Giuseppe Momigliano,
rabbino
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Tra
i sofferti e drammatici avvenimenti che caratterizzano la famiglia del
patriarca Yaakov, quello forse più sorprendente riguarda la cerchia
famigliare di Yehudah e il controverso episodio della sua inconsapevole
unione con la nuora Tamar; questa, dopo essere rimasta vedova di due
figli di Yehudah, ed aver invano atteso di poterne sposare il terzo, si
risolve infine a tentare di avere una propria maternità ricorrendo allo
stratagemma di un incontro occasionale con lo stesso Yehudah, al quale
si presente celata sotto le vesti di una prostituta.
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Davide
Assael,
ricercatore
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In
settimana un consigliere del Comune di Bolzano in quota Casa Pound,
molto forte da quelle parti, si presenta in aula con una felpa con
simboli nazisti. Una di quelle smargiassate esibizioni, che fanno
capire quanto si sentano forti questi movimenti xenofobi in tempi di
acuta crisi politica. Devo dire che, se letta da qui, anche
l’imbarazzante crisi romana dei 5Stelle non fa sperare al meglio: chi
verrà dopo?
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Berlino, attentatore in fuga
Isis rivendica l’attacco
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È
stato rivendicato nella notte dai terroristi dell’Isis l’attentato che
lunedì sera ha sconvolto Berlino, causando la morte di almeno 12
persone e 48 feriti. Il pachistano inizialmente sospettato di essere
alla guida del tir che ha investito la folla nella Capitale tedesca è
stato scarcerato ed è quindi caccia aperta al terrorista che ha causato
una strage. L’uomo è in fuga. Delle 7 vittime identificate fino a ieri
invece 6 sono tedesche, una è polacca. C’è una dispersa italiana,
Fabrizia di Lorenzo, 31 anni (Corriere). I famigliari sono in Germania
ma, dicono ai media, non si illudono. Intanto alzati in tutto Europa i
livelli di sicurezza, anche in Italia dove sono state vietate le
manifestazioni senza protezioni. A rischio il concerto di Capodanno a
Roma.
La posizione della Merkel. “Solidarietà alla Germania da tutta Europa e
da tutto il mondo. Per il Paese e per le vittime dell’attentato al
mercatino di Natale. Ma anche preoccupazione per la posizione politica
di Angela Merkel”, l’analisi del Corriere, secondo cui la cancelliera
oggi è “meno forte e meno apparentemente invincibile di due giorni fa.
Ieri, Barack Obama ha telefonato alla cancelliera non solo per le
condoglianze ma anche per offrirle l’aiuto degli Stati Uniti nella
lotta al terrorismo”. A insidiare Merkel sul fronte politico i
movimenti populisti di Germania ma anche europei che stanno usando
l’attentato di Berlino per attaccare la cancelliera, simbolo della
politica di integrazione nei confronti dei migranti: “Il terrorista
islamico di Berlino è un migrante e la Merkel è responsabile. In
Francia e in Europa, fermiamo questi leader incoscienti”, le accuse di
Marine Le Pen. In realtà non si conosce l’identità del terrorista di
Berlino, ancora a piede libero.
Berlino, l’anima ebraica e la difesa della libertà. Lo scrittore Peter
Schneider su Repubblica racconta gli episodi del passato che spiegano
l’anima di Berlino e il suo desiderio di difendere la libertà: “Qui a
Berlino furono nascosti e salvati almeno 1.300 ebrei. – racconta
Schneider ricordando il periodo nazista – E 13mila berlinesi
parteciparono all’operazione, in nome della dignità umana”. Poi
Schneider ricorda il periodo del Muro e come “a Berlino Ovest non avevi
sopra di te il governo di Bonn, solo le potenze vincitrici e il
borgomastro, quindi molta più libertà e distanza dall’autorità che
altrove. Con cautela possiamo dire che questo ha a che fare con il
chutzpah, il talento anticonformista, ebreo. Storicamente cultura e
vita ebraica impregnarono la mia città. E oggi, mentre tantissimi ebrei
francesi intimoriti emigrano in Israele, migliaia di giovani israeliani
vengono ad assaporare la libertà berlinese, aprono ristoranti,
studiano, fondano startup”.
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camera - l'audizione alla Commissione Esteri L’esodo ebraico dai Paesi arabi
un insegnamento per l’oggi
La
storia dell’esodo forzato degli ebrei dai Paesi arabi racconta molto di
quelle realtà che furono costretti a lasciare: Egitto, Libia, Libano,
Siria, Iraq, sono nazioni in cui oggi la minoranza ebraica è quasi
sparita e non a caso sono società spesso intolleranti, in cui la
diversità non è percepita come un valore, anzi. Un dato importante da
tenere a mente quando si parla di equilibri tra minoranza e
maggioranza, quando si parla di accoglienza e di profughi in fuga dalle
violenze come hanno testimoniato oggi alla Commissione Esteri della
Camera dei deputati alcuni rappresentanti del mondo ebraico italiano in
occasione dell’audizione organizzata proprio sull’Esodo “silenzioso”
degli ebrei dal mondo arabo. Un’audizione aperta dal presidente della
Commissione Fabrizio Cicchitto, chiesta dall’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane e inserita nell’ambito dell’indagine conoscitiva
sulla tutela delle minoranze per il mantenimento della pace a livello
internazionale portata avanti dalla Commissione stessa. A intervenire
davanti ai deputati presenti, la presidente dell’Unione Noemi Di Segni,
che ha ricordato in apertura il silenzio caduto sulla storia degli
oltre 850mila ebrei costretti a fuggire dal Maghreb e dal Medio Oriente
verso Israele e l’Occidente; l’assessore UCEI alla Cultura David
Meghnagi, già ascoltato in passato dalla Commissione Esteri sul tema e
che ha dato un inquadramento storico dell’esodo in questione;
testimonianze personali ma anche proposte fattive sulla base della
propria esperienza di ex rifugiati, sono invece state quelle di Victor
Magiar, Consigliere dell’Unione, Carolina Del Burgo, rappresentante del
Comitato degli ebrei espulsi dall’Egitto, e il presidente della
Comunità ebraica di Livorno Vittorio Mosseri. Presenti in qualità di
uditori, la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello e
il portavoce dell’Ambasciata d’Israele in Italia Amit Zarrouk. Leggi
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QUI TEL AVIv - gli 80 anni della filarmonica
Il Maestro Muti conquista Israele
e l'orchestra suona l'HaTikvah
"Non
posso lasciare Tel Aviv senza dire qualcosa”. Il concerto è finito, le
note del bis hanno vibrato nell’aria per quella frazione di secondo
silenzioso che prelude agli applausi, l’ovazione carica di entusiasmo
di pubblico e musicisti è all’apice, quando Riccardo Muti si fa portare
un microfono. Il Maestro italiano ha appena terminato di dirigere
l’evento musicale che celebra gli 80 anni dalla nascita dell’Orchestra
Filarmonica di Israele, con un omaggio speciale al direttore che sbarcò
allora nella Città Bianca per la sua inaugurazione, Arturo Toscanini.
Il Bronfman Auditorium che affaccia sulla futuristica Piazza Habimah è
in estasi dopo aver ascoltato quegli stessi brani che nel 1936
Toscanini aveva selezionato per l’occasione: l’Ouverture da “La Scala
di Seta” di Rossini, la Sinfonia n.2 di Brahms, la n. 8 Incompiuta di
Schubert, Notturno e Scherzo da “Sogno di una notte di mezza estate” di
Mendelssohn, l’Ouverture da “Oberon” di Weber.
Muti, dopo una conduzione ricca, densa, dai tratti energici e al
contempo dedicati, parla. “Sono profondamente onorato di essere qui
oggi con questa orchestra. Da anni combatto in tutto il mondo per
affermare l’importanza della cultura. Noi musicisti ne siamo
ambasciatori. Non me ne vogliano i diplomatici, se dico che loro
utilizzano le parole, e le parole talvolta portano a brutte
conseguenze, ma non così la musica. Spero che Toscanini ci guardi
dall’alto. Lui è stato un uomo di coraggio, determinato nella battaglia
contro tutte le dittature. E lasciate che vi dica una cosa, vi amava
profondamente,” le emozionate parole del direttore rivolte alla platea,
prima di annunciare una piccola sorpresa, l’orchestra che si alza in
piedi per suonare un ultimo brano: le note di speranza dell’HaTikvah.
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l'iniziativa nel centenario dalla morte
Cesare Jarach, vita e destino
di un grande italiano
Non
pare possibile, nel 2016, calarsi nei panni di chi, trovandosi nel
mezzo del cammino della sua vita un secolo fa, scelse di interromperlo
per amor patrio. La distanza irriducibile che ci separa da quei giorni
ed esclude ogni immedesimazione è forse appena sufficiente a
consentirci – oggi, nel momento in cui malintesi conflitti economici e
nazionalismi tornano a minacciare la pace in Europa – uno sguardo
veramente storico su quella catastrofe generazionale che fu il ‘15 –
‘18. Il 3 novembre di cento anni fa si spegneva dopo lunga agonia il
giovane Cesare Jarach, aspirante ufficiale della 58° divisione di
fanteria, reggimento 201. Nato a Casale Monferrato nel 1884, Jarach
apparteneva a quella generazione di ebrei piemontesi ormai
giuridicamente “emancipati” per i quali si trattava di render concrete
le conquiste storiche del ‘48, di lottare per un riconoscimento sociale
reale e di allontanare da sé millenari sospetti e il persistente
stigma della “doppia fedeltà”, per cui: “italiani, sì, ma in verità,
nel loro intimo, fedeli al popolo d’Israele, al suo Dio e alle sue
leggi”. Jarach era un promettente economista politico, allievo fra i
prediletti del professor Luigi Einaudi e suo collaboratore scientifico.
Il futuro Presidente della Repubblica lo descrisse in un lungo
necrologio come quel tipo di “funzionario colto, studioso, animato da
devozione alla cosa pubblica” di cui aveva gran necessità la classe
dirigente italiana.
Manuel Disegni Leggi
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Ticketless
- L'Orlando a Ferrara
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Bassani,
d’accordo. Ferrara festeggia però anche il mezzo millennio dell’Orlando
furioso con una mostra a Palazzo dei Diamanti che è una vera meraviglia
(c’è tempo fino a gennaio per andare a vederla) . Tradotto
precocemente, il poema ariostesco ha conosciuto una particolare
attenzione dentro il mondo ebraico italiano. Sulle ottave dell’Orlando
si sono esercitati in traduzione molti ebrei dell’Ottocento. Ariosto è
in questo secondo solo a Dante. Da Attilio Momigliano a Cesare Segre la
genealogia è incantevole, quasi un giardino fatato. Il Giardino dei
Finzi Contini, d’accordo.
Alberto Cavaglion
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Periscopio - Incontri e feste
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È
da molto tempo che tra il Natale cristiano e la Chanukkah ebraica –
che, com’è noto, cadono nello stesso periodo dell’anno – è in corso un
apparente processo, sul piano esteriore, di avvicinamento e
assimilazione, nel senso di sovrapposizione, intreccio e scambio di
spirito e di significato. In molte famiglie di ebrei assimilati, nella
Germania degli anni ’20 e ’30, alla vigilia della catastrofe, si era
radicata l’abitudine di scambiarsi visite di cortesia con gli amici
cristiani, invitandoli a casa propria a partecipare all’accensione
delle candele e andando poi da loro per festeggiare insieme la nascita
di Gesù, e lo stesso accadeva anche in Italia, in Austria, in Francia;
anche tra gli ebrei si è affermata l’usanza, in occasione della Festa
delle luci, di scambiarsi doni, soprattutto a beneficio dei bambini;
negli Stati Uniti l’accensione delle candele della chanukkia è molto
diffusa anche tra le famiglie cristiane, come è diffusa l’abitudine di
porre vicino alle finestre di casa, in quei giorni, tanto il candelabro
a otto braccia quanto l’albero di Natale illuminato, per irradiare
all’esterno un medesimo segnale di letizia e serenità; in molte città
europee si è consolidato il rito di accendere le candele in luoghi
pubblici, alla presenza della cittadinanza, che assiste con piacere e
interesse alla cerimonia, vista spesso come una simpatica ed esotica
anticipazione del Natale, e in diverse piazze d’Italia si possono
vedere eretti, negli stessi giorni, grandi candelabri e grandi alberi
natalizi, in un comune spirito di festa e comunanza.
Francesco Lucrezi, storico
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Un treno carico di musica |
Il
treno è uno dei simboli più forti della fenomenologia deportatoria
della Seconda Guerra Mondiale; a partire dal 1943, l’Europa balcanica e
centrale (dalla Francia occupata al Protettorato di Boemia e Moravia)
divenne un reticolato di linee ferroviarie dedicate che trasportavano
migliaia di deportati dai Campi di transito a quelli di sterminio
presso il Governatorato Generale della Polonia occupata.
Figuriamoci se ebrei e Roma, popoli musicali per eccellenza, si
sarebbero fatti sfuggire l’occasione per creare musica persino nei
treni, pur stipati in modo assurdo e con gravi problemi di idratazione,
respirazione, privacy per bisogni fisiologici, inenarrabile disagio
umanitario.
Francesco Lotoro
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