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21 dicembre 2016 - 21 Kislev5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Giuseppe Momigliano,
rabbino
Tra i sofferti e drammatici avvenimenti che caratterizzano la famiglia del patriarca Yaakov, quello forse più sorprendente riguarda la cerchia famigliare di Yehudah e il controverso episodio della sua inconsapevole unione con la nuora Tamar; questa, dopo essere rimasta vedova di due figli di Yehudah, ed aver invano atteso di poterne sposare il terzo, si risolve infine a tentare di avere una propria maternità ricorrendo allo stratagemma di un incontro occasionale con lo stesso Yehudah, al quale si presente celata sotto le vesti di una prostituta.
 
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Davide
Assael,
ricercatore
In settimana un consigliere del Comune di Bolzano in quota Casa Pound, molto forte da quelle parti, si presenta in aula con una felpa con simboli nazisti. Una di quelle smargiassate esibizioni, che fanno capire quanto si sentano forti questi movimenti xenofobi in tempi di acuta crisi politica. Devo dire che, se letta da qui, anche l’imbarazzante crisi romana dei 5Stelle non fa sperare al meglio: chi verrà dopo?
 
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Berlino, attentatore in fuga
Isis rivendica l’attacco
È stato rivendicato nella notte dai terroristi dell’Isis l’attentato che lunedì sera ha sconvolto Berlino, causando la morte di almeno 12 persone e 48 feriti. Il pachistano inizialmente sospettato di essere alla guida del tir che ha investito la folla nella Capitale tedesca è stato scarcerato ed è quindi caccia aperta al terrorista che ha causato una strage. L’uomo è in fuga. Delle 7 vittime identificate fino a ieri invece 6 sono tedesche, una è polacca. C’è una dispersa italiana, Fabrizia di Lorenzo, 31 anni (Corriere). I famigliari sono in Germania ma, dicono ai media, non si illudono. Intanto alzati in tutto Europa i livelli di sicurezza, anche in Italia dove sono state vietate le manifestazioni senza protezioni. A rischio il concerto di Capodanno a Roma.

La posizione della Merkel. “Solidarietà alla Germania da tutta Europa e da tutto il mondo. Per il Paese e per le vittime dell’attentato al mercatino di Natale. Ma anche preoccupazione per la posizione politica di Angela Merkel”, l’analisi del Corriere, secondo cui la cancelliera oggi è “meno forte e meno apparentemente invincibile di due giorni fa. Ieri, Barack Obama ha telefonato alla cancelliera non solo per le condoglianze ma anche per offrirle l’aiuto degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo”. A insidiare Merkel sul fronte politico i movimenti populisti di Germania ma anche europei che stanno usando l’attentato di Berlino per attaccare la cancelliera, simbolo della politica di integrazione nei confronti dei migranti: “Il terrorista islamico di Berlino è un migrante e la Merkel è responsabile. In Francia e in Europa, fermiamo questi leader incoscienti”, le accuse di Marine Le Pen. In realtà non si conosce l’identità del terrorista di Berlino, ancora a piede libero.

Berlino, l’anima ebraica e la difesa della libertà. Lo scrittore Peter Schneider su Repubblica racconta gli episodi del passato che spiegano l’anima di Berlino e il suo desiderio di difendere la libertà: “Qui a Berlino furono nascosti e salvati almeno 1.300 ebrei. – racconta Schneider ricordando il periodo nazista – E 13mila berlinesi parteciparono all’operazione, in nome della dignità umana”. Poi Schneider ricorda il periodo del Muro e come “a Berlino Ovest non avevi sopra di te il governo di Bonn, solo le potenze vincitrici e il borgomastro, quindi molta più libertà e distanza dall’autorità che altrove. Con cautela possiamo dire che questo ha a che fare con il chutzpah, il talento anticonformista, ebreo. Storicamente cultura e vita ebraica impregnarono la mia città. E oggi, mentre tantissimi ebrei francesi intimoriti emigrano in Israele, migliaia di giovani israeliani vengono ad assaporare la libertà berlinese, aprono ristoranti, studiano, fondano startup”.
 
  davar
camera - l'audizione alla Commissione Esteri 
L’esodo ebraico dai Paesi arabi
un insegnamento per l’oggi

La storia dell’esodo forzato degli ebrei dai Paesi arabi racconta molto di quelle realtà che furono costretti a lasciare: Egitto, Libia, Libano, Siria, Iraq, sono nazioni in cui oggi la minoranza ebraica è quasi sparita e non a caso sono società spesso intolleranti, in cui la diversità non è percepita come un valore, anzi. Un dato importante da tenere a mente quando si parla di equilibri tra minoranza e maggioranza, quando si parla di accoglienza e di profughi in fuga dalle violenze come hanno testimoniato oggi alla Commissione Esteri della Camera dei deputati alcuni rappresentanti del mondo ebraico italiano in occasione dell’audizione organizzata proprio sull’Esodo “silenzioso” degli ebrei dal mondo arabo. Un’audizione aperta dal presidente della Commissione Fabrizio Cicchitto, chiesta dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e inserita nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla tutela delle minoranze per il mantenimento della pace a livello internazionale portata avanti dalla Commissione stessa. A intervenire davanti ai deputati presenti, la presidente dell’Unione Noemi Di Segni, che ha ricordato in apertura il silenzio caduto sulla storia degli oltre 850mila ebrei costretti a fuggire dal Maghreb e dal Medio Oriente verso Israele e l’Occidente; l’assessore UCEI alla Cultura David Meghnagi, già ascoltato in passato dalla Commissione Esteri sul tema e che ha dato un inquadramento storico dell’esodo in questione; testimonianze personali ma anche proposte fattive sulla base della propria esperienza di ex rifugiati, sono invece state quelle di Victor Magiar, Consigliere dell’Unione, Carolina Del Burgo, rappresentante del Comitato degli ebrei espulsi dall’Egitto, e il presidente della Comunità ebraica di Livorno Vittorio Mosseri. Presenti in qualità di uditori, la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello e il portavoce dell’Ambasciata d’Israele in Italia Amit Zarrouk.
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QUI TEL AVIv - gli 80 anni della filarmonica
Il Maestro Muti conquista Israele
e l'orchestra suona l'HaTikvah

"Non posso lasciare Tel Aviv senza dire qualcosa”. Il concerto è finito, le note del bis hanno vibrato nell’aria per quella frazione di secondo silenzioso che prelude agli applausi, l’ovazione carica di entusiasmo di pubblico e musicisti è all’apice, quando Riccardo Muti si fa portare un microfono. Il Maestro italiano ha appena terminato di dirigere l’evento musicale che celebra gli 80 anni dalla nascita dell’Orchestra Filarmonica di Israele, con un omaggio speciale al direttore che sbarcò allora nella Città Bianca per la sua inaugurazione, Arturo Toscanini. Il Bronfman Auditorium che affaccia sulla futuristica Piazza Habimah è in estasi dopo aver ascoltato quegli stessi brani che nel 1936 Toscanini aveva selezionato per l’occasione: l’Ouverture da “La Scala di Seta” di Rossini, la Sinfonia n.2 di Brahms, la n. 8 Incompiuta di Schubert, Notturno e Scherzo da “Sogno di una notte di mezza estate” di Mendelssohn, l’Ouverture da “Oberon” di Weber.
Muti, dopo una conduzione ricca, densa, dai tratti energici e al contempo dedicati, parla. “Sono profondamente onorato di essere qui oggi con questa orchestra. Da anni combatto in tutto il mondo per affermare l’importanza della cultura. Noi musicisti ne siamo ambasciatori. Non me ne vogliano i diplomatici, se dico che loro utilizzano le parole, e le parole talvolta portano a brutte conseguenze, ma non così la musica. Spero che Toscanini ci guardi dall’alto. Lui è stato un uomo di coraggio, determinato nella battaglia contro tutte le dittature. E lasciate che vi dica una cosa, vi amava profondamente,” le emozionate parole del direttore rivolte alla platea, prima di annunciare una piccola sorpresa, l’orchestra che si alza in piedi per suonare un ultimo brano: le note di speranza dell’HaTikvah.

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roma - il seminario sui linked open data 
Come si cataloga un’immagine
l'esperienza del Cdec di Milano

Un momento di riflessione e confronto tra coloro che a vario titolo (storici della fotografia, istituzioni, informatici) sono impegnati nella traduzione dell’informazione sul patrimonio culturale secondo i metodi e gli standard propri del semantic web e delle tecnologie Linked Open Data (LOD). Questo il senso del seminario dal titolo “Le fotografie nel semantic web: ontologie e linked open data”, tenutosi a Roma domenica scorsa e organizzato dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD).
Tra gli enti e gli istituti invitati a discutere sul tema era presente anche la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano che già dal 2013 è impegnata in un ampio progetto di sviluppo e pubblicazione dei propri dati in formato Linked Open Data (www.digital-library.cdec.it).
L’incontro è stato l’occasione per dare conto sia delle best practices per la catalogazione del patrimonio fotografico, sia per discutere delle ontologie (vocabolari strutturati) che meglio possono descrivere tale catalogazione. Ampio spazio è stato dato alla Fondazione Federico Zeri che ha presentato in questa occasione il progetto per la pubblicazione del suo catalogo fotografico e il relativo rilascio dei dati.

Laura Brazzo
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l'iniziativa nel centenario dalla morte
Cesare Jarach, vita e destino
di un grande italiano

Non pare possibile, nel 2016, calarsi nei panni di chi, trovandosi nel mezzo del cammino della sua vita un secolo fa, scelse di interromperlo per amor patrio. La distanza irriducibile che ci separa da quei giorni ed esclude ogni immedesimazione è forse appena sufficiente a consentirci – oggi, nel momento in cui malintesi conflitti economici e nazionalismi tornano a minacciare la pace in Europa – uno sguardo veramente storico su quella catastrofe generazionale che fu il ‘15 – ‘18. Il 3 novembre di cento anni fa si spegneva dopo lunga agonia il giovane Cesare Jarach, aspirante ufficiale della 58° divisione di fanteria, reggimento 201. Nato a Casale Monferrato nel 1884, Jarach apparteneva a quella generazione di ebrei piemontesi ormai giuridicamente “emancipati” per i quali si trattava di render concrete le conquiste storiche del ‘48, di lottare per un riconoscimento sociale reale e di allontanare da sé millenari sospetti e il persistente stigma della “doppia fedeltà”, per cui: “italiani, sì, ma in verità, nel loro intimo, fedeli al popolo d’Israele, al suo Dio e alle sue leggi”. Jarach era un promettente economista politico, allievo fra i prediletti del professor Luigi Einaudi e suo collaboratore scientifico. Il futuro Presidente della Repubblica lo descrisse in un lungo necrologio come quel tipo di “funzionario colto, studioso, animato da devozione alla cosa pubblica” di cui aveva gran necessità la classe dirigente italiana.

Manuel Disegni
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pilpul
Ticketless - L'Orlando a Ferrara
Bassani, d’accordo. Ferrara festeggia però anche il mezzo millennio dell’Orlando furioso con una mostra a Palazzo dei Diamanti che è una vera meraviglia (c’è tempo fino a gennaio per andare a vederla) . Tradotto precocemente, il poema ariostesco ha conosciuto una particolare attenzione dentro il mondo ebraico italiano. Sulle ottave dell’Orlando si sono esercitati in traduzione molti ebrei dell’Ottocento. Ariosto è in questo secondo solo a Dante. Da Attilio Momigliano a Cesare Segre la genealogia è incantevole, quasi un giardino fatato. Il Giardino dei Finzi Contini, d’accordo.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Incontri e feste
È da molto tempo che tra il Natale cristiano e la Chanukkah ebraica – che, com’è noto, cadono nello stesso periodo dell’anno – è in corso un apparente processo, sul piano esteriore, di avvicinamento e assimilazione, nel senso di sovrapposizione, intreccio e scambio di spirito e di significato. In molte famiglie di ebrei assimilati, nella Germania degli anni ’20 e ’30, alla vigilia della catastrofe, si era radicata l’abitudine di scambiarsi visite di cortesia con gli amici cristiani, invitandoli a casa propria a partecipare all’accensione delle candele e andando poi da loro per festeggiare insieme la nascita di Gesù, e lo stesso accadeva anche in Italia, in Austria, in Francia; anche tra gli ebrei si è affermata l’usanza, in occasione della Festa delle luci, di scambiarsi doni, soprattutto a beneficio dei bambini; negli Stati Uniti l’accensione delle candele della chanukkia è molto diffusa anche tra le famiglie cristiane, come è diffusa l’abitudine di porre vicino alle finestre di casa, in quei giorni, tanto il candelabro a otto braccia quanto l’albero di Natale illuminato, per irradiare all’esterno un medesimo segnale di letizia e serenità; in molte città europee si è consolidato il rito di accendere le candele in luoghi pubblici, alla presenza della cittadinanza, che assiste con piacere e interesse alla cerimonia, vista spesso come una simpatica ed esotica anticipazione del Natale, e in diverse piazze d’Italia si possono vedere eretti, negli stessi giorni, grandi candelabri e grandi alberi natalizi, in un comune spirito di festa e comunanza.

Francesco Lucrezi, storico
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Un treno carico di musica
Il treno è uno dei simboli più forti della fenomenologia deportatoria della Seconda Guerra Mondiale; a partire dal 1943, l’Europa balcanica e centrale (dalla Francia occupata al Protettorato di Boemia e Moravia) divenne un reticolato di linee ferroviarie dedicate che trasportavano migliaia di deportati dai Campi di transito a quelli di sterminio presso il Governatorato Generale della Polonia occupata.
Figuriamoci se ebrei e Roma, popoli musicali per eccellenza, si sarebbero fatti sfuggire l’occasione per creare musica persino nei treni, pur stipati in modo assurdo e con gravi problemi di idratazione, respirazione, privacy per bisogni fisiologici, inenarrabile disagio umanitario
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Francesco Lotoro
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