcuno ricorda ancora la caduta del muro di Berlino, un evento che
tutt'oggi è ancora commemorato ma che, come per altre commemorazioni,
se ne è perduto quasi del tutto il ricordo e il significato, come un
guscio vuoto. Così come è dimenticata quella speranza di unità tra gli
uomini che ci illudevamo sarebbe stata prossima con la sparizione dei
due blocchi.
Oggi in Europa si costruiscono ancora nuovi muri e recinzioni di filo
spinato, come per esempio quello anti-immigrazione che la Gran Bretagna
ha in progetto di edificare al porto di Calais, o come quelli già
realizzati nei Balcani o in Ungheria. Alle richieste di ascolto da
parte dell'altro, reagiamo con la paura e innalziamo barriere materiali
o invisibili. Forse un giorno quando i muri, i ghetti, e le ville
recintate non basteranno più, giungeremo a costruire delle città sopra
elevate lasciando sotto di noi gli ultimi e i senza speranza.
Francesco Moises Bassano
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Diario di un soldato - Laurearsi |
Dai vertici dell’esercito ai vertici dei mass media.
“Hai sentito?”, si vocifera nelle mense e negli uffici, per i corridoi
e sotto le tende di tutte le basi sparse per il paese. “Gadi Eizenkot
(nell'immagine in basso), il capo di Stato maggiore dell’esercito
israeliano, intende garantire a tutti i combattenti la possibilità di
laurearsi gratuitamente, a spese dello Stato.”
Un gesto di apprezzamento per chi dedica tre anni della sua vita all’incolumità dello Stato e di chi ci abita? Un risarcimento per chi compie il sacrificio di sporcarsi le mani di fango e di sangue sotto il sole cocente o sotto il diluvio universale? Forse.
O forse il messaggio è tutto da interpretare. Di nuovo..
David Zebuloni
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Shofetim |
Se
da una parte il cammino dell'uomo, per essere tale, è complesso,
sinuoso e talvolta ingarbugliato come la strada che dall'Egitto ha
portato alla Terra di Israele, la giustizia e le parole dei giusti, per
essere giuste, devono essere "rette", né corrotte né "tortuose".
Ilana Bahbout
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