Jonathan Sacks,
rabbino
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Sukkot
è il momento in cui ci poniamo le domande più profonde rispetto a che
cosa renda una vita meritevole di essere vissuta. Dopo le preghiere per
essere iscritti nel Libro della vita di Rosh HaShannah e Yom Kippur,
Sukkot ci costringe a ricordaci di quanto sia breve la nostra vita e
quanto sia vulnerabile. Ciò che importa non è quanto a lungo viviamo,
ma quanto intensamente sentiamo che la vita è un regalo che ripaghiamo
con l'altruismo.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee
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La
cosa più difficile è rinunciare alla propria tradizione. A proposito
del voto di astensione dell’Italia sulla dichiarazione Unesco su
Gerusalemme credo sia importante non dimenticare che siamo il Paese che
ha rinunciato alla verità sul caso Regeni pur di non generare malumore
nei nostri partner egiziani.
Potevamo venire meno a una consuetudine?
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In sintonia con il Premier
sul voto all'Unesco
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Un
colloquio molto positivo e costruttivo è avvenuto a pochi minuti
dall’inizio dello Shabbat fra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi
e la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di
Segni riguardo alla vicenda della posizione italiana in seno all’Unesco
già affrontata da Renzi in termini molto critici nella mattinata.
Riportato ieri con grande evidenza dalla stampa italiana, il colloquio
è arrivato al termine di una giornata apertasi con la diffusione di un
alla riflessione al Capo dello Stato Sergio Mattarella, che
prossimamente Di Segni accompagnerà in Israele. Invito che era subito
rimbalzato a Palazzo Chigi suscitando la ferma reazione del premier e
le sue ferme parole di condanna dell’atteggiamento tenuto dal nostro
paese a Parigi.
“Accolgo con grande soddisfazione le parole pronunciate dal primo
ministro sull’ignobile voto dell’Unesco che, con il colpevole silenzio
dell’Italia, ha cancellato millenni di storia ebraica a Gerusalemme e
in Israele. La speranza – aveva quindi dichiarato Di Segni nel corso
della giornata – è che documenti simili in futuro non solo trovino
ferma opposizione da parte dei nostri rappresentanti ma proprio non
arrivino mai più sul tavolo di organizzazioni che dovrebbero assolvere
al loro vero fine istituzionale senza cedere a vergognose e strumentali
delegittimazioni come quella cui abbiamo assistito nei giorni scorsi”.
Molte le pagine di approfondimento che i quotidiani hanno dedicato ieri
alla vicenda. Interviste, commenti, schede. Alcune precisazioni del
ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, intervistato dal Corriere. “Va
ripensato il nostro atteggiamento complessivo nei confronti dell’Unesco
e delle sue impresentabili maggioranze. Le scuse non bastano.
L’allucinante astensione – ha scritto Pierluigi Battista in un
editoriale pubblicato sulla prima pagina del quotidiano – non deve
avere mai più una replica”.
All’uscita di shabbat è stata poi data la notizia di un colloquio
telefonico tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente
del Consiglio Renzi. Netanyahu ha ringraziato il collega italiano per
le sue affermazioni sul fatto che “il voto italiano sui legami tra il
popolo ebraico e Gerusalemme è stato un errore che non si ripeterà”
(parole oggi richiamate su l’Unità). “Anche il teatro dell’assurdo ha
dei limiti – ha aggiunto Netanyahu in una dichiarazione diffusa dal suo
ufficio – ed è importante che paesi che hanno rispetto di se stessi e
della verità non vi prendano parte”. “Non è una questione politica – ha
spiegato il Primo ministro israeliano riferendosi ai legami tra popolo
ebraico e Gerusalemme – ma un fatto storico”.
Firenze, i libri ebraici salvati dall’alluvione. In evidenza sulle
pagine culturali del Messaggero il grande ritorno dei libri ebraici
alluvionati a Firenze, con la mostra “E le acque si calmarono” che si
inaugurerà giovedì 27 alla Biblioteca Nazionale Centrale.
Recuperati e valorizzati su iniziativa della Fondazione per i Beni
Culturali Ebraici in Italia insieme alla Nazionale, i volumi restaurati
permetteranno di approfondire la storia plurisecolare della Comunità
ebraica fiorentina, il suo contributo al progresso culturale ed
economico della città, i molti personaggi che lasciarono il segno.
Com’è possibile che il nemico numero uno resti sempre Israele? Se lo
chiede Furio Colombo che sul Fatto Quotidiano denuncia l’ipocrisia e le
distorsioni di chi chiude gli occhi davanti a tragedie umanitarie come
quella di Aleppo ma vota una risoluzione anti-storica come quella
approvata dall’Unesco. “Nello stesso tempo, e mentre stiamo attendendo
di sapere il tanto narrato e filmato e ritardato assalto del mondo
libero a Mosul avrà o no successo – scrive Colombo – si moltiplicano le
università inglesi che proclamo il boicottaggio delle università
israeliane, e che, però, non hanno mai accennato al boicottaggio di
università in Siria (Damasco) e Iraq (Bagdad)”.
Il massacro dell’Isis a Mosul. I terroristi del sedicente Stato
islamico stanno compiendo massacri nella Mosul assediata dalle forze
alleate, che cercano di liberarla. Il Corriere, attraverso il reportage
di Lorenzo Cremonesi, parla di 284 persone, donne e bambini compresi,
uccise a colpi di mitra e poi sepolte in fosse comuni scavate dai
bulldozer dell’Isis. “L’Isis – spiega il giornalista – sta abbandonando
i quartieri a sud dell’Eufrate. Sono difficili da difendere, potrebbe
minarli, infarcirli di bombe trappola. I suoi uomini stanno
concentrandosi nei quartieri a nord del fiume, dove si trova la parte
vecchia della città”.
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unesco - dopo il silenzio di roma
Renzi-Di Segni, dialogo positivo
per una svolta della diplomazia
Un
colloquio positivo e costruttivo, avvenuto a pochi minuti dall'inizio
dello Shabbat. L'ultimo atto di una giornata, venerdì 21 ottobre, che
ha fatto emergere con chiarezza la volontà di Palazzo Chigi di porre
rimedio e cambiare rotta dopo il vergognoso voto Unesco su Gerusalemme
con duplice astensione italiana.
Si riparte da qui, dal confronto che il Primo Ministro Matteo Renzi e
la Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di
Segni hanno avuto al termine di una giornata molto significativa,
apertasi con la diffusione di un invito alla riflessione inviato dalla
Presidente UCEI al capo dello Stato Sergio Mattarella. Invito subito
rimbalzato a Palazzo Chigi e che, nella mattinata stessa, ha suscitato
la ferma reazione del premier e le sue parole di condanna
dell'atteggiamento tenuto dai nostri rappresentanti.
Scriveva Di Segni nel suo messaggio a Mattarella, che ampia diffusione
ha avuto sui media italiani: “Diverse le civiltà del passato che hanno
violato e distrutto il nostro Tempio. Diverse le ragioni che nei secoli
hanno fatto percorrere ai pellegrini la lunga distanza dai remoti
luoghi di provenienza. Come non comprendere che oggi gruppi estremisti
e aggregazioni di ogni genere, che di civile nulla detengono, cercano
la distruzione e l’annientamento? Come accettare che l’Unesco, agenzia
preposta allo sviluppo della cultura, si esprima in tal modo? Per ben
due volte, a distanza di pochi giorni, nonostante chiari segnali
d’allarme, il rappresentante italiano ha scelto attraverso l’astensione
di rimanere in silenzio. Un silenzio che dimentica le raffigurazioni
riportate sull’Arco di Tito. Un silenzio assordante. Un silenzio che
concorre ad un negazionismo contro il quale oggi tutti alziamo la voce”.
“Illustre Presidente – sottolineava ancora Di Segni, il cui intervento
è stato pubblicato per intero dal quotidiano La Stampa – le scrivo
perché gli ebrei italiani restano fiduciosi che dall’alto del suo
prestigio il Quirinale possa risvegliare un orientamento di saggezza ed
equilibrio, l’unico che possa rappresentare i sentimenti di tutte le
identità e di tutti i cittadini, e affermare i nostri più importanti
valori costituzionali. Non abbiamo altro da chiedere che tenere in alto
l’onore dell’Italia e garantire al nostro Paese un ruolo da
protagonista nell’immenso lavoro di costruzione della pace che ci deve
vedere tutti impegnati”.
Valori che Renzi ha voluto affermare senza mezzi termini, parlando di
"vicenda allucinante" e indicando una svolta importante. "È
incomprensibile, inaccettabile e sbagliato. Ho chiesto espressamente
che la si smetta con queste posizioni. Non si può continuare con queste
mozioni finalizzate solo ad attaccare Israele. Se c’è da rompere su
questo l’unità europea - le sue parole - che la si rompa”.
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su pagine ebraiche come cambia la farnesina Esteri, il viceministro sull'Unesco "Italia lavora per il cambiamento"
Un
cambio di orientamento della diplomazia italiana a fronte di quanto
accaduto con la risoluzione Unesco su Gerusalemme, condannata da
Israele e dal mondo ebraico italiano. È quanto prevede accadrà il
viceministro agli Esteri Mario Giro, protagonista dell'intervista di
Pagine Ebraiche di novembre. Il viceministro spiega al giornale
dell'ebraismo italiano (in stampa in queste ore) il perché
dell'astensione italiana – definita dal Premier Matteo Renzi un errore
-, sottolineando la necessità di un cambiamento da parte del nostro
Paese dell'atteggiamento nei confronti dell'Unesco: “Credo sia
necessario smetterla di accettare risoluzioni che usano la cultura come
un’arma, perché è evidente che non è questo lo scopo dell’Unesco.
Dobbiamo opporci a questa logica”, sottolinea Giro, che poi risponde su
temi di più ampio respiro, come la collaborazione di Roma con
Gerusalemme, il ruolo della cooperazione internazionale, la sfida della
convivenza in un'Europa in profondo cambiamento.
La sconcertante risoluzione dell’Unesco su Gerusalemme, che cancella il
legame tra il Monte del Tempio e l’ebraismo, ha messo in luce la
contraddittorietà di una certa diplomazia internazionale. Troppo spazio
è stato lasciato a quei paesi che a priori si esprimono contro Israele,
che usano sedi come l’organizzazione che dovrebbe tutelare la cultura e
la scienza per colpire e delegittimare lo Stato ebraico. Di questa
situazione, diventata oramai insostenibile, si sono resi conto anche a
Roma, soprattutto grazie alle proteste del mondo ebraico italiano:
l’astensione dell’Italia in sede Unesco di fronte a una risoluzione
tanto grave e scorretta ha fatto molto rumore, aprendo una riflessione
sulla necessità di un cambio di orientamento della diplomazia del Bel
Paese. Tanto che lo stesso Primo ministro Matteo Renzi ha definito il
voto della rappresentanza italiana “incomprensibile, inaccettabile e
sbagliato”, spiegando “di aver chiesto espressamente ai nostri di
smetterla con queste posizioni. Non si può continuare con queste
mozioni finalizzate ad attaccare Israele. Se c’è da rompere su questo
l’unità europea, che si rompa”. E il ministro degli Esteri Paolo
Gentiloni ha confermato che “nelle prossime votazioni, cambieremo
atteggiamento”. A ribadire a Pagine Ebraiche la necessità di
intraprendere un nuovo corso, che contrasti apertamente iniziative come
quella dell’Unesco, anche il viceministro degli Esteri – con delega
alla Cooperazione Internazionale – Mario Giro. In un confronto che ha
toccato diversi temi legati al ruolo dell’Italia nel panorama
internazionale, il viceministro Giro ha spiegato al nostro giornale il
motivo del voto italiano all’Unesco, auspicando un cambio di rotta.
Viceministro, il mondo
ebraico italiano, a partire dalla Presidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, ha criticato molto la scelta della
nostra rappresentanza all’Unesco di astenersi rispetto a una
risoluzione volta chiaramente a colpire Israele e l’ebraismo, un
documento promosso dalla delegazione palestinese e sottoscritta da
Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar e Sudan. Quello che
l’ebraismo italiano si è chiesto è: perché astenersi di fronte a
un’iniziativa che nega la storia, omettendo, il legame tra il Monte del
Tempio di Gerusalemme e l’ebraismo?
L’Italia si è sempre astenuta in occasioni simili, per marcare la
differenza nei confronti delle proposte che vengono fatte da una serie
di paesi arabi. Questo però crea un’inerzia che va superata, perché
cambiano le situazioni, un astensione o un voto di un certo tipo non è
detto che vada bene sempre. Questo tipo di atteggiamento deve essere
infatti rivisto. Troppo spesso all’Unesco si usano questioni culturali
per mascherare posizioni politiche. E ciò non è più accettabile. Nel
caso dell’ultima votazione, l’astensione è dovuta, come dicevo,
all’inerzia, con una mancanza di comunicazione tra la burocrazia e chi
ha la responsabilità politica.
Qual è la sua valutazione rispetto alla risoluzione in sé?
È evidente che il Muro del pianto o Muro Occidente è un luogo ebraico,
è noto a tutti questo. Credo sia necessario smetterla di accettare
risoluzioni che usano la cultura come un’arma, perché è evidente che
non è questo lo scopo dell’Unesco. Dobbiamo opporci a questa logica. E
ne ho parlato anche con gli ambasciatori d’Israele a Roma e in
Vaticano, in occasione della marcia in memoria del rastrellamento degli
ebrei romani compiuto dai nazifascisti il 16 ottobre 1943.
Lasciando la vicenda
Unesco, i rapporti tra Israele e Italia continuano a consolidarsi
attraverso collaborazioni sul piano scientifico ed economico. In
particolare, lei ha la delega alla Cooperazione internazionale e su
questo fronte avete aperto con Gerusalemme un nuovo percorso. Ce ne può
parlare?
Con Israele i rapporti sono ottimi. Abbiamo recentemente firmato un
accordo per sviluppare progetti di cooperazione bilaterale in Africa.
In particolare, le iniziative partiranno dall’Africa e poi vedremo di
coinvolgere altri paesi dell’area. Il Primo ministro israeliano
Benjamin Netanyahu ha recentemente visitato diversi paesi africani,
parlando di un continente sempre più strategico per gli interessi
nazionali. Affermazione altrettanto vera per l’Italia, come dimostra la
sua recente visita proprio in Africa.
Perché investire in questo continente?
Il nostro partenariato con paesi africani ha molteplici finalità. In
primo luogo dare stabilità a un’area in balia di conflitti e dove il
terrorismo islamista trova terreno fertile. Purtroppo molti giovani
africani, che davanti a sé non vedono un futuro, vengono indottrinati
dai maestri del male. Dare loro un lavoro attraverso progetti di
cooperazione internazionale vuol dire dare a queste persone e ai loro
paesi una stabilità, prosciugare il bacino del terrorismo. Ed è una
risposta anche alle grandi migrazioni: creando opportunità i giovani si
legano ai loro territori e non sono spinti ad andarsene.
Parlando in generale, il
suo impegno è molto concentrato sulla cooperazione internazionale ma
sembra che in Italia non ci sia molta attenzione a questa materia,
almeno non da parte dell’opinione pubblica.
Si fa molto ma forse non se ne parla abbastanza. Ad esempio, la nuova
struttura dell’agenzia per la cooperazione internazionale permetterà
all’Italia di ottenere più risorse dall’Unione europea. Si tratta di
una vera e propria trasformazione nella cooperazione che coinvolge la
Cassa Depositi e Prestiti. L’Agenzia diventerà uno strumento a servizio
di tutto il Sistema Italia e lavorerà in particolare con i Paesi del
Mediterraneo, sulla base del “migration compact” proposto dal governo,
assieme a tutti i partner coinvolti, anche senza aspettare l’Unione
europea. Inoltre sono state aumentate, grazie al Premier Renzi, le
risorse per la cooperazione e non dobbiamo dimenticarci che l’Italia e
la quarta o quinta realtà del G7. La cooperazione crea futuro e
benessere sia per i paesi in cui andiamo a operare sia per l’Italia.
Ha citato l’Unione
europea: i paesi dell’Ue sono stati criticati per non essere riusciti a
mettere sul terreno un piano per dare risposte comuni sul fronte dei
migranti e intanto le spinte xenofobe minacciano dall’interno diversi
suoi paesi. Qual è la situazione? E condivide la critica?
Sicuramente l’Europa non si sta muovendo a sufficienza. Le spinte
xenofobe di cui parla sono preoccupanti ma aggiungo anche l’allarme per
un crescente antisemitismo che minaccia la convivenza europea. Su
questo fronte il governo italiano è in prima fila e non permetterà mai
che le sue minoranze, tra cui quella ebraica, vengano minacciate. Come
ho detto, ho partecipato anche quest’anno alla marcia del 16 ottobre
organizzata dalla Comunità ebraica romana con la Comunità di
Sant’Egidio. Si tratta di un momento che ci ricorda come sia un nostro
dovere difendere la realtà ebraica così come le altre minoranze. Come
governo, teniamo molto alla convivenza perché è l’unica vera risposta
del futuro anche di fronte alle incertezze portate dalla
globalizzazione. Bisogna imparare a convivere e condividere.
Daniel Reichel
(Disegno di Giorgio Albertini) Leggi
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I 50 ANNI DELL'ALLUVIONE
"Camerino, eroe di Firenze"
Documenti
e opere d’arte ritrovate. Registri delle confraternite del Settecento,
note stilate dai custodi del Tempio nel secolo successivo e molto altro
ancora. Tutto questo nella suggestiva mostra inaugurata oggi in
sinagoga a Firenze, importante tappa di avvicinamento al grande evento
di giovedì: l’inaugurazione della mostra “E le acque si calmarono” alla
Biblioteca Nazionale Centrale su iniziativa della Fondazione Beni
Culturali Ebraici in Italia (inaugurazione alle 17.30, preceduta due
ore prima da un incontro di approfondimento).
Grande partecipazione e grande interesse per l’iniziativa odierna, che
segna l’avvio del contributo che la Comunità ebraica fiorentina offrirà
all’elaborazione dei temi sollevati nel Cinquantenario dell’alluvione
(non a caso era presente il gonfalone del Comune). L’uomo di fronte
alle catastrofi naturali: le difficoltà, le sfide, l’incertezza. Ma
anche la straordinaria pagina di solidarietà che talvolta è in grado di
esprimere nei momenti più complessi.
oncetti
toccati nei loro interventi dal presidente dell’Opera del Tempio
Ebraico Renzo Funaro, dal presidente della Comunità ebraica fiorentina
Dario Bedarida e dal rabbino capo Joseph Levi. E che sono stati inoltre
sviluppati nelle relazioni di tre studiose coinvolte in questa sfida:
Dora Liscia Bemporad, Liana Funaro e Gabriella Todros.
Solidarietà, si diceva. È stata questa, oggi, una delle parole più
pronunciate. Con uno straordinario esempio a illuminare il ricordo di
quelle ore: a emergere la figura di Luciano Camerino, Testimone romano
della Shoah che dalla Capitale volle venire in soccorso alla città
disastrata. La vista della sinagoga, degli ingenti danni subiti, gli fu
fatale. Fu infatti colto da un malore e, poche ore dopo, morì.
Commoventi le parole delle figlie, oggi presenti all’inaugurazione, che
hanno ricordato la profonda umanità del padre. Il suo altruismo, la sua
bontà. Significativamente, Camerino riposa oggi con al fianco uno dei
Sefer Torah alluvionati che non fu possibile restaurare.
E grande emozione ha destato anche il ricordo dell’ingegner Giuseppe
Viterbo, da poco scomparso, che molto si spese per salvaguardare la
biblioteca ebraica fiorentina colpita dalla furia dell’Arno. Testimone
diretto di quelle ore, ha voluto lasciare una commovente memoria
pubblicata nel catalogo della mostra. Leggi
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Muri e muli |
Dispiace
il doverlo dire ma a fare piangere non è un muro bensì la politica
ostinata del mulo, con tutto il rispetto che si deve offrire al
mammifero, fedele amico dell’uomo. Certo, si tratta di un conflitto
politico sotto le spoglie di una guerra di nomi, che tuttavia cela una
lotta per la legittimità nel controllo di luoghi dall’indiscutibile
valore simbolico. Ma non solo questo. Molta parte del confronto
israelo-palestinese, ovvero di ciò che nei fatti residua di esso, è
innervato nella delegittimazione del nome altrui. Non si tratta di una
semplice battaglia nominalistica, ovvero di forma, ma di una frizione
permanente sul futuro di uno spazio obbligatoriamente condiviso o
comunque coabitato. Non è un caso, al riguardo, se alla radice di uno
dei grandi filoni del conflitto medesimo vi sia l’indisponibilità,
pervicacemente ribadita da una parte del mondo arabo prima e ora
musulmano, di superare il rifiuto dell’«entità sionista» accettando
l’esistenza di Israele come nazione e come Stato tra gli altri Stati.
Segnatamente, ciò di cui stiamo per parlare si inscrive a pieno titolo
dentro questo capitolo “mainstream”, che si reitera con una sorta di
inesorabile disposizione maniacale. Non di meno, la rinnovata
centralità della questione delle terre si inscrive anche all’interno di
percorsi e dinamiche che rinviano alle trasformazioni della
composizione di una parte della popolazione israeliana, insieme alle
politiche nei confronti dei territori dove gli insediamenti ebraici si
sono diffusi in questi decenni.
Claudio Vercelli
Leggi
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Unesco-cultura, due cose diverse
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Le
infinite polemiche sulla recente risoluzione dell’Unesco a proposito
dei luoghi sacri ‘contesi’ di Gerusalemme hanno messo a fuoco molti
argomenti, ma ne hanno scordato qualcuno di piuttosto interessante.
Chi ha accusato l'Unesco di non riconoscere l’identità ebraica
dell’area contesa / condivisa – la spianata del Tempio o spianata delle
Moschee – esagera di molto la portata della risoluzione: non è vero che
essa non riconosca “l’importanza della Città Vecchia e delle mura per
le tre religioni monoteistiche”: lo fa esplicitamente, e chi non lo
riconosce strumentalizza la risoluzione a fini politici, e non fa un
buon servizio alle ragioni di Israele, questo è chiaro.
Dario Calimani, Università Ca' Foscari Venezia
Leggi
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