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30 Settembre 2016 -  27 Elul 5776
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Rosh Hashanà è una festa caratterizzata dai simboli, dai segni, dal silenzio delle parole e dal linguaggio dei gesti.
Durante le sere dei sedarim di Rosh HaShana così come ci ha insegnato Abbaye nel Talmud Keretot 6a si mangiano elementi simbolici perché “simana milta hi”, il simbolo ha una sua importanza. Ecco quindi che bisogna iniziare l’anno con gesti che siano importanti e portino con loro significati profondi, con il suono di un corno d’ariete, lo Shofar, che parla e prega per noi e con noi, con il silenzio della lunga preghiera di Mussaf. L’uomo, creato in questo giorno, viene al mondo accompagnato da piccoli cibi simbolici, da un lungo suono arcaico eppure modernissimo e da parole di santità.
Rosh HaShana con i suoi usi, la sua mitzva e le sue preghiere ci invita a significare l’anno con gesti simbolici e profondi, mitzvot dal suono che silenzia parole inutili e silenzi che ci innalzano verso l’Alto.
 
Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
La buona notizia per questo 5777 che sta arrivando riguarda l’apparente novità di istituzioni culturali ebraiche che finalmente si parlano, si confrontano, si conoscono e collaborano. Forse un po’ lo facevano anche in passato, ma i segnali per una nuova abitudine mentale ci sono veramente tutti. Quando all’inizio di questo mese molte di queste realtà si sono ritrovate attorno a un tavolo a Ferrara, invitate dalla direzione del Meis a presentarsi e parlarsi, è apparso immediatamente chiaro, innanzitutto, che in Italia si produce un’enorme mole di iniziative in rapporto alle apparentemente limitate forze delle comunità. Si tratta per lo più di operazioni di alto livello, che soffrono probabilmente di un solo difetto: non comunicano a sufficienza, e si conoscono poco l’una con l’altra.
 
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Peres, l'ultimo saluto
Nel giorno dell’ultimo saluto, numerose le testimonianze in ricordo di Shimon Peres pubblicate sui giornali italiani.
“Shimon Peres ha creduto fino al suo ultimo giorno nella pace e, più di tutto, nell’educazione alla tolleranza e nell’educazione in generale” scrive su La Stampa il neo ambasciatore israeliano Ofer Sachs. Dal diplomatico parole di forte apprezzamento per l’intervento di ieri (ospitato nelle stesse pagine) dell’ex capo dello Stato italiano Giorgio Napolitano che, al pari di Peres, “è simbolo della stessa generazione di padri fondatori, che hanno servito il proprio Paese e le giovani generazioni per vari decenni”. Così invece lo ricorda David Grossman su Repubblica: “Fin dall’inizio della carriera, Peres era stato un personaggio importante ma non esattamente amato. Non era schietto, comunicativo; non sapeva parlare al cuore degli israeliani, o, meglio, ai loro istinti. Per questo i suoi ultimi anni da presidente erano stati tanto belli per lui. Per la prima volta aveva percepito l’amore della gente, aveva la sensazione di essersi conquistato un posto nel cuore di chi lo aveva sempre considerato un visionario, talvolta anche un traditore”. Sull’Osservatore Romano, il rabbino Abraham Skorka ricorda l’amicizia con Bergoglio. ” I due grandi leader mondiali – spiega – si erano conosciuti poche settimane dopo l’elezione di Bergoglio al pontificato. C’era stata subito un’intesa tra loro e un sentimento di affetto aveva cominciato a unirli”.
 
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  davar
SHIMON PERES (1923-2016)
Il mondo intero a Gerusalemme: 'Addio, grande amico della pace'
Se la grandezza di un uomo si potesse misurare dagli onori che gli vengono resi una volta lasciato questo mondo, allora Shimon Peres avrebbe pochi rivali. Al suo funerale, celebrato nelle scorse ore sul Monte Herzl di Gerusalemme, hanno partecipato infatti tutti i grandi della Terra, accompagnati dalle più alte cariche dello Stato ebraico e da un fiume di israeliani, di cittadini comuni venuti a rendere omaggio all’ultimo dei padri di Israele, scomparso a 93 anni. Per l’ultimo saluto, a fianco delle famiglia, del presidente d’Israele Reuven Rivlin, del Primo ministro
Benjamin Netanyahu e dei massimi rappresentanti delle istituzioni israeliane, c’erano praticamente tutti i potenti della Terra (oltre 70 i paesi rappresentanti): il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, su tutti, la cui presenza – ricordava la televisione israeliana – non era affatto scontata e che ha parlato alla cerimonia funebre; c’erano la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande e il Primo ministro italiano Matteo Renzi; era presente l’amico Bill Clinton, l’ex presidente Usa arrivato a un soffio dal siglare lo storico accordo di pace con i palestinesi; è venuto anche il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, altra adesione non scontata, accolto da Netanyahu che ha rinnovato l’invito a parlare alla Knesset (il parlamento israeliano). Uomini e donne non sempre d’accordo tra loro ma riunitisi sul Monte Herzel nel segno di quanto costruito in vita da Shimon Peres. “La tua morte è una grande perdita personale e per la nazione intera – ha dichiarato Rivlin nel suo discorso durante la cerimonia funebre – ed è anche la fine di un’epoca, la fine dell’era dei giganti le cui storie di vita sono la storia del movimento sionista e dello Stato d’Israele. Questa oggi è la nostra sensazione oggi. L’impressione che sia la fine di un’epoca, la fine di un capitolo delle nostre vite”.
“Il fatto che così tanti leader provenienti da tutto il mondo – ha invece sottolineato il Primo ministro Netanyahu – siano venuti qui a Gerusalemme per dire addio a Shimon rappresenta l’eredità del suo ottimismo, della sua ricerca della pace, del suo amore per Israele”. Netanyahu nel suo discorso, così come altri oratori, ha ricordato il ruolo avuto da Peres per la costruzione di un’Israele più sicura e non ha negato gli scontri e le divergenze avute con l’ex Presidente, che nel corso di una vita ha ricoperto tutte le più alte cariche politiche del Paese.
fBacharta ba haim, hai scelto la vita, il tributo resogli dal presidente Obama, che nel suo discorso ha salutato Abbas, ricordando come la sua presenza “è un promemoria per l’incompiuta questione della pace”. Peres, ha spiegato il presidente
Usa, “ci ha mostrato come la giustizia e la speranza siano il cuore del pensiero sionista. Una vita libera in una patria riconquistata. Una vita sicura in una nazione che può difendere se stessa”. Come Bill Clinton prima di lui, Obama ha ricordato come tanti vedessero il premio Nobel per la Pace come un inguaribile sognatore troppo naive. “Non credo fosse naive. Aveva capito dalle dure esperienze vissute, che la vera sicurezza arriva attraverso la pace con i vicini”. “Shimon todah rabah haver yakar”, Grazie mille Shimon, caro amico, l’ultimo saluto di Obama al grande statista.
“Ho vinto tante battaglie ma non ho vinto la più importante: quella di non doverne più combattere”, le parole di Peres ricordate da Yuli Edelstein, speaker della Knesset, mentre lo scrittore Amos Oz, in un discorso profondo e alto, ha ricordato la sua quarantennale amicizia con Peres. “Sì, era un sognatore come Yosef. Ma come Yosef ha visto i suoi sogni diventare realtà”. Oz ha poi chiuso con una nota di amarezza sul futuro di pace tanto inseguito dall’amico Shimon: “Dove sono i leader coraggiosi che faranno in modo che (la pace) diventi possibile? Dove sono i successori di Shimon Peres?”.
A parlare in memoria del padre, anche i tre figli Chemi, Zvia e Yoni, che hanno presentato un Peres più familiare, che amava giocare con i nipoti, presenti alla cerimonia e vivamente commossi. La tomba del nonno è stata posta in mezzo a due altri Primi ministri d’Israele, Yitzhak Shamir, e l’avversario-alleato di una vita, Yitzhak Rabin, con cui Peres vinse il premio Nobel grazie all’impegno sull’accordo di Oslo. Riposano ora insieme sul Monte Herzl, in attesa che qualcuno porti avanti il loro sogno di una pace possibile per Israele.


Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
shimon peres (1923-2016)
Alla Knesset l'omaggio di Israele
Gan Sacher, il grande parco nel cuore di Gerusalemme, è un luogo di ritrovo per tutti gli abitanti della città. E quella stessa atmosfera che nelle giornate di sole e nelle sere di primavera-estate porta i cittadini di Gerusalemme a godersi il giardino per una passeggiata, un picnic, una partita di pallavolo, raggiunge anche la vetta di una delle colline di Gan Sacher, alla sommità della quale siede la Knesset. Nella giornata di giovedì, oltre 50mila israeliani l’hanno raggiunta per rendere omaggio a Shimon Peres. Una lunga processione sotto il sole ancora caldo dell’autunno gerosolimitano, plasmata nelle forme multiformi del popolo d’Israele. Signori d’una certa età e l’area venerabile, che nell’attesa discutevano degli accordi di Oslo e ricordavano Yitzhak Rabin, studenti di yeshivah (scuola talmudica) con camicia bianca e kippot di velluto nero, soldati in divisa, ragazze in jeans e t-shirt e giovani donne con il kizui rosh (copertura del capo tradizionalmente indossata dopo il matrimonio). Mentre si attende di entrare nel vasto cortile del Parlamento israeliano, in fondo al quale il feretro del presidente riposa avvolto in una bandiera con la Stella di Davide, molti cominciano a conversare con i vicini di coda, attività per cui gli israeliani hanno senz’altro un talento speciale.

Rossella Tercatin
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TORINO SPIRITUALITà - PAGINE EBRAICHE
'Spirito e materia, anima e corpo, un dualismo che non è dualismo'
Anima e corpo. La teologia dell’uomo e la teologia degli animali nella tradizione ebraica. Una sala gremita attendeva il rav Roberto Della Rocca, direttore della Formazione e della Cultura all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, per una delle conferenze centrali del festival Torino Spiritualità, che si svolge nel capoluogo piemontese fino alla conclusione della settimana. Organizzato in collaborazione con la redazione del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, l’incontro prevedeva un confronto fra il rabbino italiano e l’anziano teologo piemontese Paolo De Benedetti attorno ai temi dell’edizione di quest’anno del prestigioso festival culturale, che riconducono tutti al rapporto fra mondo umano e mondo animale.
De Benedetti, che non ha potuto in effetti intervenire a causa delle sue gravi condizioni di salute, ha consegnato al direttore della redazione giornalistica dell’Unione Guido Vitale una sua testimonianza letta al pubblico presente e riprodotta in parte in coda a questo resoconto.
Il rav Della Rocca, interrogato dalla giornalista Ada Treves, ha poi affrontato in un insegnamento complesso e appassionante, il tema della relazione fra la fisicità e la spiritualità secondo la Tradizione ebraica.
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TORINO SPIRITUALITà
Cosa ci insegnano gli animali
La Bibbia ebraica si occupa di animali? Se sì, come? Questo il tema della conferenza organizzata dalla Comunità ebraica di Torino nell’ambito di Torino Spiritualità, che per questa dodicesima edizione pone al centro della riflessione proprio il mondo animale, visto come una lente alternativa tramite la quale osservare i comportamenti umani.
Ad aprire il confronto sul tema alcune riflessioni di rav Alberto Moshe Somekh su come i testi ebraici affrontino il rapporto uomo- animale, dove quest’ultimo assume un ruolo quasi didattico nei confronti della specie umana. Un esempio si ritrova in alcuni versetti tratti dal libro dei Proverbi (6, 6-11): “Va’ alla formica, o pigro, osserva i suoi costumi e diventa savio”. Quali sono le doti di questo piccolo animale che l’uomo dovrebbe acquisire secondo i nostri Maestri? Diligenza, rispetto dei beni altrui e saggezza.


Alice Fubini
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memoria - l'iniziativa all'ambasciata slovacca
L'incredibile storia del Pentcho

e quelle domande sempre attuali
"Non dimenticheremo questo grande gesto, che porta a grandi interrogativi. Come vogliamo vivere? Quali sono i valori che vogliamo difendere? Chi sono i nostri eroi, chi sono i nostri punti di riferimento oggi?”
Domande di stringente attualità, che il presidente della Repubblica slovacca Andrej Kiska rivolge a quanti assistono, nella rappresentanza diplomatica del paese a Roma, alla consegna di un importante riconoscimento: l’attribuzione di una onorificenza di Stato ai discendenti di Carlo Orlandi, comandante della nave da carico italiana Camogli, che salvò oltre 500 profughi ebrei, la metà dei quali di nazionalità slovacca, naufragati presso l’isola di Creta nell’ottobre 1940.
Come ricostruito anche nel recente Il viaggio del Pentcho. Le anime salvate di Enrico Tromba, Antonio Sorrenti e Stefano N. Sinicropi, i naufraghi, imbarcatisi a Bratislava sul battello Pentcho, diretto al porto di Haifa, nell’allora Palestina mandataria, rimasero per svariati giorni su un isolotto. Senza cibo né acqua, con poche speranze di sopravvivere senza l’intervento provvidenziale del comandante Orlandi, che dopo averli intercettati li condusse al campo di internamento di Rodi. Molti dei superstiti furono poi inviati nel 1942, presso il campo di Ferramonti di Tarsia, in Calabria, dove gran parte degli internati riuscì a salvarsi dagli aguzzini.

(Nell'immagine in alto il battello Pentcho, in basso il Consigliere UCEI GIacomo Moscati con il presidente slovacco Andrej Kiska)
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qui roma - il convegno
Ai confini della traduzione
Si è concluso ieri dopo due giornate intense e stimolanti il convegno “Yafet nelle tende di Shem. L’ebraico in traduzione”, ideato e organizzato da Raffaella Di Castro al Centro bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Numerosi gli interventi che hanno analizzato il complesso tema della traduzione dei testi sacri, guardando a esso attraverso prospettive storiche e geografiche, religiose, filosofiche, sociologiche e linguistiche, approfondendo così il tema della Giornata Europea della Cultura Ebraica, quest’anno dedicata a “Lingue e dialetti ebraici”, e gli stimoli suscitati dalla pubblicazione del primo trattato del Talmud babilonese in italiano.
Ad aprire l’ultimo pomeriggio del convegno alcune “Letture di testi biblici e talmudici” sul tema, presentate dallo scrittore Stefano Levi Della Torre e dal preside della Scuola ebraica di Roma rav Benedetto Carucci Viterbi, moderati dal coordinatore del Collegio Rabbinico Italiano Gianfranco Di Segni.
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IL MESSAGGIO DI BERGOGLIO
"Dal 5777, pace e amicizia"
"In occasione delle gioiose ricorrenze di Rosh Ha-Shanah 5777, Yom Kippur e Sukkot mi è particolarmente caro far giungere a Lei e alla comunità ebraica di Roma l'augurio più vivo. Il mio pensiero si estende anche alle comunità ebraiche nel mondo, nell'auspicio che le imminenti feste siano per tutti foriere di abbondanti benedizioni. L'Altissimo ci conceda la pace e l'instancabile desiderio di promuoverla. Nella sua eterna misericordia, doni speranza e serenità ai nostri giorni e rafforzi i cordiali legami di amicizia tra di noi".
È quanto si legge in un messaggio inviato da papa Bergoglio al rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni. 

pilpul
Due ebrei, tre idee, un ricordo
Laburista, centrista, Presidente della Repubblica di tutti gli israeliani, sognatore, pragmatico, uomo di pace, attento alla sicurezza di Israele. Per ricordare Shimon Peres zl ciascuno ha le sue parole e magari ciascuno ritiene che le parole degli altri siano parziali, reticenti, forse un po’ strumentali. Eppure, anche nella diversità dei discorsi, tutti lo compiangono. Se davvero Shimon Peres è riuscito a mettere d’accordo nel suo ricordo i portatori di opinioni molto diverse tra loro, anche tra i collaboratori di questo notiziario, ciò costituisce un’ulteriore prova della sua grandezza; e forse, pur nella tristezza, il ricordo comune può essere anche un buon auspicio per un 5777 più gioioso e meno conflittuale, di pace e serenità per tutti.

Anna Segre, insegnante
Cosmopolitismo
Nonostante il forte multiculturalismo che si respira in molte metropoli, la parola “cosmopolitismo” ha forse un sapore tutt’oggi desueto. Molte città che agli inizi del XX secolo si potevano considerare cosmopolite, adesso sono per lo più mononazionali, almeno ufficialmente. Una di queste è Izmir, dove mi trovo da circa una settimana: qui al tramonto dell’Impero Ottomano v’era una maggioranza greca, e un buon numero di italiani, armeni ed ebrei. Poi vi un breve periodo sotto la Grecia e successivamente, con la guerra greco-turca e il catastrofico incendio del 1922, la riconquista da parte dei turchi repubblicani di Kemal Ataturk.

Francesco Moises Bassano
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Non ci lasci la speranza
Ho conosciuto Shimon Peres per la prima volta addirittura nel 1977 al congresso del Partito Laburista Israeliano al quale ero presente come delegato del Psi. Più volte l’ho incontrato alle riunioni dell’Internazionale Socialista cui egli non mancava mai. Forse l’incontro più significativo fu quello del 1993, all’indomani degli accordi della Casa Bianca quando sembrava che il processo di pace tra israeliani e palestinesi si fosse finalmente affermato. Venni invitato come Ministro dell’Ambiente del governo Ciampi ad un convegno organizzato dall’Università di Gerusalemme insieme al Ministero degli Esteri, retto in quel periodo dallo stesso Shimon Peres. Il convegno era sui problemi del dopo-accordo e come ministro dell’Ambiente italiano mi fu chiesto di presiedere la tavola rotonda sul tema, delicatissimo delle acque.
Tutte le volte rimanevo colpito dall’ampiezza visionaria dei discorsi di Peres, molto avanti spesso rispetto alla realtà che ci circondava. Il suo ricordo rimane per me inestricabilmente connesso a quella speranza di pace, con tutta la carica non solo politica, ma anche emotiva che comportava.
Se non fosse stato per la situazione geopolitica del Medio Oriente, Shimon Peres sarebbe forse diventato presidente dell’Internazionale Socialista dopo Willi Brandt o dopo Pierre Mauroy. Tale era la dimensione non solo medio-orientale o europea della sua personalità.
Un grande che ci lascia. Cerchiamo di operare perché non ci lasci la sua grande speranza.


Valdo Spini

Shofar
Il suono costituisce l’inizio, come la voce della madre quando siamo in utero. È la nostra nota sul mondo che dipende da chi la produce e la cui percezione dipende da chi l’ascolta. Uno shofar “buono e dolce” è quello che auguro a tutti di poter ascoltare. Shanà tovà.

Ilana Bahbout

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