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12 Gennaio 2017 - 14 Tevet 5777
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Poco prima di morire, Ya’aqov raduna i figli e li benedice. Ma le parole che rivolge a Shim’òn e a Levì suonano quasi come una maledizione, più che una benedizione: “… Maledetta la loro ira poiché è forte e la loro violenza poiché è dura…”.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
La Gematria è una parte dello scibile ebraico che, sul versante della mistica, cerca di svelare la corrispondenza fra le parole e il loro valore numerico. In ebraico, a ognuna delle 22 consonanti viene attribuito un valore: da 1 a 9 per le lettere da א (alef) a ט (tet); da 10 a 90 per le lettere da י (jod) a צ (zadi); e da 100 a 400 per le lettere da ק (qof) a ת (tav). La corrispondenza fra numeri e lettere è un po' complicata, arrivando appunto a un valore massimo di 400, e pertanto per comporre numeri maggiori bisogna aggregare molti più segni di quanto non sia possibile con l'uso delle cifre arabe attraverso il sistema decimale. Per esempio la via più parsimoniosa per esprimere il numero dell'anno civile in corso, 2017, è la seguente: תתתתתיז, ossia (da destra a sinistra) cinque volte 400, più 10, più 7. Il metodo peraltro consente di esprimere il medesimo numero con soluzioni letterali differenti, o anche di trovare la corrispondenza numerica fra parole differenti. Vi è infatti chi da una parola ne deduce un'altra il cui valore numerico è lo stesso, con interessanti implicazioni interpretative. Abbiamo dunque cercato di capire come si possa esprimere in lettere e parole ebraiche il numero 2017, cercando di trarre attraverso la Gematria i migliori auspici per l'anno testé iniziato. La soluzione appare nella tabella seguente in cui nella colonna di destra viene riportato un significativo testo in ebraico, nella colonna centrale il valore numerico delle rispettive parole, per una somma di 2017, e nella colonna di sinistra la traduzione in italiano.
 
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Il nuovo caso Sumaya
Milano, nuovo caso Sumaya: spunta un cugino qaedista. Secondo il consigliere comunale di Milano Matteo Forte (Milano popolare), il cugino della consigliera Sumaya Abdel Qader, “è stato imprigionato a Guantanamo e nel 2012 era detenuto in Israele, sospettato di legami con Al-Qaeda”. “Sumaya non è sul banco degli imputati per quello che hanno fatto i suoi parenti ma vogliamo spiegazioni dal Pd e da Bussolati su questi rapporti”, ha proseguito Forte, che assieme a Maryam Ismail, ex Pd, ha denunciato la scelta del partito di dialogare con la parte dell’Islam considerata più integralista.“Non mi risulta. – ha risposto Qader rispetto al fatto che il cugino sia passato da Guantanamo – È stato detenuto in Israele ed è stato per 7 anni in attesa di un capo di imputazione e di un processo. Anche Amnesty International ha seguito la sua vicenda. Poi è stato condannato a due anni per resistenza a pubblico ufficiale. Se ha fatto qualcosa sono la prima a dire che deve pagare” (Il Giorno Milano e Libero). Legami e intrecci inquietanti, in ogni caso, su cui è necessario fare chiarezza.

L’addio di Obama e le parole di Trump sulla Russia. Sia il Corriere sia Repubblica riportano il discorso di addio del presidente Barack Obama. Per la prima volta invece il futuro presidente Donald Trump, spiega il Corriere, ha riconosciuto “che il Cremlino ha gestito i ‘cyber attack’ durante la campagna elettorale. Ma aggiunge: ‘Io non sono ricattabile, non ho mai concluso affari e non ho debiti in Russia’. Tutto questo però non intacca minimamente il rapporto con ‘l’amico Putin’ anzi ‘sono sicuro che la Russia rispetterà molto di più il nostro Paese di quanto sia accaduto in passato’”.

Contro il terrorismo islamista servono nuovi Giusti. “Tra coloro che nel passato hanno sollevato la propria coscienza contro genocidi e atrocità di massa c’è un filo rosso di valori, che deve essere ripreso di fronte alle stragi jihadiste e tradotto in una sorta di magna charta”, a scriverlo il presidente dell’associazione Gariwo Gabriele Nissim sulle colonne di Avvenire, presentando il ciclo di conferenze “La crisi dell’Europa e i Giusti del nostro tempo”, in programma a Milano dal 17 gennaio. Un’iniziativa organizzata da Gariwo in collaborazione con il Teatro Franco Parenti, con il patrocinio dell’Università degli Studi e della Fondazione Corriere della Sera.
 
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  davar
il messaggio della presidente ucei ad alfano
"Israele garanzia della pace
A Parigi l'Italia sia d'esempio"

La Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni ha inteso ricapitolare, con un messaggio rivolto al Governo italiano alla vigilia della Conferenza di Parigi sulla pace in Medio oriente, alcuni dei temi affrontati nelle scorse ore nel corso di un cordiale e approfondito incontro svoltosi alla Farnesina con il ministro degli Esteri Angelino Alfano.
 
“L’Italia – si legge nel documento - tramite il suo ministro degli Esteri Angelino Alfano, si appresta a partecipare alla Conferenza di Parigi dedicata al conflitto in Medio Oriente.
Al nostro governo rivolgiamo un appello che nasce dal cuore e dalla constatazione di quello che è il presente vissuto e il futuro che ci attende.
Un appello che nasce sulle due rive che si affacciano sul Mediterraneo – quella europea e quella mediorientale – quella italiana e quella israeliana.
Si tratta di un'iniziativa che si annuncia assai partecipata, con il coinvolgimento di delegazioni e rappresentanti di oltre settanta governi. In un contesto tanto affollato, mancheranno però i due principali protagonisti: Israele e i palestinesi. Un’assenza su cui è necessario riflettere.
Gli Stati nazionali e le Organizzazioni internazionali non potranno sostituirsi alle parti in causa nel definire il percorso che porterà alla necessaria convivenza, all’anelata pace, alla costruzione di uno spazio mediorientale di crescita e di sviluppo. Possono, tuttavia, assolvere un compito ineludibile: statuire i principi sulla base dei quali le parti debbano dialogare.
 L'auspicio è che l'Italia, forte della sua sincera amicizia con Israele, forte del legame indissolubile saldamente incardinato nelle relazioni tra i due paesi su un piano storico, culturale e politico, possa chiaramente esprimere una posizione di sostegno al dialogo che non prescinda, ma al contrario sia fondato, sul diritto inequivocabile all’esistenza in pace e sicurezza dello Stato di Israele.
 È necessario trovare il coraggio di dire che la vita viene prima di tutto. Sancire la categorica condanna del terrorismo, della cultura dell’odio sotto ogni forma.
Trovare il coraggio di dire che Israele oggi esiste. Israele ha il diritto di continuare ad esistere in sicurezza. E’ un’affermazione basilare e doverosa proprio in un contesto così ampio, cosi condizionato. L’Europa e l’Italia devono prendere atto che Israele è la sola realtà che con la sua democrazia, con il suo amore per la vita, la scienza e la cultura rappresenta il futuro di ciascuno di noi che vive oggi in Europa. E’ lo specchio che corrisponde alla nostra esistenza e ai nostri ideali di pace e di progresso.
Favorire un negoziato diretto, tra le due parti, senza che la comunità internazionale, e le logiche (illogiche) della strumentalizzazione prevalgano e generino distorsioni alle quali abbiamo disperatamente assistito.
Favorire i “sì” e la volontà di impegnarsi, senza precondizioni, e poi passare nelle successive fasi alla trattazione dei singoli dossier, singoli aspetti e temi. Difficili per quanto possano essere – dalle questioni idriche, alle questioni territoriali, alla questione Gerusalemme, capitale eterna di Israele – sono questioni successive.
È necessario raggiungere una soluzione che riconosca due Stati – lo Stato di Israele per il popolo ebraico, lo Stato palestinese per il popolo palestinese. Perché vogliamo vivere, vogliamo convivere, vogliamo condividere.  
L’Italia con le sue radici religiose, i valori e la cultura mediterranea, con la sua vocazione, cura e impegno di garante della pace in diverse regioni, può veicolare questa sfida. Può assumere un ruolo di guida e di riferimento anche per le altre nazioni, e porsi quale interlocutore per la regione mediorientale oggi lacerata e logorata dalla guerra e dal conflitto permanente.
Attendiamo allora il domani e il dopodomani. Attendiamo fiduciosi che l’Italia, raccogliendo questo appello, sia protagonista della pace e della giustizia fra i popoli, che sappia diffonderlo e condividerlo con le numerose delegazioni presenti, che sappia affermarlo al di là di ogni esitazione”.
 
Noemi Di Segni
Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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il convegno dedicato all'ebraismo siciliano
A Palermo la rinascita ebraica
è la storia del presente

Grande attenzione a Palermo per il convegno “Siciliani senza Sicilia. Ebrei di Sicilia in terra d’altri” che si svolge in queste ore presso l’Aula Damiani Almeyda dell’Archivio Storico Comunale. Un incontro organizzato in occasione dell’anniversario dell’espulsione definitiva degli ebrei dall’isola, (avvenuta il 12 gennaio 1493), durante il quale viene annunciato ufficialmente la decisione dell'arcivescovado di Palermo di concedere alla realtà ebraica locale in comodato d’uso gratuito un oratorio di proprietà ecclesiastica, l’Oratorio di S. Maria del Sabato, che sorge nell’area un tempo occupata dell’antica zona ebraica della “Guzzetta” e della “Meschita”. Una decisione che la presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e la presidente della Comunità ebraica di Napoli Lydia Schapirer hanno definito “una concreta testimonianza di risveglio e di rinascita ebraica a oltre 500 anni dagli infamanti editti di espulsione che misero fine, anche nel sangue, a secoli di presenza e impegno sul territorio”.
Protagonisti del convegno di Palermo - aperto dagli interventi del vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni e, in rappresentanza della Keillah di Napoli, di Ariel Finzi – rav Pierpaolo Pinhas Punturello (nell'immagine in un incontro con l'arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice), rappresentante per l’Italia di Shavei Israel, e la storica Serena Di Nepi. A moderare l'appuntamento, che vede la presenza del vicario episcopale dell’Arcivescovado di Palermo monsignor Raffaele Mangano, Rita Calabrese dell'Università di Palermo.
 

lo studio del pew su religione ed educazione
Il valore aggiunto dell'istruzione
La marcia in più dell'ebraismo

Si intitola “Religion and Education Around the World” lo studio dedicato al rapporto fra religione e istruzione appena reso pubblico dal Pew Research Center, noto e apprezzato istituto indipendente di ricerca basato a Washington.
I dati sono impressionanti: gli ebrei sono più istruiti di qualsiasi altro gruppo religioso e completano in media 13,4 anni di studio, mentre all'estremo opposto gli induisti tendono a frequentare le scuole per poco più di cinque anni scolastici e mezzo (la media mondiale è di 7,7), come i musulmani.
Si tratta di uno studio a livello globale, che oltre a mostrare le differenze fra i vari gruppi evidenzia come si tratti di un dato strettamente correlato alla localizzazione. La maggioranza della popolazione ebraica mondiale vive negli Stati Uniti e in Israele, due paesi che hanno un livello medio di istruzione molto elevato, mentre il livello di istruzione basso tra gli induisti riflette il fatto che il 98 per cento vive in paesi in via di sviluppo. Esistono differenze consistenti anche nell'ambito della stessa regione geografica e addirittura dello stesso paese ma sono attribuibili, secondo gli scienziati sociali, a fattori storici, come l'attività missionaria dell'epoca coloniale. Si tratta di dati in rapida evoluzione, con una crescita notevole degli anni di studio che si può riscontrare praticamente in tutti i gruppi. Ma mentre la popolazione cristiana, quella che ha avuto una crescita minore, è comunque passata dagli 8,9 anni di istruzione formale per il gruppo di età più anziano (55-74 anni) ai 9,9 per il gruppo 25-34, i dati relativi alla popolazione ebraica sono praticamente costanti: si è passati dai 13,4 anni per il gruppo 55-74 ai 13,8 anni per i 25-34. La crescita maggiore, riferita a questo singolo dato, è stata rilevata in Europa, dove i giovani raggiungono 14,8 anni di istruzione formale, contro i 12,5 dei loro nonni.
Il livello di istruzione media è molto alto da parecchi decenni, e l’aumento di anni di studio formale fra la generazione più giovane rispetto ai più anziani è molto limitato (0,4 anni) a mostrare come studiare sia parte della tradizione ebraica, anche in paesi dove il dato globale è molto diverso. Notevole a questo proposito l’esempio del Brasile, dove la media nazionale fra i non ebrei è di 6,8 anni di studio, circa la metà del dato riferito alla popolazione ebraica, che completa 12 anni e mezzo di istruzione. I dati della popolazione ebraica mondiale sono molto simili ovunque, in realtà, e nel paese dove il numero di anni di istruzione è minore, il Portogallo, si arriva comunque a 9 anni.

Interessante è anche il dato relativo alle differenze di genere: sia uomini che donne, in media, hanno studiato per 13,4 anni ma, andando a scomporre i numeri relativi ai gruppi d’età si scopre che nella generazione più giovane, in effetti, sono le donne ad aver completato un numero di anni di istruzione formale maggiore, ed è più probabile che abbiamo raggiunto un livello di istruzione più alto, una differenza che arriva ai 12 punti percentuali.

Ada Treves
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l'appello di ucei e della keillah milanese 
"Milano, chi calpesta la Memoria
non può avere spazio in città"

“L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità ebraica di Milano esprimono la più profonda preoccupazione per il raduno di stampo neofascista organizzato da Forza Nuova per sabato 14 gennaio. Un'iniziativa pericolosa, portata avanti da un movimento che sfida apertamente i valori della nostra democrazia”. È quanto scrivono in un comunicato congiunto la Presidente dell'Unione Noemi Di Segni e i presidenti della Keillah milanese Raffaele Besso e Milo Hasbani a seguito della decisione della prefettura del capoluogo lombardo di concedere a Forza Nuova la possibilità di svolgere il proprio raduno presso l'Arco della Pace, a Milano. “Non possiamo permettere, a maggior ragione in prossimità del 27 gennaio, e con tutto ciò che abbiamo visto accadere nei pochi giorni di inizio anno, a chi calpesta il significato della Memoria e propugna tesi razziste e xenofobe di avere un luogo pubblico, per di più nel pieno centro di Milano, in cui sostenere le proprie ideologie d'odio”, la denuncia dei rappresentanti delle istituzioni ebraiche, che hanno sottolineato come le richieste di bloccare l'iniziativa – portate avanti anche dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (Anpi) – siano rimaste inascoltate. “Chiediamo al sindaco di Milano Giuseppe Sala di intervenire. - prosegue la nota, sottolineando come il sindaco si sia definito contrario al raduno - In questo caso non si tratta di garantire la libertà di pensiero e di manifestazione, ma al contrario di impedire che i nemici della libertà e della democrazia trovino oggi spazio e collaborazione”.
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qui roma - il progetto stolpersteine
Mario, Noemi e il piccolo Marco Tre pietre in ricordo dei Segre
Ottava edizione per Memorie d’inciampo, l’appuntamento con l’artista tedesco Gunter Demnig, in Italia per installare i suoi ormai noti stolpersteine. Organizzata a Roma dall’associazione Arteinmemoria, l’iniziativa, che prevede l’apposizione di ventiquattro “sanpietrini della Memoria”, è stata inaugurata ieri di fronte all’Istituto Svedese di Studi Classici, in via Omero: qui trovò infatti rifugio una famiglia di ebrei, Mario Segre, la moglie Noemi Cingoli e il figlio, il piccolo Marco, di appena due anni. In loro ricordo, sul marciapiede di fronte all’Istituto, Demnig ha apposto tre pietre.
All’iniziativa, patrocinata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dalla Comunità Ebraica di Roma e dall’ambasciata della Repubblica Federale di Germania, era presente un folto pubblico di familiari dei Segre, giornalisti e persone interessate. A presentare l’incontro l’animatrice dell’Associazione Adachiara Zevi, che ha introdotto gli interventi istituzionali, tra di essi quello dell’Ambasciatrice di Germania Susanne Marianne Wasum-Rainer, la quale ha sottolineato l’importanza del progetto, volto a ridare un nome e una individualità alle persone che furono deportate e uccise. Presenti anche l’Ambasciatore di Svezia Robert Rydberg, l’attuale direttore dell’Istituto Svedese Kristian Göransson, l’Assessore del II Municipio Lucrezia Colmayer.
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jciak
Quei feroci Animali notturni
A un giornalista del Guardian che gli chiedeva perché si era fatto crescere assicurò, un anno fa, che non era una moda hipster. E che gli piaceva essere stato paragonato da qualcuno a un ebreo hassid. “È stato bello perché ho capelli molto ricci e perché sono ebreo”. Non sarà abbastanza come attestato di ebraismo, ma è sufficiente per soffermarsi su Aaron Taylor-Johnson, inglese, 26 anni, già distintosi in Nowhere Boy e Kick-Ass, appena insignito del Golden Globe per la sua strabiliante interpretazione dell’efferato Ray Marcus in Animali notturni di Tom Ford.
La scelta di Taylor-Johnson non ha mancato di suscitare qualche ironia. Nei film di Tom Ford, già direttore creativo di Gucci, persino i criminali più incalliti sono belli, ha commentato qualcuno.
Sull’estetismo di Ford non c’è dubbio ma anche o forse proprio per questo, Animali notturni è un film notevole. Nulla da dire nemmeno sulla prestanza dell’attore.

Daniela Gross
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  pilpul
Setirot - Grazie
Trovo un solo modo di ringraziare commosso chi ha voluto esprimermi vicinanza e affetto per la morte di mio padre Napoleone Yehuda z”l. Grazie ai rabbanim che mi hanno rivolto parole di consolazione, grazie agli amici e ai conoscenti, un grande grazie alla redazione giornalistica dell'Unione e al suo direttore, grazie al Consiglio dell’UCEI e alla sua presidente Noemi di Segni, grazie a tutti. Il solo modo che trovo per ringraziarvi è dedicare a tutti noi la tanto abusata quanto eterna e in fondo consolatrice frase di Qoelet (3,1): "Tutte le cose hanno il loro tempo, e ogni cosa passa sotto il cielo dopo il termine che gli è stato prescritto".

Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Scholem Asch
Torna in scena a New York una delle pièce teatrali in yiddish più discusse della storia: “Got fun nekome” (La vendetta di Dio), di Scholem Asch (1880-1975), nato a Kutno in Polonia, l’ultimo di dieci figli di una famiglia hassidica che avversa gli studi secolari ma che non riesce a impedirgli di conoscere le opere degli autori europei e di imparare il tedesco, grazie alla lettura della Bibbia tradotta da Moses Mendelsohn, il padre dell’illuminismo ebraico. Fin da giovane, Scholem Asch rivela un grande talento per la scrittura, tanto che è Y.L. Peretz stesso a incoraggiarlo a scrivere racconti in yiddish, forse intuendo che quel giovane autore squattrinato sarebbe diventato negli anni uno dei nomi più importanti nel processo di sviluppo letterario e dello studio scientifico della lingua yiddish.

Maria Teresa Milano
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Il valore della lentezza
“Ma davvero ti è piaciuto, quel film lento-lento?”, mi domandava un amico qualche giorno fa, con un un tono da valutazione negativa nella ripetizione dell’aggettivo. La velocità – ho pensato – ci sta facendo del male; e mi sono ri-immerso fra le pagine di “Il Peso dei Segreti”, della scrittrice giappo-canadese Aki Shimazaki (Feltrinelli, traduzione di Cinzia Poli). È da metà dicembre che lo leggo, che ne rallento la lettura, che ne rimando la fine. Eppure ne sono preso; ormai ho capito che i segreti si stanno sciogliendo, e che la macchina testuale che l’autrice ha montato prevede il dislocamento di frammenti di rivelazione per cucire assieme i lembi di una storia che è sì sempre la stessa, ma che è sempre diversa – dipende da chi e da quando la narra..

Valerio Fiandra
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Le questioni importanti
Ho sentito in una breve derashà alla scorsa Parashat haShavua, Vayiggash, l'interpretazione di
וַיִּקְרָ֕א הוֹצִ֥יאוּ כָל־אִ֖ישׁ מֵֽעָלָ֑י (fate uscire tutti dal mio cospetto!", come esclamò Yossef commosso dalle parole di Yehudà, il quale si era offerto schiavo al posto di Binyamin; Bereshit 45,1) nel senso di allontanare gli egiziani, ovvero i non ebrei, facendo restare i soli fratelli, ebrei, per un chiarimento atteso da ben ventidue anni. Come dire, le questioni importanti vanno affrontate prima di tutto in casa, in seno ad Am Israel, piuttosto che all'esterno.


Sara Valentina Di Palma
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