Oltremare – Sposa, punto

fubiniRama Burshtein, che ha già sbancato a livello nazionale e internazionale con “Lemale et haHalal” (Fill the void) nel 2012, difficilmente può dire di aver qualcosa da dimostrare. Quando si arriva fino al Festival del Cinema di Venezia con un’opera prima, si parte in discesa e con la spinta. E infatti, non si è messa fretta. Il suo “La’avor et haKir” (Through the wall / Appuntamento con la sposa) è arrivato dopo quattro anni comodi comodi, e non è che non lo si aspettasse.
Lo sprazzo di genio principale di “La’avor et haKir” è tutto negli ultimi 50 secondi del film, e siccome la cosa si ascrive pienamente alla categoria spoiler, mi astengo dal descriverlo. Ma per fortuna ce ne sono altri. Uno è la regia che indugia come una carezza sul viso dei protagonisti. Li protegge, li incoraggia, li osserva come una madre preoccupata che facciano bene, che se la cavino. Un altro è nei rumori così palpabili, sia lo strusciare di un vestito da sposa che dondola come nel finale di “Lemale et haHalal”, o come qui, per esempio nelle rotelle di una valigia sul selciato in un villaggio ucraino, in uno dei momenti più sorprendenti della trama.
Michal (Noa Kooler) si prende addosso tutto il peso e la leggerezza di questo film, e gli altri attori e personaggi potrebbero in fondo quasi non esistere. Cambia abbigliamento e acconciature, espressioni e gesti: ma la fede o forse solo fiducia che la cosa giusta accadrà, non smette per un solo secondo di illuminare il suo sguardo. Quello che deve succedere è semplice: uno sposo deve materializzarsi dal nulla, dopo che il promesso ha levato le tende e lei si è trovata a fare la scelta della portata principale del ricevimento di nozze da sola, sala e musica prenotate, e pochissimi giorni davanti. Michal tiene alto il mento e non cede, lo sposo deve arrivare. E chiunque riveli il finale merita la gogna, anche in Italia, dove sarà proiettato al Kolnoa Festival del Pitigliani a Roma.

Daniela Fubini, Tel Aviv Twitter d_fubini

(7 novembre 2016)