
Elia Richetti,
rabbino
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Poco
prima di morire, Ya’aqov raduna i figli e li benedice. Ma le parole che
rivolge a Shim’òn e a Levì suonano quasi come una maledizione, più che
una benedizione: “… Maledetta la loro ira poiché è forte e la loro
violenza poiché è dura…”.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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La
Gematria è una parte dello scibile ebraico che, sul versante della
mistica, cerca di svelare la corrispondenza fra le parole e il loro
valore numerico. In ebraico, a ognuna delle 22 consonanti viene
attribuito un valore: da 1 a 9 per le lettere da א (alef) a ט (tet); da
10 a 90 per le lettere da י (jod) a צ (zadi); e da 100 a 400 per le
lettere da ק (qof) a ת (tav). La corrispondenza fra numeri e lettere è
un po' complicata, arrivando appunto a un valore massimo di 400, e
pertanto per comporre numeri maggiori bisogna aggregare molti più segni
di quanto non sia possibile con l'uso delle cifre arabe attraverso il
sistema decimale. Per esempio la via più parsimoniosa per esprimere il
numero dell'anno civile in corso, 2017, è la seguente: תתתתתיז, ossia
(da destra a sinistra) cinque volte 400, più 10, più 7. Il metodo
peraltro consente di esprimere il medesimo numero con soluzioni
letterali differenti, o anche di trovare la corrispondenza numerica fra
parole differenti. Vi è infatti chi da una parola ne deduce un'altra il
cui valore numerico è lo stesso, con interessanti implicazioni
interpretative. Abbiamo dunque cercato di capire come si possa
esprimere in lettere e parole ebraiche il numero 2017, cercando di
trarre attraverso la Gematria i migliori auspici per l'anno testé
iniziato. La soluzione appare nella tabella seguente in cui nella
colonna di destra viene riportato un significativo testo in ebraico,
nella colonna centrale il valore numerico delle rispettive parole, per
una somma di 2017, e nella colonna di sinistra la traduzione in italiano.
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Il nuovo caso Sumaya |
Milano,
nuovo caso Sumaya: spunta un cugino qaedista. Secondo il consigliere
comunale di Milano Matteo Forte (Milano popolare), il cugino della
consigliera Sumaya Abdel Qader, “è stato imprigionato a Guantanamo e
nel 2012 era detenuto in Israele, sospettato di legami con Al-Qaeda”.
“Sumaya non è sul banco degli imputati per quello che hanno fatto i
suoi parenti ma vogliamo spiegazioni dal Pd e da Bussolati su questi
rapporti”, ha proseguito Forte, che assieme a Maryam Ismail, ex Pd, ha
denunciato la scelta del partito di dialogare con la parte dell’Islam
considerata più integralista.“Non mi risulta. – ha risposto Qader
rispetto al fatto che il cugino sia passato da Guantanamo – È stato
detenuto in Israele ed è stato per 7 anni in attesa di un capo di
imputazione e di un processo. Anche Amnesty International ha seguito la
sua vicenda. Poi è stato condannato a due anni per resistenza a
pubblico ufficiale. Se ha fatto qualcosa sono la prima a dire che deve
pagare” (Il Giorno Milano e Libero). Legami e intrecci inquietanti, in
ogni caso, su cui è necessario fare chiarezza.
L’addio di Obama e le parole di Trump sulla Russia. Sia il Corriere sia
Repubblica riportano il discorso di addio del presidente Barack Obama.
Per la prima volta invece il futuro presidente Donald Trump, spiega il
Corriere, ha riconosciuto “che il Cremlino ha gestito i ‘cyber attack’
durante la campagna elettorale. Ma aggiunge: ‘Io non sono ricattabile,
non ho mai concluso affari e non ho debiti in Russia’. Tutto questo
però non intacca minimamente il rapporto con ‘l’amico Putin’ anzi ‘sono
sicuro che la Russia rispetterà molto di più il nostro Paese di quanto
sia accaduto in passato’”.
Contro il terrorismo islamista servono nuovi Giusti. “Tra coloro che
nel passato hanno sollevato la propria coscienza contro genocidi e
atrocità di massa c’è un filo rosso di valori, che deve essere ripreso
di fronte alle stragi jihadiste e tradotto in una sorta di magna
charta”, a scriverlo il presidente dell’associazione Gariwo Gabriele
Nissim sulle colonne di Avvenire, presentando il ciclo di conferenze
“La crisi dell’Europa e i Giusti del nostro tempo”, in programma a
Milano dal 17 gennaio. Un’iniziativa organizzata da Gariwo in
collaborazione con il Teatro Franco Parenti, con il patrocinio
dell’Università degli Studi e della Fondazione Corriere della Sera.
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il messaggio della presidente ucei ad alfano
"Israele garanzia della pace
A Parigi l'Italia sia d'esempio"
La
Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni
ha inteso ricapitolare, con un messaggio rivolto al Governo italiano
alla vigilia della Conferenza di Parigi sulla pace in Medio oriente,
alcuni dei temi affrontati nelle scorse ore nel corso di un cordiale e
approfondito incontro svoltosi alla Farnesina con il ministro degli
Esteri Angelino Alfano.
“L’Italia – si legge nel documento - tramite il suo ministro degli
Esteri Angelino Alfano, si appresta a partecipare alla Conferenza di
Parigi dedicata al conflitto in Medio Oriente.
Al nostro governo rivolgiamo un appello che nasce dal cuore e dalla
constatazione di quello che è il presente vissuto e il futuro che ci
attende.
Un appello che nasce sulle due rive che si affacciano sul Mediterraneo
– quella europea e quella mediorientale – quella italiana e quella
israeliana.
Si tratta di un'iniziativa che si annuncia assai partecipata, con il
coinvolgimento di delegazioni e rappresentanti di oltre settanta
governi. In un contesto tanto affollato, mancheranno però i due
principali protagonisti: Israele e i palestinesi. Un’assenza su cui è
necessario riflettere.
Gli Stati nazionali e le Organizzazioni internazionali non potranno
sostituirsi alle parti in causa nel definire il percorso che porterà
alla necessaria convivenza, all’anelata pace, alla costruzione di uno
spazio mediorientale di crescita e di sviluppo. Possono, tuttavia,
assolvere un compito ineludibile: statuire i principi sulla base dei
quali le parti debbano dialogare.
L'auspicio è che l'Italia, forte della sua sincera amicizia con
Israele, forte del legame indissolubile saldamente incardinato nelle
relazioni tra i due paesi su un piano storico, culturale e politico,
possa chiaramente esprimere una posizione di sostegno al dialogo che
non prescinda, ma al contrario sia fondato, sul diritto inequivocabile
all’esistenza in pace e sicurezza dello Stato di Israele.
È necessario trovare il coraggio di dire che la vita viene prima
di tutto. Sancire la categorica condanna del terrorismo, della cultura
dell’odio sotto ogni forma.
Trovare il coraggio di dire che Israele oggi esiste. Israele ha il
diritto di continuare ad esistere in sicurezza. E’ un’affermazione
basilare e doverosa proprio in un contesto così ampio, cosi
condizionato. L’Europa e l’Italia devono prendere atto che Israele è la
sola realtà che con la sua democrazia, con il suo amore per la vita, la
scienza e la cultura rappresenta il futuro di ciascuno di noi che vive
oggi in Europa. E’ lo specchio che corrisponde alla nostra esistenza e
ai nostri ideali di pace e di progresso.
Favorire un negoziato diretto, tra le due parti, senza che la comunità
internazionale, e le logiche (illogiche) della strumentalizzazione
prevalgano e generino distorsioni alle quali abbiamo disperatamente
assistito.
Favorire i “sì” e la volontà di impegnarsi, senza precondizioni, e poi
passare nelle successive fasi alla trattazione dei singoli dossier,
singoli aspetti e temi. Difficili per quanto possano essere – dalle
questioni idriche, alle questioni territoriali, alla questione
Gerusalemme, capitale eterna di Israele – sono questioni successive.
È necessario raggiungere una soluzione che riconosca due Stati – lo
Stato di Israele per il popolo ebraico, lo Stato palestinese per il
popolo palestinese. Perché vogliamo vivere, vogliamo convivere,
vogliamo condividere.
L’Italia con le sue radici religiose, i valori e la cultura
mediterranea, con la sua vocazione, cura e impegno di garante della
pace in diverse regioni, può veicolare questa sfida. Può assumere un
ruolo di guida e di riferimento anche per le altre nazioni, e porsi
quale interlocutore per la regione mediorientale oggi lacerata e
logorata dalla guerra e dal conflitto permanente.
Attendiamo allora il domani e il dopodomani. Attendiamo fiduciosi che
l’Italia, raccogliendo questo appello, sia protagonista della pace e
della giustizia fra i popoli, che sappia diffonderlo e condividerlo con
le numerose delegazioni presenti, che sappia affermarlo al di là di
ogni esitazione”.
Noemi Di Segni
Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Leggi
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il convegno dedicato all'ebraismo siciliano
A Palermo la rinascita ebraica
è la storia del presente
Grande
attenzione a Palermo per il convegno “Siciliani senza Sicilia. Ebrei di
Sicilia in terra d’altri” che si svolge in queste ore presso l’Aula
Damiani Almeyda dell’Archivio Storico Comunale. Un incontro organizzato
in occasione dell’anniversario dell’espulsione definitiva degli ebrei
dall’isola, (avvenuta il 12 gennaio 1493), durante il quale viene
annunciato ufficialmente la decisione dell'arcivescovado di Palermo di
concedere alla realtà ebraica locale in comodato d’uso gratuito un
oratorio di proprietà ecclesiastica, l’Oratorio di S. Maria del Sabato,
che sorge nell’area un tempo occupata dell’antica zona ebraica della
“Guzzetta” e della “Meschita”. Una decisione che la presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e la
presidente della Comunità ebraica di Napoli Lydia Schapirer hanno
definito “una concreta testimonianza di risveglio e di rinascita
ebraica a oltre 500 anni dagli infamanti editti di espulsione che
misero fine, anche nel sangue, a secoli di presenza e impegno sul
territorio”.
Protagonisti del convegno di Palermo - aperto dagli interventi del
vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio
Disegni e, in rappresentanza della Keillah di Napoli, di Ariel Finzi –
rav Pierpaolo Pinhas Punturello (nell'immagine in un incontro con
l'arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice), rappresentante per l’Italia
di Shavei Israel, e la storica Serena Di Nepi. A moderare
l'appuntamento, che vede la presenza del vicario episcopale
dell’Arcivescovado di Palermo monsignor Raffaele Mangano, Rita
Calabrese dell'Università di Palermo.
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lo studio del pew su religione ed educazione
Il valore aggiunto dell'istruzione
La marcia in più dell'ebraismo
Si
intitola “Religion and Education Around the World” lo studio dedicato
al rapporto fra religione e istruzione appena reso pubblico dal Pew
Research Center, noto e apprezzato istituto indipendente di ricerca
basato a Washington.
I dati sono impressionanti: gli ebrei sono più istruiti di qualsiasi
altro gruppo religioso e completano in media 13,4 anni di studio,
mentre all'estremo opposto gli induisti tendono a frequentare le scuole
per poco più di cinque anni scolastici e mezzo (la media mondiale è di
7,7), come i musulmani.
Si tratta di uno studio a livello globale, che oltre a mostrare le
differenze fra i vari gruppi evidenzia come si tratti di un dato
strettamente correlato alla localizzazione. La maggioranza della
popolazione ebraica mondiale vive negli Stati Uniti e in Israele, due
paesi che hanno un livello medio di istruzione molto elevato, mentre il
livello di istruzione basso tra gli induisti riflette il fatto che il
98 per cento vive in paesi in via di sviluppo. Esistono differenze
consistenti anche nell'ambito della stessa regione geografica e
addirittura dello stesso paese ma sono attribuibili, secondo gli
scienziati sociali, a fattori storici, come l'attività missionaria
dell'epoca coloniale. Si tratta di dati in rapida evoluzione, con una
crescita notevole degli anni di studio che si può riscontrare
praticamente in tutti i gruppi. Ma mentre la popolazione cristiana,
quella che ha avuto una crescita minore, è comunque passata dagli 8,9
anni di istruzione formale per il gruppo di età più anziano (55-74
anni) ai 9,9 per il gruppo 25-34, i dati relativi alla popolazione
ebraica sono praticamente costanti: si è passati dai 13,4 anni per il
gruppo 55-74 ai 13,8 anni per i 25-34. La crescita maggiore, riferita a
questo singolo dato, è stata rilevata in Europa, dove i giovani
raggiungono 14,8 anni di istruzione formale, contro i 12,5 dei loro
nonni.
Il livello di istruzione media è molto alto da parecchi decenni, e
l’aumento di anni di studio formale fra la generazione più giovane
rispetto ai più anziani è molto limitato (0,4 anni) a mostrare come
studiare sia parte della tradizione ebraica, anche in paesi dove il
dato globale è molto diverso. Notevole a questo proposito l’esempio del
Brasile, dove la media nazionale fra i non ebrei è di 6,8 anni di
studio, circa la metà del dato riferito alla popolazione ebraica, che
completa 12 anni e mezzo di istruzione. I dati della popolazione
ebraica mondiale sono molto simili ovunque, in realtà, e nel paese dove
il numero di anni di istruzione è minore, il Portogallo, si arriva
comunque a 9 anni.

Interessante
è anche il dato relativo alle differenze di genere: sia uomini che
donne, in media, hanno studiato per 13,4 anni ma, andando a scomporre i
numeri relativi ai gruppi d’età si scopre che nella generazione più
giovane, in effetti, sono le donne ad aver completato un numero di anni
di istruzione formale maggiore, ed è più probabile che abbiamo
raggiunto un livello di istruzione più alto, una differenza che arriva
ai 12 punti percentuali.
Ada Treves
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l'appello di ucei e della keillah milanese
"Milano, chi calpesta la Memoria
non può avere spazio in città"
“L’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità ebraica di Milano
esprimono la più profonda preoccupazione per il raduno di
stampo neofascista organizzato da Forza Nuova per sabato 14 gennaio.
Un'iniziativa pericolosa, portata avanti da un movimento che sfida
apertamente i valori della nostra democrazia”. È quanto scrivono in un
comunicato congiunto la Presidente dell'Unione Noemi Di Segni e i
presidenti della Keillah milanese Raffaele Besso e Milo Hasbani a
seguito della decisione della prefettura del capoluogo lombardo di
concedere a Forza Nuova la possibilità di svolgere il proprio raduno
presso l'Arco della Pace, a Milano. “Non possiamo permettere, a maggior
ragione in prossimità del 27 gennaio, e con tutto ciò che abbiamo
visto accadere nei pochi giorni di inizio anno, a chi calpesta il
significato della Memoria e propugna tesi razziste e xenofobe di avere
un luogo pubblico, per di più nel pieno centro di Milano, in cui
sostenere le proprie ideologie d'odio”, la denuncia dei rappresentanti
delle istituzioni ebraiche, che hanno sottolineato come le richieste di
bloccare l'iniziativa – portate avanti anche dall'Associazione
Nazionale Partigiani d'Italia (Anpi) – siano rimaste inascoltate.
“Chiediamo al sindaco di Milano Giuseppe Sala di intervenire. -
prosegue la nota, sottolineando come il sindaco si sia definito
contrario al raduno - In questo caso non si tratta di garantire la
libertà di pensiero e di manifestazione, ma al contrario di impedire
che i nemici della libertà e della democrazia trovino oggi spazio e
collaborazione”.
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qui roma - il progetto stolpersteine
Mario, Noemi e il piccolo Marco Tre pietre in ricordo dei Segre
Ottava
edizione per Memorie d’inciampo, l’appuntamento con l’artista tedesco
Gunter Demnig, in Italia per installare i suoi ormai noti
stolpersteine. Organizzata a Roma dall’associazione Arteinmemoria,
l’iniziativa, che prevede l’apposizione di ventiquattro “sanpietrini
della Memoria”, è stata inaugurata ieri di fronte all’Istituto Svedese
di Studi Classici, in via Omero: qui trovò infatti rifugio una famiglia
di ebrei, Mario Segre, la moglie Noemi Cingoli e il figlio, il piccolo
Marco, di appena due anni. In loro ricordo, sul marciapiede di fronte
all’Istituto, Demnig ha apposto tre pietre.
All’iniziativa, patrocinata dall’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane, dalla Comunità Ebraica di Roma e dall’ambasciata della
Repubblica Federale di Germania, era presente un folto pubblico di
familiari dei Segre, giornalisti e persone interessate. A presentare
l’incontro l’animatrice dell’Associazione Adachiara Zevi, che ha
introdotto gli interventi istituzionali, tra di essi quello
dell’Ambasciatrice di Germania Susanne Marianne Wasum-Rainer, la quale
ha sottolineato l’importanza del progetto, volto a ridare un nome e una
individualità alle persone che furono deportate e uccise. Presenti
anche l’Ambasciatore di Svezia Robert Rydberg, l’attuale direttore
dell’Istituto Svedese Kristian Göransson, l’Assessore del II Municipio
Lucrezia Colmayer.
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jciak
Quei feroci Animali notturni
A
un giornalista del Guardian che gli chiedeva perché si era fatto
crescere assicurò, un anno fa, che non era una moda hipster. E che gli
piaceva essere stato paragonato da qualcuno a un ebreo hassid. “È stato
bello perché ho capelli molto ricci e perché sono ebreo”. Non sarà
abbastanza come attestato di ebraismo, ma è sufficiente per soffermarsi
su Aaron Taylor-Johnson, inglese, 26 anni, già distintosi in Nowhere
Boy e Kick-Ass, appena insignito del Golden Globe per la sua
strabiliante interpretazione dell’efferato Ray Marcus in Animali
notturni di Tom Ford.
La scelta di Taylor-Johnson non ha mancato di suscitare qualche ironia.
Nei film di Tom Ford, già direttore creativo di Gucci, persino i
criminali più incalliti sono belli, ha commentato qualcuno.
Sull’estetismo di Ford non c’è dubbio ma anche o forse proprio per
questo, Animali notturni è un film notevole. Nulla da dire nemmeno
sulla prestanza dell’attore.
Daniela Gross
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Setirot - Grazie |
Trovo
un solo modo di ringraziare commosso chi ha voluto esprimermi vicinanza
e affetto per la morte di mio padre Napoleone Yehuda z”l. Grazie ai
rabbanim che mi hanno rivolto parole di consolazione, grazie agli amici
e ai conoscenti, un grande grazie alla redazione giornalistica
dell'Unione e al suo direttore, grazie al Consiglio dell’UCEI e alla
sua presidente Noemi di Segni, grazie a tutti. Il solo modo che trovo
per ringraziarvi è dedicare a tutti noi la tanto abusata quanto eterna
e in fondo consolatrice frase di Qoelet (3,1): "Tutte le cose hanno il
loro tempo, e ogni cosa passa sotto il cielo dopo il termine che gli è
stato prescritto".
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Scholem Asch |
Torna
in scena a New York una delle pièce teatrali in yiddish più discusse
della storia: “Got fun nekome” (La vendetta di Dio), di Scholem Asch
(1880-1975), nato a Kutno in Polonia, l’ultimo di dieci figli di una
famiglia hassidica che avversa gli studi secolari ma che non riesce a
impedirgli di conoscere le opere degli autori europei e di imparare il
tedesco, grazie alla lettura della Bibbia tradotta da Moses Mendelsohn,
il padre dell’illuminismo ebraico. Fin da giovane, Scholem Asch rivela
un grande talento per la scrittura, tanto che è Y.L. Peretz stesso a
incoraggiarlo a scrivere racconti in yiddish, forse intuendo che quel
giovane autore squattrinato sarebbe diventato negli anni uno dei nomi
più importanti nel processo di sviluppo letterario e dello studio
scientifico della lingua yiddish.
Maria Teresa Milano
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Il valore della lentezza
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“Ma
davvero ti è piaciuto, quel film lento-lento?”, mi domandava un amico
qualche giorno fa, con un un tono da valutazione negativa nella
ripetizione dell’aggettivo. La velocità – ho pensato – ci sta facendo
del male; e mi sono ri-immerso fra le pagine di “Il Peso dei Segreti”,
della scrittrice giappo-canadese Aki Shimazaki (Feltrinelli, traduzione
di Cinzia Poli). È da metà dicembre che lo leggo, che ne rallento la
lettura, che ne rimando la fine. Eppure ne sono preso; ormai ho capito
che i segreti si stanno sciogliendo, e che la macchina testuale che
l’autrice ha montato prevede il dislocamento di frammenti di
rivelazione per cucire assieme i lembi di una storia che è sì sempre la
stessa, ma che è sempre diversa – dipende da chi e da quando la narra..
Valerio Fiandra
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Le questioni importanti
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Ho sentito in una breve derashà alla scorsa Parashat haShavua, Vayiggash, l'interpretazione di
וַיִּקְרָ֕א הוֹצִ֥יאוּ כָל־אִ֖ישׁ מֵֽעָלָ֑י (fate uscire tutti dal mio
cospetto!", come esclamò Yossef commosso dalle parole di Yehudà, il
quale si era offerto schiavo al posto di Binyamin; Bereshit 45,1) nel
senso di allontanare gli egiziani, ovvero i non ebrei, facendo restare
i soli fratelli, ebrei, per un chiarimento atteso da ben ventidue anni.
Come dire, le questioni importanti vanno affrontate prima di tutto in
casa, in seno ad Am Israel, piuttosto che all'esterno.
Sara Valentina Di Palma
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