
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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La
libertà del precetto, la libertà dell’accettazione dell’obbligo è la
più difficile da comprendere e da difendere. Siamo cresciuti con l’idea
romantica, anarchica, rivoluzionaria che si è liberi senza alcuna
“catena”, senza alcuna regola, senza alcun precetto da osservare.
Alberga in ognuno di noi l’idea di un flauto che suoni libero senza
obblighi verso nessuno e per nessuno. E poi c’è Pesach: la festa della
libertà come accettazione di una Legge, come inclusione di una
obbligatorietà spirituale e sociale. Perché Pesach è il più antico
messaggio di libertà della storia occidentale ed è forse l’unico che ci
ricorda che essere liberi significa essere persone con obblighi morali
e precetti da portare avanti.
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Gadi
Luzzatto
Voghera, direttore
Fondazione CDEC
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Pesach,
il passaggio verso la liberazione, non è la “pasqua ebraica”. La si
chiama così per spiegarsi al mondo cristiano ed evitare di doversi
dilungare troppo in racconti e precisazioni sul complesso di
significati che danno sostanza a questa ricorrenza. È peraltro un po’
azzardato ricorrere alla complessa normativa che viene dettata della
Legge orale e dalla Halacha per descriverne la sostanza. Si sa che non
tutti gli ebrei oggi seguono in maniera puntuale queste indicazioni, ed
è probabile che neppure in passato ciò avvenisse. Forse è più
rispondente a una descrizione completa il fare riferimento a una
dinamica condivisa dalla civiltà ebraica per molti secoli, nella quale
si affacciano alcuni elementi fondamentali di volta in volta
interpretati a seconda del contesto e della situazione contingente.
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La madre di tutte le bombe
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“La
madre di tutte le bombe”. Così è stato definito il potentissimo
dispositivo utilizzato ieri dagli Stati Uniti contro i terroristi
dell’Isis in Afghanistan. Sviluppata negli anni nella guerra in Iraq,
la bomba è talmente grande – si legge su Repubblica – che per lanciarla
ieri è stato usato un aereo cargo, un Mc-130. Il lancio ha preso di
mira una rete di tunnel e nascondigli sotterranei che secondo
l’intelligence Usa veniva usata dai militanti dello Stato islamico.
Pasqua con l’allerta sicurezza in tutta Italia, in particolare a Roma.
Tanto che ieri si è svolto un Casa, Comitato di analisi strategica, per
definire i diversi interventi delle forze di sicurezza. A segnalare il
rischio attentati per le festività religiose sono state, a fine marzo,
le autorità israeliane. Ma una indicazione, spiega Il Messaggero, è
arrivata anche dall’Aon, il primo gruppo in Italia “che offre
consulenze sui rischi e che ha pubblicato una Risk map sugli Stati dove
pesa maggiormente la minaccia del terrorismo islamico”.
Ancora un naufragio di migranti al largo della Libia. Questa volta,
scrive tra gli altri Repubblica, si teme un bilancio di quasi cento
morti, tra cui alcuni bambini, per lo sfondamento di un gommone a poche
miglia da Tripoli. Il bilancio di 97 dispersi e 23 superstiti è stato
comunicato dalla Guardia costiera libica a quella italiana. Il
portavoce della Marina di Tripoli ha precisato che la cifra delle
probabili vittime – tra cui 15 donne e cinque bambini – “è basata su
testimonianze di migranti tratti in salvo”.
“La Memoria si salva a colpi di pedale”. Su Avvenire Adam Smulevich
racconta la storia di Giovanni Bloisi, ex consulente Enel in pensione
che ha attraversato l’Italia in bicicletta per tenere vivo il ricordo
di Sciesopoli di Selvino, l’ex colonia fascista in cui dal 1945 al 1948
furono accolti centinaia di bambini ebrei scampati alla Shoah.
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l'attentato vicino alla città vecchia
Gerusalemme, torna l'orrore
Uccisa una giovane donna
Purtroppo
era nell'aria da settimane, nonostante il rafforzamento dei controlli e
lo stato d'allerta prolungato. A distanza di pochi giorni dall'ultimo
attacco, una nuova azione terroristica colpisce il cuore di
Gerusalemme.
Autore un arabo 57enne, che armato di coltello si è scagliato contro i
passeggeri di un mezzo della metropolitana leggera che transitava in
quel momento non lontano dalla Città Vecchia. Vittima dei colpi del
terrorista una giovane donna britannica, 25 anni, ricoverata d'urgenza
all'ospedale Hadassah con molteplici ferite sul suo corpo. Purtroppo,
come si è appreso pochi minuti dopo il suo trasferimento d'urgenza
nella struttura, ogni tentativo di salvarle la vita è risultato vano.
L'autore dell'attacco, che è residente nel quartiere arabo di Ras
al-Amud, è stato immediatamente sottoposto a interrogatorio da parte
delle forze di sicurezza.
Nell'attacco è rimasta ferita anche una 30enne incinta, oltre a un uomo sui cinquanta. Entrambi sono stati ricoverati.
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L'assenza assente
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Tra
i vari auguri che ci si scambia per Pesach ci sono anche animazioni o
filmati spesso molto carini; alcuni raccontano con mezzi vari l’uscita
dall’Egitto così come è narrata nei primi capitoli dell’Esodo.
Colpisce, dunque, la presenza costante di Mosè, o, meglio, la sua
mancata assenza. Nell’Haggadah di Pesach, come è noto, Mosè quasi non
compare: viene nominato una volta sola, incastrato dentro una citazione
che in realtà parla d’altro (il numero delle piaghe), ed è definito
come “Suo (del Signore) servo”. Meno di così non si può: se non fosse
stato nominato per nulla almeno avrebbe avuto intorno a sé un alone di
mistero.
Nei filmati di auguri, invece, Mosè compare spesso, così come – se ben
ricordo – veniva nominato spesso anche nell’Haggadah dell’Hashomer
Hatzair (almeno, in quella che si usava venti o trent’anni fa). Dunque,
i “laici” sentono il bisogno di un capo ben definito, con nome e
biografia dettagliata, più di quanto lo sentano i “religiosi”? È
un’ipotesi affascinante (e non troppo originale), ma forse un po’
azzardata. Semplicemente, quando si parla di uscita dall’Egitto a tutti
viene in mente la narrazione lineare della Torah e non quella in forma
di midrash, con un complicato gioco di spiegazioni e citazioni, che
costituisce il nucleo centrale dell’Haggadah di Pesach. L’Haggadah è
troppo complessa e problematica per essere sintetizzata efficacemente
in un filmato di pochi minuti; il suo scopo non è certo quello di farci
dimenticare cosa narra la Torah ma aiutarci a riflettere su questa
narrazione. Indubbiamente la quasi assenza di Mosè è un bello spunto di
riflessione; cosa si può dedurre dall’assenza dell’assenza?
Anna Segre, insegnante
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Schiavitù
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Un’organizzazione
umanitaria, l’OIM, denunciava recentemente come in Libia molti migranti
provenienti dai paesi subsaharaiani vengano venduti come schiavi in
alcuni mercati del sud-ovest del paese. I migranti che invece riescono
ad attraversare il canale di Sicilia, mettendo a rischio la propria
vita, finiscono invece in buona parte vittime del caporalato, collegato
a organizzazioni mafiose, nei campi della Puglia, della Calabria o
della Sicilia. Un articolo del Guardian di Febbraio raccontava poi come
in Provincia di Ragusa, almeno 7.500 donne molte delle quali romene,
raccolgano per pochi soldi frutta e verdura in condizioni di schiavitù.
Esse sarebbero sovente vittime di abusi, anche sessuali, da parte dei
loro datori di lavoro o costrette a prostituirsi. Pochi dati – una
goccia nell’oceano rispetto alle reali dimensioni del fenomeno – per
prendere coscienza come tremila anni dopo l’uscita dall’Egitto la
schiavitù sia ancora in mezzo a noi, o meglio dietro di noi, nascosta
ai nostri occhi.
Francesco Moises Bassano
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Ulpan per tutti
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Imparare
l’ebraico anche a distanza, da tutta Italia, quando e dove vuoi. On
line. Finalmente. È un progetto UCEI che partirà i primi di maggio, in
altri paesi già collaudato. Il digitale a servizio della conoscenza:
nello specifico, di quella “davar” – che significa sia “parola”che
“cosa” – che costituisce forse la nostra più grande ricchezza.
Ilana Bahbout
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