Paolo Sciunnach,
insegnante |
Il giorno del 10 di Tevet ricordiamo:
il Re Nevuchadnezzar ha assediato le mura di Jerushalaim, causando,
dopo poco più di due anni, la distruzione del primo Beth HaMiqdash.
La Traduzione della Toràh in Greco.
Morte di ‘Ezrà HaSofer.
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Anna
Foa,
storica |
Fra
le pietre d’inciampo che saranno collocate il prossimo 11 gennaio, ce
ne sono ben due che riguardano la famiglia Segre. La prima è quella che
sarà collocata in via di Porta Pinciana 6, dove il 16 ottobre abitavano
Ida Luzzati ed Elena Segre, sua figlia. Ida aveva 62 anni e morirà
all’arrivo, se non addirittura nel convoglio diretto ad Auschwitz. Di
sua figlia Elena Segre, che aveva allora 33 anni, si ignora la data
della morte ad Auschwitz. La richiesta per collocare le pietre
d’inciampo è stata fatta da Enrico Volterra e dai suoi famigliari, che
non erano parenti delle due donne ma che abitavano all’epoca nella casa
(che era quasi per intero proprietà della loro famiglia) e che furono
avvisati dal portiere, fidato antifascista, e nascosti durante la
razzia. Ida ed Elena avevano consegnato le chiavi al portiere il giorno
prima, dicendogli che lasciavano la casa, di proprietà di una famiglia
trasferitasi al Nord. In realtà tornarono, senza avvisare nessuno, e la
mattina seguente il portiere aprì la casa ai nazisti, credendo che
fosse vuota. Ma non lo era.
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Gerusalemme e Berlino,
non ci sono differenze
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Molti
giornali aprono oggi con l’attentato terroristico palestinese di
Gerusalemme, dedicando alla notizia cronache, analisi e
approfondimenti. “Camion fa strage di soldatesse” titola il Corriere,
che dà voce tra gli altri allo scrittore Aharon Appelfeld. “Occorre
comprendere – le sue parole – che questo terrorismo che insanguina
Israele è lo stesso che colpisce le vostre città europee. Gli
estremisti islamici fanno la guerra al mondo occidentale e a Israele,
che ne rappresenta l’avamposto in Medio Oriente. Non c’è differenza tra
le stragi di Berlino, Parigi, Bruxelles o Gerusalemme”.
“Hamas sfrutta lo Stato Islamico per rilanciarsi come unico nemico”
titola invece La Stampa, che analizza la competizione interna al mondo
islamico palestinese tra l’Isis e i terroristi al governo della
Striscia di Gaza. Una competizione che punta, come noto,
all’annientamento dello Stato di Israele.
Sgradevole e inopportuna un’analisi sulla strategia comunicativa del
governo israeliano pubblicata da Repubblica, che titola: “Bibi accusa
l’Isis per silenziare le critiche sui coloni”.
“Io ho la facoltà di decidere cosa fare in un luogo che non è di mia
proprietà né lo è della Repubblica di Polonia e neanche dell’Europa. Ma
sono consapevole di quanto ogni decisione debba essere frutto di una
riflessione e di quanto debba tener conto degli i aspetti etici e non
solo estetici. Mi chiedo ogni giorno, che indirizzo sto dando alla
memoria?”Lo afferma Piotr Cywinski, direttore del Museo di Auschwitz,
in un’ampia intervista con Repubblica. Nel colloquio con Wlodek
Goldkorn, Cywinski ricorda tra le altre la figura dell’ex
sonderkommando Shlomo Venezia.
È scomparso all’età di 82 anni l’ex presidente della Repubblica
islamica d’Iran Akbar Hashemi Rafsanjani. “Un colpo per i moderati”
scrive il Corriere, che ricorda comunque le ombre attorno alla sua
figura. In particolare con riferimento al probabile coinvolgimento
nell’attentato al centro ebraico di Buenos Aires del 1994.
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le vittime dell'attentato di gerusalemme
Giovani vite spezzate dal terrore L'addio a Erez, Shir, Yael e Shira
“Questi
sono tutti nostri figli. Li mandiamo a fare l'esercito e sappiamo che
potrebbero non tornare. Ho mai pensato che potesse succedere a me? No,
mai”. Sono le parole cariche di dolore inviate al Capo di Stato
Maggiore Gadi Eizenkot dal padre di Shir Hajaj, giovane soldatessa tra
le quattro vittime dell'attentato di ieri a Gerusalemme. Un sentimento,
quello del padre della ventiduenne Shir, che rispecchia il lutto delle
famiglie e degli amici di Yael Yekutiel (20 anni), Shira Tzur (20 anni)
e Erez Orbach (20 anni), le altre tre vittime dell'attacco
terroristico compiuto da un palestinese nella Capitale d'Israele.
L'attentatore, residente a Gerusalemme Est, ha investito con un tir un
gruppo di soldati nei pressi di una fermata di autobus, uccidendo i
quattro giovani e ferendone altri 16.
La madre di Shir ha raccontato ai media che quanto ha saputo
dell'attentato ha pensato che l'obiettivo fossero dei turisti. Solo
quando è stata divulgata la notizia che erano stati colpiti dei
cadetti, ha iniziato a telefonare agli ospedali per avere notizie della
figlia. “Siamo rimasti vicini alla porta, pregando che non sarebbero
venuti da noi (gli ufficiali incaricati di informare le famiglie della
morte dei soldati) e per ogni minuto che passava, ci dicevamo che era
una buona notizia”. “Era un fiore – continua la madre della ragazza
Ma'ale Adumim, la maggiore di quattro sorelle - e ci aspettavamo grandi
cose da lei.
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gli inquietanti rapporti con hezbollah
Venezuela, un vicepresidente
che ammicca ai terroristi
Il
vicepresidente di un importante paese del Sud America che intrattiene
stretti rapporti con un movimento terrorista islamico. Succede in
Venezuela, dove dal 4 gennaio scorso il presidente Nicolas Maduro ha
scelto come suo più stretto collaboratore una figura decisamente
controversa come quella di Tareck Zaidan El Aissami Maddah.
Già ministro dell’Interno e della Giustizia, il nuovo vicepresidente
attira su di sé molti sospetti di cattive frequentazioni. Fu il Wall
Street Journal, nel 2014, a sollevare la questione. L’autorevole
testata lo descriveva infatti come uno degli artefici di un
“sofisticato network, finanziario e non solo” che si realizza in due
tratte: da una parte si favorisce la circolazione di militanti islamici
in Venezuela e nei paesi limitrofi, dall’altra fondi illeciti
provenienti da Caracas vengono accolti nel lontano Medio Oriente. Ad
essere coinvolte, secondo l’inchiesta, una quarantina di società
fantasma tra Sud America, Florida e Libano.
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INFORMAZIONE
– INTERNATIONAL EDITION Come cambia Kikar Dizengoff
Kikar
Dizengoff, una delle piazze iconiche di Tel Aviv, cambia volto. A
raccontarlo nell’odierna uscita dell’edizione internazionale di Pagine
Ebraiche è Daniela Fubini, che nella città di Bauhaus, spiagge e
high-tech è sbarcata da Torino, dopo una tappa intermedia a New York.
“Il momento è davvero storico dalla prospettiva del Kikar, che porta il
nome di Zina Dizengoff, amata moglie del sindaco. La piazza era stata
costruita per essere piatta, rotonda ed ariosa. Poi, nel 1978, è stato
ricoperto da tonnellate di cemento, che dall’alto parevano un
gigantesco ragno obeso intrappolato tra i due lati di Dizengoff Street,
Reines e Pinsker. È vero che gli anni Settanta erano l’età del cemento
anche in altri continenti, ma come scusa non è granché. Trentotto anni
dopo, con scarsissimo interesse dell’opinione pubblica e dei cittadini
di Tel Aviv, il ragno obeso verrà lentamente polverizzato e Zina e
Meir, la piazza tonda, e la strada principale, potranno finalmente
guardarsi di nuovo negli occhi, allo stesso livello della strada.
L’ordine e l’amore eterno sono stati ristabiliti” scrive Fubini.
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Oltremare – Cerchi |
Non
succede tutti i giorni di scendere in piazza, nella nostra Kikar Rabin,
centro di ogni attivismo cittadino telavivese, dalle maratone alla
fiera del libro e ovviamente alle manifestazioni più o meno spontanee,
e incontrare nella folla i leader dei partiti di minoranza, a zonzo
come noi cittadini. Sabato sera nella Kikar, Tzipi Livni, Erel
Margalit, Boogie Hetzog, Stav Shaffir fra quelli che ho incrociato, non
si apprestavano a salire sul palco e non ne erano appena scesi. Una
serata a piano terra, in mezzo al pubblico ma senza slogan o applausi:
deve essere stato ben strano per loro. Invece di arringare il popolo e
convincerlo ad appoggiare la loro politica (quelli che ne hanno una),
si sono messi in fila tutti insieme a noi semplici cittadini, per farsi
fotografare con un reduce di Tzuk Eitan, l'ultima guerra con Hamas che
ha lasciato sul campo di battaglia 67 soldati israeliani e ha prodotto
67 famiglie in lutto perenne, di generazione in generazione.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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