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13 Gennaio 2017 - 15 Tevet 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
E oggi, dopo aver scritto una nuova pagina di storia a Palermo insieme alla Comunità di Napoli e all’UCEI, ringraziando del suo dono l’arcivescovo Lorefice, diamo un senso alla Storia: con gli ebrei locali ci prepariamo a uno Shabbat insieme.
Perché la Storia ha i suoi momenti pubblici, celebrativi e i suoi applausi, ma è lo Shabbat insieme agli ebrei di Palermo, ancora senza una sinagoga effettiva, che giustifica e rende reale ogni cerimonia, ogni celebrazione pubblica e dà un senso al mio essere rav.
 
Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
In un testo del dopoguerra – “Kol Dodì Dofek” – il grande rabbino ortodosso Joseph Soloveitchik (1903-1993) sviluppava un’importante riflessione sull’etica umana di fronte all’incommensurabilità del male, dopo la Shoah. Il suo ragionamento, mi pare, fa definitivamente giustizia del generico assunto ripetuto da commentatori superficiali secondo cui Auschwitz rappresenterebbe un evento in cui si è manifestata la “malvagità dell’essere umano”. I fondamenti teorici del pensiero di Soloveitchik si basano sulla necessità di dare un senso all’etica, al comportamento dell’uomo, proprio di fronte al male, sfuggendo alla tentazione di fare di tutta l’erba un fascio, accusando in maniera generalizzata e inconcludente (quindi di fatto assolutoria) tutta l’umanità.
 
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Parigi, oltre 70 paesi
al summit di domenica
Oltre settanta Paesi si apprestano a partecipare domenica al summit organizzato a Parigi sul Medio Oriente. Una conferenza che il Primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu ha definito “una truffa palestinese sostenuta dalla Francia”, annunciando l’assenza di Gerusalemme da un tavolo che si preannuncia fortemente schiacciato sulle posizioni palestinesi. A Parigi l’Italia invece ci sarà, rappresentata dal ministro degli Esteri Angelino Alfano a cui la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni ha inviato una lettera aperta nelle scorse ore: “L’auspicio – si legge nel messaggio – è che l’Italia, forte della sua sincera amicizia con Israele, forte del legame indissolubile saldamente incardinato nelle relazioni tra i due paesi su un piano storico, culturale e politico, possa chiaramente esprimere una posizione di sostegno al dialogo che non prescinda, ma al contrario sia fondato, sul diritto inequivocabile all’esistenza in pace e sicurezza dello Stato di Israele”. A Parigi, sottolinea la presidente, l’obiettivo deve essere quello di riportare sui binari i negoziati diretti, evitando pressioni unilaterali. Ma dalla Francia arrivano notizie poco incoraggianti, riportate dal Giornale, secondo cui il governo transalpino ha finanziato nel 2014 una piattaforma filopalestinese al cui interno ci sono gruppi che sostengono il boicottaggio di Israele quando non apertamente connessi a movimenti terroristici.
 
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  davar
consegnate le chiavi della futura sinagoga
"Palermo, una giornata storica"
“È con gesti come questo, di portata potremmo dire storica, che il passato fa pace con il presente e il presente con il passato. È una conciliazione che unisce e che ci impegna a proseguire il dialogo e il confronto, sotto il nome della cultura e della convivenza civile fra popoli e persone”.
Così il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni, intervenuto a Palermo in occasione della convegno “Siciliani senza Sicilia. Ebrei di Sicilia in terra d’altri” durante il quale è stata ufficialmente annunciata la decisione dell’arcivescovado di Palermo di concedere alla realtà ebraica locale (sezione della Comunità di Napoli), in comodato d’uso gratuito, un oratorio di proprietà ecclesiastica. Una data, quella dell’annuncio, dai forti risolti simbolici. Cadeva ieri infatti il 524esimo anniversario dall’espulsione degli ebrei dalla Sicilia.
Aperto dai saluti del vicepresidente UCEI Disegni e del maskil della Comunità ebraica di Napoli Ariel Finzi, il convegno ha visto tra gli altri gli interventi di Pierpaolo Pinhas Punturelo, rappresentante per l’Italia dell’associazione Shavei Israel; della storica Serena Di Nepi; del vicario episcopale Raffaele Mangano, intervenuto a nome di monsignor Corrado Lorefice. Importante l’impegno assunto dal vicesindaco di Palermo, Emilio Arcuri, che ha assicurato che i lavori di ristrutturazione dell’oratorio saranno a carico dell’amministrazione cittadina. A moderare l’iniziativa Rita Calabrese dell’Università di Palermo. Tra i presenti Gadi Piperno, del progetto Meridione UCEI, e Michael Freund di Shavei Israel.

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RUN FOR MEM - correre tra storia e memoria
Shaul Ladany, una vita in marcia
All’inferno è sopravvissuto almeno due volte: prima a Bergen Belsen, campo nazista dove fu imprigionato giovanissimo; quindi alla strage degli atleti israeliani a Monaco ‘72, i Giochi olimpici macchiati dal terrorismo palestinese.
Ne ha viste tante nella sua vita Shaul Ladany. Tante sofferenze, tanto dolore, tante incognite. Ma non si è mai arreso e non ha mai smesso di marciare, di indicare la strada da seguire alle nuove generazioni. Questo il grande significato della sua presenza a Run for Mem, la Corsa per la Memoria verso il futuro organizzata nella Capitale dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei ministri e in collaborazione con l’Associazione Maccabi Italia e la Maratona di Roma. Appuntamento domenica 22, alle 10, a Largo 16 ottobre.
Nel suo stile, Ladany non si accontenterà di presenziare. Con pettorina e scarpette, correrà infatti insieme agli altri partecipanti lungo le strade della Memoria romana e italiana. D’altronde, anche alla rispettabile età di 80 anni, continua ogni giorno a fare sport, marciare, muovere un passo dopo l’altro. Pratica quotidiana che raggiunge il suo apice in occasione dei compleanni quando, ormai è una tradizione, percorre l’esatta distanza chilometrica corrispondente alla sua età
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QUI MILANO - L'INCONTRO
Gariwo e la lezione dei Giusti
Una carta dei valori in risposta alle derive del radicalismo religioso e del populismo. “Un codice di comportamento per persone di diversa appartenenza politica, religiosa, culturale ispirato ai Giusti che anche oggi si contrappongono alla cultura dell’odio e del nemico, facendosi promotori del dialogo e della condivisione”. Così il presidente di Gariwo, la foresta dei Giusti, Gabriele Nissim ha spiegato la sintesi del ciclo di conferenze dal titolo “La crisi dell’Europa e i Giusti del nostro tempo”, organizzato da Gariwo in collaborazione con il Teatro Franco Parenti – Accademia del presente e con il patrocinio dell’Università degli Studi di Milano e della Fondazione Corriere della Sera.
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qui torino - SEGNALIBRO
Oltre il nome, storie di Memoria
A Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo, il 18 settembre del 1943 entrò in funzione per volontà dei nazisti un campo di concentramento. Fu l’unico campo presente sul territorio piemontese e uno dei quattro presenti sul territorio del Nord Italia, assieme a quello di Fossoli, di Bolzano e di Trieste. Dal campo di Borgo vennero deportati 357 ebrei, di questi 334 erano stranieri, i quali avevano passato il confine francese in cerca di vana salvezza in Italia attraverso la Valle Gesso. È da questa vicenda storica ed in particolare da questo numero “334” che ha inizio la ricerca storiografica di Adriana Muncinelli e Elena Fallo che dopo nove anni di lavoro ha visto la pubblicazione nel volume “Oltre il nome. Storia degli ebrei stranieri deportati dal campo di Borgo San Dalmazzo” (Le Chateau, Aosta 2016).


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qui torino - la mostra
Il Cantico in venti fotografie
Inaugurata ieri a Torino, nelle sale dell’Auditorium Vivaldi della Biblioteca Nazionale Universitaria, la mostra “Cantico dei Cantici”. In esposizione venti scatti di Norma Picciotto, dal 2000 attiva nel campo della fotografia artistica. Filo conduttore di questo progetto è appunto il Cantico dei Cantici, uno dei testi biblici più affascinanti. Un testo dove, come noto, regna l’allegoria. Allegoria che è centrale anche nelle fotografie di Picciotto, che restituisce attraverso l’obiettivo la propria interpretazione del testo. Le fotografie sono state lavorate in digitale sovrapponendo immagini su livelli multipli, attraverso le quali la stessa autrice interpreta i versi del più celebre poema con sensibilità e forza visiva. Più scatti per esprimere l’allegoria tra la passione che lega due fidanzati e l’amore tra Dio e il popolo ebraico.
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memoria - segnalibro
Moretto, un pugno per la libertà
Per molti ebrei romani Pacifico Di Consiglio, detto Moretto, rappresenta un eroe e un simbolo intramontabile. Il Moretto è infatti il pugile indomito che ha affrontato a mani nude decine di nazisti e fascisti, mettendo costantemente a rischio la propria vita. Una storia che ha dell’incredibile: pugni, arresti e fughe che si susseguono ciclicamente in una Roma dove la delazione è di casa.
A ripercorrere questa vicenda è Duello nel Ghetto (ed. Rizzoli), romanzo del giornalista Maurizio Molinari e dello storico Amedeo Osti Guerrazzi in uscita in questi giorni nelle librerie.


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memoria storica degli ebrei genovesi 
Isacco Friedmann (1914-2017)
“Mio padre combatteva con l’esercito austriaco. Fu fatto prigioniero a Gorizia e portato in carcere a Genova. Dopo la guerra fu liberato e decise che sarebbe rimasto lì. Io, mia mamma e mio fratello eravamo in un paesino dell’Ucraina, Brody. Ci scrisse e ci disse di vendere il negozio, la carrozza e i cavalli, e di raggiungerlo il prima possibile”.
Così Isacco Friedmann raccontava il suo avventuroso arrivo a Genova dall’Ucraina, poco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Un racconto lontano nel tempo eppure ancora lucido, ricco di fascino e sfumature. Lo aveva svelato in tutta la sua complessità in occasione della festa per il centesimo compleanno, avvenuta nel gennaio del 2014. Al suo fianco tutta la Comunità ebraica, che aveva voluto celebrare con Isacco e con i suoi cari l’importante traguardo.
Raccontava ancora Friedmann: “A Genova trovammo tolleranza, accoglienza. Mi ricordo un episodio nel 1921. Uscivamo dalla sinagoga, che allora era in via Mura della Malpaga, e sentii che alcuni genovesi, vedendoci in tanti, dissero: “Deve essere una festa degli ebrei”. E ci vennero incontro per salutarci e darci la mano. Era veramente qualcosa di straordinario per me, ripensando all’Ucraina dove l’antisemitismo si tagliava a fette”.
I funerali di Isacco Friedmann, vera e propria memoria storica della Comunità ebraica genovese, si svolgeranno nella giornata di lunedì.
Sia il suo ricordo di benedizione.

  pilpul
Malafede
“Per i Farisei, interpreti e maestri della Legge, la nuova predicazione costituiva una minaccia: se Gesù era veramente l’inviato di Dio, il suo insegnamento sostituiva di fatto l’antica interpretazione della Legge e toglieva loro ogni autorità.” Dunque, l’ebraismo rabbinico, quello in cui si riconoscono gli ebrei di oggi, avrebbe ostacolato il nascente Cristianesimo non perché dubitasse che Gesù fosse il Messia (questa possibilità non è neppure presa in considerazione), ma proprio perché lo riteneva tale e temeva per questo di perdere potere. Insomma, si dà per scontata la malafede.
È sconcertante come nonostante decenni di riavvicinamento e dialogo ebraico-cristiano, nonostante il Giorno della Memoria che dovrebbe indurre insegnanti e allievi a una riflessione sulle radici dell’antisemitismo, i libri di testo di storia quando parlano della nascita del Cristianesimo continuino a riproporre pedissequamente in modo acritico il punto di vista del Nuovo Testamento come se fosse una realtà storica incontrovertibile. Ma quale obiettivo didattico si vuole raggiungere? Insegnare agli allievi a credere ciecamente a una verità rivelata anche se storicamente assai poco plausibile? Insegnare a pensare che chi sulla religione ha opinioni diverse dalle proprie è certamente in malafede?


Anna Segre, insegnante

Quale apartheid
Tra coloro che negli ultimi giorni anche in Italia hanno contestato la sentenza da parte di un tribunale militare israeliano nei confronti del soldato Elor Azaria, condannato per l’uccisione di un terrorista palestinese – strano notare che alcuni tra questi sovente attaccano chi invece specie dalla Diaspora mette bocca sul governo di Israele in altre occasioni –, e coloro che invece hanno rispettato la decisione dei giudici. Amira Hass su Internazionale taglia corto: “Il messaggio che le autorità militari hanno trasmesso ai soldati, non è che non devono uccidere chi non rappresenta una minaccia, ma devono stare attenti a non farsi filmare”. A discapito di questa tesi, tutto ciò che accade nei “territori” è continuamente sotto riflettori e videocamere, anche in confronto ad ogni altro paese al mondo, grazie a numerose associazioni arabe, israeliane o internazionali che documentano oppure “mettono in scena” ogni singolo episodio. Eppure, nonostante non condivida la maggior parte delle opinioni di Amira Hass, trovandola il più delle volte provocatoria e tendenziosa, penso che pure giornalisti di questa stoffa non facciano altro che testimoniare quanto Israele sia nelle proprie radici un paese pluralistico e libero di pensiero, e quanto sia importante che continui ad esserlo.

Francesco Moises Bassano
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Diario del soldato - Silenzio
Elor Azaria, il soldato israeliano che lo scorso marzo aveva sparato alla testa del terrorista palestinese Abdel Fattah al-Sharif dopo che era già stato neutralizzato e reso inoffensivo da un suo commilitone, perde la causa e viene giudicato colpevole di omicidio. L’evento è sulla bocca di tutti, l’aria che tira ricorda vagamente la medesima del periodo che precede le elezioni politiche.
“Chi sarà il prossimo presidente?”, muta in “Elor verrà assolto o condannato?”.
L’opinione pubblica si spacca, dividendosi in accaniti sostenitori e altrettanto accaniti oppositori.
Nessuno si avvale del sacrosanto diritto di rimanere in silenzio, nessuno ci risparmia le sue considerazioni basate sul nonnulla.
Il mondo punta il dito e la famiglia Azaria piange e si sgretola pian piano.
È stato detto troppo, è stato detto tutto.
Ora che il capitolo è chiuso, voltiamo pagina, per favore.


David Zebuloni

Utopia
In una pagina del Talmud, secondo alcuni, il giorno della pioggia è più grande del giorno della resurrezione dei morti, poiché quest’ultimo riguarda soltanto i giusti, mentre della caduta della pioggia beneficerebbero sia i giusti che gli ingiusti. Secondo Lévinas questo passo insegna che l’aspirazione al bene e alla giustizia va al di là di ogni merito individuale e ogni retribuzione. Tutti devono godere di questi valori universali. È forse utopico assumere questo atteggiamento spirituale?

Ilana Bahbout




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