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9 gennaio 2017 - 11 Tevet 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Paolo Sciunnach,
insegnante
Il giorno del 10 di Tevet ricordiamo:
il Re Nevuchadnezzar ha assediato le mura di Jerushalaim, causando, dopo poco più di due anni, la distruzione del primo Beth HaMiqdash.
La Traduzione della Toràh in Greco.
Morte di ‘Ezrà HaSofer.
 
Anna
Foa,
storica
Fra le pietre d’inciampo che saranno collocate il prossimo 11 gennaio, ce ne sono ben due che riguardano la famiglia Segre. La prima è quella che sarà collocata in via di Porta Pinciana 6, dove il 16 ottobre abitavano Ida Luzzati ed Elena Segre, sua figlia. Ida aveva 62 anni e morirà all’arrivo, se non addirittura nel convoglio diretto ad Auschwitz. Di sua figlia Elena Segre, che aveva allora 33 anni, si ignora la data della morte ad Auschwitz. La richiesta per collocare le pietre d’inciampo è stata fatta da Enrico Volterra e dai suoi famigliari, che non erano parenti delle due donne ma che abitavano all’epoca nella casa (che era quasi per intero proprietà della loro famiglia) e che furono avvisati dal portiere, fidato antifascista, e nascosti durante la razzia. Ida ed Elena avevano consegnato le chiavi al portiere il giorno prima, dicendogli che lasciavano la casa, di proprietà di una famiglia trasferitasi al Nord. In realtà tornarono, senza avvisare nessuno, e la mattina seguente il portiere aprì la casa ai nazisti, credendo che fosse vuota. Ma non lo era.
 
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Gerusalemme e Berlino,
non ci sono differenze
Molti giornali aprono oggi con l’attentato terroristico palestinese di Gerusalemme, dedicando alla notizia cronache, analisi e approfondimenti. “Camion fa strage di soldatesse” titola il Corriere, che dà voce tra gli altri allo scrittore Aharon Appelfeld. “Occorre comprendere – le sue parole – che questo terrorismo che insanguina Israele è lo stesso che colpisce le vostre città europee. Gli estremisti islamici fanno la guerra al mondo occidentale e a Israele, che ne rappresenta l’avamposto in Medio Oriente. Non c’è differenza tra le stragi di Berlino, Parigi, Bruxelles o Gerusalemme”.
“Hamas sfrutta lo Stato Islamico per rilanciarsi come unico nemico” titola invece La Stampa, che analizza la competizione interna al mondo islamico palestinese tra l’Isis e i terroristi al governo della Striscia di Gaza. Una competizione che punta, come noto, all’annientamento dello Stato di Israele.
Sgradevole e inopportuna un’analisi sulla strategia comunicativa del governo israeliano pubblicata da Repubblica, che titola: “Bibi accusa l’Isis per silenziare le critiche sui coloni”.

“Io ho la facoltà di decidere cosa fare in un luogo che non è di mia proprietà né lo è della Repubblica di Polonia e neanche dell’Europa. Ma sono consapevole di quanto ogni decisione debba essere frutto di una riflessione e di quanto debba tener conto degli i aspetti etici e non solo estetici. Mi chiedo ogni giorno, che indirizzo sto dando alla memoria?”Lo afferma Piotr Cywinski, direttore del Museo di Auschwitz, in un’ampia intervista con Repubblica. Nel colloquio con Wlodek Goldkorn, Cywinski ricorda tra le altre la figura dell’ex sonderkommando Shlomo Venezia.

È scomparso all’età di 82 anni l’ex presidente della Repubblica islamica d’Iran Akbar Hashemi Rafsanjani. “Un colpo per i moderati” scrive il Corriere, che ricorda comunque le ombre attorno alla sua figura. In particolare con riferimento al probabile coinvolgimento nell’attentato al centro ebraico di Buenos Aires del 1994.
 
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  davar
le vittime dell'attentato di gerusalemme  
Giovani vite spezzate dal terrore L'addio a Erez, Shir, Yael e Shira
“Questi sono tutti nostri figli. Li mandiamo a fare l'esercito e sappiamo che potrebbero non tornare. Ho mai pensato che potesse succedere a me? No, mai”. Sono le parole cariche di dolore inviate al Capo di Stato Maggiore Gadi Eizenkot dal padre di Shir Hajaj, giovane soldatessa tra le quattro vittime dell'attentato di ieri a Gerusalemme. Un sentimento, quello del padre della ventiduenne Shir, che rispecchia il lutto delle famiglie e degli amici di Yael Yekutiel (20 anni), Shira Tzur (20 anni) e  Erez Orbach (20 anni), le altre tre vittime dell'attacco terroristico compiuto da un palestinese nella Capitale d'Israele. L'attentatore, residente a Gerusalemme Est, ha investito con un tir un gruppo di soldati nei pressi di una fermata di autobus, uccidendo i quattro giovani e ferendone altri 16.
La madre di Shir ha raccontato ai media che quanto ha saputo dell'attentato ha pensato che l'obiettivo fossero dei turisti. Solo quando è stata divulgata la notizia che erano stati colpiti dei cadetti, ha iniziato a telefonare agli ospedali per avere notizie della figlia. “Siamo rimasti vicini alla porta, pregando che non sarebbero venuti da noi (gli ufficiali incaricati di informare le famiglie della morte dei soldati) e per ogni minuto che passava, ci dicevamo che era una buona notizia”. “Era un fiore – continua la madre della ragazza Ma'ale Adumim, la maggiore di quattro sorelle - e ci aspettavamo grandi cose da lei
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gli inquietanti rapporti con hezbollah 
Venezuela, un vicepresidente
che ammicca ai terroristi  

Il vicepresidente di un importante paese del Sud America che intrattiene stretti rapporti con un movimento terrorista islamico. Succede in Venezuela, dove dal 4 gennaio scorso il presidente Nicolas Maduro ha scelto come suo più stretto collaboratore una figura decisamente controversa come quella di Tareck Zaidan El Aissami Maddah.
Già ministro dell’Interno e della Giustizia, il nuovo vicepresidente attira su di sé molti sospetti di cattive frequentazioni. Fu il Wall Street Journal, nel 2014, a sollevare la questione. L’autorevole testata lo descriveva infatti come uno degli artefici di un “sofisticato network, finanziario e non solo” che si realizza in due tratte: da una parte si favorisce la circolazione di militanti islamici in Venezuela e nei paesi limitrofi, dall’altra fondi illeciti provenienti da Caracas vengono accolti nel lontano Medio Oriente. Ad essere coinvolte, secondo l’inchiesta, una quarantina di società fantasma tra Sud America, Florida e Libano.
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L'INEDITA INIZIATIVA DELLA POLIZIA TEDESCA 
Auschwitz e la realtà virtuale
Nuove sfide per la Memoria

La realtà virtuale per far luce sui crimini compiuti dai nazisti nel campo di sterminio di Auschwitz.
Sta riscuotendo grande interesse l’inedito strumento messo a punto dalla polizia tedesca, che ha ricostruito il lager in virtual-reality rendendo possibile un’esplorazione approfondita della sua drammatica realtà. Uno strumento, è stato spiegato, particolarmente utile per accertare le responsabilità di chi aveva funzione di controllo al suo interno.
Si stanno infatti consumando gli ultimi processi a carico dei guardiani dei lager nazisti, che tendono spesso a negare o sminuire le loro colpe in sede di giudizio. È importante quindi agire con la massima scientificità possibile.
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la citazione  sull'enciclopedia online
Wiki e i negazionisti da oscurare
Uno studente deve fare una ricerca sulla Shoah, pertanto digita su internet alcune parole chiave: Memoria, Primo Levi, deportazione. Nella sua ricerca intende utilizzare una citazione, quindi capita sulla pagina di Wikiquote (il portale di Wikipedia dedicato esclusivamente alle citazioni) dedicata a scritti sul campo di sterminio di Auschwitz.
E la primissima voce che lo studente trova è la seguente:
“Auschwitz? Cos'è successo ad Auschwitz? Io non ci sono andato. Voi? [...] Non c'è stato nessun forno e nessuna camera a gas. È tutta una menzogna. Ho letto parecchi libri che hanno messo in dubbio la cifra propagandata di sei milioni di ebrei uccisi nei campi di sterminio. [...] Hitler fu una delle più grandi personalità del ventesimo secolo".
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INFORMAZIONE – INTERNATIONAL EDITION 
Come cambia Kikar Dizengoff 
Kikar Dizengoff, una delle piazze iconiche di Tel Aviv, cambia volto. A raccontarlo nell’odierna uscita dell’edizione internazionale di Pagine Ebraiche è Daniela Fubini, che nella città di Bauhaus, spiagge e high-tech è sbarcata da Torino, dopo una tappa intermedia a New York.
“Il momento è davvero storico dalla prospettiva del Kikar, che porta il nome di Zina Dizengoff, amata moglie del sindaco. La piazza era stata costruita per essere piatta, rotonda ed ariosa. Poi, nel 1978, è stato ricoperto da tonnellate di cemento, che dall’alto parevano un gigantesco ragno obeso intrappolato tra i due lati di Dizengoff Street, Reines e Pinsker. È vero che gli anni Settanta erano l’età del cemento anche in altri continenti, ma come scusa non è granché. Trentotto anni dopo, con scarsissimo interesse dell’opinione pubblica e dei cittadini di Tel Aviv, il ragno obeso verrà lentamente polverizzato e Zina e Meir, la piazza tonda, e la strada principale, potranno finalmente guardarsi di nuovo negli occhi, allo stesso livello della strada. L’ordine e l’amore eterno sono stati ristabiliti” scrive Fubini.
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pilpul
Oltremare – Cerchi
Non succede tutti i giorni di scendere in piazza, nella nostra Kikar Rabin, centro di ogni attivismo cittadino telavivese, dalle maratone alla fiera del libro e ovviamente alle manifestazioni più o meno spontanee, e incontrare nella folla i leader dei partiti di minoranza, a zonzo come noi cittadini. Sabato sera nella Kikar, Tzipi Livni, Erel Margalit, Boogie Hetzog, Stav Shaffir fra quelli che ho incrociato, non si apprestavano a salire sul palco e non ne erano appena scesi. Una serata a piano terra, in mezzo al pubblico ma senza slogan o applausi: deve essere stato ben strano per loro. Invece di arringare il popolo e convincerlo ad appoggiare la loro politica (quelli che ne hanno una), si sono messi in fila tutti insieme a noi semplici cittadini, per farsi fotografare con un reduce di Tzuk Eitan, l'ultima guerra con Hamas che ha lasciato sul campo di battaglia 67 soldati israeliani e ha prodotto 67 famiglie in lutto perenne, di generazione in generazione.

Daniela Fubini, Tel Aviv
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