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23 ottobre 2016 - 21 Tishri 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Jonathan Sacks,
rabbino
Sukkot è il momento in cui ci poniamo le domande più profonde rispetto a che cosa renda una vita meritevole di essere vissuta. Dopo le preghiere per essere iscritti nel Libro della vita di Rosh HaShannah e Yom Kippur, Sukkot ci costringe a ricordaci di quanto sia breve la nostra vita e quanto sia vulnerabile. Ciò che importa non è quanto a lungo viviamo, ma quanto intensamente sentiamo che la vita è un regalo che ripaghiamo con l'altruismo.
 
David Bidussa,
storico sociale
delle idee
La cosa più difficile è rinunciare alla propria tradizione. A proposito del voto di astensione dell’Italia sulla dichiarazione Unesco su Gerusalemme credo sia importante non dimenticare che siamo il Paese che ha rinunciato alla verità sul caso Regeni pur di non generare malumore nei nostri partner egiziani.
Potevamo venire meno a una consuetudine?
In sintonia con il Premier
sul voto all'Unesco
Un colloquio molto positivo e costruttivo è avvenuto a pochi minuti dall’inizio dello Shabbat fra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni riguardo alla vicenda della posizione italiana in seno all’Unesco già affrontata da Renzi in termini molto critici nella mattinata.
Riportato ieri con grande evidenza dalla stampa italiana, il colloquio è arrivato al termine di una giornata apertasi con la diffusione di un alla riflessione al Capo dello Stato Sergio Mattarella, che prossimamente Di Segni accompagnerà in Israele. Invito che era subito rimbalzato a Palazzo Chigi suscitando la ferma reazione del premier e le sue ferme parole di condanna dell’atteggiamento tenuto dal nostro paese a Parigi.
“Accolgo con grande soddisfazione le parole pronunciate dal primo ministro sull’ignobile voto dell’Unesco che, con il colpevole silenzio dell’Italia, ha cancellato millenni di storia ebraica a Gerusalemme e in Israele. La speranza – aveva quindi dichiarato Di Segni nel corso della giornata – è che documenti simili in futuro non solo trovino ferma opposizione da parte dei nostri rappresentanti ma proprio non arrivino mai più sul tavolo di organizzazioni che dovrebbero assolvere al loro vero fine istituzionale senza cedere a vergognose e strumentali delegittimazioni come quella cui abbiamo assistito nei giorni scorsi”.
Molte le pagine di approfondimento che i quotidiani hanno dedicato ieri alla vicenda. Interviste, commenti, schede. Alcune precisazioni del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, intervistato dal Corriere. “Va ripensato il nostro atteggiamento complessivo nei confronti dell’Unesco e delle sue impresentabili maggioranze. Le scuse non bastano. L’allucinante astensione – ha scritto Pierluigi Battista in un editoriale pubblicato sulla prima pagina del quotidiano – non deve avere mai più una replica”.

All’uscita di shabbat è stata poi data la notizia di un colloquio telefonico tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente del Consiglio Renzi. Netanyahu ha ringraziato il collega italiano per le sue affermazioni sul fatto che “il voto italiano sui legami tra il popolo ebraico e Gerusalemme è stato un errore che non si ripeterà” (parole oggi richiamate su l’Unità). “Anche il teatro dell’assurdo ha dei limiti – ha aggiunto Netanyahu in una dichiarazione diffusa dal suo ufficio – ed è importante che paesi che hanno rispetto di se stessi e della verità non vi prendano parte”. “Non è una questione politica – ha spiegato il Primo ministro israeliano riferendosi ai legami tra popolo ebraico e Gerusalemme – ma un fatto storico”.

Firenze, i libri ebraici salvati dall’alluvione. In evidenza sulle pagine culturali del Messaggero il grande ritorno dei libri ebraici alluvionati a Firenze, con la mostra “E le acque si calmarono” che si inaugurerà giovedì 27 alla Biblioteca Nazionale Centrale.
Recuperati e valorizzati su iniziativa della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia insieme alla Nazionale, i volumi restaurati permetteranno di approfondire la storia plurisecolare della Comunità ebraica fiorentina, il suo contributo al progresso culturale ed economico della città, i molti personaggi che lasciarono il segno.

Com’è possibile che il nemico numero uno resti sempre Israele? Se lo chiede Furio Colombo che sul Fatto Quotidiano denuncia l’ipocrisia e le distorsioni di chi chiude gli occhi davanti a tragedie umanitarie come quella di Aleppo ma vota una risoluzione anti-storica come quella approvata dall’Unesco. “Nello stesso tempo, e mentre stiamo attendendo di sapere il tanto narrato e filmato e ritardato assalto del mondo libero a Mosul avrà o no successo – scrive Colombo – si moltiplicano le università inglesi che proclamo il boicottaggio delle università israeliane, e che, però, non hanno mai accennato al boicottaggio di università in Siria (Damasco) e Iraq (Bagdad)”.

Il massacro dell’Isis a Mosul. I terroristi del sedicente Stato islamico stanno compiendo massacri nella Mosul assediata dalle forze alleate, che cercano di liberarla. Il Corriere, attraverso il reportage di Lorenzo Cremonesi, parla di 284 persone, donne e bambini compresi, uccise a colpi di mitra e poi sepolte in fosse comuni scavate dai bulldozer dell’Isis. “L’Isis – spiega il giornalista – sta abbandonando i quartieri a sud dell’Eufrate. Sono difficili da difendere, potrebbe minarli, infarcirli di bombe trappola. I suoi uomini stanno concentrandosi nei quartieri a nord del fiume, dove si trova la parte vecchia della città”.
 
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  davar
unesco - dopo il silenzio di roma 
Renzi-Di Segni, dialogo positivo
per una svolta della diplomazia

Un colloquio positivo e costruttivo, avvenuto a pochi minuti dall'inizio dello Shabbat. L'ultimo atto di una giornata, venerdì 21 ottobre, che ha fatto emergere con chiarezza la volontà di Palazzo Chigi di porre rimedio e cambiare rotta dopo il vergognoso voto Unesco su Gerusalemme con duplice astensione italiana.
Si riparte da qui, dal confronto che il Primo Ministro Matteo Renzi e la Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni hanno avuto al termine di una giornata molto significativa, apertasi con la diffusione di un invito alla riflessione inviato dalla Presidente UCEI al capo dello Stato Sergio Mattarella. Invito subito rimbalzato a Palazzo Chigi e che, nella mattinata stessa, ha suscitato la ferma reazione del premier e le sue parole di condanna dell'atteggiamento tenuto dai nostri rappresentanti.
Scriveva Di Segni nel suo messaggio a Mattarella, che ampia diffusione ha avuto sui media italiani: “Diverse le civiltà del passato che hanno violato e distrutto il nostro Tempio. Diverse le ragioni che nei secoli hanno fatto percorrere ai pellegrini la lunga distanza dai remoti luoghi di provenienza. Come non comprendere che oggi gruppi estremisti e aggregazioni di ogni genere, che di civile nulla detengono, cercano la distruzione e l’annientamento? Come accettare che l’Unesco, agenzia preposta allo sviluppo della cultura, si esprima in tal modo? Per ben due volte, a distanza di pochi giorni, nonostante chiari segnali d’allarme, il rappresentante italiano ha scelto attraverso l’astensione di rimanere in silenzio. Un silenzio che dimentica le raffigurazioni riportate sull’Arco di Tito. Un silenzio assordante. Un silenzio che concorre ad un negazionismo contro il quale oggi tutti alziamo la voce”.
“Illustre Presidente – sottolineava ancora Di Segni, il cui intervento è stato pubblicato per intero dal quotidiano La Stampa – le scrivo perché gli ebrei italiani restano fiduciosi che dall’alto del suo prestigio il Quirinale possa risvegliare un orientamento di saggezza ed equilibrio, l’unico che possa rappresentare i sentimenti di tutte le identità e di tutti i cittadini, e affermare i nostri più importanti valori costituzionali. Non abbiamo altro da chiedere che tenere in alto l’onore dell’Italia e garantire al nostro Paese un ruolo da protagonista nell’immenso lavoro di costruzione della pace che ci deve vedere tutti impegnati”.
Valori che Renzi ha voluto affermare senza mezzi termini, parlando di "vicenda allucinante" e indicando una svolta importante. "È incomprensibile, inaccettabile e sbagliato. Ho chiesto espressamente che la si smetta con queste posizioni. Non si può continuare con queste mozioni finalizzate solo ad attaccare Israele. Se c’è da rompere su questo l’unità europea - le sue parole - che la si rompa”.


su pagine ebraiche come cambia la farnesina
Esteri, il viceministro sull'Unesco "Italia lavora per il cambiamento"
Un cambio di orientamento della diplomazia italiana a fronte di quanto accaduto con la risoluzione Unesco su Gerusalemme, condannata da Israele e dal mondo ebraico italiano. È quanto prevede accadrà il viceministro agli Esteri Mario Giro, protagonista dell'intervista di Pagine Ebraiche di novembre. Il viceministro spiega al giornale dell'ebraismo italiano (in stampa in queste ore) il perché dell'astensione italiana – definita dal Premier Matteo Renzi un errore -, sottolineando la necessità di un cambiamento da parte del nostro Paese dell'atteggiamento nei confronti dell'Unesco: “Credo sia necessario smetterla di accettare risoluzioni che usano la cultura come un’arma, perché è evidente che non è questo lo scopo dell’Unesco. Dobbiamo opporci a questa logica”, sottolinea Giro, che poi risponde su temi di più ampio respiro, come la collaborazione di Roma con Gerusalemme, il ruolo della cooperazione internazionale, la sfida della convivenza in un'Europa in profondo cambiamento.

La sconcertante risoluzione dell’Unesco su Gerusalemme, che cancella il legame tra il Monte del Tempio e l’ebraismo, ha messo in luce la contraddittorietà di una certa diplomazia internazionale. Troppo spazio è stato lasciato a quei paesi che a priori si esprimono contro Israele, che usano sedi come l’organizzazione che dovrebbe tutelare la cultura e la scienza per colpire e delegittimare lo Stato ebraico. Di questa situazione, diventata oramai insostenibile, si sono resi conto anche a Roma, soprattutto grazie alle proteste del mondo ebraico italiano: l’astensione dell’Italia in sede Unesco di fronte a una risoluzione tanto grave e scorretta ha fatto molto rumore, aprendo una riflessione sulla necessità di un cambio di orientamento della diplomazia del Bel Paese. Tanto che lo stesso Primo ministro Matteo Renzi ha definito il voto della rappresentanza italiana “incomprensibile, inaccettabile e sbagliato”, spiegando “di aver chiesto espressamente ai nostri di smetterla con queste posizioni. Non si può continuare con queste mozioni finalizzate ad attaccare Israele. Se c’è da rompere su questo l’unità europea, che si rompa”. E il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha confermato che “nelle prossime votazioni, cambieremo atteggiamento”. A ribadire a Pagine Ebraiche la necessità di intraprendere un nuovo corso, che contrasti apertamente iniziative come quella dell’Unesco, anche il viceministro degli Esteri – con delega alla Cooperazione Internazionale – Mario Giro. In un confronto che ha toccato diversi temi legati al ruolo dell’Italia nel panorama internazionale, il viceministro Giro ha spiegato al nostro giornale il motivo del voto italiano all’Unesco, auspicando un cambio di rotta.

Viceministro, il mondo ebraico italiano, a partire dalla Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, ha criticato molto la scelta della nostra rappresentanza all’Unesco di astenersi rispetto a una risoluzione volta chiaramente a colpire Israele e l’ebraismo, un documento promosso dalla delegazione palestinese e sottoscritta da Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar e Sudan. Quello che l’ebraismo italiano si è chiesto è: perché astenersi di fronte a un’iniziativa che nega la storia, omettendo, il legame tra il Monte del Tempio di Gerusalemme e l’ebraismo?

L’Italia si è sempre astenuta in occasioni simili, per marcare la differenza nei confronti delle proposte che vengono fatte da una serie di paesi arabi. Questo però crea un’inerzia che va superata, perché cambiano le situazioni, un astensione o un voto di un certo tipo non è detto che vada bene sempre. Questo tipo di atteggiamento deve essere infatti rivisto. Troppo spesso all’Unesco si usano questioni culturali per mascherare posizioni politiche. E ciò non è più accettabile. Nel caso dell’ultima votazione, l’astensione è dovuta, come dicevo, all’inerzia, con una mancanza di comunicazione tra la burocrazia e chi ha la responsabilità politica.

Qual è la sua valutazione rispetto alla risoluzione in sé?

È evidente che il Muro del pianto o Muro Occidente è un luogo ebraico, è noto a tutti questo. Credo sia necessario smetterla di accettare risoluzioni che usano la cultura come un’arma, perché è evidente che non è questo lo scopo dell’Unesco. Dobbiamo opporci a questa logica. E ne ho parlato anche con gli ambasciatori d’Israele a Roma e in Vaticano, in occasione della marcia in memoria del rastrellamento degli ebrei romani compiuto dai nazifascisti il 16 ottobre 1943.

Lasciando la vicenda Unesco, i rapporti tra Israele e Italia continuano a consolidarsi attraverso collaborazioni sul piano scientifico ed economico. In particolare, lei ha la delega alla Cooperazione internazionale e su questo fronte avete aperto con Gerusalemme un nuovo percorso. Ce ne può parlare?

Con Israele i rapporti sono ottimi. Abbiamo recentemente firmato un accordo per sviluppare progetti di cooperazione bilaterale in Africa. In particolare, le iniziative partiranno dall’Africa e poi vedremo di coinvolgere altri paesi dell’area. Il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha recentemente visitato diversi paesi africani, parlando di un continente sempre più strategico per gli interessi nazionali. Affermazione altrettanto vera per l’Italia, come dimostra la sua recente visita proprio in Africa.

Perché investire in questo continente?

Il nostro partenariato con paesi africani ha molteplici finalità. In primo luogo dare stabilità a un’area in balia di conflitti e dove il terrorismo islamista trova terreno fertile. Purtroppo molti giovani africani, che davanti a sé non vedono un futuro, vengono indottrinati dai maestri del male. Dare loro un lavoro attraverso progetti di cooperazione internazionale vuol dire dare a queste persone e ai loro paesi una stabilità, prosciugare il bacino del terrorismo. Ed è una risposta anche alle grandi migrazioni: creando opportunità i giovani si legano ai loro territori e non sono spinti ad andarsene.

Parlando in generale, il suo impegno è molto concentrato sulla cooperazione internazionale ma sembra che in Italia non ci sia molta attenzione a questa materia, almeno non da parte dell’opinione pubblica.

Si fa molto ma forse non se ne parla abbastanza. Ad esempio, la nuova struttura dell’agenzia per la cooperazione internazionale permetterà all’Italia di ottenere più risorse dall’Unione europea. Si tratta di una vera e propria trasformazione nella cooperazione che coinvolge la Cassa Depositi e Prestiti. L’Agenzia diventerà uno strumento a servizio di tutto il Sistema Italia e lavorerà in particolare con i Paesi del Mediterraneo, sulla base del “migration compact” proposto dal governo, assieme a tutti i partner coinvolti, anche senza aspettare l’Unione europea. Inoltre sono state aumentate, grazie al Premier Renzi, le risorse per la cooperazione e non dobbiamo dimenticarci che l’Italia e la quarta o quinta realtà del G7. La cooperazione crea futuro e benessere sia per i paesi in cui andiamo a operare sia per l’Italia.

Ha citato l’Unione europea: i paesi dell’Ue sono stati criticati per non essere riusciti a mettere sul terreno un piano per dare risposte comuni sul fronte dei migranti e intanto le spinte xenofobe minacciano dall’interno diversi suoi paesi. Qual è la situazione? E condivide la critica?

Sicuramente l’Europa non si sta muovendo a sufficienza. Le spinte xenofobe di cui parla sono preoccupanti ma aggiungo anche l’allarme per un crescente antisemitismo che minaccia la convivenza europea. Su questo fronte il governo italiano è in prima fila e non permetterà mai che le sue minoranze, tra cui quella ebraica, vengano minacciate. Come ho detto, ho partecipato anche quest’anno alla marcia del 16 ottobre organizzata dalla Comunità ebraica romana con la Comunità di Sant’Egidio. Si tratta di un momento che ci ricorda come sia un nostro dovere difendere la realtà ebraica così come le altre minoranze. Come governo, teniamo molto alla convivenza perché è l’unica vera risposta del futuro anche di fronte alle incertezze portate dalla globalizzazione. Bisogna imparare a convivere e condividere.

Daniel Reichel

(Disegno di Giorgio Albertini)
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I 50 ANNI DELL'ALLUVIONE
"Camerino, eroe di Firenze"
Documenti e opere d’arte ritrovate. Registri delle confraternite del Settecento, note stilate dai custodi del Tempio nel secolo successivo e molto altro ancora. Tutto questo nella suggestiva mostra inaugurata oggi in sinagoga a Firenze, importante tappa di avvicinamento al grande evento di giovedì: l’inaugurazione della mostra “E le acque si calmarono” alla Biblioteca Nazionale Centrale su iniziativa della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia (inaugurazione alle 17.30, preceduta due ore prima da un incontro di approfondimento).
Grande partecipazione e grande interesse per l’iniziativa odierna, che segna l’avvio del contributo che la Comunità ebraica fiorentina offrirà all’elaborazione dei temi sollevati nel Cinquantenario dell’alluvione (non a caso era presente il gonfalone del Comune). L’uomo di fronte alle catastrofi naturali: le difficoltà, le sfide, l’incertezza. Ma anche la straordinaria pagina di solidarietà che talvolta è in grado di esprimere nei momenti più complessi.
oncetti toccati nei loro interventi dal presidente dell’Opera del Tempio Ebraico Renzo Funaro, dal presidente della Comunità ebraica fiorentina Dario Bedarida e dal rabbino capo Joseph Levi. E che sono stati inoltre sviluppati nelle relazioni di tre studiose coinvolte in questa sfida: Dora Liscia Bemporad, Liana Funaro e Gabriella Todros.
Solidarietà, si diceva. È stata questa, oggi, una delle parole più pronunciate. Con uno straordinario esempio a illuminare il ricordo di quelle ore: a emergere la figura di Luciano Camerino, Testimone romano della Shoah che dalla Capitale volle venire in soccorso alla città disastrata. La vista della sinagoga, degli ingenti danni subiti, gli fu fatale. Fu infatti colto da un malore e, poche ore dopo, morì. Commoventi le parole delle figlie, oggi presenti all’inaugurazione, che hanno ricordato la profonda umanità del padre. Il suo altruismo, la sua bontà. Significativamente, Camerino riposa oggi con al fianco uno dei Sefer Torah alluvionati che non fu possibile restaurare.
E grande emozione ha destato anche il ricordo dell’ingegner Giuseppe Viterbo, da poco scomparso, che molto si spese per salvaguardare la biblioteca ebraica fiorentina colpita dalla furia dell’Arno. Testimone diretto di quelle ore, ha voluto lasciare una commovente memoria pubblicata nel catalogo della mostra.
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pilpul

Muri e muli
Dispiace il doverlo dire ma a fare piangere non è un muro bensì la politica ostinata del mulo, con tutto il rispetto che si deve offrire al mammifero, fedele amico dell’uomo. Certo, si tratta di un conflitto politico sotto le spoglie di una guerra di nomi, che tuttavia cela una lotta per la legittimità nel controllo di luoghi dall’indiscutibile valore simbolico. Ma non solo questo. Molta parte del confronto israelo-palestinese, ovvero di ciò che nei fatti residua di esso, è innervato nella delegittimazione del nome altrui. Non si tratta di una semplice battaglia nominalistica, ovvero di forma, ma di una frizione permanente sul futuro di uno spazio obbligatoriamente condiviso o comunque coabitato. Non è un caso, al riguardo, se alla radice di uno dei grandi filoni del conflitto medesimo vi sia l’indisponibilità, pervicacemente ribadita da una parte del mondo arabo prima e ora musulmano, di superare il rifiuto dell’«entità sionista» accettando l’esistenza di Israele come nazione e come Stato tra gli altri Stati. Segnatamente, ciò di cui stiamo per parlare si inscrive a pieno titolo dentro questo capitolo “mainstream”, che si reitera con una sorta di inesorabile disposizione maniacale. Non di meno, la rinnovata centralità della questione delle terre si inscrive anche all’interno di percorsi e dinamiche che rinviano alle trasformazioni della composizione di una parte della popolazione israeliana, insieme alle politiche nei confronti dei territori dove gli insediamenti ebraici si sono diffusi in questi decenni.

Claudio Vercelli
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Unesco-cultura, due cose diverse
Le infinite polemiche sulla recente risoluzione dell’Unesco a proposito dei luoghi sacri ‘contesi’ di Gerusalemme hanno messo a fuoco molti argomenti, ma ne hanno scordato qualcuno di piuttosto interessante.
Chi ha accusato l'Unesco di non riconoscere l’identità ebraica dell’area contesa / condivisa – la spianata del Tempio o spianata delle Moschee – esagera di molto la portata della risoluzione: non è vero che essa non riconosca “l’importanza della Città Vecchia e delle mura per le tre religioni monoteistiche”: lo fa esplicitamente, e chi non lo riconosce strumentalizza la risoluzione a fini politici, e non fa un buon servizio alle ragioni di Israele, questo è chiaro.


Dario Calimani, Università Ca' Foscari Venezia
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