Paolo Sciunnach,
insegnante | E
disse HaShem ad Avraham: Vai per te (verso di te) dalla tua terra, dal
tuo luogo di nascita, dalla casa di tuo padre, verso la terra che ti
mostrerò (Genesi 12, 1).
Ma non avrebbe dovuto dire: Va via dalla casa di tuo padre, dal tuo
luogo di nascita, dalla tua terra…? Prima esco dalla casa di famiglia,
poi dalla città dove sono nato, poi dal mio paese di origine. Non è
forse questo il percorso della Aliyah in Eretz Israel?
Come mai questa inversione di percorso?
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Anna
Foa,
storica | La
riflessione di Sergio Della Pergola sull'anniversario dell'assassinio
di Rabin merita di essere letta e meditata e suscita interrogativi
inquietanti. Non è infatti stata organizzata dallo Stato, ufficialmente
per mancanza di fondi, la manifestazione ufficiale per ricordare
l'assassinio del Primo ministro israeliano in piazza Rabin ad opera di
un terrorista ebreo, mentre si è tenuta alla Knesset una celebrazione
ufficiale dell'assassinio, ad opera di un terrorista palestinese nel
2001, del ministro Gandi, fondatore del Moledet, "guida della frangia
più oltranzista e venata di razzismo della politica israeliana". Per la
mia generazione, che ha ancora vivo il ricordo di quella terribile sera
del 1995 in cui Yigal Amir sparò a Rabin ed uccise con lui anche le
speranze di pace, questa mancata celebrazione ed invece gli onori resi
ufficialmente ad uno di coloro che hanno creato le premesse per
quell'assassinio suonano come una vittoria dell'odio e un seppellimento
della memoria. "Dove va la Memoria, scrive ancora Della Pergola, vanno
la società e la sua storia, e in questo senso il segnale che ci viene
oggi da Israele è desolante".
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Verso le Presidenziali
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Domani
gli Stati Uniti sceglieranno il loro nuovo presidente: Hillary Clinton
è avanti nei sondaggi seppur Donald Trump abbia ridotto di molto le
distanze nelle ultime settimane. La rimonta del candidato repubblicano,
spiegano i media, si è arrestata, a maggior ragione ora che l’Fbi
scagiona la sua avversaria sul caso delle email: il capo dell’agenzia
di sicurezza americana James Comey ha infatti dichiarato che “l’Fbi non
procederà all’incriminazione di Hillary Clinton per il caso email”. Una
dichiarazione che, spiega il Corriere, “potrebbe ora dare un’altra
spinta alla corsa di Hillary che ieri già aveva guadagnato qualche
lunghezza su Trump. Gli ultimi sondaggi le assegnano un margine che va
dal 4%”. A rafforzarla anche il voto degli ispanici, scrive Repubblica,
aumentato del 99% rispetto alle elezioni precedenti, grazie alla
retorica anti-migranti di Trump. Una retorica che ha generato sfiducia
anche nel mondo ebraico repubblicano: “Molti vedono Trump – scrive
Fiamma Nirenstein sul Giornale – come l’antitesi dei valori ebraici,
hanno paura di essere identificati con i suoi sentimenti anti
universalisti, anti minoranze, anti stranieri, con le sue affermazioni
sessiste e con il suo linguaggio aggressivo, con la sua figura
sociale”. “Il suo linguaggio – si legge nell’articolo – ha persino
sconfinato in affermazioni antisemite come quando ha ammiccato ‘a voi
piace fare gli affari come li faccio io’”, parlando davanti a un
pubblico ebraico.
A criticare Trump, anche lo scrittore Jonathan Safran Foer,
intervistato dal Corriere. Per Safran Foer, il magnate “non si è
limitato alle singole menzogne: ha disegnato un mondo immaginario e ha
preteso di far credere agli americani che quella sia la realtà: è
questo che mi offende di più”.
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gli ebrei americani verso il voto La maggioranza spera in Hillary
Alla
vigilia di Yom Kippur, il sito d'informazione ebraico americano Jewish
Week decideva per la prima volta di schierarsi nelle elezioni alla
presidenza degli Stati Uniti. “Hillary Clinton for President” il titolo
dell'editoriale in cui la redazione spiega il perché del suo
endorsement: “Questo giornale non ha mai dato il suo appoggio a
candidati politici in passato. Ma questa elezione è un'eccezione. Non
si tratta solo di politica. Si tratta del personaggio, della competenza
e della compassione. Si tratta di valori americani, che affondano le
proprie radici nella Bibbia: guardare tutti gli uomini e le donne come
creati a immagine di Dio, avere empatia per l'altro in mezzo a noi,
riconoscendo il potere della comunità, costruendo ponti piuttosto che
muri”.
Una presa di posizione che sembra, più in generale, comune al mondo
ebraico americano in queste ore di attesa per l'avvio delle operazioni
di voto: secondo un'indagine dell'American Jewish Committee, il 61 per
cento degli ebrei statunitensi sta con la Clinton, mentre solo il 19
con Donald Trump.
Negli ultimi giorni, inoltre, Trump è finito nuovamente sotto la lente
dell'Anti-Defamation League, organizzazione d'Oltreoceano che combatte
l'antisemitismo. Pietra dello scandalo, l'ultimo spot elettorale
diffuso dal magnate: i toni sono quelli già usati in passato con la
denuncia di presunti poteri forti, schierati al fianco della Clinton,
che controllerebbero gli Stati Uniti e sarebbero la causa di tutti i
problemi del Paese. Leggi
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i lavori del consiglio ucei Comunicare l'ebraismo italiano
Sfide, complessità, opportunità
Comunicare
l’ebraismo italiano. Una sfida complessa, che si presta a molte
considerazioni. In che termini, in che modi, con quali obiettivi. Nel
rispetto di quali valori e di quali linee guida.
Questo il tema al centro del dibattito nella seconda parte dei lavori
del Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane riunitosi
domenica a Roma e che ha messo l’intera assise a confronto con il
lavoro svolto da chi nell’ente opera in questo campo e con alcuni
ospiti del mondo del giornalismo, della diplomazia, delle istituzioni
israeliane.
“Che immagine diamo dell’ebraismo verso l’esterno? È una domanda che
ciascuno di noi Consiglieri si deve porre, perché ciascuno di noi è,
nel suo ambiente, nel suo territorio di riferimento, un portavoce
dell’Unione. Il senso dell’iniziativa odierna è di attivare un processo
di riflessione con degli esperti, anche sul tema dei contenitori e dei
contenuti della nostra comunicazione” ha sottolineato la Presidente
dell’Unione Noemi Di Segni dando avvio ai lavori.
Tra gli ospiti intervenuti il corrispondente dell’Ansa da Israele
Massimo Lomonaco, il caporedattore Esteri di Skytg24 Renato Coen, il il
ministro-consigliere dell’ambasciata d’Israele Rafael Erdreich e il
portavoce Amit Zarouk.
A un ampio dibattito svoltosi fra i Consiglieri hanno fatto seguito
alcune valutazioni e informazioni offerte dal direttore della
Comunicazione e della redazione giornalistica dell’Unione Guido Vitale. Leggi
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qui roma - CONCLUSO IL SEMINARIO UCEI Ebraismo alla prova dell'arte
Il
giusto finale, per chiudere il cerchio del convegno “Immagini vietate o
permesse? Arte ed ebraismo a Roma”, che si è svolto con successo
giovedì scorso al Centro Bibliografico “Tullia Zevi” dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane. Oltre venti partecipanti alla giornata di
studi hanno infatti preso parte ieri alla visita al Museo ebraico e al
Tempio Maggiore di Roma, organizzata a margine del simposio ideato e
organizzato da Raffaella Di Castro, per far “toccare con mano” agli
utenti la materia delle sessioni di studio.
Nel corso della visita, durata un’ora e mezza, particolare attenzione è
stata data al divieto di rappresentazione delle immagini nell’ebraismo,
e alle varie interpretazioni e applicazioni della proibizione nelle
diverse epoche, dal rigorismo aniconico all’uso di raffigurazioni
provenienti, in alcuni casi, persino dal repertorio pagano. Leggi
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PAOLO DI CANIO SCRIVE ALLA PRESIDENTE UCEI "Le leggi razziali un'infamia"
“Gentilissima
dottoressa Di Segni, le scrivo perché vorrei, attraverso di Lei,
rivolgere un messaggio alle Comunità ebraiche che rappresenta. So che è
a conoscenza della mia vicenda personale, non ho bisogno di riassumerla
in questa circostanza; certamente, in questo periodo di tempo lontano
dalla mia dimensione pubblica, ho avvertito profonda l’amarezza per
essere ancora considerato negativamente per le espressioni e i miei
gesti passati, sino ad essere rappresentato come non sono. Vorrei
trovare un modo per definire una volta per tutte questa situazione. Lo
devo prima di tutto alla mia famiglia, in particolare alle mie figlie
che non possono ritrovare il padre e tutto quello che ho loro
insegnato, nella figura di chi viene ancora dipinto come violento,
razzista e antisemita. Non lo sono mai stato e non lo sono affatto".
Così l'ex calciatore Paolo Di Canio in un messaggio inviato alla
Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni,
pubblicato questa mattina sul portale dell'ebraismo italiano
www.moked.it e subito rilanciato da agenzie di stampa e mezzi di
informazione.
"Sento allora di dover tornare su un argomento che pensavo di avere già
chiarito in passato - scrive ancora Di Canio - non ho e non voglio
avere niente a che spartire con idee antisemite, razziste,
discriminatorie, violente. Ritengo, senza se e senza ma, che le leggi
razziali volute da Mussolini siano state una terribile infamia per la
storia del nostro Paese. Un’infamia che causò un’immane tragedia per
migliaia di ebrei in Italia. Questa è la mia posizione convinta e
determinata".
"Qualche anno fa - sostiene l'ex calciatore - ho chinato la testa di
fronte al dolore di alcuni superstiti di Auschwitz che ho conosciuto
nel corso di un incontro a Roma. Essendo io un personaggio pubblico
credo di dover dar conto di questo mio sentire così da contribuire, per
quanto mi è dato, ad una sensibilizzazione dei nostri giovani verso
sentimenti di solidarietà e rispetto, per unire e non per dividere,
contro ogni forma di odio, di antisemitismo e di razzismo. Tanto che la
autorizzo, se ne avesse intenzione, a rendere pubblica questa mia
lettera e nel contempo Le comunico la mia disponibilità ad incontrarla
personalmente, per esprimerLe anche a voce questi miei pensieri; e,
magari, in quel contesto, potremmo anche individuare un luogo
simbolico, nel quale trovarci assieme per rendere omaggio alla memoria
di chi soffrì".
"Dopo quello che, mio malgrado e contrariamente alla mia volontà, è
recentemente accaduto - afferma DI Canio - voglio dunque ribadire
questi miei convincimenti, scrivendo alla Presidente dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane perché ne sia portavoce verso tutte le
Comunità così da chiudere una pagina recente di dolore e di amarezza,
anche per me".
Il messaggio è così commentato dalla Presidente Di Segni: “I tempi che
viviamo impongono grande attenzione alle parole che usiamo, ai gesti
che compiamo e ai simboli che accompagnano la nostra vista privata ed
in pubblico. Un senso di responsabilità, nell’arginare ogni forma di
odio, che grava ancor più a chi si rivolge al grande pubblico e che
ricoprendo un preciso ruolo ha una chiara riconoscibilità mediatica, e
inevitabilmente concorre a formare le coscienze e le opinioni
soprattutto dei giovani”.
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"Un determinato processo"
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Lo
scorso giovedì su questa pagina avevo scritto che quest’anno – secondo
fonti ufficiali, per mancanza di fondi – la commemorazione ufficiale
del 21° anniversario dell’uccisione di Itzhak Rabin non ci sarebbe
stata. E invece il giorno dopo, venerdì, è stato annunciato che la
commemorazione ci sarebbe stata sabato sera in Piazza Rabin a Tel Aviv.
Chi ha coperto le spese è Hamahané Hazioní, che è l’attuale versione
del vecchio Partito Laburista. L’affluenza di folla, stimata a oltre 50
mila persone, ha perfino superato le attese degli organizzatori. Dunque
non è più lo Stato d’Israele ma è il Partito che si preoccupa di
mantenere viva la memoria del Primo Ministro vincitore della guerra dei
sei giorni, mentre la commemorazione ufficiale del generale e politico
Rehavam Zeevi (Gandi) si è svolta nell’aula della Knesset, peraltro
semivuota. In questo frangente, il coordinatore capo della coalizione
parlamentare, l’on. David Bitan del Likud, ha dichiarato che
“l’uccisione di Rabin non è stata un delitto politico” bensì “l’atto di
un individuo che voleva fermare un determinato processo”. Difficile
capire di che processo si trattasse se non di una cosa eminentemente
politica chiamata “sforzi di pace”. L’atto assassino, per il quale
Bitan non ha espresso una sola parola di biasimo, sembra effettivamente
aver raggiunto l’effetto sperato perché, scomparso Rabin, il processo
di pace iniziato con gli accordi di Oslo si è arenato.
Sergio Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme
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Oltremare - Sposa, punto
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Rama
Burshtein, che ha già sbancato a livello nazionale e internazionale con
“Lemale et haHalal” (Fill the void) nel 2012, difficilmente può dire di
aver qualcosa da dimostrare. Quando si arriva fino al Festival del
Cinema di Venezia con un’opera prima, si parte in discesa e con la
spinta. E infatti, non si è messa fretta. Il suo “La’avor et haKir”
(Through the wall / Appuntamento con la sposa) è arrivato dopo quattro
anni comodi comodi, e non è che non lo si aspettasse.
Lo sprazzo di genio principale di “La’avor et haKir” è tutto negli
ultimi 50 secondi del film, e siccome la cosa si ascrive pienamente
alla categoria spoiler, mi astengo dal descriverlo. Ma per fortuna ce
ne sono altri.
Daniela Fubini
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