Elia Richetti,
rabbino
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È
noto che gli angeli sono rappresentazioni dell’azione di Ha-Kadòsh
Barùkh Hu, e pertanto ogni angelo rappresenta un’azione. I Maestri
identificano nei tre angeli apparsi ad Avrahàm tre missioni divine: uno
per annunciare la prossima nascita di Itzchàk, uno per annunciare e
realizzare la distruzione di Sodoma, uno per guarire Avrahàm dopo la
Milà, ed aggiungono che quest’ultimo aveva anche il compito di salvare
Lot.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Una
delle critiche spesso sollevate nei confronti del discorso comunitario
corrente è l'eccesso di memoria della Shoah. È una critica sollevata
dall'esterno da ambienti e da persone che non hanno imparato nulla e
che anzi vorrebbero dimenticare, minimizzare o cancellare ogni segno di
ciò che è avvenuto. La Memoria per alcuni è come una palla al piede sul
radioso cammino verso il futuro. All'interno della stessa comunità
ebraica crea a volte un senso di saturazione l'alternarsi incalzante
del 27 gennaio, Giorno internazionale della Memoria; del 10 di Tevet,
giorno del Kaddish per le persone la cui sepoltura è ignota; del giorno
della Shoah che in Israele in primavera precede di una settimana Yom
Ha'atzmaut, il Giorno dell'Indipendenza; e del 16 ottobre che è
diventato il giorno della memoria degli ebrei italiani. Il Giorno
Internazionale della Memoria è un'occasione per esprimersi da parte di
chi non è ebreo.
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Educare alla Memoria
con musica e parole |
“Legge
e legalità – le armi della democrazia. Dalla memoria della Shoah ad una
integrazione dei diritti dell’uomo nell’Unione Europea”. Questo il tema
del convegno organizzato oggi a Roma (inizio ore 10) all’Istituto della
Enciclopedia Italiana dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Ospite d’onore, Shaul Ladany, già testimonial dell’iniziativa Run Fur
Mem (nell’immagine a destra in un momento prima della corsa). Altra
iniziativa promossa dall’UCEI, di scena questa sera al Auditorium della
Musica della Capitale, il Concerto della Memoria, intitolato “Serata
colorata”: a raccontare ampiamente l’iniziativa, dedicata quest’anno
alle musiche composte nel campo di internamento di Ferramonti, Avvenire
con un articolo intitolato “Shoah. La speranza in uno spartito”. La
serata, come ricorda anche il Quotidiano Nazionale, sarà trasmessa in
diretta questa sera alle 20.30 su Rai5.
L’Italia e il Giorno della Memoria. Sul Fatto Quotidiano Furio Colombo
spiega, attraverso il lavoro sul tema dello storico Robert Gordon,
perché lottò per l’istituzione per legge del Giorno della Memoria in
Italia. Tra i motivi principali, il fatto che “l’ Italia non si è mai
voltata a rivedere e giudicare il suo periodo fascista e non ha mai
avuto una sua Norimberga. E infatti, dice Gordon nel suo libro,
l’Italia è l’unico Paese europeo che non abbia un monumento alla sua
Resistenza”. Sul perché del 27 gennaio, Colombo ricorda poi come la
data sia stata suggerita da Tullia Zevi, allora presidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche italiane, e “va al di la dell’orrore italiano e
aiuta a capire la visione folle di un mondo di discriminazione e
genocidio che ci sarebbe ancora se fascismo e nazismo non fossero stati
abbattuti”. “Devo allo storico Robert Gordon di avere ricordato –
sottolinea Colombo – che la ‘Legge che istituisce il Giorno della
Memoria’ sfida un’Italia che vorrebbe solo celebrarsi”.
Sciesopoli, da vanto fascista a rifugio per 800 bimbi ebrei.
Recentemente era stata lanciata una campagna per far diventare l’ex
colonia di Sciesopoli “luogo del cuore del Fai”. Lo Yad Vashem lo ha
definito “luogo della Memoria” perché qui, nel bergamasco, nella
struttura che era stata il vanto del regime fascista, dopo la
Liberazione trovarono rifugio 800 bambini ebrei. Qui vennero curati,
studiarono e impararono un mestiere. Poi vennero fatti partire verso il
nascente Stato d’Israele. “Oggi Sciesopoli è un luogo della memoria
abbandonata. – scrive in un ampio articolo Repubblica – Il Comune di
Selvino, duemila abitanti, sta facendo una battaglia per salvarlo
assieme a uno storico milanese, Marco Cavallarin, e ad alcuni di quei
bambini”.
Perché leggere Levi e fare attenzione alla retorica sulla Shoah. Tra i
tanti contributi presenti sui quotidiani di oggi sul Giorno della
Memoria, da segnalare le interviste a Wlodek Goldkorn, autore di Il
bambino nella neve, su Repubblica Firenze e allo storico Marco
Belpoliti, che ha curato la nuova pubblicazione di “Opere complete” di
Primo Levi, su Il Giorno Milano. Goldkorn spiega il senso del suo libro
che è “polemico con le forme che sono state date alla Shoah, a
cominciare dal museo di Auschwitz, di cui riconosco l’assoluta
importanza. Secondo Zygmunt Bauman la Shoah è una conseguenza della
modernità illuminista ma, paradossalmente, è difficile da capire
utilizzando proprio gli strumenti della razionalità. Di conseguenza, se
ne danno versioni consolatorie, affermando che comunque ha vinto
l’antifascismo o che comunque è nato lo Stato di Israele. Io dico,
invece, che è andato perso un mondo, il mondo degli ebrei che parlavano
yiddish. E non c’è nessuna possibile consolazione davanti a tutto
questo”. Si concentra invece sull’opera di Levi l’intervista a
Belpoliti che spiega come lo scrittore e Testimone torinese sia
“studiato in tutto il mondo, ma deve uscire dalla cerchia degli
studiosi. Quello che lui ha scritto non è pura testimonianza, ma
un’elaborazione letteraria. E uno scrittore politico non umanistico, il
testo più significativo è ”Sommersi e salvati”, il racconto del suo
rapporto con il potere”.
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qui roma - il convegno
"L'Europa che guarda al futuro mette al centro la vita e i diritti"
Non
c'è futuro senza Memoria. E non c'è Europa, un'Europa di libertà, pace
e dialogo, senza piena consapevolezza dei valori da difendere.
Il qualificato convegno "Legge e legalità - Le armi della democrazia"
svoltosi questa mattina presso l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
organizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dalla
Presidenza del Consiglio dei Ministri, lancia un messaggio chiaro a chi
ha responsabilità di guida, leadership e indirizzo politico.
A partire dai temi sollevati nell'appello ai capi di Stato che la
presidente UCEI Noemi Di Segni ha voluto che fosse scritto in vista
della solenne cerimonia che si terrà il 25 marzo prossimo per i 60 anni
dalla firma dei Trattati di Roma. Testo condiviso da tutti i
partecipanti al convegno e che costituisce un fermo richiamo ai
principi imprescindibili per dare continuità alle sfide e ai progetti
lanciati a partire dall'immediato dopoguerra.
"L'obiettivo della nostra iniziativa è proprio questo. In un momento in
cui l'Europa si interroga sulla sua identità, è importante offrire un
contributo alla riflessione. È importante soprattutto richiamare i
leader a un disegno che deve in prima istanza tutelare la vita. Non
bastano le leggi, non bastano le costituzioni, serve una condivisione
preliminare di tipo valoriale e culturale" ha sottolineato la
Presidente dell'Unione chiudendo i lavori del convegno, moderato dal
giornalista Giorgio Giovannetti e aperto da un intervento del direttore
generale dell'Istituto Massimo Bray.
“È compito delle istituzioni europee – le sue parole – dei governi
nazionali, ma anche e soprattutto di ogni singolo cittadino far sì che
da questo momento così incerto esca una società migliore, meno
concentrata sul mercato e più aperta ai diritti, alla cultura, alla
coesione sociale: è nostro dovere vigilare perché la paura non sia, di
nuovo, usata come strumento per manipolare le coscienze e per
giustificare leggi inique e azioni immorali”. Solo se torneremo a
sentirci protagonisti di questo processo, ha aggiunto Bray, potremo
credere in una nuova fase dell’integrazione europea che faccia della
solidarietà la sua vera bandiera “e che riparta dalle persone, dai loro
bisogni, dalla loro voglia di esprimersi e di costruire ponti piuttosto
che barriere”.
Valori condivisi da Anna Nardini, a capo del comitato di coordinamento
per le celebrazioni in ricordo della Shoah di Palazzo Chigi. Leggi e
rispetto della vita umana come cardine essenziale, assolutamente
irrinunciabile, per un lavoro rivolto al futuro. In questo senso è
stato portato come esempio il lavoro svolto dal comitato in stretto
raccordo con l’Unione.
Profonda l’emozione suscitata dalla lettura della poesia composta per
l’occasione da Oreste Bisazza Terracini, figlio del presidente
dell’Assemblea costituente Umberto Terracini e insigne giurista ( fu
l’avvocato che difese la Comunità ebraica di Roma nel processo contro
Erich Priebke). “Una matrice unica – ha scritto Bisazza Terracini nel
suo componimento – riunisce le storie accomunate di ogni umano che
vanti la sua origine europea e l’aria che profonda ha respirato il
vento l’ha condotta da lontano sul campo che di tempo ha coltivato”.
Ad
emozionare la folta platea (tra cui numerose scolaresche e classi
universitarie) anche le parole del Testimone della Shoah Shaul Ladany,
che non solo sopravvisse a Bergen Belsen ma anche all’azione
terroristica palestinese ai Giochi di Monaco ’72 e che in questa veste
è stato appena pochi giorni fa testimonial della Run For Mem. Una
vicenda personale segnata da molte difficoltà e da molti ostacoli. Ma
Shaul non si è mai arreso, un passo dopo l’altro, ottenendo molte
soddisfazioni nei diversi campi in cui è stato ed è tuttora attivo. Dal
podismo alla docenza universitaria, la sua è una storia di impegno e
successo. “Oggi – il suo commosso esordio – parlo a nome dei sei
milioni di persone che non sono tornate dai campi di sterminio”.
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il concerto della memoria questa sera a roma
Ferramonti, musiche della libertà
"È
sorprendente notare come in tutto il mondo la musica perseguitata stia
portando ad una nuova geografia della Storia della musica: nuovi
repertori musicali, confronti prima impensabili tra musicisti,
compositori e tradizioni, inediti accostamenti di sonorità, di forme,
di generi e di stili, continue scoperte, nuove energie artistiche.
Tutto ciò impone domande importanti. Come è possibile conciliare
espressione artistica e privazione della libertà individuale, segnata
dalla deportazione, dall’omicidio, dall’internamento, dall’esilio, dal
folle e indelebile marchio dell’antisemitismo?”. A porsi questo
interrogativo, il musicologo Raffaele Deluca che ha dedicato grande
impegno alla storia musicale di Ferramonti. Un luogo poco noto agli
italiani ma dove transitarono, fra il giugno 1940 e il settembre ‘43,
più di 3mila ebrei stranieri e apolidi e, in numero ridotto, altri
internati stranieri. L’intera vicenda di questo campo di internamento
in provincia di Cosenza è tornata protagonista grazie al grande
concerto che Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese hanno
organizzato all’Auditorium Parco della Musica di Roma per questa sera
in occasione del Giorno della Memoria. “Serata Colorata” il titolo di
questa iniziativa che intreccia arte e Memoria, sviluppata su un
progetto proprio di Raffaele Deluca e promossa dall’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane con il patrocinio della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
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l'intervista al direttore del memoriale
“Ad Auschwitz non c’è una fine”
Il
primo pensiero, al giungere di Piotr M.A. Cywinski, nato nel ‘72 a
Varsavia, laureato in Storia a Strasburgo e da dieci anni direttore del
Memoriale e Museo di Auschwitz-Birkenau, è che davvero sia necessario
avere le spalle larghe per reggere a una simile enorme responsabilità.
Barba rossa, lungo cappotto nero che rende ancora più imponente il suo
aspetto, questo gigante gentile indossa vestiti comodi, poco formali, e
porta ai piedi enormi scarpe da montagna. È un uomo pacato,
dall’eloquio lento, che prima di rispondere si prende tutto il tempo
necessario. Silenzi anche lunghi, con lo sguardo rivolto a terra, a
cercare le parole per risposte mai banali né scontate. Piotr Cywinski
si stava riprendendo da una brutta influenza, ma la decisione di venire
lo stesso a Milano l’ha presa anche perché “oltre al piacere di
presentare il mio libro con persone così interessanti volevo vedere il
Binario 21, un luogo di cui avevo sino ad ora solo sentito parlare”. E
il luogo, in effetti, colpisce anche il “direttore di Auschwitz”, così
come tutti coloro che visitano il Memoriale della Shoah di Milano, dove
a turbare ancora di più arriva regolare il rumore dei treni che
arrivano e soprattutto che partono dalla Stazione Centrale.
Memoria: a gennaio molto
se ne parla, e nonostante ciò troppo spesso viene scritta con la M
maiuscola per essere contemporaneamente svilita e svalutata. Si sente
la necessità di mettere dei punti fermi. Su cosa possiamo contare,
davvero? Cosa manca?
Abbiamo certamente due cose: i racconti dei testimoni, e l’autenticità
del Luogo, una parola per la quale ho scelto l’iniziale maiuscola.
Dobbiamo tenere lo sguardo verso il passato, per non dimenticare quello
che è stato, e contemporaneamente proiettarci con un ribaltamento verso
il futuro. La memoria non ha senso se non muove, se non commuove, se –
soprattutto – non rende più responsabili.
Ada Treves, Pagine Ebraiche, Febbraio 2017
(Illustrazione di Giorgio Albertini) Leggi
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qui milano - il progetto dedicato al testimone "Non dimentichiamo la storia,
non dimentichiamoci di Nedo"
Ogni
anno il Giorno della Memoria è un’occasione preziosa per ricordare e
riflettere sugli orrori della Shoah. Quest’anno l’Associazione Figli
della Shoah e la Fondazione Cdec di Milano hanno deciso di celebrarlo
raccontando la storia di uno degli ultimi sopravvissuti di Auschwitz
ancora in vita: Nedo Fiano.
Il paradosso della storia di Nedo è che, dopo aver dedicato la vita al
ricordo e al racconto della Shoah, ha iniziato lui stesso a
dimenticare: da qualche tempo infatti la sua memoria non funziona più.
Ma se è possibile che si cancelli la memoria di una persona, non è
possibile permettere che venga cancellata la memoria dell’intera
umanità.
Per questo motivo, insieme a Havas Milan, i promotori dell’iniziativa
hanno creato il progetto “Forgetting Auschwitz, remembering Auschwitz.”
Il progetto è lanciato con un video ambientato in un “tattoo shop” in
cui sono state invitate alcune persone con la scusa di girare un
documentario sul mondo dei tatuaggi. Una volta entrate però, si sono
trovate di fronte a qualcosa che non immaginavano. Il tatuatore infatti
ha impostato sulla loro pelle la prova di un tatuaggio insolito: la
cifra A5405, il numero assegnato a Nedo come prigioniero ad Auschwitz.
Le loro reazioni, riflessioni e la loro commozione davanti alla storia
di Nedo, sono racchiusi nel video, condiviso sul web, che si chiude con
l’invito a mantenere viva la sua memoria, prendendosi carico in prima
persona della sua testimonianza in un sito a lui dedicato: www.A5405.com. Leggi
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qui ferrara - la mostra al meis
Touch, toccare la Memoria
Passare
dai numeri alle persone, restituire concretezza, identità e dignità a
chi ha subito, come scrisse Primo Levi, una morte “ignominiosa e
immonda”, vedendosi strappata ogni possibilità di espressione e di
evoluzione personale.
Succede con “TOUCH – Toccare alcune storie di cittadini ferraresi ebrei
deportati”, l’installazione inaugurata al Museo Nazionale dell’Ebraismo
Italiano e della Shoah (Via Piangipane 81, a Ferrara), in occasione del
Giorno della Memoria 2017, e promossa dallo stesso Meis e dall’Istituto
di Storia Contemporanea di Ferrara, con il patrocinio della Comunità
ebraica.
Già da tempo, proprio all’interno della Comunità (ma non solo) si
chiedeva di disporre di qualcosa di più dell’elenco dei deportati
ferraresi che, dal 1949, è inciso nella lapide di Via Mazzini, sulla
facciata dell’edificio che ospita le Sinagoghe. E Touch è la prima,
importante risposta a quella richiesta, nonché il primo passo di un
percorso di ricostruzione più ampio. Leggi
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qui venezia
Il Veneto ebraico e la Shoah
“La
Memoria non è questione di un giorno ma faccenda di tutti i giorni, la
Memoria è la nostra coerenza senza di essa siamo nulla”. Queste le
parole del presidente del consiglio regionale del Veneto, Roberto
Ciambetti, intervenuto ieri mattina in occasione del Convegno a Palazzo
Ferro Fini ‘Il Veneto, l’Ebraismo e la Shoah: una riflessione verso il
Giorno della Memoria’. Presenti all’evento i due relatori Paolo
Gnignati, presidente della Comunità Ebraica di Venezia, David Romanin
Jacur, presidente della Comunità ebraica di Padova e consigliere
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il presidente del
Fondazione Giorgio Perlasca, Franco Perlasca, il presidente della
Comunità ebraica di Verona, Bruno Carmi e la consigliera della Comunità
Ebraica di Venezia e Ceonsigliera UCEI, Sandra Levis.
“La riflessione sulla Shoah dev’essere questione quotidiana – ha
affermato Ciambetti - condivido le preoccupazioni di chi vede
delinearsi nella nostra società una singolare tendenza all’oblio e un
certo professionismo della memoria, retorica vana che inquina le
celebrazioni ufficiali. L’unico modo per combattere l’oblio e la
retorica è di contrastarli con una forte azione culturale.
Leggi
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qui torino
Cristalli e note di speranza
Hannah
Szenes e Yehudit Arnon: giovanissima ebrea ungherese emigrata nella
Palestina del Mandato e poi arruolatasi volontaria tra i paracadutisti
dell’esercito britannico la prima, ebrea ceca deportata ad Auschwitz e,
dopo la guerra, fondatrice della Kibbutz Contemporary Dance Company in
Israele. Le loro storie sono raccontate da quaranta ragazzi dei licei
Berti e Cavour con la lettura, la danza, la musica, il canto, e
accompagnate dalle parole di Liliana Segre. Due figure esemplari
intorno a cui il musicista e regista Eyal Lerner (nell'immagine) ha
scelto di sviluppare lo spettacolo “Che non abbiano fine mai… Cristalli
di speranza”, rappresentato presso il teatro Astra, a Torino, il 24
gennaio.
Giorgio Berruto
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jciak
Il coraggio di Fanny
Fanny
Ben Ami ha 13 anni quando nel 1943, nella Francia occupata dai nazisti,
riesce a guidare un gruppo di bambini verso la salvezza in Svizzera. La
sua storia, già narrata dalla protagonista oggi 86enne in Le journal de
Fanny, è ora diventata un film, Il viaggio di Fanny, distribuito da
Lucky Red e in uscita nelle sale italiane in occasione del Giorno della
Memoria.
Diretto da Lola Doillon, il film, vincitore del Giffoni Festival,
ripercorre la vicenda di Fanny dall’arresto del padre. Per metterla al
riparo dalla persecuzione, la madre la invia con le sorelle, in un
collegio nel sud della Francia. Quando la situazione peggiora, i
bambini vengono spostati in una colonia dell’Ose in territorio
italiano. Da qui, dopo la caduta del regime fascista, si troveranno,
senza l’aiuto di nessun adulto, a cercare scampo oltre il confine.
Daniela Gross
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Setirot
- Dove non andare |
Preparandoci
al Giorno della Memoria, credo vada ben meditato ciò che saggiamente ha
ricordato Guri Schwarz (in “La Rassegna mensile di Israel”, vol. 81 N.
2-3 – maggio-dicembre 2015), ovvero la lungimiranza delle parole
contenute nel magistrale “Postwar” del compianto storico Tony Judt.
Perché ci sarà pure un motivo se le Giornate della Memoria sono l’unica
ricorrenza in comune di tutti i paesi dell’Unione Europea. Sì, c’è. E
la spiegazione/motivazione non è particolarmente positiva né portatrice
di speranza, anzi..
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Memoria e domande |
Questa
è la settimana delle domande; ci sono quelle che faccio a me stessa,
quelle che mi rivolgono le persone che incontro negli eventi per il 27
gennaio e quest’anno le domande sono arrivate anche dalla mia figlia
più grande, di 10 anni. Dopo tanti anni trascorsi a parlare a ragazzi e
insegnanti, per la prima volta mi sono ritrovata ad affrontare
l’argomento in casa e ho provato a farlo seguendo le modalità
didattiche e i valori in cui credo.
Abbiamo guardato insieme il film d’animazione “Fievel sbarca in
America” diretto da Steven Spielberg; le ho raccontato che la Russia in
cui vive la famiglia Toposkovich, così come il resto dell’Europa in
quegli anni, era quel che oggi chiameremmo società multietnica.
Maria Teresa Milano
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Nella casa del pianista
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Non
so chi legga questi Esercizi, ma se ce ne fosse anche uno solo che
apprezza la grande musica, bene: questo libro è per noi. Non so nemmeno
se chi li legge è ancora alle prese con la questione Romanzo/Non
Romanzo (troppa cattiva letteratura, e peggior cinema o televisione ci
hanno condizionato, con quelle fascette o trailer “Tratto da una storia
vera”), ma se abbiamo capito qualcosa della forza e del potere
dell’arte, e della debolezza, dell’impotenza di tutto il resto, bene:
questo romanzo non romanzo è per noi.
Roma, la cella di un carcere, primi mesi del 1976. Un giovanissimo
pianista russo attende di sapere se la sua fuga dall’URSS avrà come
esito la libertà o la fine.
Valerio Fiandra
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Il Giorno della giornata
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“È
strano – scriveva Jerome K. Jerome introducendo le avventure de Tre
uomini in barca (per tacer del cane) – ma non mi avviene mai di leggere
un annuncio di specialità brevettate, senza sentirmi tratto alla
conclusione d’essere affetto dalla peculiare malattia (nella sua forma
più virulenta) che forma il soggetto dell’annuncio”, per scoprire di
avere tutte le malattie note, tranne il ginocchio della lavandaia. Può
essere che questa leggera ipocondria ci accomuni, fatto sta che
ultimamente soffro di un fastidioso disagio, simile a quello da molti
provato nel sentire il rumore di un gesso stropicciato sulla lavagna, o
dei rebbi della forchetta tra i denti serrati.
Sara Valentina Di Palma
Leggi
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Il 27 gennaio
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Il
27 gennaio è il Giorno della Memoria: ci si vincola il più possibile a
questa data per non dimenticare. Eppure celebrarla non basta. È come
consultare un libro, ripassare una lezione di storia, pensarci su un
attimo, e poi chiuderlo.
Tiziana Della Rocca
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